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NUCLEARE. SICUREZZA E SCORIE
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Duke Nukem
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RE: NUCLEARE. SICUREZZA E SCORIE

Ciao Giovanni,

innanzitutto apprezzo lo sforzo che hai compiuto nel riportare la discussione nel suo alveo naturale e nell' offrire spunti per uno scambio di opinioni su tematiche pertinenti.
A proposito della scelta della strategia di smantellamento tra le due opzioni adottabili per i grandi impianti, ovvero quello accelerato (DECON) e quello differito (SAFSTORE),è ovvio che essa debba essere effettuata sulla base di criteri tecno - economici, e tu in qualche modo hai provato ad individuarne qualcuno.
Ad esempio ritieni che le centrali italiane siano di concezione troppo vecchia per affrontare uno smantellamento accelerato: intanto i 16 - 19 anni previsti per il raggiungimento della condizione di prato verde per gli impianti italiani autorizzano a considerare l'aggettivo "accelerato" in termini molto relativi;è senz'altro vero che la progettazione di tali impianti, soprattutto di quelli a cavallo degli anni '60, non tenne conto della loro possibile dismissione, tanto da rendere effettivamente lunga e laboriosa l'operazione, ma non certamente impossibile. Tieni conto che lo svantaggio di aver a che fare ancora con un considerevole inventario di radioattività nel circuito primario (vessel, internals, tubazioni) dovuto alla presenza del Co-60 obbliga a remotizzare molte delle fasi di taglio e segmentazione e ad operare sotto battente d'acqua; quindi concordo sul fatto che ciò implica il dispendio di ingenti risorse economiche anche se sarei più prudente nel giudicarle genericamente enormi.
In paesi che hanno adotatto il nucleare per la produzione elettrica, come la Germania, sono stati fatti studi per l'individuazone di modalità per l'accantonamento di fondi da destinare al decommissioning degli impianti, una delle quali consiste nella destinazione di una quota parte del profitto ricavato dalla vendita del kilowattora prodotto (una sorta di autofinanziamento); è ovvio che affinchè tali strategie abbiano senso occorre avere degli impianti funzionanti e soprattutto una potenza installata significativa .
Certamente l'Italia si trova in posizione di svantaggio in quanto non possiede nessuno dei due requisiti con il risultato di far gravare l'onere dello smantellamento sulle tasche dei contribuenti.
Correttamente rilevi la non standardizzazione impiantistica delle centrali nostrane (al contrario della Francia che della standardizzazione ha fatto il fiore all'occhiello del suo parco reattori) ma questo è un limite comune a gran partedegli impianti oggi funzionanti e prossimi allo spegnimento.
Gli impianti di terza e quarta generazione traggono insegnamento proprio dall'esperienza e dagli errori passati e quindi è inevitabile che i progettisti si preoccupino da subito di adottare soluzioni che ne semplificheranno lo smantellamento a fine vita commerciale.
Il DECON per di più genera un maggior quantitativo di rifiuti radioattivi (per lo più materiali attivati) che dovranno essere stoccati anch'essi con le stesse precauzioni previste per le scorie e possibilmente in un deposito.
Quest'ultimo diventa il vincolo fondamentale di tale strategia: la sua assenza ne pregiudica l'attuazione.
Non ritengo proponibile l'opzione di trasformare le vecchie centrali in i impianti per il trattamento delle scorie: si sosterrebebro comunque costi elevati non compensati da un adeguato sfruttamento dei processi industriali di concentrazione (in altri termini il solo trattamento delle nostre scorie non garantirebbe il ritorno dell'investimento). Nè tantomeno l'opzione di trasformarle in depositi di susperifcie (se non per i tempo necesario a conferire i rifiuti all'eventuale desposito).
Optando per lo smantellamento differenziato si utilizzerebbe il tempo come agente decontaminante: quindi trascorsi 50 - 60 anni effettivamente l'inventario di radioattività sarebbe decisamente più basso e minore il volume di rifiuti prodotto.
Mi sembra però una scelta egoista : in sostanza non facciamo altro che dare in eredità il problema alle generazioni successive come peraltro noi lo abbiamo ereditato da quelle che ci hanno preceduto: sarebbe ora di spezzare questa catena !
E comunque mantenere gli impianti in sorveglianza passiva implica dei costi non trascurabili, considerando che si tratta, per di più, di siti improduttivi.
Arrivo, infine, al nocciolo della questione e della discussione: il ruolo di Sogin.
Su questo tema mi pare di capire che in fondo le tue posizioni siano molto più vicine a quelle di Daniele di quello che siete disposti entrambi ad ammettere; entrambi vi siete infatti posti il problema del ruolo che la società debba giocare, avendo avuto una eredità scottante da ENEL.
Ruolo che a questo punto i cittadini hanno diritto di conoscere ed eventualmente di indirizzare,tramite i loro rappresentatnti politici, visto che vengono gestiti soldi pubblici.
Disattivazione accelerata o differita, depositi superficiali o sotterranei, alienazione delle scorie all'estero o concentrazione sul territorio nazionale, sono solo alcune delle scelte che implicano il parere degli esperti e magari meritano l'approfondimento scientifico. A maggior ragione l'opinione pubblica deve essere attivamente coinvolta e sensibilizzata affinchè si possano spiegare in maniera trasparente i motivi che porteranno ad effettuare determinate scelte piuttosto che altre.
A tal riguardo lo sforzo di documentazione e divulgazione che state facendo sia tu che Daniele sarà prezioso proprio perchè non condizionato da interessi di parte ma alimentato dalla volontà di fare chiarezza.

P.S. : sul Nuclear Power Plants di Cumo troverai una sezione dedicata al finanziamento del decommissioning; mi raccomando di non trascurare questa opera che è una autentica miniera di informazioni.

18-11-2006 00:47
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