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   Nucleare no, bambina che abbaia, si!
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mi.greco
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RE: Nucleare no, bambina che abbaia, si!

Nella rubrica "Discussione libera...piazzetta" qualche settimana fà ho parlato, in vari interventi, di alcune angoscianti realtà di Napoli.
Tra queste ho fatto gli auguri all'artista Mario Carrese per il compimento del suo 69 anno di età.
La figura dell'artista partenopeo fa parte d'ogni allusività, richiamata simbolicamente da' "la bambina che abbaia" che apre questa rubrica, in quanto simbolo di un malessere generalizzato dall'indifferenza e dalla ignoranza, nel gestire vita comunitaria, arte e cultura, nel nostro paese ed in particolar modo a Napoli.
Non voglio ritornare su argomenti di cronaca, trattati ormai da mesi da tutta la stampa in merito all'incuranza, a certe cattive abitudini educative, alla speculazione di cui questa splendità città è vittima.
Voglio solo riportare un mio vecchio articolo pubblicato nel 2001 da un nostro importante quotidiano nazionale intitolato:

Vivi a Napoli e poi muori.

Una buona realtà culturale è il frutto di una attenta amministrazione della stessa e, soprattutto, di una buona economia. Quelle che hanno creduto di far a meno di questi requisiti, sono, prima o poi, affogate nell’anarchia e nel disordine.E’ una sconcertante considerazione che vuole la cultura relegata, cenerentola sociale, nel fondo d’un elenco delle necessità conviviali, opportunamente compilato da chi, gestendo la ripartizione economica, fa dell’arte un derivato materiale, della merce, un decadente e retorico mercato di basso livello. La realtà culturale di Napoli negli anni 70, per esempio, non è mai stata vista nella sua giusta luce. Tempi che videro miracolosamente fiorire architetti come Renato De Fusco ed artisti come Lucio Del Pezzo, Augusto Perez, Renato Barisani, Mario Carrese, Mimmo Paladino e uomini di cultura come Bomenico Rea, Michele Prisco, Edoardo Sanguineti, il filosofo Aldo Masullo, i registi e scrittori come Eduardo De Filippo, Pasquale Squitieri e pochi altri. Un miracolo, una fioritura anomala rispetto ad una mentalità conservatrice, ancorata al suo 800 ed ad una tradizione che andava, sì considerata, ma decisamente superata nel linguaggio.
Su questi uomini pesava l’incomprensione e la diffidenza, rappresentando quelle avanguardie, divenute poi storiche, che in altre città ed in altri paesi erano il centro della evoluzione e del progresso dell’arte. Insomma una Napoli poco permissiva tra tanta tolleranza, con pochissimi spazi e miserabile economia. Quelli che hanno avuto più fortuna lo devono alla propria capacità ed alle proprie possibilità economiche che hanno permesso loro di sconfinare, di uscire da quel ghetto che isolava e spesso riduceva la loro crescita espressiva.
Pochi di questi sono rimasti a Napoli e stanno ancora pagando questa inutile “fedeltà”. Il caso più eclatante è quello di Mario Carrese, una volta scultore e pittore, alle cui opere si ispirarono movimenti importanti come “Il Nuovo Dimensionalismo” e “La Transtoria”. Un artista arroccato sul Vomero, costretto ad esporre “fuori città”, finchè le possibilità economiche glielo avessero permesso. Costretto a lasciare il modellato e la scultura, per i grossi costi delle fonderie e dei trasporti, dovette ridurre la sua arte alla sola pittura. Oggi Carrese, invitato a far parte del ristretto numero di artisti dal Museo della Transtoria, limita la sua presenza e la sua crescita nel mondo dell’arte a pochi lavori che, nonostante fossero indicati come in continua evoluzione per la straordinaria ineguagliata personalità, sono come primule rosse; presenti, in altre parole, raramente fuori e dentro la propria città.
Per chi, come noi, ha vissuto quei tempi non è difficile paragonarli a quelli di oggi apparentemente in fermento, decisamente volti al riscatto di una città che non ha avuto le giuste condizioni per far conoscere l’opera dei suoi figli senza obbligarli ad “evadere”, a cercar fortuna altrove come comuni immigrati.
Oggi Napoli ci appare più aperta a nuove iniziative, a nuovi spazi espositivi, a nuovi mezzi pubblicitari che consentano una lettura delle proprie attività anche fuori casa. E’ amaro considerare che intanto alcuni artisti restano nell’ombra e che, a solo pochissimi, soltanto adesso ne vengono riconosciuti il valore e tanti anni di operatività, come a Renato Barisani che ha dovuto, anno su anno, collezionare 87 primavere prima di vedersi riconoscere l’essere tra i maggiori esponenti della nostra cultura.
Ma, torniamo a Mario Carrese, sepolto dalla indifferenza in una obiettiva condizione di vita che non gli consente più la benchè minima pubblicazione del suo lavoro. Torniamo un attimo a leggere attraverso le  righe di questo stupendo diario fatto di forme e colori, di linee e memorie, il dramma di un grande artista, scopriamo, nella profondità di un segno che si evolve, come le melanconie partenopee si mescolino con gli scoraggiamenti, con le infinite realtà di una Napoli “senza mare” dove il sentimento della vita si confonde, e spesso muore, con  le infinite contraddizioni, con le prepotenze e l’arrivismo di chi vuole gestire la vita altrui a vantaggio della propria. Napoli è ancora questo, a prescindere le apparenze ed il continuo rinnovo della propria facciata, di questo lustro contenitore che nasconde i significati più profondi, più dolorosi che esaltanti, velati da un triste sorriso di apparenza. Allo svanire dei nostri sogni e delle nostre illusioni, oggi si sovrappone quello dei sogni e delle illusioni di tanti giovani talenti, di quanti, utopisticamente, credono ad un nuovo rinascimento che faccia suoi i propositi e le buone intenzioni che, nonostante tutto, nascono ancora all’ombra d’un Vesuvio avvilito dalla storia e dalla inettitudine.
Sotto questa luce, “Vivi a Napoli e poi muori” assume un significato più realistico del famoso ed invitante detto “Vedi Napoli e puoi muori” e, sicuramente più veritiero.

Michele Greco


Sono trascorsi 10 anni da quel lontano 2001!
Ho incontrato nuovamente Mario Carrese nella sua immutata dimora sul Vomero ed ho capito che vi è stato un cambiamento visibile in una sorta di trasfigurazione materiale e spirituale allarmante che andrebbe considerata e denunciata come una chiara violenza al diritto, alla logica, alla cultura, all'umanità infine.
L'artista, sembra che abbia avuto un forzato pensionamento. Sembra che sia stato messo a "riposo" da quanti, dopo averlo sfruttato e derubato, lo hanno rimosso dal "diritto a vivere" come si usa fare con un vuoto a perdere.
Nell'incontrarlo ho avuto la netta sensazione d'incontrarmi con ciò che rappresenti, nel sacro e nel profano, l'idea concreta della "trasfigurazione".
Alterato nella fisionomia, visibilmente emozionabile, decorosamente trasandato e privo di volontà continuative, di entusiasmi e progetti di vita. Tutto ciò per aver chiesto, a chi di dovere, che gli fossero riconosciuti i sacrosanti diritti inviolabili di restituzione di continui furti perpretati a suo danno da oltre quaranta anni.
Quando scrissi l'articolo che vi ho riproposto, Mario Carrese aveva iniziato una causa  contro quanti (non pochi), per più di quaranta anni, avevano preteso da lui pagamenti e tassazioni illeciti su "volute" errate valutazioni immobiliari.
Una causa che, ancora oggi, non ha dato all'artista il ben che minimo risarcimento, nonostante fossero stati riconosciuti i suoi diritti reali in merito, in sede di giudizio.
A tutto ciò si è aggiunto, nella strada in cui vive, un moltiplicarsi irresponsabile e delinquenziale di "campi magnetici" che hanno danneggiato sensibilmente la sua salute, fin da indurlo a rinunciare alla sua attività d'artista, già messa a dura prova dalla mancanza di disponibilità economiche dovute, soprattutto dalle privazioni  derivanti dagli oneri ai quali era illegalmente chiamato a rispondere da una intera vita.
Dramma nel dramma! Eppure, oggi, 16 Agosto 2011, Mario Carrese stà aiutando un amico a superare un momento difficile: il sottoscritto.
Noi, che viviamo e lamentiamo le illogicità e le prepotenze di certi poteri legalizzati e non; noi che lamentiamo la mancanza di logica nel condannare, senza alcun dialogo serio e concreto, l'allontanamento del Nucleare, dando credibilità e spazio ad altre "risorse" d'energia indicate poco efficienti da voci autorevoli; noi che pensiamo anche al posto di chi non pensa e diamo, senza pretesa di ricevere; noi che non sian santi, ma che non vorremmo nemmeno essere martiri; noi che parliamo ad un "mondo" sordo ed incosciente; noi, noi, noi.....in questi casi: casi in cui una bambina abbaia, casi in cui una donna si suicida per sofferenza, casi in cui un mondo di bambini muore di fame, casi in cui un artista viene emarginato perchè non ha santi in Paradiso.....noi: cosa dobbiamo fare?

E' utile lamentarci e raccontare, come fossero delle favole, le disgrazie dei nostri simili?

Michele Greco


17-08-2011 16:36
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