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[OT] Discussione in libertà (Piazzetta)
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mi.greco
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RE: [OT] Discussione libera... (Piazzetta)

Colgo l'occasione per segnalarvi un film presentato all'attuale Festival di Venezia e fare i miei auguri al compositore della colonna sonora Francis Kuipers al quale sono legato da vecchia amicizia

Dalla 62° Mostra alla sala cinematografica: ’MARY’, insignito del ‘Premio Speciale della Giuria’
Molti anni fa, quando frequentavo una scuola elementare cattolica nel Bronx, ci fecero vedere un film, proprio il giorno prima dell’inizio delle vacanze pasquali. I ragazzi da una parte e le ragazze dall’altra, ci sedemmo obbedienti sulle sedie di legno nella vecchia palestra a guardare una versione in bianco e nero della Passione di Cristo… Fui ipnotizzato dalla scena finale della Crocifissione – nel cuore della nott, con la pioggia e il vento che urlava – che mi è rimasta per sempre impressa nella mente e nel cuore. Nonostante siano trascorsi molti anni, mi domando ancora che film fosse e se mai avrò la fortuna di scoprirlo. In caso contrario mi resterebbero comunque ‘Il Vangelo secondo Matteo’ di pasolini e ‘Last Temptation of Christ’ (L’ultima tentazione di Cristo) di Scorsese. E’ stato grazie all’esperienza e al ricordo della potenza e bellezza di questi tre film che abbiamo intrapreso l’avventura di Mary”.
Il regista Abel Ferrara(Mary, ITALIA/FRANCIA/USA 2005; drammatico; 83’; Produz.: De Nigris Productions S.r.c.; co-produzione: Central Films; Distribuz.: (Internazionale: Wild Bunch, Italia: Mikado)

Video Gallery Photo Gallery  Titolo in italiano: Mary

Titolo in lingua originale: Mary

Anno di produzione: 2005

Anno di uscita: 2005

Regia: Abel Ferrara

Sceneggiatura: Abel Ferrara, Simone Lageoles, Mario Isabella

Cast: Juliette Binoche (Marie Palesi)
Forest Whitaker (Ted Younger)
Mattehew Modine (Tony Childress)
Heather Graham (Elizabeth Younger)
Marion Cotillard (Gretchen)
Stefania Rocca (Brenda Sax)
Marco Leonardi (Pietro)
Luca Lionello (Tommaso)
Mario Opinato (Giacomo)
Elio Germano (Matteo)
Emanuela Iovannitti (Johanna)
Chiara Picchi (Salomè)
Angelica Di Majo (Marta)
Ettore d’Alessandro (Andrew)
Cherif (Super)
Dominot (1° Angelo)
Aza Benyatov (Assistente Studio TV)
Francine Berting (infermiera)
Joe Capalbo (sergente di polizia)
Roy-Oronzo Casalini (John)
Massimo Cortesi (Prete)
Frank De Curtis (Giuseppe di Arimathea)
Alex Grazioli (Levi)
Jamil Hammoudi (Capobanda)
Giampiero Iudica (Capitano di polizia)
Dennis Kuipers (2° Angelo)
Shanyn Leigh (Uomo di Gerusalemme)
Gisella Marengo (Capo infermiera)
Ada Perotti (Reporter)
Francesco Serina (Dottore)
Gabriella Wright (Manager Studio TV)


Musica: Francis Kuipers
Costumi: Silvia Nebiolo

Scenografia: Frank De Curtis

Fotografia: Stefano Falivene



Michele Greco

11-09-2011 15:22
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mi.greco
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RE: [OT] Discussione libera... (Piazzetta)

"La Signora di viale Raffaello"

Non è una novella, ma la vergognosa realtà di chi non ha rispetto dei suoi simili, dell'ambiente e degli animali.
Vi ho già parlato di una realtà partenopea che, pur confinandosi in un viale del Vomero in Napoli, viale Raffaello, rappresentà un po' una mentalità comune e diffusa a molti.
Cito Viale Raffaello come simbolo della Napoli-bene, della Napoli, come si dice qui, " re' signur'" dove più di un cittadino, invece di preoccuparsi del degrado di questo viale, dove egli stesso vive, si preoccupa di "perseguitare" chi porta a spasso, per i necessari bisogni, il proprio cane.
Il cane sporca, il cane fa paura, il cane abbaia, il cane è veicolo di infezioni, il cane ecc. ecc.
Vi è un regolamento che prevede sanzioni a chi non provvede a rimuovere le feci del proprio cane in un ambiente urbano comune, ma non ne vieta o ne indica un punto preciso e distinto da un altro.
Importante è che il cane sia al guinzaglio, porti la museruola e che le sue feci vengano rimosse.
Viale Raffaello è "popolato" da una quarantina, forse più, di animali domestici, "sopportati" e benvoluti un po' da tutti.
Però vi è la "naturale" eccezione.
Vi è la "Signora" di viale Raffaello:
irascibile, ineducata, stupida, ignorante e cattiva donnetta, di circa 70 anni, sgradevole come figura esteriore, ancora più sgradevole nella voce e nei suoi interventi "sociali".
Costei, che abita al numero civico 74, ogni volta che vede il sottoscritto passare col suo cane, non può fare a meno, mostrando tremolante l'indice destro, di esclamare "Pulisca, pulisca, pulisca" e, come se non bastasse, va a fare "un paio di paioli" ai commercianti limitrofi ricamando sul grave accaduto. Ti invita, con stizza e nevrotica voce, anche quando stai piegato nell'atto di raccogliere le feci del malcapitato animale.
Giorni fà, fermando il mio amico che provvisoriamente mi ospita, si è, con la solita voce aggressiva, lamentata ch'io l'abbia mandata, con un ampio gesto della mano, a "fare in ****", per avermi fatto una "osservazione". La stessa non si rende conto che lei, ogni volta che si guarda allo specchio, anche se non la vede, è proprio la sua immagine riflessa che le fà quel significativo gesto di "va a.....!".
La presunta signora, che farebbe bene, all'età in cui è arrivata, ad imparare un minimo di educazione, non si preoccupa affatto della reale merda che la circonda e di cui l'intero viale è vittima; sporcizia non generata dagli "amici dell'uomo" ma dall'uomo stesso.
E poi ci si lamenta dell'immondizia a Napoli quando buona parte dei cittadini è vittima di se stessa, delle sue cattive abitudini, della sua adamitica ignoranza e, ciò è ancor più grave, dell'insofferenza alla convivialità; eppure "La Livella" di De Curtis, è nata a Napoli.

Michele Greco

Messaggio modificato il: 12-09-2011 alle 13:02 da mi.greco.

12-09-2011 12:38
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RE: [OT] Discussione libera... (Piazzetta)

La camorra ringrazia i magistrati
di Marcello Veneziani


Ma vuie penzate che bellezza, don Rafaé. A Napule ci sta, con rispet­to parlando, a' Camorra, ci stanno tand 'e mariùle, spacciatòr, ricettatòr, guap­pe e lazzarùne, falsi invalidi e finti lavo­ratori in falsa malattia, ci sta da indaga­re perché è ridotta 'na fetenzìa e chi l'ha ridotta, con tutta chista munnezza e 'sta bella delinguenza. A Napule, dicono pure alla televisio­ne, c'è tanda illegalità, tanda criminali­tà, tanda infamità. Prima pagina venti notizie ventuno ingiustizie. Qui ci stà l'inflazione, la svalutazione e la borsa ce l'ha chi ce l'ha. E i tutori della Legge stan­no tutti presi a dimustrà che Berlusco­on pagava- coi soldi suie- duie 'nzivuse pe' fasse purtà i' zoccole aumm aumm. Migliaia di processi aspettano da 'na vita, tanda ggente chiagne ggiustizia a Napule, la città è 'na chiavica, ma o' Ca­valiere addà lassà o' govern, l'Italia, l'Europa, e adda venì currenne a Napu­le nanz ai ggiudici pe' raccuntà de zoc­cole e pappun, quann' spenneva e com­me trumbava co' e' uagliùne. Eccheè, nu' terremot: 'ntercettaziòn, 'nvestigaziòn, dichiaraziòn, convoca­ziòn, mobilitaziòn.

Maronna mia, man­co pe' vuie, don Rafaè, fecero accussì tanta ammuìna, spesero tanda terrise e misero tanta ggente appresso, puliziot­ti, carabbinieri, finanzieri, cangellieri, giudici, 'nfamoni. Meno male che s'hann fissate cu' Ber­luscoon, accussì nuie stamm' bell'e tranguille e faccimme i' cazze nuoste. A che bell'ò cafè pure in carcere 'o san­no fa, co' à ricetta ch'à Ciccirinella com­pagno di cella ci ha dato mammà. ( cita­zioni da don Rafaè di Fabrizio de An­drè).


Una  fredda nebbia illividisce il cielo,
le notti incominciano prima.
Tutti conoscono il declino,
ma pochi ne discernono la linea di confine.



Cher03@hotmail.it
18-09-2011 10:01
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RE: [OT] Discussione libera... (Piazzetta)

http://www.ilgiornale.it/interni/e_giudi...comments=1

E il giudice si tolse la toga "Non sopportavo più l’idiozia di troppi colleghi"
di Stefano Lorenzetto



Magistrati, alzatevi! Stavolta gli imputati siete voi e a processarvi è un vostro collega, il giudice Edoardo Mori. Che un anno fa, come in questi giorni, decise di strapparsi di dosso la toga, disgustato dall’impreparazione e dalla faziosità regnanti nei palazzi di giustizia. «Sarei potuto rimanere fino al 2014, ma non ce la facevo più a reggere l’idiozia delle nuove leve che sui giornali e nei tiggì incarnano il volto della magistratura. Meglio la pensione».

Per 42 anni il giudice Mori ha servito lo Stato tutti i santi i giorni, mai un’assenza, a parte la settimana in cui il figlioletto Daniele gli attaccò il morbillo; prima per otto anni pretore a Chiavenna, in Valtellina, e poi dal 1977 giudice istruttore, giudice per le indagini preliminari, giudice fallimentare (il più rapido d’Italia, attesta il ministero della Giustizia), nonché presidente del Tribunale della libertà, a Bolzano, dov’è stato protagonista dei processi contro i terroristi sudtirolesi, ha giudicato efferati serial killer come Marco Bergamo (cinque prostitute sgozzate a coltellate), s’è occupato d’ogni aspetto giurisprudenziale a esclusione solo del diritto di famiglia e del lavoro. Con un’imparzialità e una competenza che gli vengono riconosciute persino dai suoi nemici. Ovviamente se n’è fatti parecchi, esattamente come suo padre Giovanni, che da podestà di Zeri, in Lunigiana, nel 1939 mandò a farsi friggere Benito Mussolini, divenne antifascista e ospitò per sei mesi in casa propria i soldati inglesi venuti a liberare l’Italia.

Mori confessa d’aver tirato un sospirone di sollievo il giorno in cui s’è dimesso: «Il sistema di polizia, il trattamento dell’imputato e il rapporto fra pubblici ministeri e giudice sono ancora fermi al 1930. Le forze dell’ordine considerano delinquenti tutti gli indagati, i cittadini sono trattati alla stregua di pezze da piedi, spesso gli interrogatori degenerano in violenza. Il Pm gioca a fare il commissario e non si preoccupa di garantire i diritti dell’inquisito. E il Gip pensa che sia suo dovere sostenere l’azione del Pm».

Da sempre studioso di criminologia e scienze forensi, il dottor Mori è probabilmente uno dei rari magistrati che già prima di arrivare all’università si erano sciroppati il Trattato di polizia scientifica di Salvatore Ottoleghi (1910) e il Manuale del giudice istruttore di Hans Gross (1908). Le poche lire di paghetta le investiva in esperimenti su come evidenziare le impronte digitali utilizzando i vapori di iodio. Non c’è attività d’indagine (sopralluoghi, interrogatori, perizie, autopsie, Dna, rilievi dattiloscopici, balistica) che sfugga alle conoscenze scientifiche dell’ex giudice, autore di una miriade di pubblicazioni, fra cui il Dizionario multilingue delle armi, il Codice delle armi e degli esplosivi e il Dizionario dei termini giuridici e dei brocardi latini che vengono consultati da polizia, carabinieri e avvocati come se fossero tre dei 73 libri della Bibbia.

Nato a Milano nel 1940, nel corso della sua lunga carriera Mori ha firmato almeno 80.000 fra sentenze e provvedimenti, avendo la soddisfazione di vederne riformati nei successivi gradi di giudizio non più del 5 per cento, un’inezia rispetto alla media, per cui gli si potrebbe ben adattare la frase latina che Sant’Agostino nei suoi Sermones riferiva alle questioni sottoposte al vaglio della curia romana o dello stesso pontefice: «Roma locuta, causa finita». Il dato statistico può essere riportato solo perché Mori è uno dei pochi, o forse l’unico in Italia, che ha sempre avuto la tigna di controllare periodicamente com’erano andati a finire i casi passati per le sue mani: «Di norma ai giudici non viene neppure comunicato se le loro sentenze sono state confermate o meno. Un giudice può sbagliare per tutta la vita e nessuno gli dice nulla. La corporazione è stata di un’abilità diabolica nel suddividere le eventuali colpe in tre gradi di giudizio. Risultato: deresponsabilizzazione totale. Il giudice di primo grado non si sente sicuro? Fa niente, condanna lo stesso, tanto - ragiona - provvederà semmai il collega in secondo grado a metterci una pezza. In effetti i giudici d’appello un tempo erano eccellenti per prudenza e preparazione, proprio perché dovevano porre rimedio alle bischerate commesse in primo grado dai magistrati inesperti. Ma oggi basta aver compiuto 40 anni per essere assegnati alla Corte d’appello. Non parliamo della Cassazione: leggo sentenze scritte da analfabeti».

Soprattutto, se il giudice sbaglia, non paga mai. «La categoria s’è autoapplicata la regola che viene attribuita all’imputato Stefano Ricucci: “È facile fare il frocio col sedere degli altri”. Le risulta che il Consiglio superiore della magistratura abbia mai condannato i giudici che distrussero Enzo Tortora? E non parliamo delle centinaia di casi, sconosciuti ai più, conclusi per l’inadeguatezza delle toghe con un errore giudiziario mai riparato: un innocente condannato o un colpevole assolto. In compenso il Csm è sempre solerte a bastonare chi si arrischia a denunciare le manchevolezze delle Procure».

Il dottor Mori parla con cognizione di causa: ha dovuto subire ben sei provvedimenti disciplinari e tutti per aver criticato l’operato di colleghi arruffoni e incapaci. «Dopo aver letto una relazione scritta per un pubblico ministero pugliese, con la quale il perito avrebbe fatto condannare un innocente sulla base di rivoltanti castronerie, mi permisi di scrivere al procuratore capo, avvertendolo che quel consulente stava per esporlo a una gran brutta figura..........

Ebbene, l’emerita testa mi segnalò per un procedimento disciplinare con l’accusa d’aver “cercato di influenzarlo” e un’altra emerita testa mi rinviò a giudizio. Ogni volta che ho segnalato mostruosità tecniche contenute nelle sentenze, mi sono dovuto poi giustificare di fronte al Csm.

E ogni volta l’organo di autogoverno della magistratura è stato costretto a prosciogliermi. Forse mi ha inflitto una censura solo nel sesto caso, per aver offuscato l’immagine della giustizia segnalando che un incolpevole cittadino era stato condannato a Napoli. Ma non potrei essere più preciso al riguardo, perché, quando m’è arrivata l’ultima raccomandata dal Palazzo dei Marescialli, l’ho stracciata senza neppure aprirla. Delle decisioni dei supremi colleghi non me ne fregava più nulla».

Perché ha fatto il magistrato?

«Per laurearmi in fretta, visto che in casa non c’era da scialare. Fin da bambino me la cavavo un po’ in tutto, perciò mi sarei potuto dedicare a qualsiasi altra cosa: chimica, scienze naturali e forestali, matematica, lingue antiche. Già da pretore mi documentavo sui testi forensi tedeschi e statunitensi e applicavo regole che nessuno capiva. Be’, no, a dire il vero uno che le capiva c’era: Giovanni Falcone».

Il magistrato trucidato con la moglie e la scorta a Capaci.
«Mi portò al Csm a parlare di armi e balistica. Ma poi non fui più richiamato perché osai spiegare che molti dei periti che i tribunali usavano come oracoli non erano altro che ciarlatani. Ciononostante questi asini hanno continuato a istruire i giovani magistrati e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Ma guai a parlar male dei periti ai Pm: ti spianano. Pensi che uno di loro, utilizzato anche da un’università romana, è riuscito a trovare in un residuo di sparo tracce di promezio, elemento chimico non noto in natura, individuato solo al di fuori del sistema solare e prodotto in laboratorio per decadimento atomico in non più di 10 grammi».

Per quale motivo i pubblici ministeri scambiano i periti per oracoli?
«Ma è evidente! Perché i periti offrono ai Pm le risposte desiderate, gli forniscono le pezze d’appoggio per confermare le loro tesi preconcette. I Pm non tollerano un perito critico, lo vogliono disponibile a sostenere l’accusa a occhi chiusi. E siccome i periti sanno che per lavorare devono far contenti i Pm, si adeguano».

Ci sarà ben un organo che vigila sull’operato dei periti.
«Nient’affatto, in Italia manca totalmente un sistema di controllo. Quando entrai in magistratura, nel 1968, era in auge un perito che disponeva di un’unica referenza: aver recuperato un microscopio abbandonato dai nazisti in fuga durante la seconda guerra mondiale. Per ottenere l’inserimento nell’albo dei periti presso il tribunale basta essere iscritti a un ordine professionale. Per chi non ha titoli c’è sempre la possibilità di diventare perito estimatore, manco fossimo al Monte di pietà. Ci sono marescialli della Guardia di finanza che, una volta in pensione, ottengono dalla Camera di commercio il titolo di periti fiscali e con quello vanno a far danni nelle aule di giustizia».

Sono sconcertato.
«Anche lei può diventare perito: deve solo trovare un amico giudice che la nomini. I tribunali rigurgitano di tuttologi, i quali si vantano di potersi esprimere su qualsiasi materia, dalla grafologia alla dattiloscopia. Spesso non hanno neppure una laurea. Nel mondo anglosassone vi è una tale preoccupazione per la salvaguardia dei diritti dell’imputato che, se in un processo si scopre che un perito ha commesso un errore, scatta il controllo d’ufficio su tutte le sue perizie precedenti, fino a procedere all’eventuale revisione dei processi. In Italia periti che hanno preso cantonate clamorose continuano a essere chiamati da Pm recidivi e imperterriti, come se nulla fosse accaduto».

Può fare qualche caso concreto?
«Negli accertamenti sull’attentato a Falcone vennero ricostruiti in un poligono di tiro - con costi miliardari, parlo di lire - i 300 metri dell’autostrada di Capaci fatta saltare in aria da Cosa nostra, per scoprire ciò che un esperto già avrebbe potuto dire a vista con buona approssimazione e cioè il quantitativo di esplosivo usato. È chiaro che ai fini processuali poco importava che fossero 500 o 1.000 chili. Molto più interessante sarebbe stato individuare il tipo di esplosivo. Dopo aver costruito il tratto sperimentale di autostrada, ci si accorse che un manufatto recente aveva un comportamento del tutto diverso rispetto a un manufatto costruito oltre vent’anni prima. Conclusione: quattrini gettati al vento. Nel caso dell’aereo Itavia, inabissatosi vicino a Ustica nel 1980, gli esami chimici volti a ricercare tracce di esplosivi su reperti ripescati a una profondità di circa 3.500 metri vennero affidati a chimici dell’Università di Napoli, i quali in udienza dichiararono che tali analisi esulavano dalle loro competenze. Però in precedenza avevano riferito di aver trovato tracce di T4 e di Tnt in un sedile dell’aereo e questa perizia ebbe a influenzare tutte le successive pasticciate indagini, orientate a dimostrare che su quel volo era scoppiata una bomba. Vuole un altro esempio di imbecillità esplosiva?».

Prego....

Sono rassegnato a tutto.
«Per anni fior di magistrati hanno cercato di farci credere che il plastico impiegato nei più sanguinosi attentati attribuiti all’estrema destra, dal treno Italicus nel 1974 al rapido 904 nel 1984, era stato recuperato dal lago di Garda, precisamente da un’isoletta, Trimelone, davanti al litorale fra Malcesine e Torri del Benaco, militarizzata fin dal 1909 e adibita a santabarbara dai nazisti. Al processo per la strage di Bologna l’accusa finì nel ridicolo perché nessuno dei periti s’avvide che uno degli esplosivi, asseritamente contenuti nella valigia che provocò l’esplosione e che pareva fosse stato ripescato nel Benaco dai terroristi, era in realtà contenuto solo nei razzi del bazooka M20 da 88 millimetri di fabbricazione statunitense, entrato in servizio nel 1948. Un po’ dura dimostrare che lo avessero già i tedeschi nel 1945».
Ormai non ci si può più fidare neppure dell’esame del Dna, basti vedere la magra figura rimediata dagli inquirenti nel processo d’appello di Perugia per l’omicidio di Meredith Kercher.
«Si dice che questo esame presenti una probabilità d’errore su un miliardo. Falso. Da una ricerca svolta su un database dell’Arizona, contenente 65.000 campioni di Dna, sono saltate fuori ben 143 corrispondenze. Comunque era sufficiente vedere i filmati in cui uno degli investigatori sventolava trionfante il reggiseno della povera vittima per capire che sulla scena del delitto era intervenuta la famigerata squadra distruzione prove. A dimostrazione delle cautele usate, il poliziotto indossava i guanti di lattice. Restai sbigottito vedendo la scena al telegiornale. I guanti servono per non contaminare l’ambiente col Dna dell’operatore, ma non per manipolare una possibile prova, perché dopo due secondi che si usano sono già inquinati. Bisogna invece raccogliere ciascun reperto con una pinzetta sterile e monouso. I guanti non fanno altro che trasportare Dna presenti nell’ambiente dal primo reperto manipolato ai reperti successivi. E infatti adesso salta fuori che sul gancetto del reggipetto c’era il Dna anche della dottoressa Carla Vecchiotti, una delle perite che avrebbero dovuto isolare con certezza le eventuali impronte genetiche di Raffaele Sollecito e Amanda Knox. Non è andata meglio a Cogne».

Cioè?
«In altri tempi l’indagine sulla tragica fine del piccolo Samuele Lorenzi sarebbe stata chiusa in mezza giornata. Gli infiniti sopralluoghi hanno solo dimostrato che quelli precedenti non erano stati esaustivi. Il sopralluogo è un passaggio delicatissimo, che non consente errori. Gli accessi alla scena del delitto devono essere ripetuti il meno possibile perché ogni volta che una persona entra in un ambiente introduce qualche cosa e porta via altre cose. Ma il colmo dell’ignominia è stato toccato nel caso Marta Russo».

Si riferisce alle prove balistiche sul proiettile che uccise la studentessa nel cortile dell’Università La Sapienza di Roma?
«E non solo. S’è preteso di ricostruire la traiettoria della pallottola avendo a disposizione soltanto il foro d’ingresso del proiettile su un cranio che era in movimento e che quindi poteva rivolgersi in infinite direzioni. In tempi meno bui, sui libri di geometria del ginnasio non si studiava che per un punto passano infinite rette? Dopodiché sono andati a grattare il davanzale da cui sarebbe partito il colpo e hanno annunciato trionfanti: residui di polvere da sparo, ecco la prova! Peccato che si trattasse invece di una particella di ferodo per freni, di cui l’aria della capitale pullula a causa del traffico. La segretaria Gabriella Alletto è stata interrogata 13 volte con metodi polizieschi per farle confessare d’aver visto in quell’aula gli assistenti Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro. Uno che si comporta così, se non è un pubblico ministero, viene indagato per violenza privata. Un Pm non può usare tecniche da commissario di pubblica sicurezza, anche se era il metodo usato da Antonio Di Pietro, che infatti è un ex poliziotto».

Un sistema che ha fatto scuola.
«La galera come mezzo di pressione sui sospettati per estorcere confessioni. Le manette sono diventate un moderno strumento di tortura per acquisire prove che mancano e per costringere a parlare chi, per legge, avrebbe invece diritto a tacere».

Che cosa pensa delle intercettazioni telefoniche che finiscono sui giornali?
«Non serve una nuova legge per vietare la barbarie della loro indebita pubblicazione. Quella esistente è perfetta, perché ordina ai Pm di scremare le intercettazioni utili all’indagine e di distruggere le altre. Tutto ciò che non riguarda l’indagato va coperto da omissis in fase di trascrizione. Nessuno lo fa: troppa fatica. Ci vorrebbe una sanzione penale per i Pm. Ma cane non mangia cane, almeno in Italia. In Germania, invece, esiste uno specifico reato. Rechtsverdrehung, si chiama. È lo stravolgimento del diritto da parte del giudice».

Come mai la giustizia s’è ridotta così?
«Perché, anziché cercare la prova logica, preferisce le tesi fantasiose, precostituite. Le statistiche dimostrano invece che nella quasi totalità dei casi un delitto è banale e che è assurdo andare in cerca di soluzioni da romanzo giallo. Lei ricorderà senz’altro il rasoio di Occam, dal nome del filosofo medievale Guglielmo di Occam».

In un ragionamento tagliare tutto ciò che è inutile.
«Appunto.

Le regole logiche da allora non sono cambiate. Non vi è alcun motivo per complicare ciò che è semplice. Il “cui prodest?” è risolutivo nel 50 per cento dei delitti. Chi aveva interesse a uccidere? O è stato il marito, o è stata la moglie, o è stato l’amante, o è stato il maggiordomo, vedi assassinio dell’Olgiata, confessato dopo 20 anni dal cameriere filippino Manuel Winston. Poi servono i riscontri, ovvio. In molti casi la risposta più banale è che proprio non si può sapere chi sia l’autore di un crimine. Quindi è insensato volerlo trovare per forza schiaffando in prigione i sospettati».

Ma perché si commettono tanti errori nelle indagini?
«I giudici si affidano ai laboratori istituzionali e ne accettano in modo acritico i responsi. Nei rari casi in cui l’indagato può pagarsi un avvocato e un buon perito, l’esperienza dimostra che l’accertamento iniziale era sbagliato. I medici i loro errori li nascondono sottoterra, i giudici in galera. Paradigmatico resta il caso di Ettore Grandi, diplomatico in Thailandia, accusato nel 1938 d’aver ucciso la moglie che invece si era suicidata. Venne assolto nel 1951 dopo anni di galera e ben 18 perizie medico-legali inconcludenti».

E si ritorna alla conclamata inettitudine dei periti.
«L’indagato innocente avrebbe più vantaggi dall’essere giudicato in base al lancio di una monetina che in base a delle perizie. E le risparmio l’aneddotica sulla voracità dei periti».

No, no, non mi risparmi nulla.
«Vengono pagati per ogni singolo elemento esaminato. Ho visto un colonnello, incaricato di dire se 5.000 cartucce nuove fossero ancora utilizzabili dopo essere rimaste in un ambiente umido, considerare ognuna delle munizioni un reperto e chiedere 7.000 euro di compenso, che il Pm gli ha liquidato: non poteva spararne un caricatore? Ho visto un perito incaricato di accertare se mezzo container di kalashnikov nuovi, ancora imballati nella scatola di fabbrica, fossero proprio kalashnikov. I 700-800 fucili mitragliatori sono stati computati come altrettanti reperti. Parcella da centinaia di migliaia di euro. Per fortuna è stata bloccata prima del pagamento».

In che modo se ne esce?
«Nel Regno Unito vi è il Forensic sciences service, soggetto a controllo parlamentare, che raccoglie i maggiori esperti in ogni settore e fornisce inoltre assistenza scientifica a oltre 60 Stati esteri. Rivolgiamoci a quello. Dispone di sette laboratori e impiega 2.500 persone, 1.600 delle quali sono scienziati di riconosciuta autorità a livello mondiale».

E per le altre magagne?
«In Italia non esiste un testo che insegni come si conduce un interrogatorio. La regola fondamentale è che chi interroga non ponga mai domande che anticipino le risposte o che lascino intendere ciò che è noto al pubblico ministero o che forniscano all’arrestato dettagli sulle indagini. Guai se il magistrato fa una domanda lunga a cui l’inquisito deve rispondere con un sì o con un no. Una palese violazione di questa regola elementare s’è vista nel caso del delitto di Avetrana. Il primo interrogatorio di Michele Misseri non ha consentito di accertare un fico secco perché il Pm parlava molto più dello zio di Sarah Scazzi: bastava ascoltare gli scampoli di conversazione incredibilmente messi in onda dai telegiornali. Ci sarebbe molto da dire anche sulle autopsie».

Ci provi.
«È ormai routine leggere che dopo un’autopsia ne viene disposta una seconda, e poi una terza, quando non si riesumano addirittura le salme sepolte da anni. Ciò dimostra solamente che il primo medico legale non era all’altezza. Io andavo di persona ad assistere agli esami autoptici, spesso ho dovuto tenere ferma la testa del morto mentre l’anatomopatologo eseguiva la craniotomia. Oggi ci sono Pm che non hanno mai visto un cadavere in vita loro».

Ma in mezzo a questo mare di fanghiglia, lei com’è riuscito a fare il giudice per 42 anni, scusi?
«Mi consideri un pentito. E un corresponsabile. Anch’io ho abusato della carcerazione preventiva, ma l’ho fatto, se mai può essere un’attenuante, solo con i pregiudicati, mai con un cittadino perbene che rischiava di essere rovinato per sempre. Mi autoassolvo perché ho sempre lavorato per quattro. Almeno questo, tutti hanno dovuto riconoscerlo».

Non è stato roso dal dubbio d’aver condannato un innocente?
«Una volta sì. Mi ero convinto che un impiegato delle Poste avesse fatto da basista in una rapina. Mi fidai troppo degli investigatori e lo tenni dentro per quattro-cinque mesi. Fu prosciolto dal tribunale».

Gli chiese scusa?
«Non lo rividi più, sennò l’avrei fatto. Lo faccio adesso. Ma forse è già morto».

Intervistato sul Corriere della Sera da Indro Montanelli nel 1959, il giorno dopo essere andato in pensione, il presidente della Corte d’appello di Milano, Manlio Borrelli, padre dell’ex procuratore di Mani pulite, osservò che «in uno Stato bene ordinato, un giudice dovrebbe, in tutta la sua carriera e impegnandovi l’intera esistenza, studiare una causa sola e, dopo trenta o quarant’anni, concluderla con una dichiarazione d’incompetenza».
«In Germania o in Francia non si parla mai di giustizia.

...

Per sapere di più di E.Mori:

http://www.earmi.it/

Questo sito è dedicato a coloro che amano lo studio delle armi e della balistica e sono interessati ai problemi giuridici connessi all'uso delle armi.
-------------------------------------------

Permettetemi una barzelletta tratta dal sito di Mori


- Hai sentito di quei tre carabineri che giocavano alla roulette russa?
- No, che è successo?
- Sono morti tutti. A
doperavano un
a Beretta 92.


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le notti incominciano prima.
Tutti conoscono il declino,
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Messaggio modificato il: 18-09-2011 alle 15:47 da Cher.

18-09-2011 10:45
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Ieri, 19 settembre anno 2011

Napoli: Sport e Fede
Soltanto con lo sport e la fede si possono riempire le piazze, le strade, gli stadi; al richiamo non si può resistere e le masse finalmente sconfinano dai propri "ghetti" dai recinti sociali dell'essere diversi e distinti.
Tutti per uno (o per 11) e uno per tutti!
Ieri Napoli si è risvegliata col clamore dell'esultanza popolare per la squadra del cuore, quella dell' Asinello, che vince il confronto col Milan a San Siro per tre a uno e con il miracolo di S.Gennaro che, alle 11, 15, ha reso possibile il diluirsi del proprio sangue.
Ma Napoli ha anche esaltato il "Miracolo dell'Acqua" perchè, ieri ha piovuto a Napoli dopo mesi di "siccità".
A qualcuno è sembrato ascoltare il canto d'una antica canzone popolare:
Ah! Che bell'aria fresca...
Ch'addore 'e malvarosa...
E tu durmenno staje,
'ncopp'a sti ffronne 'e rosa!


Napoli continua a dormire sulle proprie "disgrazie", convinta che a "riscattarla" ci penserà lo sport e San Gennaro.

Michele Greco

20-09-2011 14:32
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From: s.centri@teletu.it
To: ;
Subject: INFORMATIVA A TUTTO IL POPOLO ITALIANO
Date: Wed, 14 Sep 2011 21:23:31 +0200




Per la prima volta viene tolto il segreto su quanto costa ai contribuenti l'assistenza sanitaria integrativa dei deputati.
Si tratta di costi per cure che non vengono erogate dal sistema sanitario nazionale (le cui prestazioni sono gratis o al più pari al ticket), ma da una assistenza privata finanziata da Montecitorio.
A rendere pubblici questi dati sono stati i radicali che da tempo svolgono una campagna di trasparenza denominata Parlamento WikiLeaks.
Va detto ancora che la Camera assicura un rimborso sanitario privato non solo ai 630 onorevoli.
Ma anche a 1109 loro familiari compresi (per volontà dell'ex presidente della Camera Pier Ferdinando Casini) i conviventi more uxorio.

Ebbene, nel 2010, deputati e parenti vari hanno speso complessivamente 10 milioni e 117mila euro.
- Tre milioni e 92mila euro per spese odontoiatriche.
- Oltre tre milioni per ricoveri e interventi (eseguiti dunque non in ospedali o strutture convenzionati dove non si paga, ma in cliniche private).
- Quasi un milione di euro (976mila euro, per la precisione), per fisioterapia.
- Per visite varie, 698mila euro.
- Quattrocentottantotto mila euro per occhiali e 257mila per far fronte, con la psicoterapia, ai
problemi psicologici e psichiatrici di deputati e dei loro familari.
- Per curare i problemi delle vene varicose (voce "sclerosante"), 28mila e 138 euro.
- Visite omeopatiche 3mila e 636 euro.
- I deputati si sono anche fatti curare in strutture del servizio sanitario nazionale, e dunque hanno
chiesto il rimborso all'assistenza integrativa del Parlamento per 153mila
euro di ticket.

Ma non tutti i numeri sull'assistenza sanitaria privata dei deputati, tuttavia, sono stati desegretati:
"Abbiamo chiesto - dice Rita Bernardini (Partito Radicale) - quanti e quali importi sono stati spesi nell'ultimo triennio per alcune prestazioni previste dal 'fondo di solidarietà sanitarià come ad esempio balneoterapia, shiatsuterapia, massaggio sportivo ed elettroscultura (ginnastica passiva). Volevamo sapere anche l'importo degli interventi per chirurgia plastica, ma questi conti i Questori della Camera non ce li hanno voluti dare".

Perché queste informazioni restano riservate, non accessibili?
Cosa c'è da nascondere?
Ecco il motivo di quel segreto secondo i Questori della Camera: "Il sistema informatizzato di gestione contabile dei dati adottato dalla Camera non consente di estrarre le informazioni richieste. Tenuto conto del principio generale dell'accesso agli atti in base al quale la domanda non può comportare la necessità di un'attività di elaborazione dei dati da parte del soggetto destinatario della richiesta, non è possibile fornire le informazioni secondo le modalità richieste".

"Non ritengo - spiega la deputata Rita Bernardini - che la Camera debba provvedere a dare una assicurazione integrativa. Ogni deputato potrebbe benissimo farsela per conto proprio avendo gia l'assistenza che hanno tutti i cittadini italiani. Se gli onorevoli vogliono qualcosa di più dei cittadini italiani, cioè un privilegio, possono pagarselo, visto che già dispongono di un rimborso di 25 mila euro mensili, a farsi un'assicurazione privata. Non si capisce perché questa 'mutua integrativà la debba pagare la Camera facendola gestire direttamente dai Questori".
"Secondo noi - aggiunge - basterebbe semplicemente non prevederla e quindi far risparmiare alla collettività dieci milioni di euro all'anno".

"Mentre a noi tagliano sull'assistenza sanitaria e sociale è deprimente scoprire che alla casta rimborsano anche massaggi e chirurgie plastiche private - è il commento del presidente dell'ADICO, Carlo Garofolini - e sempre nel massimo silenzio di tutti."


...E NON FINISCE QUI...

Sull'Espresso di qualche tempo fa c'era un articoletto che spiegava che il Parlamento ha votato all'UNANIMITA' e senza astenuti un aumento di stipendio per i parlamentari pari a circa 1.135,00euro al mese.
Inoltre la mozione e stata camuffata in modo tale da non risultare nei verbali ufficiali.

STIPENDIO Euro 19.150,00 AL MESE
STIPENDIO BASE circa Euro 9.980,00 al mese
PORTABORSE circa Euro 4.030,00 al mese (generalmente parente o familiare)
RIMBORSO SPESE AFFITTO circa Euro 2.900,00 al mese
INDENNITA' DI CARICA (da Euro 335,00 circa a Euro 6.455,00) TUTTI ESENTASSE
+

TELEFONO CELLULARE gratis
TESSERA DEL CINEMA gratis
TESSERA TEATRO gratis
TESSERA AUTOBUS - METROPOLITANA gratis
FRANCOBOLLI gratis
VIAGGI AEREO NAZIONALI gratis
CIRCOLAZIONE AUTOSTRADE gratis
PISCINE E PALESTRE gratis
FERROVIE gratis
AEREO DI STATO gratis
AMBASCIATE gratis
CLINICHE gratis
ASSICURAZIONE INFORTUNI gratis
ASSICURAZIONE MORTE gratis
AUTO BLU CON AUTISTA gratis
RISTORANTE gratis (nel 1999 hanno mangiato e bevuto gratis per Euro 1.472.000,00).

Intascano uno stipendio e hanno diritto alla pensione dopo 35 mesi in parlamento mentre obbligano i cittadini a 35 anni di contributi (41 anni per il pubbico impiego)

Circa Euro 103.000,00 li incassano con il rimborso spese elettorali (in violazione alla legge sul finanziamento ai partiti), più i privilegi per quelli che sono stati Presidenti della Repubblica, del Senato o della Camera. (Es: la sig.ra Pivetti ha a disposizione e gratis un ufficio, una segretaria, l'auto blu ed una scorta sempre al suo servizio)

La classe politica ha causato al paese un danno di 1 MILIARDO e 255 MILIONI di EURO.
La sola camera dei deputati costa al cittadino Euro 2.215,00 al MINUTO !!

Far circolare!!!
Si sta promuovendo un referendum per l' abolizione dei privilegi di tutti i parlamentari............ queste informazioni possono essere lette solo attraverso Internet in quanto quasi tutti i massmedia rifiutano di portarle a conoscenza degli italiani......

PER FAVORE CONTINUA LA CATENA...grazie!

Michele Greco

20-09-2011 22:24
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http://www.ilgiornale.it/cronache/ciccio...comments=1


Cicciolina ha quasi sessant'anni. Li compirà il prossimo 26 novembre, giorno nel quale potrà iniziare a riscuotere la sua pensione dopo una vita lavorativa decisamente intensa. Per lei, che tutt'ora è attivissima nei settori più disparati - a settembre canterà in topless in un sexy-bar di Chieti - non si prospetta però una vecchiaia sostenuta dai contributi versati durante la lunga carriera come pornodiva, o non solo, ma una comoda pensione di tremila euro, quella destinata agli ex parlamentari.

In Parlamento per una legislatura A Cicciolina sono bastate ventimila preferenze con il Partito Radicale e lo strano umorismo dei suoi elettori per guadagnarsi una comoda pensione da parlamentare. Perché in Parlamento Ilona Staller c'è stata, dal 1987 al 1992, seduta tra le file del partito di Marco Pannella, che l'aveva candidata e con il quale aveva ottenuto un numero di voti secondo solo a quelli del capofila dei Radicali. E ora, a quasi sessant'anni, può godersi il meritato riposo, foraggiato dai cittadini italiani. "Ma ho lavorato sodo", ci tiene a far sapere l'ex parlamentare. "Nel corso di una legislatura sono riuscita a portare avanti campagne importanti", che - ricorda il Corriere - hanno riguardato tematiche all'ordine del giorno come affettività dei detenuti, parchi dell'amore, insegnamento del sesso nelle scuole e no alle pellicce.







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http://www.ilgiornale.it/rubrica_cucu/e_...comments=1

E i sondaggi confermano la merdocrazia
di Marcello Veneziani



Se c'è un giudizio, una frase, uno sconforto che unisce Berlusconi agli italiani è proprio nel giudicare l'Italia «un paese di merda». È questo l'unico giudizio che lega intellettuali e popolo, Palazzi, élite e gente comu­ne. Dalla ricca letteratura antitaliana di destra e di sinistra allo sfogo arcita­liano di strada, quell'espressione, di­retta o rielaborata, risuona da Dante ai nostri giorni. Un paese coprofilo.

Anni fa sostenni che nel nostro paese vige la merdocrazia, che è il contrario della meritocrazia: vanno avanti le persone di quella sostanza. Mi capita di ripeterlo quando non mi sente nes­suno per un disservizio dei voli o dei treni, per le ingiuste vessazioni subi­te dalla giustizia o da enti pubblici, per la maleducazione e l'inciviltà dila­ganti, per l'approssimazione, la fazio­sità e la corruzione diffuse, per il mal­costume e l'assenza di dignità e carat­tere. Lo penso o lo dico in solitudine, da amante ferito della mia patria; ma fin­ché si resta nell'ambito privato, lo sfo­go di una telefonata notturna, lo capi­sco. Smetto di capirlo se viene divul­gata e usata pubblicamente, come è accaduto.

O se diventa la linea politi­ca di un giornale che se la prende col proprio paese perché ha votato Berlu­sconi, suggerendo che il premier sia della stessa sostanza del suo popolo. Salvo ora indignarsi se lo stesso pre­mier dice a bassa voce, in privato, quel che loro hanno scritto e pubbli­cato a titoli cubitali; confermando co­sì dall'interno quella definizione. L'avevamo fino al collo, ora è addirit­tura sulla bocca di tutti.


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Messaggio modificato il: 25-09-2011 alle 13:24 da Cher.

25-09-2011 13:23
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RE: [OT] Discussione libera... (Piazzetta)

Lo Schiaffo e la Carezza
In sostanza, Marcello Veneziani, sostiene che la merda in casa profuma ma, fuori casa, puzza.
Stranamente però tale merda non solo è stata "sopportata", condivisa e alimentata, per anni e anni, quando poi è servita a tante carriere e a tanti "giochi" amministrativi e di potere.
Io starei attento a sputare nel piatto in cui mangio!


Michele Greco

Messaggio modificato il: 25-09-2011 alle 15:07 da mi.greco.

25-09-2011 14:58
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RE: [OT] Discussione libera... (Piazzetta)

ultimissime
Cina/ Nuova protesta in Tibet, due monaci si danno fuoco
Lunedi, 26 Settembre 2011 - 13:54


"Vogliamo liberta' di religione": con questo grido due giovani monaci tibetani si sono dati fuoco nella prefettura di Aba, nella provincia sudoccidentale cinese di Sichuan. A riferirlo sono fonti tibetane in esilio. I due monaci, Kelsang e Kunchak, entrambi 18enni, secondo l'agenzia Xinhua hanno riportato solo lievi ferite e sono in condizioni stabili. Ambedue appartengono al monastero di Kirti, gia' epicentro in passato di proteste contro quella che la popolazione locale - in maggioranza tibetana - definisce come 'occupazione' cinese. Sei mesi fa un altro giovane monaco dello stesso monastero, il 21enne Phuntsog, era morto dopo essersi dato alle fiamme inneggiando alla liberta' del Tibet. Un episodio a cui le forze di sicurezza di Pechino avevano reagito imponendo stretti controlli nella zona e arrestando 300 monaci in un mese, tra cui due accusati di aver aiutato il 'confratello' a suicidarsi. Secondo Kanyag Tsering, monaco tibetano del monastero 'gemello' di Kirti nella citta' indiana di Dharamsala - dove risiede il governo tibetano in esilio - Kelsang e Kunchak hanno invocato "lunga vita al Dalai Lama" prima di darsi fuoco. I monaci di Kirti furono in prima linea anche nella rivolta buddista del 2008, che l'esercito cinese represse nel sangue.


Scontro politico-territoriale
La Grande Cina ed il Piccolo Tibet

Confronto morale-culturale
La Piccola Cina ed il Grande Tibet



Michele Greco

26-09-2011 15:02
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