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nucleare per il 21°secolo
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RE: nucleare per il 21°secolo

http://www.agienergia.it/Analisi.aspx?id...amp;ante=0

Perché il nucleare interessa i produttori di petrolio
di Giacomo Luciani (GLENCO)

mercoledì 22 febbraio 2012


Può sembrare paradossale che paesi che godono di abbondanti risorse di idrocarburi mostrino interesse per l’energia nucleare o addirittura lancino programmi di acquisizione di centrali nucleari, come lo hanno fatto l’Iran o Abu Dhabi, e si appresta a farlo l’Arabia Saudita – ma in realtà non lo è affatto. Al di fuori della regione del Golfo altri paesi esportatori di idrocarburi – come il Canada, la Federazione Russa o il Kazakhstan – sono ugualmente, e da lungo tempo, attivi nel campo dell’energia nucleare, i primi due con tecnologie proprie che propongono per l’esportazione nel resto del mondo.

Le motivazioni dei produttori del Golfo sono chiare. I consumi di energia elettrica aumentano molto rapidamente: lo stereotipo vuole che ciò sia dovuto esclusivamente alle tariffe troppo basse e agli sprechi che ne conseguono, ma si deve anche accettare che le condizioni climatiche sono estreme in questi paesi non diversamente da come lo sono in Russia o in Canada, anche se nella direzione opposta. In generale, l’intensità energetica del PIL nei paesi del Golfo è destinata a rimanere molto elevata, perché si specializzano in produzioni industriali ad elevato contenuto energetico, quali la raffinazione petrolifera, la petrolchimica, l’alluminio, i materiali per l’edilizia ed altre simili. Anche in questo, i paesi del Golfo non sono diversi dalla Russia o dal Canada.

Anche le attività di servizio nelle quali i paesi della regione sono altamente competitivi, come la logistica ed il trasporto aereo, sono intrinsecamente ad alto contenuto energetico.

Quindi, è ben vero che ci sono numerosi sprechi, ma anche quando fossero aumentate le tariffe (passo che molti ritengono inevitabile) i consumi rimarrebbero elevati e, data la rapidità della crescita economica, in rapido aumento.

Sempre più gli idrocarburi appaiono come risorse energetiche pregiate e specialmente vantaggiose se impiegate nei trasporti o nella trasformazione petrolchimica. Bruciare gas e, soprattutto, petrolio in centrali elettriche non è davvero l’utilizzo più intelligente.

In anni passati, i paesi del Golfo hanno goduto di un eccesso di capacità di produzione di petrolio e gas, per cui si poteva sostenere che il barile o il metro cubo marginale fossero sostanzialmente a costo zero. Ma ciò non è più vero da almeno un decennio: enormi investimenti devono essere continuamente dedicati al mantenimento o aumento della capacità produttiva, e il prezzo internazionale del petrolio consente la realizzazione di una rendita molto importante. Il costo-opportunità del barile bruciato in centrale è dunque molto elevato.

Per il gas, la domanda interna, anche in quei paesi, come l’Arabia Saudita, che non ne esportano affatto, ha superato l’offerta, e costituisce oggi un collo di bottiglia per l’ulteriore sviluppo industriale. Decidere quindi di acquisire una capacità di generazione elettrica basata sulle rinnovabili e sul nucleare è un passo ovvio. Sottolineo rinnovabili e nucleare, perché l’ipotesi che si possa soddisfare l’aumento della domanda esclusivamente con le energie rinnovabili disponibili (principalmente il solare) è irrealistica alla luce della forte dinamica della domanda: un rapido sviluppo di rinnovabili e nucleare sarà in ogni caso probabilmente insufficiente a soddisfare tutta la domanda addizionale, ciò che significa che si continueranno a costruire centrali a petrolio o gas.

Ma l’aspetto più interessante dello sviluppo dell’energia nucleare nei paesi produttori di idrocarburi è quello delle possibili sinergie tra le due filiere. In effetti, la produzione di idrocarburi è caratterizzata da crescente intensità energetica: l’iniezione di acqua o gas, e ancor più quella di vapore ad alta temperatura per fluidificare il greggio pesante, o la fratturazione idraulica delle rocce profonde richiedono crescenti input di energia a monte della produzione di idrocarburi. Lo sfruttamento di risorse “non convenzionali” quali le sabbie bituminose o il petrolio extra pesante richiedono ugualmente forti input di calore.

Oggi, questa domanda di energia nella produzione di idrocarburi, ma anche nella raffinazione e nella petrolchimica, è soddisfatta attraverso la combustione degli idrocarburi stessi – ma potrebbe essere soddisfatta altrimenti, per esempio grazie al nucleare, con il risultato di ridurne in misura importante l’impatto ambientale in termini di emissioni. In altre parole, l’utilizzo di energia nucleare per la produzione del calore necessario alla produzione e trasformazione degli idrocarburi può renderli considerevolmente più “puliti”, consentendo di continuare ad usarne le straordinarie caratteristiche.

La frontiera successiva è quella del riciclo della CO2 e della produzione di idrocarburi artificiali. La tecnologia per catturare la CO2 dalle emissioni di fonti fisse è nota – la resistenza che questa soluzione incontra è nella successiva fase di sequestro in strutture geologiche, che devono garantire che non ci siano fughe nell’atmosfera.

Per ovviare a questo problema, si parla sempre più spesso dell’ipotesi dell’utilizzazione della CO2 catturata come materia prima per altre trasformazioni industriali. Anche per queste abbiamo delle tecnologie disponibili e in alcuni casi funzionanti, in particolare per la produzione di idrocarburi sintetici. Quest’ultima richiede, in buona sostanza, di ricombinare gli atomi di carbonio presenti nella CO2 con degli atomi di idrogeno – trasformazione che è possibile attraverso l’uso di energia elettrica.

Ora, è chiaro che normalmente non ha molto senso bruciare idrocarburi per produrre energia elettrica, e poi catturare la CO2 e ritrasformarla in idrocarburi sintetici utilizzando elettricità; ma se l’elettricità provenisse da centrali nucleari (tipicamente adatte al soddisfacimento del carico di base) in momenti in cui la domanda è bassa, mentre la produzione di elettricità da idrocarburi fosse destinata esclusivamente al soddisfacimento dei picchi di domanda, l’intera operazione potrebbe avere un senso.

L’idrogeno necessario alla produzione di idrocarburi sintetici da CO2 potrebbe esser fornito dall’elettrolisi dell’acqua, anch’essa basata sull’energia nucleare: e questo sarebbe il metodo migliore per progredire verso una “economia dell’idrogeno”, perché l’idrogeno puro non è affatto conveniente come vettore di energia, mentre gli idrocarburi sono vettori energetici insuperabili.

A tutto questo i paesi produttori di idrocarburi fossili guardano con attenzione, e a ragione.


Una  fredda nebbia illividisce il cielo,
le notti incominciano prima.
Tutti conoscono il declino,
ma pochi ne discernono la linea di confine.



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23-02-2012 14:13
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