RE: Vita, morte e miracoli dell'Energia Nucleare
che aveva lavorato con Bohr. Dopo lo sbarco padre e figlio Bohr, insieme con i Fermi, se
ne andarono in citt`a per i fatti loro, mentre Wheeler rientr`o a Princeton in compagnia
di Rosenfeld. Bohr, memore della promessa a Frisch, si guard`o bene dal menzionare sia
a Fermi che a Wheeler la scoperta di Hahn e Strassmann e conseguente interpretazione.
Senonch`e egli si era dimenticato di farne menzione a Rosenfeld: sicch`e questi, data la
novit`a e l’importanza dei fatti, ne parl`o a Weelher appena saliti sul treno che li portava
a Princeton. Si d`a che quella stessa sera (luned`ı 16 gennaio) era prevista a Princeton
una riunione del cosiddetto Journal Club (una sorta di seminario settimanale informale
e informativo sulle novit`a della Fisica), di cui Wheeler era responsabile. Cos`ı egli decise
di dare subito la parola a Rosenfeld sull’argomento: quale migliore occasione ci poteva
essere per metterne al corrente i colleghi? “L’effetto delle mie parole sui fisici americani
fu spettacolare” ricorder`a in seguito Rosenfeld. Non meno spettacolari furono la sorpresa
e il disappunto di Bohr quando il giorno dopo, arrivando a sua volta a Princeton, apprese
i fatti: contro la promessa di non divulgare la notizia prima della pubblicazione dei lavori
di Meitner e Frisch egli si trovava cos`ı ad essere involontariamente l’araldo della fissione
in USA! Cerc`o di rimediarvi buttando gi`u in tutta fretta (in 3 giorni, si fa per dire...) (5)
una breve nota per “Nature” (700 parole in tutto) sulle conclusioni raggiunte durante la
traversata con Rosenfeld: ma lo scopo ultimo del breve articolo era quello di mettere in
rilievo la priorit`a dell’interpretazione di Frisch e Meitner, prima che le notizie provenienti
da Princeton si diffondessero.
Fermi alla Columbia rimase all’oscuro della notizia della fissione finch`e a fine settimana
rientrarono da Princeton due fisici della Columbia: I. I. Rabi e W. E. Lamb jr., anch’essi
futuri Premi Nobel: da uno di essi (o da entrambi) (6) nel giro di poche ore Fermi apprese
la notizia della fissione (chiamata ancora splitting) dell’U. `E curioso che proprio Fermi,
che tanto aveva lavorato (e sofferto) sul problema dell’U sia stato l’ultimo, fra i fisici
europei emigrati negli USA, a sapere della fissione. Comunque, anche a detta della
moglie Laura, ne fu molto scosso: “non c’era venuto in mente” le disse, pensando forse
anche al discorso Nobel che aveva tenuto a Stoccolma, poco pi`u di un mese prima(7).
Sta di fatto che da quel momento la questione della fissione dell’uranio diventa l’idea
fissa di Fermi e il filo conduttore dei primi anni della sua attivit`a americana. Ci `e
parso pertanto opportuno, per le conseguenze che ne derivarono, descrivere con un certo
dettaglio, come gi`a si `e fatto per la fissione, le vicende che caratterizzarono le ricerche di
Fermi nella prima met`a del 1939.
3. – Molta fisica e grande eccitazione alla Columbia
A meno di un mese dal suo sbarco a New York, gli ultimi giorni del gennaio 1939
sarebbero stati per lui molto intensi. Ancora ignaro dell’esperimento di Frisch, il 25 gennaio,
alla vigilia della conferenza di fisica teorica di Washington, Fermi progetta con John
R. Dunning, responsabile della fisica nucleare ai Pupin Laboratories della Columbia e con
il di lui giovane laureando Herbert Anderson, che lo seguir`a nelle ricerche neutroniche
fino alla pila di Chicago, una conferma “fisica” della fissione.
Le apparecchiature standard tipo Frisch (camera di ionizzazione e amplificatore lineare)
erano gi`a disponibili perch´e costruite da Anderson per la sua tesi. Il gruppo dovette
per`o rinunciare ad usare, come originariamente previsto, il ciclotrone della Columbia e
ripiegare su una sorgente neutronica assai meno intensa, quella tradizionale Ra + Be.
Partito Fermi per Washington, Anderson si mette immediatamente al lavoro e la
stessa sera, alle nove, vede anch’egli sull’oscilloscopio i “picchi” di Frisch: eccitatissimo
li mostra a Dunning che, sembra, ne abbia subito informato Fermi a Washington. La
conferenza di Washington (26-28 gennaio) sostenuta congiuntamente dalla George Washington
University (GWU) e dalla Carnegie Institution (presieduta da Vannever Bush,
di cui dovremo pi`u tardi occuparci) organizzata annualmente da George Gamow (ma di
fatto da Edward Teller) era alla sua quinta edizione e avrebbe dovuto svolgersi sul tema
della fisica delle basse temperature. Se non che, Gamow, pochi minuti prima della seduta
inaugurale apprende da Bohr le novit`a europee sulla fissione e decide l`ı per l`ı di far tenere
a lui la prima relazione. Sebbene Bohr, come noto, non fosse un grande oratore pare che
il suo intervento abbia letteralmente galvanizzato l’uditorio: non `e difficile immaginarlo.
A Bohr fa seguito Fermi che, con la sua straordinaria chiarezza, illustra il significato della
fissione e riferisce dell’esperimento della Columbia.
Nel frattempo due fisici nucleari della Carnegie, Roberts e Hafstad, eccitatissimi per
quanto avevano sentito, schizzano letteralmente fuori dalla sala e corrono al loro laboratorio
per effettuare un esperimento tipo Frisch, utilizzando l’acceleratore Van de Graaf
dell’Atomic Physics Observatory (APO) della Carnegie. Senonch`e il solito diavoletto
degli acceleratori, ancora una volta, ci aveva messo la coda: il filamento della sorgente
era bruciato e il tubo a vuoto dell’acceleratore perdeva. Tutto ci`o provoc`o un inevitabile
ritardo sicch`e i fisici della Carnegie (Hafstad andato a sciare nel week-end era stato
sostituito da Meyer) poterono, non senza una punta di orgoglio, mostrare i “picchi” di
fissione ai vari partecipanti, solo sabato 28 sera dopo la tradizionale cena di chiusura
della conferenza.
`E
facile intravedere anche dalle poche righe di una lettera alla moglie Margrethe cosa
passasse quella sera per la testa a Bohr, non ancora informato della pubblicazione dei
risultati di Frisch.
Si trattava comunque della terza conferma fisica della fissione. Ma non c’`e tre senza
quattro: a Washington nessuno sapeva che a Parigi, il 26 gennaio, Joliot, che nel frattempo
aveva letto l’articolo di Naturwissenschaften del 6 gennaio, aveva osservato anch’egli
con lo stesso metodo di Frisch, i frammenti di fissione.
La conferenza di Washington con l’eclatante notizia della fissione non poteva passare,inosservata alla stampa e cos`ı sabato 28 gennaio compaiono articoli sull’ Evening Star
di Washington, sul New York Times e un flash d’agenzia dell’Associated Press. Quello
stesso giorno il gruppo dei fisici californiani di Berkeley, (Alvarez, Abelson, Oppenheimer)
apprendono con comprensibile eccitazione la notizia dal San Francisco Cronichle:
Alvarez chiede immediatamente ragguagli a Gamow che lo informa dell’esperienza dell’APO
e inizia una intensa discussione con Oppenheimer che ne intravede le conseguenze
e prospetta inquietanti panorami. Fra vari fisici nucleari nel frattempo maturava il convincimento
che i frammenti di fissione non fossero gli unici prodotti dal bombardamento
neutronico dell’U perch´e a causa dell’eccessivo numero di neutroni rispetto ai nuclei stabili
con lo stesso Z, i neutroni in eccesso dovrebbero essere emessi sia istantaneamente sia
in ritardo. Se i neutroni fossero stati in numero maggiore di uno sarebbe stato possibile
in una opportuna struttura e con una quantit`a sufficiente di U, una reazione a catena con
produzione di energia e, forse anche, in certe condizioni addirittura in forma esplosiva (8).
Sta di fatto che terminata la conferenza di Washington Fermi rientra la mattina stessa
di domenica 29 a New York, fa venire immediatamente Anderson alla Columbia e gli
propone un esperimento inteso a dimostrare la presenza di neutroni secondari prodotti
dalla fissione. Esperimento concettualmente semplicissimo. Il dispositivo consisteva in
un grosso contenitore ripieno d’acqua (ricordo della fontana di pesci rossi di via Panisperna?)
avente in posizione centrale un grosso bulbo sospeso con una sorgente neutronica
Rn + Be. L’intercapedine tra la sorgente e la parete del bulbo poteva contenere dell’ossido
di U. L’esperimento consisteva nel misurare l’eventuale incremento di attivit`a
indotta dai neutroni termici in un rivelatore neutronico (una sottile lamina di rodio,
ricordo anch’esso degli esperimenti romani) posto nel recipiente a diverse distanze dal
bulbo-sorgente.
Un aumento dell’attivit`a del Rh con il bulbo riempito di ossido di U, sarebbe stata la
prova dei neutroni secondari, come di fatto si verific`o.
Mentre l’esperienza di Fermi era stata assemblata in uno scantinato del Pupin, curiosamente
sette piani pi`u sopra nello stesso edificio, due altri fisici Zinn e Szilard si
accingevano a montare un esperimento, con tecniche differenti, ma con lo scopo anch’esso
di rivelare i neutroni secondari. Walter Zinn, un fisico canadese associato di ricerca
e Leo Szilard, fisico di origine ungherese, entrambi destinati ad occupare un posto di
grande rilievo nel successivo sviluppo nucleare in USA.
Leo Szilard, caratteristico prodotto della Mitteleuropa, personaggio singolare, geniale,
scontroso, disordinato nella vita scientifica e privata, brillante, pieno di immaginazione,
insofferente alla routine della vita accademica, era un tipico free-lance. A New York
era arrivato dopo una lunga peregrinazione da Budapest a Berlino (dove aveva ottenuto
brillanti risultati nel campo della termodinamica) e, dopo l’ascesa al potere di Hitler,
"Io non ho paura del nucleare ma dell'uomo !" giampiero giulianelli
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