RE: Vita, morte e miracoli dell'Energia Nucleare
Mentre aspetto la fattiva collaborazione di qualcuno di voi, vado avanti proponendovi un interessante passaggio introduttivo dell'ing. Luigi De Paoli che potrebbe essere un importante contributo alla stesura del libro.
Il mito di Ulisse è stato utilizzato, da Omero a Dante, per rappresentare la condizione umana soggetta a una irresistibile attrazione verso nuove avventure e scoperte, anche a costo di grandi sofferenze (nell’Odissea) o della stessa morte (nel viaggio oltre le colonne d’Ercole dantesco). L’uomo-Ulisse, nel suo peregrinare in cerca di “virtute e conoscenza”, non è stato attratto solo da territori e paesi sconosciuti, ma anche dall’infinitamente grande e dall’infinitamente piccolo, sempre indagati con la speranza di arrivare al confine estremo.
L’energia nucleare ha a che fare con l’esplorazione dell’infinitamente piccolo. Per lungo tempo l’atomo, così chiamato perché in greco significa “indivisibile”, è stato considerato il confine estremo del piccolo. Ma questa certezza ha cominciato a vacillare e si è dissolta tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Allora si formò la rappresentazione degli atomi come strutture simili al sistema solare: al centro sta il nucleo-sole e intorno a lui girano gli elettroni-pianeti in uno spazio che è in gran parte vuoto. Nei decenni successivi si scoprì che il nucleo era composto di due tipi di particelle diverse, i protoni e i neutroni, e che alcuni nuclei non erano così inerti come altri, ma che potevano emettere radiazioni molto penetranti. Alla fine degli anni Trenta, si scoprì che il nucleo si poteva rompere e che la sua fissione rilasciava una enorme quantità di energia. Subito ci si rese conto che la scoperta era rivoluzionaria e mentre gli scienziati interessati alla conoscenza continuavano il loro viaggio di esplorazione all’interno del nucleo, gli scienziati interessati alla “virtute” cercavano di controllare e sfruttare la fissione nucleare e nel giro di pochi anni ci riuscirono. Era nata una nuova fonte di energia, anche se non si poteva ancora dire che fosse del tutto addomesticata ed anzi solo nei decenni successivi si è meglio capito la portata e le condizioni per sfruttare, limitandone i rischi, l’energia nucleare.
Oggi sappiamo che i vantaggi e i limiti dell’uso dell’energia nucleare sono racchiusi in quattro caratteristiche che questa fonte possiede: è un’energia tecnologica, usata solo per la produzione di energia elettrica, ad alti costi fissi e bassi costi variabili, con impatto sistemico.
Dire che l’energia nucleare è una energia tecnologica significa ricordare che, a differenza delle fonti fossili (petrolio, gas, carbone), l’elemento fondamentale per poter disporre di energia nucleare è la tecnologia e non la materia prima. Questo non vuol dire che per produrre energia elettrica da fissione non ci voglia anche la materia prima (l’uranio o un altro materiale) o che per produrre energia elettrica con centrali termoelettriche a carbone o a gas non ci voglia anche la tecnologia. Ma nella produzione nucleare molto più che negli altri casi la tecnologia, cioè il sapere perché e come fare, è il cuore del problema. La tecnologia è necessaria non solo per progettare e costruire i reattori, ma anche per realizzare il combustibile in grado di farli funzionare. Il combustibile nucleare, infatti, è un prodotto industriale molto più che una materia prima. Infine il richiamo alla tecnologia serve per ricordare che l’energia nucleare non è intrinsecamente buona o cattiva, ma è l’uso che l’uomo ne vuole fare che la rende buona o cattiva.
L’energia nucleare da fissione è poi una fonte energetica che oggi serve solo alla produzione di energia elettrica di base, cioè continuativa. Ricordare che l’energia nucleare serve solo per produrre elettricità di base è indispensabile per due motivi. In primo luogo significa che l’energia nucleare compete con le altre soluzioni per produrre elettricità di base con potenza garantita, vale a dire con le centrali a carbone e con quelle a gas a ciclo combinato, mentre non vi è praticamente concorrenza tra l’energia nucleare e le fonti rinnovabili. In secondo luogo significa che il problema dell’approvvigionamento energetico non può ridursi solo alla questione nucleare. Ad esempio, per un paese come l’Italia, in cui i consumi elettrici rappresentano il 35% dei consumi di energia primaria e la produzione di elettricità di base rappresenta i ¾ della produzione elettrica, anche una scelta “tutto nucleare” alla francese coprirebbe solo poco più di ¼ dei consumi energetici totali. Ciò non significa affatto sminuire l’importanza del contributo dell’energia nucleare. Infatti il vettore elettrico è quello che meglio corrisponde alle esigenze delle società avanzate e quindi la sua importanza va crescendo nel bilancio energetico di tutti i paesi.
La terza caratteristica dell’energia nucleare è di essere capital intensive. Per produrre elettricità nucleare bisogna investire molto nella realizzazione dell’impianto che rappresenta circa due terzi del costo totale. Il pro di questa situazione è che la produzione di elettricità con impianti nucleari rappresenta una delle principali possibilità per un paese povero di materie prime di trasformare l’approvvigionamento energetico da un problema di importazione a occasione di sviluppo industriale. Inoltre, una volta realizzato l’impianto che può funzionare 60 anni e più, il costo di produzione è poco variabile e prevedibile mentre usando gas o carbone si è sottoposti all’alea del prezzo dei combustibili (il peso dell’uranio incide solo per il 5% mentre nelle centrali termoelettriche il carbone o il gas pesano per circa il 50% e l’80% rispettivamente). Il contro sta nel fatto che si deve anticipare una parte importante dei costi e che, se i costi finali non sono in linea con le previsioni, si rischiano gravi perdite.
L’ultima e più importante caratteristica dell’energia nucleare è quella di essere un’energia sistemica o pervasiva. La sua messa in opera richiede infatti la costruzione di un sistema di attori capaci di svolgere il proprio compito e di interagire armoniosamente per ottenere il risultato voluto, proprio come accade in una orchestra con molti strumenti che devono eseguire una partitura complessa. Tra gli attori vi è anzitutto il mondo della ricerca –pubblica nelle fasi iniziali, privata man mano che ci si avvicina all’applicazione industriale- che deve mettere a punto e sperimentare le soluzioni da impiegare. Vi è poi un direttore d’orchestra (l’architetto-ingegnere) in grado di progettare, coordinare e controllare l’azione dei soggetti coinvolti nella realizzazione dell’impianto. Tra questi vi è l’industria che deve produrre i diversi componenti garantendo, per motivi di sicurezza, la loro qualità e quindi dotandosi di un sistema di certificazione della qualità inusuale in altri settori. Gli impianti nucleari sono poi una grande opera civile che vede impegnati sul cantiere contemporaneamente migliaia di persone e decine di imprese. Una volta costruiti, gli impianti vanno ben gestiti per ottenere affidabilità e sicurezza: solo gestori che abbiano dimensioni adeguate e che si attrezzino per svolgere questo compito sono in grado di garantire con continuità queste prestazioni. A fine vita gli impianti vanno smantellati e il materiale radioattivo messo in depositi che diano opportune garanzie: ci vogliono quindi soggetti con competenze adatte. Da ultimo, ma primo per importanza, c’è bisogno di un’autorità di sicurezza forte che dia le autorizzazioni e controlli lo svolgimento delle diverse attività, poiché tutto è dominato dalla preoccupazione di garantire la sicurezza della popolazione e dei lavoratori.
Quanto detto per i reattori nucleari può essere ripetuto, con alcuni adattamenti, per gli impianti del ciclo del combustibile. A questo proposito va ricordato che fin dall’inizio il mondo nucleare si è posto il problema del combustibile irraggiato scaricato dai reattori individuando due alternative. La soluzione detta “a ciclo chiuso” consiste nel costruire impianti di ritrattamento per estrarre il materiale ancora utilizzabile da rimettere in reattore separandolo dalle scorie radioattive. La soluzione “a ciclo aperto” consiste nel mettere al sicuro il combustibile scaricato lasciando decadere la radioattività in attesa di condizionarlo e metterlo in depositi sicuri. La scelta tra il “ciclo chiuso” e il “ciclo aperto” può difficilmente essere lasciata alla sola industria sulla base di considerazioni economiche in quanto ha importanti conseguenze in termini di sicurezza e di rischi di proliferazione (il plutonio estratto durante il ritrattamento potrebbe essere utilizzato per costruire bombe atomiche).
Per questa scelta, ma non solo, è direttamente implicato il mondo della politica senza la cui partecipazione con un atteggiamento positivo e costruttivo (per esempio per la localizzazione degli impianti, ma anche per il reperimento del sito e la gestione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi) l’adozione della scelta nucleare diventa impossibile.
Da ultimo l’energia nucleare tende ad essere sistemica perché può comportare costi o benefici che coinvolgono l’intera collettività. Tra i benefici si possono ricordare gli eventuali minori costi dell’energia elettrica, la sicurezza di approvvigionamento, le ricadute occupazionali e la riduzione delle emissioni di gas serra. Tra i costi, il principale è legato al rilascio di radioattività in condizioni accidentali o normali.
Per queste ragioni la scelta nucleare non può essere solo e tanto una decisione privata, ma è una scelta che coinvolge la società e che suscita inevitabilmente dibattiti e prese di posizioni contrastanti.
(Luigi De Paoli)
Michele Greco
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