RE: [OT] Discussione libera... (Piazzetta)
La dimensione burocratica é intermedia tra la realtá e la sua rappresentazione.
E' una rappresentazione certificata, fatta certa secondo particolari regole rituali e per una determinata cultura. Una realtá burocraticamente approvata, si suppone che esista, almeno nei suoi effetti sociali. Noi qui, nella libertà che ci concede Nuclear Meeting, presentiamo documenti e dimensioni comprovati dalla illusione e dalla speranza, utopiche se volete, ma mai burocratiche perchè, detti documenti, sono certificati in modo del tutto diverso l’una dall’altra perchè individualmente concepiti da altrettanti individui.
E’ ben’altra cosa il documento burocratico, ad esempio il passaporto; prova identitá e nazionalitá di una persona; il certificato prova la sua condizione di rifugiato o di malato; la dichiarazione dello stato di belligeranza prova l'esistenza di una guerra; un rotolo di filo spinato crea la base materiale minima per stabilire burocraticamente un confine nazionale, l’opera d’arte prova la nostra capacità di sognare, di dimostrare di essere ancora vivi dietro questi miserabili steccati che ci confinano e ci separano pur senza distinguerci.
La burocrazia dovrebbe certificare la realtá.
In effetti essa é uno strumento al servizio della comprensione umana della realtá. Quando l'uomo non riesce o non ha interesse a comprendere la realtà, la tentazione pi frequente é quella di modificarla sulla carta, falsificarla burocraticamente, ovvero creare confini artificiali che ingabbino la realtà così come fa comodo o riesce facile. Attraverso questo varco semantico, un fiume di falsitá, di rifiuti culturalmente inquinanti, invadono la societá della comunicazione e le menti degli individui civilizzati. Piú il "villaggio" é "globale", e soprattutto la realtá é mediata dai segni, ovvero rappresentata, ovvero "virtuale", e piú diviene facile falsificarla.
I padroni della burocrazia e dei media hanno da pochi anni compreso quanto potere e profitto derivi dalla manipolazione combinata della realtá e della sua rappresentazione, a fini di truffe planetarie. Basta modificare un po' la realtá materiale, ad esempio con un filo spinato, per sovrapporci sopra un concetto burocratico di confine, e giustificare cosí pedaggi, tasse, limiti, vincoli, procedure, favori, licenze, profitti, trasgressioni, punizioni, scadenze, orari, e quanto altro occupi realmente il tempo e la libertá degli individui. Da anni ormai, la retorica della libertá e della democrazia, si accompagna alla creazione di confini e limiti di ogni tipo che la riducono nei fatti.
La nostra civiltá declama come suo massimo vanto quello di averci fatto uscire dalla giungla di liane dell'uomo primitivo, mentre in realtá ha solo trasformato le liane in una selva di cemento e messaggi contraddittori, in un inestricabile sottobosco di confini di ogni tipo in cui é obbligatorio muoversi, ma in cui ci sì puó orientare solo con piccole mappe, o economiche tesserine, o impalpabili chiavi di accesso, il cui prezzo varia da un milione a un miliardo di volte il loro costo di produzione, e la cui durata é minima, poiché vengono invalidate continuamente per vendere nuove tessere.
In tale contesto il furto di plusvalore é divenuto un metodo arcaico di sfruttamento.
Il massimo dei profitti si ottiene oggi truffando e non rubando, falsificando e non sottraendo, imponendo falsi confini e amministrando la naturale tendenza a superarli. La nostra civiltá post-novecentesca ha evoluto il conflitto di classe in un conflitto, ancora più sotterraneo, tra significanti e significati, tra chi crea confini e chi cerca di valicarli, tra chi appone i cartelli e chi cerca di orientarsi. La gravità e l’evidenza ci sono date dai confini interiori del nostro essere, tra la nostra coscienza ed il nostro essere, tra l’io palese e la sua verità. Si tratta di capire dove va una civiltá che appare ai piú fuori controllo, dove spesso il dicibile è pura falsità, è opportunismo, è legalità, contrario a ciò che si pensa e che si sente. Forse la civiltá é nel controllo di pochi che sanno, ma una base cosí ristretta comporta un equilibrio instabile. Come il potere é stato costretto ad allargare la sua base per sopravvivere, cosí la societá dell'informazione e della burocrazia sará costretta a far capire qualcosa in piú a piú persone.
Nel frattempo la maggior parte della gente é costretta a valicare confini e pagare pedaggi, intuendo qualcosa della loro falsitá, oppure é costretta a non muoversi, restando innocua, repressa e ignara di tutto ció che non possa recepire passivamente.
Qui si vuole vanificare i confini della realtà e del sogno, si vuole ristabilire un ordine utopico in ognuno di noi, in questo nostro profondo, dove si consumano i tempi e le gioie, i luoghi e gli amori, dove si muore in silenzio ed in solitudine. Ma chi sono questi compagni, di diverso linguaggio, provenienti da geografie molteplici, senza limiti mentali e burocratici? Sono molti amici, compagni di studio e di lavoro, allievi, ammiratori(pochi), poeti ed idealisti, compagni di piccole e rare nostalgiche sbornie, intellettuali e gente comune.
Alcuni sono di vecchia generazione, pochi altri della mia, cresciuta tra la 1^ e la 2^ repubblica, quindi un po’ provati, disorientati ed impegnati con i primi a cancellare definitivamente l’”ebbrezza” d’un nazionalismo che pochi anni prima aveva umiliato il paese e gli animi, gli altri sono di generazioni più giovani ancora in “fila” per un posto al sole, comunque caparbi, tenaci ricercatori d’una identità che sia propria e legittima.
Vi sembra giusto che, in totale solitudine, tra l’indifferenza delle istituzioni e degli addetti ai lavori, senza alcun aiuto economico, “progettino” il proprio futuro culturale e sociale dove sperano di essere non più spettatori, ma interpreti, in un momento in cui si fa fatica a capire da che parte “tiri il vento”, in un momento in cui la cultura è una parola di comodo a quell’ufficialità che rimescola gli stessi nomi e le stesse “cose”, infondendo insicurezza e confusione alle nuove generazioni? Non è importante se sia giusto o ingiusto, importante è sentirsi in un certo modo responsabili e credere in ciò che si fa, anche se questi motivi possono sembrare le ragioni d’una mal celata pazzia che poi sono le stesse ragioni d’una rivoluzione o di un concepimento.
Ma poi a chi deve sembrare giusto o ingiusto quello che facciamo in questi giorni? A noi che facciamo, a voi che partecipate o a quelli che non fanno e non partecipano? Il nostro incontro conviviale in questa libera rubrica, è un necessario incontro tra linguaggi e generazioni differenti, perchè con esso e con il dialogo si possa ristabilire l’autenticità dell’individuo e del suo pensiero. Un incontro che cercherà di annullare quei limiti che mortificano il libero pensiero e le sue rappresentazioni. Oggi siamo costretti a guardare le immagini oggettivamente e non soggettivamente, basta fare un po’ di attenzione alla videocrazia ed alle sue funzioni informative e pubblicitarie, del tutto manipolate, se non false, convogliate fino a casa nostra. Allora che “crepi il lupo” e presto vi accorgerete, tra le righe di una letteratura improvvisata, che il lupo non crepa mai; si può perdere dentro di noi, si può perdere dentro di me nuotando nell’ignoto del mio essere, ma in quando a crepare........
Michele Greco
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