RE: Centrali Nucleari al Torio
Riporto questa interessante Domanda/Risposta tratta da Archivio Nucleare in proposito alle centrali nucleari al torio:
http://www.archivionucleare.com/index.ph...a-daiichi/
domanda
Don Peppone scrive:
1 Aprile 2011 alle 13:59
Oggi per radio ho ascoltato un’intervista fatta a Rubbia; in merito all’argomento ho trovato molto interessante il fatto che lui afferma che si passerebbe da una sicurezza probabilistica (attuali centrali a uranio) ad una sicurezza deterministica (centrali al torio) in quanto non sarebbe necessaria acqua, gruppi elettrogeni motori diesel ecc.ecc. in quanto il processo sarebbe nelle condizioni, autonomamente, di potersi arrestare.
Fatti salvi altre vantaggi indiscutibili (presenza del torio, radioattività che si ridurrebbe in 100-200 anni ecc.ecc.)
vorrei sapere se ho capito male oppure se effettivamente gli studi compiuti potrebbero porre le basi con centrali nucleari che hanno questo tipo di sicurezza.
Lui ha inoltre detto che ci stanno lavorando su centrali al torio in questo momento sia la Cina che l’India.
Risposta
Pietruccio scrive:
1 Aprile 2011 alle 15:32
Il ciclo del Torio presenta aspetti positivi e negativi. E’ molto più complicato da gestire (altissima radioattività), e anche meno stabile (l’ing. Romanello potrebbe spiegarti bene perchè): comunque molto complicato da capire (è spiegato proprio sui testi dell’Università di Pisa - non so se ci sono ancora in rete).
Il Torio ha però il vantaggio di essere più abbondante dell’Uranio (3-4 volte), ma il grosso svantaggio di essere solo un materiale “fertile” e non “fissile”: in pratica non è di per se un combustibile nucleare ma lo può diventare dentro un reattore. In pratica ha le stesse caratteristiche dell’uranio 238, che, però, non manca certo in natura e neanche come riserve: quindi il torio non è poi così importante.
Probabilmente in Italia sarebbe molto più facile autoprodurci del torio che dell’uranio, tutto lì, ma il problema è la costruzione di reattori capaci di bruciarlo direttamente (servono neutroni veloci - molto veloci - in pratica non è una strada percorribile) o di trasformarlo in un materiale fissile (l’uranio 233): quei reattori si chiamano “breeder” (quando parlo di IV generazione intendo (impropiamente) quelli).
Un’altro vantaggio è il tipo di scorie che produce, meno tossiche e meno resistenti nel tempo (ma dal mio punto di vista non è neanche questo un gran vantaggio, perchè anche l’uranio, se gestito bene…)
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Il metodo di Rubbia risolve un non problema - e qui non si capisce se l’amico “ci è, o ci fa” come dicono a Roma - che sarebbe quello del “controllo” del reattore: secondo lui lavorando con una massa “sottocritica” (vuol dire dire che senza un getto continuo di radiazioni prodotte dall’esterno il reattore si spegne) aumenterebbe la sicurezza essendo impossibile un’incidente di reattività (cioè un eccesso di reazione nucleare che possa distruggere il reattore).
Come ti dicevo, per una serie di questione secondarie, è vero il contrario. Il reattore alla rubbia potrebbe trovarsi a un certo punto con troppo combustibile e diventare incontrollabile (causa ritardi nella produzione del fissile) mentre un incidente di criticità nei reattori normali è comunque qualcosa di non particolarmente severo, in quanto l’innalzamento rapido della temperatura innescherebbe dei fenomeni in controreazione che spegnerebbero quasi subito il reattore anche senza l’intervento dele barre di controllo (fenomeni che comunque anche durante il normale funzionamento mantengono il reattore in condizione di “equlibrio” intrinsecamente stabile - per cui è ben difficile che possa scappare di mano - mi pare abbiano fatto esperimenti estraendo violentemente le barre di controllo per mezzo di esplosivi per studiarne il transitorio che non presenta grossi problemi, soprattutto nel caso dei reattori ad acqua leggera).
Come si è visto anche a Fukushima, il problema vero, quello che “non fa dormire” gli ingegneri nucleari, è lo smaltimento del calore residuo, che si forma per l’alta radiazione dei prodotti di fissione, nelle prime settimane (ma più che altro nei primi giorni) subito dopo lo spegnimento: non è qualcosa di di spaventoso e incontrollabile. E’ solo che gli elementi di combustibile scaldano e quel calore va portato via altrimenti il nucleo fonde (e quello che succede se poi il contenimento è fatto male lo si è visto a Fukushima, mentre se il contenimento è fatto bene lo si è visto a Three Mile Island).
Quindi rubbia dice in parte una cosa vera: il Torio è un bel materiale (anche nell’ottica della non proliferazione)
e dice una cavolata: col suo sistema si riduce il rischio nucleare.
Dimenticavo: attualmente il Rubbiatron non funziona (consuma più energia di quanta ne produce)
Risposta
Pimby scrive:
1 Aprile 2011 alle 16:11
Per Don Peppone
L’unica cosa vera che ha detto Rubbia, secondo quanto tu riferisci, è che sia la Cina che l’India si stanno occupando delle centrali al torio. L’India, in particolare, ha avviato da tempo la ricerca, essendone molto ricca nel suo sottosuolo.
Per il resto, disinformazione completa sull’approccio probabilistico e su quello deterministico alla sicurezza. Nell’analisi di sicurezza di qualsiasi moderna centrale nucleare vengono definiti ed analizzati vari eventi che possono evolversi in un incidente - anche se caratterizzati da una probabilità di verificarsi molto bassa - e, di conseguenza, il progetto viene sviluppato in modo da ridurre il più possibile la probabilità che l’incidente si verifichi (da qui ad es. il 10 alla -6/-7 che il progettista dichiara di aver conseguito, cioè la probabilità di un evento ogni milione o 10 milioni): questa è l’analisi probabilistica.
Poi, in ossequio alla filosofia della “difesa in profondità”, si assume che l’incidente si verifichi comunque, e si dota l’impianto degli opportuni dispositivi che neutralizzino l’evento. Da qui, per esempio, l’inserimento sotto il vessel del “core catcher”, il recipiente introdotto negli EPR per rimediare ad un evento (fusione del nocciolo) già di per sé a bassissima probabilità. E questo è l’approccio deterministico.
Cosa c’entra la centrale al torio al posto di quella ad uranio con questo discorso? Assolutamente niente.
Quanto al fatto che “il processo sarebbe nelle condizioni, autonomamente, di potersi arrestare”, si tratta di un discorso diverso che (come il precedente) con l’alternativa torio-uranio c’entra come i cavoli a merenda. Si tratta della sicurezza passiva, ossia dell’entrata in funzione – a seguito di eventi anomali – di sistemi di refrigerazione di emergenza che non necessitano dell’intervento umano, ma si innescano sfruttando fenomeni naturali. Ma il reattore americano AP1000, attualmente in costruzione in Cina (4 unità), è dotato di sistemi di sicurezza passivi. Ed è un impianto che utilizza l’uranio come combustibile.
Rubbia non ha elencato, invece, gli svantaggi del combustibile torio, legati fra l’altro all’alto costo di manipolazione del combustibile, causa l’alta radioattività. D’altra parte, se l’India con 20 reattori oggi in funzione tutti ad uranio (installati dal 1969 ad oggi) è ancora allo stato di ricerca sul torio, ci sarà pure una ragione…
Risposta
Ing. Vincenzo Romanello scrive:
1 Aprile 2011 alle 16:17
Rubbia quando parla fa spesso piu danno che utile e nella mente della gente instilla notizie false, o comunque discutibili. Non a caso e’ diventato l’icona degli anti-nuclearisti, proprio lui che il Nobel lo ha vinto per tutt’altre cose (il fatto che compaia la parola ‘nucleare’ nel suo curriculumnon basta di per renderlo onniscente, e infatti lo dimostra chiaramente).
Di torio ce ne e’, ma va fertilizzato, come diceva Pietruccio, quando lo si fa si produce U-232 che emette dei gamma ad alta energia (il tallio, suo prodotto figlio, emette raggi gamma a 2.6 MeV - cioe 2,5 volte piu energetici di quelli del cobalto-60!!!) e lo rende non manipolabile se non con sistemi remoti (buono per la proliferazione, ma costoso da gestire). Inoltre gli ossidi di torio sono molto difficili da riprocessare, e anche la storia delle scorie non e’ del tutto vera, come alcuni studi dimostrano, poiche dopo alcune migliaia di anni si possono formare dei prodotti figli di decadimento che pareggiano la tossicita’ del ciclo all’uranio. Gli indiani stanno investendo pesantemente in questa direzione, ma solo perche’ posseggono grossi giacimenti di questo materiale (qualche tempo fa assistetti ad un seminario del celebre Prof. Sehgal, all’Universita’ di Stoccarda).
In realta’ non c’e’ nessun problema a spegnere i reattori critici: si spengono soli senza alcun problema - come e’ avvenuto anche a Fukushima: il problema semmai, come diceva Pietruccio, e come ho spiegato nell’articolo sopra (!!!), sta nel CALORE DI DECADIMENTO (che anche i sottocritici hanno!). Al piu potrebbe avere senso costruire degli inceneritori nucleari (non reattori per la produzione di energia) sottocritici per poter bruciare efficacemente gli attinidi - ma non e’ affatto detto che non si possano usare anche altre tecnologie. Questo e’ il mio campo di ricerca, e ci stiamo lavorando attivamente (ieri ero a Brussels proprio per questo) - nel frattempo, per favore, non facciamo confusione…
Comunque i colleghi belgi vogliono costruire una macchina che dovrebbe essere sottocritica ed essere accoppiata ad un acceleratore: si chiama MIRRHA, non usa torio, e non incenerisce ancora le scorie - si tratta di una facility per fare esperimenti in merito (ma ci vogliono 1 miliardo di euro, che non e’ detto si trovino - si e’ troppo impegnati a finanziare le energie INTEGRATIVE - chiamiamole col loro VERO nome, altrimenti la gente continuera a pensare che ci si puo’ muovere un Eurostar - ma che data la propaganda io ormai definirei ‘oniriche’…).
Una fredda nebbia illividisce il cielo,
le notti incominciano prima.
Tutti conoscono il declino,
ma pochi ne discernono la linea di confine.
Cher03@hotmail.it
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