RE: La bacheca dei giornalisti che fanno bene il loro lavoro
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Psicosi nucleare, ma si muore sul lavoro
Chiudere le centrali non riduce il rischio
di Carlo Lottieri
Quiz per il lettore: in una giornata di cronaca che include un incidente in Francia con un morto e quattro feriti, un'altra disgrazia in Italia con sei vittime, e un terzo disastro in Africa con addirittura 120 morti, a quale di questi avvenimenti si darà più spazio e su quale si concentrerà maggiormente l'attenzione?
La risposta non è scontata, perché ieri l'attenzione maggiore è stata riservata proprio alla prima vicenda (all'esplosione inun sito per il trattamento delle scorie nucleari, a Marcoule), e non già alle altre due. Il terribile scoppio della fabbrica di fuochi d'artificio di Arpino e la tragedia del Kenya - dove è saltato per aria un oleodotto - hanno colpito assai meno l'opinione pubblica. Per quale ragione?
In parte è comprensibile, dato che le radiazioni nucleari agiscono a distanza e nel tempo: in altre parole, la disgrazia potrebbe assumere altre proporzioni. Ma c'è soprattutto un altro elemento: ed è che tutti noi, non possiamo negarlo, siamo vittime di sentimenti irrazionali che non riusciamo a gestire e che sono facilmente manipolati da quei demagoghi che ora già stanno facendo rullare i tamburi della loro propaganda.
È un po' come la paura del volo. Non vi è il minimo dubbio che in linea di massima, dal punto di vista statistico, è assai più rischioso il tragitto in automobile che ci conduce all'aeroporto di quanto non lo sia il volo in sé. E' però del tutto evidente che molti tra noi vivono in maniera assai più naturale un ordinario spostamento automobilistico che non il decollo da Milano e l'atterraggio a Roma.
Non stupiamoci, allora, della nostra istintiva voglia di rinunciare all'energia nucleare. E però c'è molto altro da aggiungere, perché una classe dirigente deve saper assumere un atteggiamento responsabile di fronte a problemi così complessi, evitando di sfruttare le nostre fobie.
Chi è chiamato a prendere decisioni deve saper stare ai fatti. Non può fingere di non sapere come le alternative al nucleare producano quotidianamente più morti: nelle miniere di carbone come nei pozzi da cui si estrae il petrolio o nelle raffinerie dove lo si lavora, ma un discorso non dissimile si può fare per le stesse energie rinnovabili, che non sono certo neppure loro a «rischio zero».
Perché questo è il punto: un ceto dirigente perde credibilità quando si rifiuta di paragonare due situazionireali ed entrambe imperfette, e inizia invece a contrapporre al mondo reale in cui viviamo un universo del tutto fittizio in cui l'energia costerà poco o nulla, sarà senza rischi, aiuterà la crescita e il progresso. Per il futuro non sappiamo nulla, ma ora le cose non stanno così. Oggi siamo chiamati a scegliere tra opzioni imperfette e si deve farlo evitando di imbrogliare il prossimo.
Come ha testimoniato poche ore fa l'esplosione delle baraccopoli di Sinai, in Kenya, la scelta tedesca di abbandonare il nucleare (come quella, ormai storica, dell'Italia) non è esente da rischi. E tutti abbiamo un ricordo molto vivido della tragedia di Viareggio di due anni fa, che avremmo forse evitato se l'Italia, nel corso del tempo, avesse ridotto la propria dipendenza dai derivati del petrolio.
Ogni anno, d'altra parte, solo nel nostro Paese le vittime legate al gas metano da riscaldamento (per fughe ed esplosioni) sono più delle vittime di Chernobyl.
Al cittadino va riconosciuto il diritto a una certa dose di ignoranza: è legittimo non conoscere tante cose e ognuno ha, giustamente, la propria emotività. Ma chi «fa politica» deve saper sfidare i luoghi comuni: altrimenti, è bene che faccia altro.
Da Il Giornale, 13 settembre 2011
Una fredda nebbia illividisce il cielo,
le notti incominciano prima.
Tutti conoscono il declino,
ma pochi ne discernono la linea di confine.
Cher03@hotmail.it
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