RE: FAQ Nucleare III°
Il combustibile esausto è radioattivo per 10mila anni?
Innanzitutto il caso preso in esame è un combustibile con burnup di circa 33GWd in un reattore ad acqua leggera, altri reattori ed altri burnup danno risultati leggermente differenti, quindi il risultato può essere generalizzato ma solo con le dovute cautele.
[Cf. Assessment of LWR-HTR-GCFR Integrated Cycle]
Non è innanzitutto corretto dire che la radioattività durerà per un tale periodo, la radioattività è un processo statistico e stocastico, cioè l’attività di un campione continua a diminuire decadendo esponenziamente con una funzione continua, cioè è come un rubinetto aperto che svuota una grande riserva d’acqua: ci arriverà solo in un tempo “infinito”, all’inizio emetterà al massimo della sua portata, poi sempre meno finchè per gli ultimi eoni di tempo rilascerà una goccia d’acqua ogni tanto ma continua a sgocciolare.
Questo vale tanto per gli scarti radioattivi quanto per la comune radioattività naturale (difatti grazie a misure di attività si stabilisce quanto il rubinetto “si è svuotato” e da questo può determinare l’età delle roccie che compongono la Terra o determinati reperti archeologici).
Quindi è possibile misurare la radioattività di una scoria di combustibile quando questa esce dal reattore e successivamente calcolare il tempo in cui sarà raggiunto un valore di soglia definito innoquo.
In genere si considera la radiotossicità (dipendente dalla dose (vedi domanda su che cos’è la dose?) che rischia di venire somministrata) del minerale uranifero di partenza come punto da raggiungere per le scorie per considerarle innoque, benchè anche radiotossicità maggiori non siano radiologicamente significative sulla salute umana.
Ovvero qual’è il tempo in cui una scoria da combustibile raggiunge una radiotossicità pari a quella dell’uranio grezzo? A seconda di come si tratti il combustibile usato: posto nel deposito geologico un elemento di combustibile esattamente come uscito dal reattore (strada adottata dai paesi scandinavi), questo impiegherà circa 300.000 anni per raggiungere la stessa radiotossicità del combustibile di partenza (sempre considerando combustibile a 33GWd di burnup).
Per raggiungere i 10.000 anni la scoria deve essere riprocessata (strada inglese, francese, giapponese), cioè ne vanno separati chimicamente i vari componenti principali: plutonio, uranio e prodotti di fissione con attinidi minori.
Questa separazione permette di avere da una parte uranio che può essere utilizzato per creare nuovo combustibile tramite un nuovo arricchimento, plutonio che mischiato con dell’uranio impoverito permette di creare il combustibile MOX, ed infine i prodotti di fissione con gli attinidi minori, che sono la vera parte delle scorie, che è mandata allo stoccaggio geologico.
Questa parte raggiunge una radiotossicità pari a quella del minerale uranifero di partenza in circa 10.000 anni, cioè in un trentesimo circa rispetto ad un elemento di combustibile non riprocessato.
La separazione ulteriore degli attinidi minori dal resto delle scorie potrebbe ottimizzare ulteriormente questo periodo di giacienza, tuttavia è per il momento non vantaggioso economicamente.
Sono allo studio nuovetecniche di riprocessamento ma si prevede che saranno implementate in concomitanza con l’avvento della IV gen.
L’elemento di combustibile esausto lo possiamo considerare idealmente come un cumulo di sabbia in cui gran parte della sabbia è composto da uranio, una piccola porzione da plutonio ed il resto da prodotti di fissione e transuranici.
Da questo cumulo di sabbia è “facile ed economico” estrarre l’uranio ed il plutonio, visto che sono due soli elementi e sono in quantità significative, la separazione dei transuranici è invece molto più costosa, e saranno necessari diversi passaggi su diversi “setacci” per sanare piccole quantità.
Infatti nella nostra “sabbia” iniziale, considerando un arricchimento al 3.5% circa ed un burnup di 33GWd, l’uranio è oltre il 90% del totale, i prodotti di fissione circa il 5%, il plutonio circa l’1% e gli attinidi minori meno dello 0.1%.
La loro scarsità, unita al fatto che sono molti elementi differenti, rende non economica (ma comunque fattibile) l’ulteriore estrazione ad oggi. Questa estrazione permetterebbe di ridurre la radiotossicità delle scorie, che ora sono solo prodotti di fissione, a circa 300 anni, cioè un periodo di tempo comparabile con la vita umana e con le scorie di medio e basso livello, offrendo quindi soluzioni molti più economiche per lo stoccaggio delle stesse.
Burnup differenti danno poi risultati differenti, aumentare il burnup e diminuire quindi la presenza di attinidi minori nelle scorie permette di ridurne la radiotossicità e la persistenza nell’ambiente, ma il ragionamento di base non cambia, benchè il risultato sia leggermente modificato.
Una fredda nebbia illividisce il cielo,
le notti incominciano prima.
Tutti conoscono il declino,
ma pochi ne discernono la linea di confine.
Cher03@hotmail.it
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