[OT] Attualità e Cultura - magnesium - 26-09-2011 20:46
Si apre questa discussione con l' intenzione di creare un luogo all' interno del quale gli utenti possono discutere di tutti quegli argomenti legati al mondo dell' "attualità e cultura" e quindi NON strettamente attinenti con le tematiche principali del forum e che quindi altrimenti non avrebbero un luogo adatto per essere affrontati.
[OT = Off topic = Fuori tema]
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 28-09-2011 15:26
RE: Vita, morte e miracoli dell'Energia Nucleare
Mi auguro che l' Editore, I Moderatori e tutti i Membri di Nuclear Meeting vogliano unirsi al mio augurio rivolto alla professoressa Emilia Chiancone nuovo Presidente dell' Accademia dei XL eletta al posto del compianto Tommaso Scarascia Mugnozza recentemente scomparso.
Ne riporto la biografia essenziale:
Prof. Emilia Chiancone
Department of Biochemical Sciences
University of Rome "La Sapienza" P.le Aldo Moro, 5
00185 Rome
in 2002: present: Director, National Research Council Institute of Molecular Biology and Pathology, University 'La Sapienza' Rome, Italy
in 1989: present: Full Professor of Molecular Biology, Faculty of Medicine, University 'La Sapienza' Rome, Italy
in 1981-2001: Director, National Research Council Center of Molecular Biology, University 'La Sapienza' Rome, Italy
in 1962-1989: Research fellow of the National Research Council Center of Molecular Biology, University 'La Sapienza' Rome, Italy
in 1967: "Libera Docenza" in Biological Chemistry
in 1961: Degree in Biology (with honors), University of Milan, Italy
Memberships and honours
Società di Biofisica e Biologia Molecolare (President of the Society from 1989 to 1992) Accademia Nazionale delle Scienze detta dei XL since 1998
EMBO member since 1980,
ASBMB member since 2002
Areas of research
Studies on heme proteins with special emphasis on the relationship between state of aggregation and functional properties.
Characterization of protein-protein interactions and reversible association-dissociation equilibria by physico-chemical techniques.
Structure-function relationships in mammalian and bacterial ferritins
Structure-function relationships of Ca2+-binding proteins
Development of a chromatographic technique (subunit-exchange-chromatography) involving exchange of protein subunits between a liquid and a solid phase.
Studies of protein-ion interactions (e.g.; Cl-, Na+ and Ca2+).
List of recent publications
M. Mella, G. Colotti, C. Zamparelli, D. Verzili, A. Ilari, and E.Chiancone - Information transfer in the penta-EF-hand protein sorcin does not operate via the canonical structural/functional pairing. A study with site-specific mutants. - J Biol Chem. 278, 24921-24928 (2003).
P. Ceci, A. Ilari, E. Falvo, and E. Chiancone - The Dps protein of Agrobacterium tumefaciens does not bind to DNA but protects it toward oxidative cleavage: X-ray crystal structure, iron binding, and hydroxyl-radical scavenging properties. - J Biol Chem. 278, 20319-20326 (2003)
G. Zhao, P. Ceci, A. Ilari, L. Giangiacomo, T.M. Laue, E. Chiancone, and N.D. Chasteen. - Iron and hydrogen peroxide detoxification properties of DNA-binding protein from starved cells. A ferritin-like DNA-binding protein of Escherichia coli. J Biol Chem. 277, 27689-27696 (2002).
A. Boffi, P. Sarti, G. Amiconi, and E. Chiancone - The interplay between heme iron and protein sulfhydryls in the reaction of dimeric Scapharca inaequivalvis hemoglobin wit nitric oxide, Biophys. Chem., 98, 209-216 (2002).
A. Ilari, K.A. Johnson, V. Nastopoulos, D. Verzili, C. Zamparelli, G. Colotti, D. Tsernoglou and E. Chiancone - The crystal structure of the sorcin calcium domain provides a model of Ca2+-dependent processes in the full-length protein - J. Mol. Biol., 317, 447-458 (2002).
P. Ceci, L. Giangiacomo, A. Boffi, and E. Chiancone – The mutation K30D disrupts the only salt bridge at the subunit interface of the homodimeric hemoglobin from Scapharca inaequivalvis and changes the mechanism of cooperativity - J. Biol. Chem., 277, 6929-6933 (2002).
171) G. Mignogna, R. Chiaraluce, V. Consalvi, S. Cavallo, S. Stefanini, E. Chiancone -Ferritin from the spleen of the Antarctic teleost Trematomus bernacchii is an M-type homopolymer. Eur. J. Biochem. 269, 1600-1606 (2002).
A. Fago, L. Giangiacomo, R. D’Avino, V. Carratore, M. Romano, A. Boffi, and E. Chiancone - Hagfish hemoglobins. Structure, function and oxygen-linked association - J. Biol. Chem, 276, 27415-27423 (2001).
A. Nastopoulos, A. Ilari, G. Colotti, C. Zamparelli, D. Verzili, E. Chiancone, and D. Tsernoglou - Two different crystal forms of sorcin, a penta-EF hand Ca2+-binding protein -Acta Cryst. D57, 862-864 (2001).
L. Giangiacomo, R. D’Avino, G. di Prisco, and E. Chiancone - Hemoglobin of the Antarctic fishes Trematomus bernacchii and Trematomus newnesii: structural basis for the increased stability of the liganded tetramer relative to human hemoglobin - Biochemistry, 40, 3062-3068 (2001).
M. Gattoni, M.C. Piro, A. Boffi, W.S. Brinigar, C. Fronticelli, and E. Chiancone - The heme-globin and dimerization equilibria of recombinant human hemoglobins carrying site-specific b chain mutations – Arch. Biochem. Biophys. 386, 172-178 (2001).
R. Chiaraluce, V. Consalvi, S. Cavallo, A. Ilari, S. Stefanini, and E. Chiancone - The unusual dodecameric ferritin from Listeria innocua dissociates below pH 2.0 - Eur. J. Biochem. 267, 5733-5741 (2000).
X. Yang, E. Chiancone, S. Stefanini, A. Ilari, and N.D. Chasteen - Iron oxidation and hydrolysis reactions of a novel ferritin from Listeria innocua - Biochem. J. 349, 783-786 (2000).
E. Chiancone and A. Boffi - Structural and thermodynamic aspects of cooperativity in the homodimeric hemoglobin from Scapharca inaequivalvis - Biophys. Chem. 86, 173-178 (2000).
D. Verzili, C. Zamparelli, B. Mattei, A.A. Noegel, E. Chiancone - The sorcin-annexin VII calcium-dependent interaction requires the sorcin N-terminal domain – FEBS Lett., 471, 197-200 (2000).
A. Boffi, L. Guarrera, L. Giangiacomo, C. Spagnuolo and E. Chiancone - Proximal and distal effects on the coordination chemistry of ferric Scapharca homodimeric hemoglobin as revealed by heme pocket mutants - Biochemistry, 39, 33500-3504 (2000).
A. Ilari, S. Stefanini, E. Chiancone and D. Tsernoglou - The dodecameric ferritin from Listeria innocua contains a novel intersubunt iron-binding site - Nature Struct. Biology, 7, 38-43 (2000).
C. Zamparelli, A. Ilari, D. Verzili, L. Giangiacomo, G. Colotti, S. Pascarella and E. Chiancone - Structure-function relationships in sorcin, a member of the penta EF-hand family. Interaction with the ryanodine receptor and an Escherichia coli model system - Biochemistry, 39, 658-666 (2000).
T.K. Das, A. Boffi, E. Chiancone and D.L. Rousseau - Hydroxide rather than histidine is coordinated to the heme in five-coordinate ferric Scapharca inaequivalvis hemoglobin - J. Biol. Chem., 274, 2916-2919 (1999).
L. Guarrera, G. Colotti, E. Chiancone and A. Boffi - Ligand-linked changes at the subunit interfaces in Scapharca hemoglobins probed through the sulfhydryl infrared absorption - Biochemistry, 38, 10079-10083 (1999).
Ad Maiora
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 29-09-2011 19:54
Attualità e Cultura
L'attualità non si è mai occupata di cultura, se non per "distrarre" o, per evadere dalla negatività della routine quotidiana che vive di scandali, di volgarità, di decadimento etico e morale, di comune ed associata delinquenza, di arrivismi e di continui illeciti sociali e politici. Ma pur distante dai fermenti culturali, siano essi umanistici, quindi di rappresentazione, siano scientifici, quindi di ricerca e di studio, la Attualità determina con i propri interessi (che ho elencati in negativo, in parte) l'attuale cultura del nostro paese. L'attualità riflette, pertanto, lo stile di vita e la cultura radicata, promossa ed incoraggiata nel paese.
Trovo pertante improbabile un equilibrio tra cultura e attualità che rifletta un sano convivio, alternando l'espressione dello spirito alla sana necessità materiale in oggettive situazioni di buone e nobili capacità umane.
Oggi tutto è più equivoco e complesso e la cultura ci appare sempre più ignorata da chi la dovrebbe promuovere e proteggere e dai divulgatori di notizie e di attualità.
Il mondo dell'arte a fatica riapre i battenti in un mercato confuso privo di domande, in una atmosfera distratta dai crolli finanziari e dalle lotte politiche, dalla paura, infine d'una totale chiusura ad una ripresa futura, ad un avvenire che non ci appartiene più e diventa sempre più tetro ed invisibile.
Di quale cultura vogliamo parlare?
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 30-09-2011 15:25
Elisa Montessori e Riccardo Monachesi
Volendo superare la negatività di quanto esposto nel precedente capitolo, e ciò per senso di cultura istintiva e di volontà d'opposizione a quella che oggi ci distingue, potremmo far "finta di niente" e continuare sulla linea della nostra individuale correttezza, segnalando ed incoraggiando eventi che meritano attenzione.
Con questo spirito segnalo alcuni eventi di cultura visiva promossi per la nuova stagione artistica.
Roma: Museo Boncompagni Ludovisi per le Arti Decorative
Il Costume e la Moda dei secoli xix e xx. Dal 4 ott. al 6 nov.a.c.Elisa Montessori e Riccardo Monachesi espongono 20 ceramiche.
Le opere, acquistate dalla Galleria d'Arte Moderna di Roma, oggi fanno parte della collezione del famoso Museo Boncompagni che le espone in occasione della Settima Giornata del Contemporaneo promossa dall'Amaci.
Elisa Montessori è nata a Genova nel 1931, vive e lavora a Roma.
Il suo lavoro è quanto di più sentito si possa esprimere e rappresentare della gioia di vivere; l'insieme istintivo dei colori che con-fondono il segno, si manifestano immediati e senza ripensamenti. L'amicizia con Afro Basardella ha portato Elisa a "distribuire" il suo gesto compositivo al di là della identità formale, in uno spazio virtuale come fosse onirico ed evanescente. Ma il suo è un chiaro riferimento antropologico che rimanda alle implicazioni emozionionali dell'essere che lo governano e che restituisce "al sogno stesso" una identità reale, come il decantare della freschezza dei fiori o il delicato scorrere dell'acqua e della vita.
L'opera di Montessori s'integra, infine, nel modellato di Monachesi che ne viene in-formato in una possibile lettura istintiva.
Monachesi che è nato a Roma nel 1954, dove vive, è uno scultore di razza che modella la materia lasciando ad essa possibili ricomposizioni e "restauri" a vantaggio del "lettore" che così può ricostruire in essa le proprie identità e le conseguenti metafore della propria vita.
E' un artista dotto che provoca nel suo lavoro quella stupenda contraddizione che spesso l'istinto genera col sapere, delineando così una sorta di semplicità primitiva nell'infinitezza del proprio plasmato.
Monachesi da anni ha ormai "sposato" la creatività della Montessori e da anni ha proseguito con lei un cammino di grande evoluzione artistica e di maturità di linguaggio.
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 01-10-2011 11:34
http://www.ilgiornale.it/cultura/la_dest...comments=1
La destra troppo avanti emarginata e scippata
di Marcello Veneziani
Giorgio Pisanò, Gianna Preda, Angelo Manna... li citavo giorni fa a proposito della scomparsa di Enzo Erra. Sarebbe tutta da scrivere, ma è un’impresa difficile, la Spoon River dei precursori dimenticati, spesso maledetti o emarginati in vita, che hanno avuto postuma ragione ma per interposta persona. Citavo Pisanò non in veste di politico missino ma di giornalista - rilanciò il Candido alla morte di Guareschi - anzi di inviato postumo nei luoghi dolorosi della guerra civile. Pisanò fu tra i primi a compiere l’arduo e meticoloso lavoro di tirare fuori dall’oblio e dalla damnatio memoriae storie e tragedie dell’ultima guerra.
Fu un lavoro aspro che rimase in un circuito nostalgico. Poi, dopo tanti anni, arrivò da sinistra Giampaolo Pansa e riportò alla luce le storie dei vinti, con grande e meritato successo editoriale. Citavo poi Gianna Preda, firma di punta del Borghese negli anni sessanta, mordace e aggressiva nel suo giornalismo d’assalto.
Era lei la Camilla Cederna della destra, anzi la Fallaci degli anni sessanta quando l’Oriana era ancora di sinistra. Poi arrivò la Fallaci dopo l’11 settembre e si sentì nuovamente il linguaggio del vecchio Borghese, inclusa l’esortazione a ritrovare la rabbia e l’orgoglio di un occidente vile, arreso al nemico; ma con ben altra accoglienza. Si legga di Gianna Preda (Predassi era il suo vero cognome) la vivace autobiografia, Fiori per Io, o si ritrovino le sue interviste che mettevano in crisi i governi o i suoi dialoghi con i lettori.
Citavo poi Angelo Manna, giornalista del Mattino e deputato missino, che fu il primo a raccontare negli scritti e nelle tv private napoletane l’altra faccia del Risorgimento e il sud violentato e tradito. Se Carlo Alianello (o Silvio Vitale) scriveva l’epopea del sud preunitario, Manna trasmetteva a livello popolare l’orgoglio meridionalista contro la Malaunità. Poi, molti anni dopo, arrivò da sinistra Pino Aprile con il suo efficace Terroni e conquistò il successo editoriale e l'attenzione dei media negata al “reazionario” Manna. Penso a Nino Tripodi, intellettuale e politico missino, direttore del Secolo d’Italia, che ricostruì il percorso dei voltagabbana dal fascismo all’antifascismo, ma solo di recente (penso ad esempio al lodevole I redenti di Mirella Serri) sono stati portati alla luce quegli «intellettuali sotto due bandiere».
E a proposito di fascismo, penso al meticoloso lavoro storico-giornalistico di Giorgio Pini e Duilio Susmel su Mussolini, usato poi da Renzo De Felice. O Roberto Mieville che descrisse in Criminal fascist camp quel che solo oggi si riscopre grazie ad Arrigo Petacco col suo Quelli che dissero No: gli italiani che dopo l’8 settembre preferirono il campo di concentramento alla resa.
Citavo pure Alfredo Cattabiani (e con lui Mario Marcolla), che prima con le edizioni dell’Albero, poi con Borla, infine soprattutto con Rusconi, scoprì e tradusse interi filoni di pensiero ed autori che poi sarebbero diventati alimento di base per l’Adelphi di Calasso: Guénon, Florenskij e Zolla, Cristina Campo e Simone Weil, Ceronetti e Quinzio, Severino e Jünger, Alce Nero e Comaraswamy, oltre a Eliade, Tolkien e altri autori. Adelphi sterilizzò del catalogo Rusconi il filone cattolico-tradizionale, quello ispirato da Del Noce risalendo fino a de Maistre, e riprese l’altro filone tradizionale spiritualista, mai riconoscendo il ruolo dei precursori.
La Rusconi destò invece la preoccupata attenzione di Pasolini che agli inizi degli anni settanta denunciò la nascita editoriale di una destra colta e raffinata. E Walter Pedullà auspicava un cordone sanitario per isolare quella cultura; non i picchiatori, ma gli scrittori e i libri della destra. La stessa cosa accadde con le edizioni Volpe e con Claudio Quarantotto che pubblicò per le edizioni del Borghese opere e scritti di Jünger e Cioran, Spengler e Mishima, poi sdoganati altrove con successo.
Vi dicevo di Enzo Erra paragonato a Giorgio Bocca. Proseguendo nella vite parallele penso a Mario Tedeschi, uscito come Eugenio Scalfari da Roma fascista, e poi direttore come lui di un settimanale di successo, Il Borghese, che col suo fondatore Leo Longanesi fu una splendida rivista di élite, ma con Tedeschi superò le centomila copie e negli anni sessanta vendeva più del suo dirimpettaio di sinistra, L’Espresso di Scalfari. Poi Tedeschi, dopo la parentesi parlamentare missina, finì ai margini del giornalismo; mentre Scalfari, dopo la parentesi parlamentare socialista, fu venerato fondatore de La Repubblica.
O Giano Accame, lucido giornalista e intellettuale, vissuto ai margini del giornalismo e della cultura. E Fausto Gianfranceschi, scrittore e giornalista di valore. O Piero Buscaroli, fior di giornalista storico e musicologo, per anni costretto allo pseudonimo sul nostro Giornale che, grazie a Montanelli, lo ospitava negli anni di piombo però sotto falso nome (Piero Santerno).
O talenti precocemente stroncati dal destino, come Rodolfo Quadrelli o Adriano Romualdi. Vorrei ricordare il frizzante Adriano Bolzoni, autore prolifico di sceneggiature e di reportage storico-giornalistici, dimenticato come Luciano Cirri, salace critico televisivo prima di Sergio Saviane e di Aldo Grasso. Cirri fondò con Castellacci e Pingitore il cabaret “di destra”, Il Giardino dei supplizi e il Bragaglino, divenuto poi Bagaglino, nato da una costola del Borghese e de Lo Specchio di Giorgio Nelson Page.
E Giancarlo Fusco o Nino Longobardi, personaggi estrosi e briosi osservatori dei costumi, ma irregolari e dalla parte sbagliata.
O grandi firme del giornalismo politico come il socialfascista Alberto Giovannini, che diresse Il Roma e Il Giornale d’Italia, o i conservatori liberali Enrico Mattei de Il Tempo e Panfilo Gentile su Lo Specchio, critico della partitocrazia e delle democrazie mafiose. Appestati in vita, dimenticati in morte. O la heroic fantasy, fiorita a destra (uno su tutti, Gianfranco de Turris) e poi scoperta con successo altrove. Non mi addentro a citare gli studiosi, gli autori non conformisti, limitando questa Spoon River al giornalismo e all’editoria: ma non erano scarsi né in numero né in qualità.
Il filo comune che lega tutti loro, oltre l’appartenenza a quel variegato arcipelago destrorso, è l’oblio già in vita (pochi di loro sono viventi). Taluni percorsero vite parallele o furono precursori in ombra di altri venuti da sinistra e baciati dal successo. Tanti ci saranno sfuggiti e ci dispiace. A tutti loro portiamo il modesto fiore del ricordo.
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 01-10-2011 15:18
Marcello Veneziani ha ripercorso parte della mia vita culturale giovanile e gliene sono grato.
Certi nomi, anche se appartenenti ad un movimento politico del quale non facevo parte, meritano essere ricordati perchè hanno, silenziosamente, scritto una delle più belle pagine della nostra cultura contemporanea, a parte le lotte politiche e sociali.
Leggendo l'articolo di Veneziani ho avuto il timore che avesse dimenticato il personaggio, per me più colto e significativo di quel momento, Luciano Cirri del quale vanto una amicizia, durata poco, per la sua giovane scomparsa. Ma lui, puntuale lo ha ricordato.
Fu direttore del Borghese e la sua penna era ineguagliabile, sia quando scriveva sul famoso settimanale, sia quando scriveva commedie e critiche teatrali.
Al Giardino dei Supplizi, teatro cabaret a metà strada tra piazza Navona ed il Panteon, negli anni settanta io davo una mia commedia teatrale come autore e regista "La voce di Gaspare" in contemporanea con una di Cirri "La violenza la và, la và.." con Mazzamauro e Lionello. L'alto senso di democrazia e l'amore di Luciano Cirri per la cultura mi permisero questo ingresso "clandestino" a quello ch'era considerato territorio esclusivo della destra di quei tempi.
Veneziani ha citato soprattutto Gianna Preda, grande giornalista che era un peso sullo stomaco di molti politici di quel tempo, dimenticando però che la sua grande, unica e divertente caratteristica era rappresentata dal suo travestimento. Gianna Preda si presentava per intervistare sotto false vesti truccandosi fino all'inverosimile.
Per ultimo anch'io voglio ricordare Alberto Giovannini perchè il mio primo articolo giornalistico lo scrissi grazie a lui sul Roma di Napoli nel 1967 sotto la sua direzione, pur essendo in quel tempo un semplice correttore di bozze con "la matita copiativa e le strisce di carta umida" per poter continuare a studiare.
E' trascorsa una vita, sono passati tanti anni di buon e grande giornalismo e di cultura e satira teatrale mai eguagliate.
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 02-10-2011 18:14
Isabella Nurigiani a "Milluminalistinto"
A Roma, in via Angelo Brunetti,56 espone alla "Milluminalistinto" dall'8 c.m. fino al 25 la scultrice di origine bulgara Isabella Nurigiani.
Personalmente l'ho conosciuta per i suoi lavori "ritmici e musicali" per lo più ispirati alle "geometrie" della matematica con i suoi angoli e piani, con le forze tangenziali delle tante coincidenze materiche della forma che, liberandosi dalla "rigidità d'un calcolo" esaltavano i ritmi della musica e i suoi tempi in chiave. Gli spazi del "movimento" scultoreo apparivano in un contesto allusivo i ritmi del'"un, due,tre" adoperati nelle coreografie d'un balletto immaginario. I materiali, ferro, pietra, marmo, ceramica erano tutti ben educati e con-formi all'emozione nell'impiego alle opere ispiratrici. In altre parole era un'artista che mi aveva più che convinto.
Oggi la ritrovo maturata (nell'arte si matura giorno dopo giorno),
la sorprendo compositrice di nuove eleganze "sottratte" ad uno spazio immaginario e fantastico che ci circonda come una vita parallela, a mio avviso sicuramente reale. Nella mostra di via Brunetti è di scena il Marmo, il copione è coerente all'inconfutabile e riconoscibile stile dell'autrice anche se più incisivo, più leggibile e sentito. Non sono molto daccordo con il testo retorico e scolastico di Dario Evola che tra l'altro scrive:
Un giorno finalmente le sculture abbandonarono il piedistallo e se ne andarono libere fra la gente. Libere anche di non andare da nessuna parte. Così le sculture di Isabella Nurgiani sono forme pensieri, pensieri di forma. Forme poetiche progettate che hanno preso una strada, una piega.
Un progetto deve scendere dal piedistallo per poter vivere. Un progetto, come una forma artistica, è un rapporto a due: pieno e vuoto. Il pieno non è mai fermo, è in divenire, il vuoto non è assenza ma spazio dell’energia, pieno del movimento.
Ritengo che il successo di Isabella Nurigiani è nel semplice fatto che lei stessa è scesa da quel presunto piedistallo che spesso "eleva" a superiore la comune moltalità dell'attore (attore come autore) che svilisce la sacralità del proprio operato con l'anteporre sè stesso all'opera stessa. Che poi l'opera vada e vaga nel mondo pagano, colto od incolto che sia, nulla si aggiunge alla serietà ed al valore del "fare", quando questi è genuino e credibile.
Infine, il pieno ed il vuoto, sono concetti contestabili se non addirittura identici e soggettivi.Troppo spesso nell'arte contemporanea certi "pieni" non sono altro che contenitori di vuoto e nullità.
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 05-10-2011 13:25
Da Affaritaliani.it
Allison Owens strangolata o investita da un'auto pirata
Era uscita dalla sua casa di Arezzo domenica per fare jogging, ma di lei si erano perdute le tracce. Il corpo della 23enne americana trovato nei boschi.
Vorrei proprio sapere chi compone questi titoli!
Bisogna stare attenti all'eventualità d'un investimento perchè questi potrebbe essere confuso con uno strangolamento e....viceversa.
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 06-10-2011 21:10
Il golpe inglese
Questo libro apre uno squarcio importante nella storia del nostro paese e fornisce nuove chiavi di lettura di accadimenti indecifrabili come il delitto Matteotti (1924) la morte di Mattei (1962) e di Moro (1978).
Ogni volta che gli italiani hanno provato a decidere del proprio destino, gli inglesi sono intervenuti.
Dai DOCUMENTI DESECRETATI, che i due autori hanno consultato negli archivi londinesi di Kew Gardens, emerge con chiarezza che non è Washington a ordire piani eversivi per l'Italia, ma soprattutto Londra, che non vuol perdere il controllo delle rotte petrolifere e contrasta la politica filoaraba e terzomondista di Mattei, Gronchi, Moro e Fanfani.
Per gli inglesi anche i comunisti sono un'ossessione. Tanto da contrastarli con ogni mezzo. Persino arruolando schiere di GIORNALISTI, INTELLETTUALI E POLITICI per orientare l'opinione pubblica e il voto degli italiani.
Un apposito dipartimento del Foreign Office lavora a questo obiettivo. Finché si arriva al 1976, l'anno che apre al Pci le porte del governo. A Londra progettano un GOLPE. Ma l'ipotesi viene alla fine scartata a favore di un'altra "azione sovversiva". Si scatena così un'ondata terroristica che culmina nell'assassinio di Aldo Moro.
Sommario del libro
> Questo libro
> E Churchill ordinò: «Insabbiare il delitto Matteotti»
> Un posto al sole in cambio del petrolio iracheno
> L'obiettivo degli inglesi: controllare l'Italia
> «Senza il petrolio la Gran Bretagna morirebbe»
> Il capitolo più misterioso della Resistenza
> Le mire degli inglesi e l'Internazionale fascista
> Il potere di Mattei e l'ira di Churchill
> The italians. Gli inglesi ci comprano
> Passare all'azione. Borghese, Sogno... e le Br
> Il golpe bianco
> 1976. Diario segreto di un anno vissuto pericolosamente
> L'ultimo atto della guerra segreta
> Fonti archivistiche
> Indice dei nomi
Dettagli:
Autore: Mario Josè Cereghino, Giovanni Fasanella
Editore: Chiarelettere
Pagine: 354 pagine
ISBN: 978-88-6190-131-5
-------------------
http://www.youtube.com/watch?v=RvsyHftYx...embedded#!
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 07-10-2011 14:21
Riscriviamo la storia
E' arrivato il momento che qualcuno, considerando l'avvilimento, o meglio l'annullamento, della nostra identità d'Italiani, riscriva la storia del nostro paese e dell'intera Europa alla quale siamo legati, ed "assunti" dalla stessa, nel servilismo coatto di "portaborse".
Facciamo parte della stessa "famiglia" ma mangiamo in un tavolo distinto, destinato ai "collaboratori domestici".
Sarebbe ora che la stessa storia risulti autentica dalla verità dalle "Storie d'Italia" che potrebbero essere ben documentate, con pazienza, facilmente.
Quanto riporta Cher per alcuni non è una novità, per altri è dubbioso, per molti, direi per troppi, è fantasia e per tutti è tabù.
Proverei a verificare, con i tempi trascorsi e con quelli presenti, il comportamento cinico ed interessato di molti paesi della "Unione" europea che ancora oggi è discriminante e vergognoso.
A proposito, anche se posto come capitolo a se ed autonomo, l'Università di Salerno con la Facoltà di Antropologia e la presidenza del prof. Domenico Scafoglio, ha promosso, presso il Maschio Angioino di Napoli, quanto segue:
Convegno Internazionale
LA DIS-UNITA’ D’ ITALIA E DELLE ALTRE NAZIONI:
SPINTE DISGREGATRICI E NUOVI MITI DI RIFONDAZIONE IDENTITARIA
(9-11 dicembre 2011)
Collaborando perchè questa iniziativa abbia il successo meritato, propongo una "corrispondenza" con i membri interessati dell'intero Forum al fine di rendere unanime il consenso ad una pubblicazione di largo respiro che possa dare una idea chiara ed inequivocabile delle nostre identità e della presunta unione dei paesi "concorrenti" al tema.
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 07-10-2011 14:57
Matteo Cremonesi dall'18 ottobre all'18 novembre alla "Mc2 gallery" di Milano.
Espone opere fotografiche la cui lettura è affidata all'effetto della luce, chiaro-scuro tonale, volto metaforicamente all'esaltazione, a volte angosciante, del silenzio e della solitudine.
Il cielo, perturbato per lo più, è una costante indicativa, responsabile della penombra, del "notturno", del semi-nascosto, dell'allegoria della vita che asseconda lo straordinario Manuale di Retorica (arte della parola, vedi Cicerone)in campiture dove gli attori sono attoniti e di appendice.(Molto composta ed efficace la visione di sedie vuote in un teatro ideale, loquace nel suo silenzio e nel suo cielo; permane la quarta parete teatrale e psicologica anche se non è materialmente individuabile).
L'antichità fece buon uso della retorica esaltando i "labirindi" della metafora che lasciavano ad altri la ricerca d'ogni "celato" riferimento. Una possibilità diversificata dall'usuale per intendere e fraintendere il messaggio posto a proprio piacimento. Una libertà d'interpretazione che richiamava nel lettore la rievocazione d'un angolo della propria memoria e del proprio vissuto.
Esiodo, mentre si trovava sull'Elicona a pascolare il gregge paterno, le Muse lo avevano consacrato poeta e gli avevano annunciato: "Noi sappiamo dire numerose menzogne con l'apparenza di verità; ma quando lo vogliamo, sappiamo anche proclamare il vero". Le "verità" di Esiodo riguardano origine del mondo, mitologia, ecc., ma - oltre a ciò - indicano regole sacrali:
Non orinare stando in piedi, rivolto al sole;
e dall'ora in cui il sole tramonta, - rammenta, - fino all'alba
non dovrai orinare sulla strada né uscendo dalla strada,
e neppure levarti la veste: le Notti appartengono ai Beati;
l'uomo pio si siede, o s'accosta al muro del cortile.
Cremonesi, cosi', appartenendo ai "Beati", è un notturno dell'anima ed i suoi lavori non sono istanti della vita, ma la vita degli istanti, per lo più inavvertita.
Matteo Cremonesi insegue la bellezza nel senso greco finchè questa non lo dissuade nella rappresentazione esteriore e caduca; il contenitore (bello ed apparente) contrasta col proprio contenuto palesemente "nostalgico" e drammatico. Ecco perchè i significati dei suoi lavori inseguono violentemente la futilità apparente del significante, del "bello effetto d'affetto".
Matteo Cremonesi è nato a Milano nel 1986.
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 08-10-2011 10:29
Attualità
http://www.loccidentale.it/node/110337
L'uovo di giornata
Il Nobel per la pace diamolo anche a Vanna Marchi
7 Ottobre 2011
Parola di Richard Nixon, in una delle sue conversazioni con David Frost, quando fu chiamato a parlare della sua politica in Indocina: “Avrei potuto ritirare le truppe dal Vietnam prima del previsto, e avrei anche potuto tirar fuori dall’affare qualche premio scandinavo, ma credevo nella causa”. Bei tempi gli anni ’70 quando l’America si batteva per la libertà nel mondo, le prendeva militarmente come le ha prese in Vietnam, e un pezzo di classe dirigente statunitense se ne fregava e guardava il Nobel come una roba da europei o da progressisti.
Di questi tempi quando al comitato Nobel norvegese si annuncia un nuovo vincitore del premio per la pace, si è quasi costretti a ghignare “chi sarà stavolta?”, e soprattutto “sarà qualcuno che ha veramente combinato qualcosa degno di nota, magari con grande ingegno e sacrificio?”.
Da quando a vincerlo fu Barack Obama nel 2009, premiato a solo un anno dalla sua elezione alla Casa Bianca - notoriamente insignito per aver inventato, ebbene sì, l’obamania – è quasi doveroso porsi certe domande.
L’anno scorso era stata la volta del cinese attivista per i diritti umani (titolo ‘pubblico’ sempre più impalpabile, quasi etereo), Liu Xiaobo. Ora quest’anno, visto che il ‘dirittismo umanitario’ dalle parti del Nobel è in voga, il premio per la pace di quest’anno ‘l’hanno appiccicato’ – perdonateci il cinismo - a tre signore, tutt’e tre con foto pubbliche con veli o bandane liberiane, come “riconoscimento del rafforzamento del ruolo delle donne, in particolare nei paesi in via di sviluppo”.
Si chiamano Ellen Johnson Sirleaf, presidente della Liberia, Leymah Gbowee, la porta-bandiera dello ‘sciopero del sesso’ anti-guerra civile in Liberia, e Tawakkul Karman, la yemenita anti-Saleh. Due africane e un’araba. Ora sicuramente queste tre donne hanno dato il loro contributo al miglioramento della vita delle proprie comunità nei propri rispettivi paesi (almeno avranno tentato, non è dato sapere: le biografie sul sito del Nobel non sono ancora disponibile), e come loro anche Liu Xiaobo. Obama, no!
Ammettiamolo, c’è un côté ridicolo in tutto questo apparato svedese delle buoni azioni globali, e si manifesta sempre più a ogni premio Nobel per la pace che viene assegnato: quel che l’accademia fa è premiare solo le più superficiali manifestazioni dello Zeitgeist, lo spirito del tempo in cui viviamo. Rivolte araba, “tac! - come direbbe Guido Nicheli nel suo personaggio lumbard dello ‘Zampetti’- “ti premio la yemenita”. Il primo nero alla Casa Bianca: “Tac! Ti premio ‘il’ Barack Obama”. Insomma stanno talmente dietro la notizia, che non si capisce più a quale morale diano retta.
Se fosse così perché non insignire anche Vanna Marchi, per aver messo la testa a posto ed essersi messa a cucinare il tiramisù nel bar milanese del genero. Fate presente la storia a Oslo, prego.
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 08-10-2011 16:59
Sinceramente è un argomento che mi interessa poco, nella stessa misura in cui non mi interessano le "corse dei cavalli".
Poi, queste polemiche, che lasciano il tempo che trovano, non sono mai firmate; occupano una colonna giornalistica che potrebbe essere riempita da qualsiasi notizia che non fà notizia.
L'unico interesse che oggi si possa avere per il premio Nobèl è quel milione di euri che è messo in palio.
Si "concorre" per quello e non per altro.
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 08-10-2011 18:38
Credo un argomento interessante, nel prossimo articolo a firma di Ida Magli, centra in pieno un aspetto che il premio Nobel, sembra non voglia tener conto.
Ma se il premio Nobel è l'espressione dell'occidente che riconosce un "qualcosa" alle altre parti nel mondo o è "qualcosa" che viene riconosciuto per meriti individuali per migliorare il mondo?
Oppure è diventato uno strumento per fommentare guerre in nome della "pace"
Che cos'è la "pace" ?
Per chi vive in occidente se non è l'intermezzo tra una guerra e l'altra tra stati detti del terzo o quarto mondo che cos'è?
Siamo in guerra con L'Islam?
Che il premio sia uno stimolo per aizzare le folle che non la pensano come noi occidentali?
http://www.ilgiornale.it/esteri/il_nobel...comments=1
Già da diversi anni i premi Nobel per la Pace hanno perso buona parte del loro significato simbolico e del loro valore ideale a causa della politicizzazione che ne guida l’assegnazione. Purtroppo non è rimasto nulla, in Occidente, che non abbia questa valenza utilitaria: «Ci serve? Quale profitto ne possiamo trarre?».
Non un gesto, non una parola, sfugge alla suprema legge economicistica che impera nel nostro mondo. E, prima di tutto, nella «politica»che, essendo anch’essa intessuta della legge del profitto, ha invaso ogni angolo, ogni pur piccola parte del comportamento della società occidentale.
Come avrebbe potuto l’assegnazione dei premi Nobel sottrarsi a una possibile funzionalità politica? Quelli per la Pace, poi, invenzione abbastanza grottesca di un Occidente che trova di continuo sottili, razionalissimi motivi per muovere guerre a scopo di «pace»,si sono persino logorati in questo gioco, ormai troppo scoperto.
Da questo punto di vista non si può certo dimenticare l’assegnazione del premio per la Pace ad un Obama che ancora non aveva avuto neanche il tempo di accorgersi di essere diventato il Presidente della Nazione più armata del mondo. E che, infatti, ha seguito in tutto e per tutto le abitudini bellicose dei suoi predecessori. Non poteva mancare, quindi, l’idea che, in epoca di smaccata esaltazione delle donne, tanto più brave degli uomini, l’assegnazionedel premio a qualche donna di sicura occidentalizzazione, come sono tutte e tre le premiate, fosse utile per cominciare a mettere i piedi attraverso di loro in Paesi nei quali fino ad oggi l’Occidente, per motivi diversi ma non di poco conto, è stato assente. Vogliamo dire con questo che non ci rallegriamo di questa scelta? Certamente no. Però non si può fare a meno di notare una vera e propria stranezza: come mai tre donne e un solo premio? Non si tratta di un premio a una équipe scientifica.
E del resto nei premi collettivi non incide l’uguaglianza del sesso. Non vorremmo neanche supporre che tutto sommato tre donne ne valgano una. Si volevano premiare perché di sesso femminile? La giornalista dello Yemen ha lavorato effettivamente per i diritti delle donne. Ha cominciato togliendosi il velo in un paese dove vige la più stretta osservanza islamica e dove quindi le donne si trovano in condizione di assoluta inferiorità e sottomissione. Dunque è stata premiata proprio perché donna. Ma non si può dire la stessa cosa per le due premiate della Liberia, una delle quali è addirittura il presidente del suo paese.
Diciamo che per ora non sappiamo fino a che punto sia il caso di rallegrarsi. I risultati di questo interesse dell’Occidente per un paese come la Liberia, per esempio, non si potranno vedere se non fra qualche tempo. Un fatto è evidente: la Liberia è stata lasciata per decine d’anni alla sua immensa miseria, agli eccidi di una interminabile guerra intestina senza che l’Occidente si muovesse, come è solito fare, per «portare con le sue armi la pace». Evidentemente l’esercito di bambini «drogati e fatti diventare macchine da guerra », secondo quanto ha spiegato in un documentario Leymah Gbowee, non bastava a spingere l’Occidente a sprecare neanche uno dei suoi contingenti «di pace».
Fatto sta che la Liberia, più o meno come la Somalia,anch’essa devastata da guerre tribali e carestie, non possiede le ricchezze che fanno gola all’Occidente e per le quali è disposto a impiegare uomini e mezzi. Non è la Libia, insomma. Per lo Yemen la questione è invece molto più complessa a causa della sua posizione geopolitica e dello stretto islamismo imperante.
L’Occidente,perciò,è costretto a muoversi con estrema cautela e probabilmente conta su una qualche ribellione delle donne al suo interno per cominciare a incrinarne almeno il potere religioso. Se c’è l’intenzione di dare maggiore forza, col premio, all’azione di Tawakkul Karman di fronte all’opinione pubblica yemenita, si tratta di un calcolo quasi certamente errato. Ma soprattutto carico di pericoli per le donne yemenite che vogliano ribellarsi. Il Corano è immensamente più forte di loro.
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 08-10-2011 20:15
Un altro articolo senza "autore".
Quanto si scrive è solo una errata "intuizione" che tra l'altro esprime opinioni non vere sulla Liberia. Questo paese ha un sottosuolo ricchissimo di minerali già monopolizzato dagli Stati Uniti e da molti paesi europei.
Comunque caro Cher ho letto quanto scrivi un po' tardi e non ho molto tempo ora per risponderti.
Lo farò esaurientemente domani.
Grazie
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 09-10-2011 12:59
Riscriviamo la storia
E' arrivato il momento che qualcuno, considerando l'avvilimento, o meglio l'annullamento, della nostra identità d'Italiani, riscriva la storia del nostro paese e dell'intera Europa alla quale siamo legati, ed "assunti" dalla stessa, nel servilismo coatto di "portaborse".
Facciamo parte della stessa "famiglia" ma mangiamo in un tavolo distinto, destinato ai "collaboratori domestici".
Sarebbe ora che la stessa storia risulti autentica dalla verità dalle "Storie d'Italia" che potrebbero essere ben documentate, con pazienza, facilmente.
Quanto riporta Cher per alcuni non è una novità, per altri è dubbioso, per molti, direi per troppi, è fantasia e per tutti è tabù.
Proverei a verificare, con i tempi trascorsi e con quelli presenti, il comportamento cinico ed interessato di molti paesi della "Unione" europea che ancora oggi è discriminante e vergognoso.
A proposito, anche se posto come capitolo a se ed autonomo, l'Università di Salerno con la Facoltà di Antropologia e la presidenza del prof. Domenico Scafoglio, ha promosso, presso il Maschio Angioino di Napoli, quanto segue:
Convegno Internazionale
LA DIS-UNITA’ D’ ITALIA E DELLE ALTRE NAZIONI:
SPINTE DISGREGATRICI E NUOVI MITI DI RIFONDAZIONE IDENTITARIA
(9-11 dicembre 2011)
Collaborando perchè questa iniziativa abbia il successo meritato, propongo una "corrispondenza" con i membri interessati dell'intero Forum al fine di rendere unanime il consenso ad una pubblicazione di largo respiro che possa dare una idea chiara ed inequivocabile delle nostre identità e della presunta unione dei paesi "concorrenti" al tema.
Michele Greco
Mi permetto, di segnalare che in questi giorni l'anniversario della battaglia di Lepanto, naturalmente ignorato da tutti e un pò di curiosità avrebbe dovuto destarla visto la storia d'Europa e della stessa Italia è in questa battaglia lo possiamo definire lo spartiacque della nostra civiltà.
Riporto una riflessione a firma di Francesco Pugliarello.
Riflessioni sul 440ennale della Battaglia di Lepanto, più che mai attuale
di Francesco Pugliarello 9 Ottobre 2011
Ricorre il prossimo 7 ottobre il 440ennale della più grande battaglia navale che la storia del mediterraneo ricordi, essa rappresenta la resa dei conti tra due civiltà e due religioni, sia per lo straordinario schieramento di forze impegnate in mare sia per l’importanza strategica economica e culturale dell’epoca.
E’ la battaglia di Lepanto (1571) tra le flotte navali musulmane dell’impero ottomano e quelle cristiane, detta “Lega Santa”, federate sotto le insegne pontificie, composta pressoché da quasi tutti gli stati cristiani sparsi in Europa e nella nostra penisola. Fu una carneficina che sancì la fine della supremazia ottomana nel “mare nostro” e l’inizio della fine delle mire espansionistiche islamiche verso l’Europa che da alcuni anni aveva registrato lo sgozzamento di centinaia di cittadini innocenti ad Otranto, il porto ambito dai razziatori di professione dell’epoca. Ancor oggi ogni anno nelle sale vaticane, per commemorare quell’evento, si riuniscono i discendenti degli “eroi di Lepanto”.
E noi, uomini contemporanei, alle prese con problemi per certi versi simili a quelli di un tempo, siamo pronti a fronteggiare un’eventuale offensiva destabilizzatrice come quelle subite a Parigi nel 1995, a New York nel 2001, a Madrid nel 2004 o a Londra nel 2005? Come gli struzzi, ci apprestiamo a trattare con costoro, snaturando od occultando le nostre gloriose tradizioni nella speranza di non urtare la suscettibilità di quei “signori” che proclamano apertamente la riconquista dell’Occidente con l’inganno e con le intimidazioni. Come abbiamo fatto con il crocifisso, rimosso da alcune scuole e dalle Case comunali della sinistra, così abbiamo fatto con la famosa tela attribuita forse al Veronese che evoca la battaglia di Lepanto.
Qualcuno ricorderà che i primi di aprile del 2007 fu rimossa per ordine dell’ineffabile ex presidente Bertinotti dalla sala di Montecitorio, dove vengono accolte le delegazioni straniere e riposta in un luogo ad essi inaccessibile. Di questi gesti scellerati pochi si sono ribellati. Una scelta quella di togliere il quadro forse non casuale… Un assessore leghista in quell’occasione diede un’interpretazione alquanto maligna di questo infausto gesto.
Secondo Stefano - è il nome con cui si firma in un blog – “E’ accaduto proprio quando il consiglio regionale del Veneto ha votato all’unanimità riconoscendo la lingua VENETA come lingua ufficiale di un popolo. Proprio in quei giorni Napolitano era in visita proprio in Veneto e parlava di necessità di FEDERALISMO, appena rientrò a Roma con decreto flash fece riconoscere la lingua italiana come la sola ed ufficiale dello Stato, Bertinotti fece il passo successivo tegliendo il quadro, offendendo la storia della Repubblica Serenissima, dell’Italia tutta, ma quel che più appare è una forte azione razzista nei confronti del popolo Veneto…”. Dal versante cattolico Antonio Socci ironicamente si domanda: “Perché la vittoria militare del 25 aprile deve essere ricordata con una festa nazionale e quella di Lepanto imbarazza perfino una tela? Forse perché la prima fu una vittoria (anche) dei comunisti, mentre quella di Lepanto fu una vittoria tutta cristiana sulla minaccia islamica. Dunque via la tela. Così – fa sapere Bertinotti – “si è voluto mandare un segnale di novità e diversità”.
L’importanza di questo evento merita un ulteriore cenno retrospettivo, che riprendiamo dalle cronache dell’epoca. Il terrore musulmano, allora come oggi, regnava nel Mediterraneo: l’antico Mare nostrum. La sorte dei cristiani di Cipro era simile a quella che i novelli imam, con le loro prediche, nel chiuso delle madrasse (scuole coraniche), vorrebbero riservarci a noi “infedeli”: quando cioè l’Islam si stava preparando alla “reconquista” (caduta di Granada) su tutta l’Europa.
Sulla cattedra di Pietro sedeva un teologo domenicano, con il nome di Pio V (il Papa santo del Rosario), il quale, valutando la gravità del momento, comprese che solo una guerra preventiva avrebbe salvato l’Occidente.
Con parole gravi e commosse esortò le potenze cristiane ad unirsi contro gli aggressori in difesa della cristianità. La gravità era dovuta al fatto che l’espansione dei turchi si andava sviluppando anche grazie alla complicità di alcuni Paesi cristiani, come la Francia che, in nome dei suoi interessi geopolitici, incoraggiava e finanziava i turchi per indebolire il suo tradizionale nemico: la casa imperiale d’Austria.
Tuttavia grazie alle insistenze del pontefice, il 25 luglio del 1570, Venezia e la Spagna si strinsero attorno al Papa concludendo l’alleanza contro i turchi. Subito dopo vi aderirono il duca di Savoia, la Repubblica di Genova e quella di Lucca, il granduca di Toscana, i duchi di Mantova, Parma, Urbino, Ferrara e l’Ordine sovrano di Malta.
Si trattava di una prefigurazione dell’unità italiana su basi cristiane, vale a dire la prima coalizione politica e militare italiana che la storia ricordi.
Con ciò non si vuole incitare alla guerra di religione o di civiltà ma ricordare all’opinione pubblica che il nostro passato non ci consente di abbassare la guardia per nessuna ragione, fosse anche di sopravvivenza finchè circolano indisturbati in Occidente ed in Europa in particolare, fondamentalisti che si spacciano per pacifici salafiti o addirittura maestri sufi.
Perché rischiare la clandestinità quando sul vecchio Continente vi sono giovani provvisti di passaporto comunitario liberi di circolare indisturbati e pronti a tutto? Sono i figli degli immigrati di seconda generazione, forniti di una nuova identità, di rientro dalla penisola araba istruiti alla dissimulazione sotto stretto controllo delle scuole coraniche degli imam più estremisti.
I servizi segreti francesi (Dcse) precisano che provengono dalle madrasse di Damaj, un sobborgo posto a Nordovest dello Yemen in una vallata prossima al confine con l’Arabia Saudita, frequentate da migliaia di aspiranti terroristi provenienti da tutto il mondo anche dall’Europa, principalmente dalla Francia e dalla Gran Bretagna.
Da quel sobborgo, non sospetto fino ad oggi, vengono preparate le “più intransigenti reti jahdiste armate” da inviare in Iraq, in Afganistan e dove c’è un qualunque focolaio di “resistenti”. Al momento si contano sulle dita della mano, ma quanto prima, secondo queste informazioni, saranno centinaia, pronti a scorazzare in lungo e in largo sul nostro Continente. Se questo è il quadro dello spostamento progressivo del fronte del terrorismo internazionalista islamico che, come sappiamo, punta a destabilizzare i legittimi governi delle ex colonie francesi, è da tempo che si reclama una presa d’atto dell’Unione Europea perché partecipi con aiuti concreti alla politica migratoria verso tutti quei Paesi che si affacciano sulla fascia mediterranea.
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 09-10-2011 18:17
Vorrei ritornare sulla polemica fatta da "Il Giornale" sul premio Nobèl completando quanto ho già espresso.
Ciò che mi meraviglia, anzi ciò che non mi meraviglia più, è la scetticità che i più hanno per qualsiasi notizia venga data sia anche in positivo.
Si dubita di tutto e di tutti e si cercano giustificazioni, per lo più pindarici, ad ogni argomento riduttivo fatto alla notizia in questione.
Ora l'anonimo articolista che punta il dito sul premio Nobèl dato a tre donne africane guarda lontano "prevedendo "
un'azione "colonizzatrice" e di "pace" nei prossimi anni, a danno o a vantaggio della Liberia.
Tutto è possibile purchè, fin da oggi, si trovino vantaggi speculativi che comunque l'articolista esclude ritenendo la Liberia un paese povero.
Come ho già detto questo paese è, contrariamente a ciò che asserisce il giornalista de'Il Giornale, un paese potenzialmente ricco che non riesce a sfruttare le proprie ricchezze per mancanza di mezzi tecnologici e d'una economia adeguata.
In merito però già da tempo ci stanno pensando i seguenti paesi:
Germania, Polonia, Francia, Cina, Italia, USA, Sud Corea, Giappone, Singapore.
La ricchezza, oltre a dei prodotti agricoli, è costituita da notevoli risorse di legname (15% della foresta), soprattutto caucciù, azobè e palma oleifera. Le risorse del sottosuolo sono eccellenti: ematite, magnetite, ferro, bauxite, oro e diamanti.
Un'altra "ricchezza" è costituita dall'essere un "Paradiso Fiscale", unitamente a Filippine, Isole Cook, Isole Marshall, Montserrat, Nauru, Niue, Panama, Vanuatu, Brunei, Costa Rica, Guatemala e Uruguay. E' una delle 14 giurisdizioni che, in base all'ultimo Rapporto del giugno 2010 dell'OCSE, ancora figura nella cosiddetta lista grigia sotto la voce tax haven e centri finanziari.
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 09-10-2011 18:29
Mi permetto, di segnalare che in questi giorni l'anniversario della battaglia di Lepanto, naturalmente ignorato da tutti e un pò di curiosità avrebbe dovuto destarla visto la storia d'Europa e della stessa Italia è in questa battaglia lo possiamo definire lo spartiacque della nostra civiltà.
Riporto una riflessione a firma di Francesco Pugliarello.
Riflessioni sul 440ennale della Battaglia di Lepanto, più che mai attuale
di Francesco Pugliarello 9 Ottobre 2011
Ricorre il prossimo 7 ottobre il 440ennale della più grande battaglia navale che la storia del mediterraneo ricordi, essa rappresenta la resa dei conti tra due civiltà e due religioni, sia per lo straordinario schieramento di forze impegnate in mare sia per l’importanza strategica economica e culturale dell’epoca.
E’ la battaglia di Lepanto (1571) tra le flotte navali musulmane dell’impero ottomano e quelle cristiane, detta “Lega Santa”, federate sotto le insegne pontificie, composta pressoché da quasi tutti gli stati cristiani sparsi in Europa e nella nostra penisola. Fu una carneficina che sancì la fine della supremazia ottomana nel “mare nostro” e l’inizio della fine delle mire espansionistiche islamiche verso l’Europa che da alcuni anni aveva registrato lo sgozzamento di centinaia di cittadini innocenti ad Otranto, il porto ambito dai razziatori di professione dell’epoca. Ancor oggi ogni anno nelle sale vaticane, per commemorare quell’evento, si riuniscono i discendenti degli “eroi di Lepanto”.
E noi, uomini contemporanei, alle prese con problemi per certi versi simili a quelli di un tempo, siamo pronti a fronteggiare un’eventuale offensiva destabilizzatrice come quelle subite a Parigi nel 1995, a New York nel 2001, a Madrid nel 2004 o a Londra nel 2005? Come gli struzzi, ci apprestiamo a trattare con costoro, snaturando od occultando le nostre gloriose tradizioni nella speranza di non urtare la suscettibilità di quei “signori” che proclamano apertamente la riconquista dell’Occidente con l’inganno e con le intimidazioni. Come abbiamo fatto con il crocifisso, rimosso da alcune scuole e dalle Case comunali della sinistra, così abbiamo fatto con la famosa tela attribuita forse al Veronese che evoca la battaglia di Lepanto.
Qualcuno ricorderà che i primi di aprile del 2007 fu rimossa per ordine dell’ineffabile ex presidente Bertinotti dalla sala di Montecitorio, dove vengono accolte le delegazioni straniere e riposta in un luogo ad essi inaccessibile. Di questi gesti scellerati pochi si sono ribellati. Una scelta quella di togliere il quadro forse non casuale… Un assessore leghista in quell’occasione diede un’interpretazione alquanto maligna di questo infausto gesto.
Secondo Stefano - è il nome con cui si firma in un blog – “E’ accaduto proprio quando il consiglio regionale del Veneto ha votato all’unanimità riconoscendo la lingua VENETA come lingua ufficiale di un popolo. Proprio in quei giorni Napolitano era in visita proprio in Veneto e parlava di necessità di FEDERALISMO, appena rientrò a Roma con decreto flash fece riconoscere la lingua italiana come la sola ed ufficiale dello Stato, Bertinotti fece il passo successivo tegliendo il quadro, offendendo la storia della Repubblica Serenissima, dell’Italia tutta, ma quel che più appare è una forte azione razzista nei confronti del popolo Veneto…”. Dal versante cattolico Antonio Socci ironicamente si domanda: “Perché la vittoria militare del 25 aprile deve essere ricordata con una festa nazionale e quella di Lepanto imbarazza perfino una tela? Forse perché la prima fu una vittoria (anche) dei comunisti, mentre quella di Lepanto fu una vittoria tutta cristiana sulla minaccia islamica. Dunque via la tela. Così – fa sapere Bertinotti – “si è voluto mandare un segnale di novità e diversità”.
L’importanza di questo evento merita un ulteriore cenno retrospettivo, che riprendiamo dalle cronache dell’epoca. Il terrore musulmano, allora come oggi, regnava nel Mediterraneo: l’antico Mare nostrum. La sorte dei cristiani di Cipro era simile a quella che i novelli imam, con le loro prediche, nel chiuso delle madrasse (scuole coraniche), vorrebbero riservarci a noi “infedeli”: quando cioè l’Islam si stava preparando alla “reconquista” (caduta di Granada) su tutta l’Europa.
Sulla cattedra di Pietro sedeva un teologo domenicano, con il nome di Pio V (il Papa santo del Rosario), il quale, valutando la gravità del momento, comprese che solo una guerra preventiva avrebbe salvato l’Occidente.
Con parole gravi e commosse esortò le potenze cristiane ad unirsi contro gli aggressori in difesa della cristianità. La gravità era dovuta al fatto che l’espansione dei turchi si andava sviluppando anche grazie alla complicità di alcuni Paesi cristiani, come la Francia che, in nome dei suoi interessi geopolitici, incoraggiava e finanziava i turchi per indebolire il suo tradizionale nemico: la casa imperiale d’Austria.
Tuttavia grazie alle insistenze del pontefice, il 25 luglio del 1570, Venezia e la Spagna si strinsero attorno al Papa concludendo l’alleanza contro i turchi. Subito dopo vi aderirono il duca di Savoia, la Repubblica di Genova e quella di Lucca, il granduca di Toscana, i duchi di Mantova, Parma, Urbino, Ferrara e l’Ordine sovrano di Malta.
Si trattava di una prefigurazione dell’unità italiana su basi cristiane, vale a dire la prima coalizione politica e militare italiana che la storia ricordi.
Con ciò non si vuole incitare alla guerra di religione o di civiltà ma ricordare all’opinione pubblica che il nostro passato non ci consente di abbassare la guardia per nessuna ragione, fosse anche di sopravvivenza finchè circolano indisturbati in Occidente ed in Europa in particolare, fondamentalisti che si spacciano per pacifici salafiti o addirittura maestri sufi.
Perché rischiare la clandestinità quando sul vecchio Continente vi sono giovani provvisti di passaporto comunitario liberi di circolare indisturbati e pronti a tutto? Sono i figli degli immigrati di seconda generazione, forniti di una nuova identità, di rientro dalla penisola araba istruiti alla dissimulazione sotto stretto controllo delle scuole coraniche degli imam più estremisti.
I servizi segreti francesi (Dcse) precisano che provengono dalle madrasse di Damaj, un sobborgo posto a Nordovest dello Yemen in una vallata prossima al confine con l’Arabia Saudita, frequentate da migliaia di aspiranti terroristi provenienti da tutto il mondo anche dall’Europa, principalmente dalla Francia e dalla Gran Bretagna.
Da quel sobborgo, non sospetto fino ad oggi, vengono preparate le “più intransigenti reti jahdiste armate” da inviare in Iraq, in Afganistan e dove c’è un qualunque focolaio di “resistenti”. Al momento si contano sulle dita della mano, ma quanto prima, secondo queste informazioni, saranno centinaia, pronti a scorazzare in lungo e in largo sul nostro Continente. Se questo è il quadro dello spostamento progressivo del fronte del terrorismo internazionalista islamico che, come sappiamo, punta a destabilizzare i legittimi governi delle ex colonie francesi, è da tempo che si reclama una presa d’atto dell’Unione Europea perché partecipi con aiuti concreti alla politica migratoria verso tutti quei Paesi che si affacciano sulla fascia mediterranea.
Riporto integralmente il "Manifesto" redatto dalla Università di Salerno sulla Dis-Unità del nostro paese.
Il documento è una indicazione per lo svolgimento del Congresso di Dicembre al Maschio Angioino di Napoli.
Potete prenderne atto e porre le vostre riflessioni.
Convegno Internazionale
LA DIS-UNITA’ D’ ITALIA E DELLE ALTRE NAZIONI:
SPINTE DISGREGATRICI E NUOVI MITI DI RIFONDAZIONE IDENTITARIA
(9-11 dicembre 2011)
L’ iniziativa del convegno ha trovato uno stimolo nella disaffezione diffusa tra la gente comune all’ idea della patria e nell’ aggressività di alcuni movimenti federalisti, che sembrano mettere in discussione l’ idea di nazione italiana, come organismo collettivo produttore di programmi e valori condivisi e come senso di appartenenza capace di destare emozioni. Il punto di partenza – che può diventare, a un livello più elevato di consapevolezza, il nostro punto di arrivo - è la constatazione che il riproporsi, al di là delle opinioni dei partiti e dei politologi, di spinte autonomiste o comunque di una insofferenza alla retorica patriottica tradizionale, pur con numerose contraddizioni e forti resistenze e controspinte, consente di ipotizzare un percorso multilineare, realistico e mitopoietico, che porti alla costruzione e all’ accettazione di diverse rappresentazioni della nazione italiana e della sua storia e fare del loro reciproco riconoscimento e coesistenza un valore condiviso e perciò un punto di forza. Sulla disaffezione soprattutto delle ultime generazioni al’ idea di patria e alla solidarietà nazionale non risultano effettuate ricerche empiriche vaste e approfondite, ma esistono spie significative, come quelle linguistiche: l’ Italia accoglie nel suo lessico più anglicismi della Francia e della Spagna, alle quali un forte orgoglio nazionale fa operare una più stretta sorveglianza sui confini della lingua. La Spagna in particolare si serve dei quotidiani per insegnare come evitare di imbarbarire la lingua nazionale e la Catalogna gioca la carta della difesa della lingua catalana per rafforzare la propria autonomia dalla Spagna.
Poiché la costruzione della nazione è in parte il portato della storia, in parte è opera dei gruppi dirigenti, si impone forse la necessità di uno sguardo sul passato italiano, per domandarsi se questa disaffezione abbia origini remote e la si debba ricercare nella pluridecennale mancanza di unità delle forze politiche. Forse è necessario interrogarsi se questa vicenda di lacerazioni che ancora segna la vita italiana non venga da più lontano, almeno dai particolarismi medioevali e dalle lotte interminabili che essi produssero, se non si obiettasse che anche altre nazioni europee hanno conosciuto esperienze di tipo analogo, che non hanno sortito effetti simili ai nostri. Ma certamente gli italiani, una volta realizzata tardivamente l’ unificazione nazionale, nell’ ultimo secolo e mezzo hanno visto i cattolici per lungo tempo fuori dello Stato, anarchici e comunisti contro l’ assetto politico liberale, fascisti contro i liberali e i comunisti, comunisti e socialisti contro i democristiani e così via.
Occorre domandarsi se queste lacerazioni abbiano reso difficile dare un volto unitario o conferire una “somiglianza di famiglia” a tutti gli italiani, che prima dell’ unità erano popoli diversi, con accentuate diversità regionali al loro interno, con diverse storie, diverse culture e diversi livelli di sviluppo, e che hanno conservato molte delle caratteristiche originarie almeno fino al secondo dopoguerra. Il modello giacobino di Stato adottato dalla classe dirigente dopo l’ unificazione e condiviso pressoché da tutti gli schieramenti politici fino ai nostri giorni, nonostante le scelte accentratrici (solo mezzo secolo fa mitigate da autonomie regionali di facciata), non è stato tanto forte da distruggere quelle diversità, né tanto debole da consentire che esse prevalessero al punto da ispirare una trasformazione dell’ accentramento amministrativo nel senso di un federalismo democratico.
La risposta che la classe politica sembra decisa a dare all’ esplosione odierna delle spinte autonomiste coincide in larga misura con quella indicata dagli autonomisti sin dagli anni del Risorgimento: il trasferimento di parte della sovranità dallo Stato ai comuni e alle regioni, in base a quello che oggi si chiama “principio di sussidiarietà”, che assicura ai diversi livelli di autorità le competenze che sono adeguati a svolgere. Questo trasferimento avrebbe consentito di realizzare una compiuta democrazia, fondata sul governo diretto dei municipi, e avrebbe garantito le diversità e assicurato alla nazione una unità reale, sulla base di un consenso che partiva dalla gente. Fino a qualche decennio addietro il federalismo era sopravvissuto come una idea perdente, e Bobbio ne attribuiva la causa al fatto che fosse sostenuto da pochi politici che vedevano troppo vicino e da una minoranza di intellettuali che guardavano troppo lontano. In realtà il federalismo non ha vinto perché la classe politica ha scelto di rimanere fedele per centocinquanta anni al modello giacobino, autoritario e accentratore.
La ricerca antropologica ha dato un contributo importante alla conoscenza della alterità costitutiva della nazione italiana: scegliendo di circoscrivere il loro campo di indagine al comune o alla regione, folkloristi, storici delle tradizioni regionali, dialettologi hanno rappresentato le diversità interne a una società che si raffigurava solidamente identica nelle sue parti, e lo hanno fatto a volte con una piena consapevolezza delle identità locali, fino a maturare idee autonomiste e a difendere le specificità locali da forme di colonizzazione culturale. L’ assenza degli antropologi dal dibattito contemporaneo sulla crisi identitaria italiana e sulla soluzione federalista rappresenta un elemento vistosamente negativo nella storia degli studi antropologici italiani e contraddice uno degli elementi più peculiari della nostra tradizione scientifica. L’ antropologia potrebbe, tra l’ altro, fornire una base empirica all’ attuale dibattito, che rischia di rimanere su un astratto livello politologico e giornalistico, sottraendo agli “opinionisti” tematiche e questioni di vitale importanza per il futuro della nostra società.
La situazione attuale ci induce ad approfondire il fenomeno dell’ invenzione di nuove tradizioni, che funzionano come riferimenti mitici e strumenti di legittimazione delle tendenze separatiste, autonomiste, antiunitarie, federaliste: le radici celtiche e asburgiche della Padania, il Meridione preunitario del movimento filo borbonico, l’ epopea brigantesca e la “cultura meridiana” di gruppi intellettuali del Sud, le evocazioni autonomiste della Sicilia e della Sardegna, il “ritorno” del Veneto alla Repubblica di San Marco. Non potranno ovviamente essere trascurati il diverso peso delle nuove mitologie, ed il loro diverso radicamento nella realtà popolare delle regioni italiane, nell’ ovvia impossibilità di confondere, per esempio, il tradizionalismo filoborbonico, che rivendica l’ onore offeso di Sud, con i miti e riti della Lega Nord, che, pur nella loro estrema semplificazione problematica, conferiscono forza e potere di coinvolgimento delle popolazioni lombardo-venete e legittimano un modo nuovo di fare politica e amministrare le città, nonostante alcune chiusure etnocentriche e derive xenofobe e neorazziste.
E’ superfluo ricordare che una significativa anticipazione delle mitologie autonomiste, sorta in opposizione ai miti cesarei della Roma imperiale e delle politiche di accentramento, si ritrova in una tradizione storiografica minore, che ha acquistato una certa consistenza a partire dal secondo Settecento, che vedeva il nucleo originario della nazione italiana (sangue, lingua, istituzioni) nei municipi liberi e autonomi dell’ Italia preromana, uniti in una confederazione. Forse una riflessione su questa storiografia mitologizzata può restituire una profondità storica insospettata a fatti contemporanei.
Non sembra condivisibile la tesi i secondo cui una politica nazionale troppo disposta verso gli immigrati e ideologicamente multiculturale incoraggi inevitabilmente gli atteggiamenti di chiusura e le derive xenofobe delle spinte autonomiste. Sarebbe, questo, un aspetto di una tesi più generale, secondo cui la paura dello straniero, sia quella che accompagna i fenomeni immigratori, sia quella che segna la compresenza delle etnie viciniori nelle aggregazioni multietniche, tenda a trasformare le società aperte in società chiuse. E’ comunque ragionevole pensare che, laddove non fosse ispirata da sani principi democratici, la spinta autonomista potrebbe trasformarsi in localismo centralista capace di escludere gli estranei e costringere le minoranze esistenti al loro interno all’ assimilazione o alla marginalizzazione. Ce lo insegnano i genocidi dell’ ex Jugoslavia o la xenofobia della Padania.
Il convegno assumerà anche il problema di come la gente comune interpreti la storia che ha portato all’ unificazione nazionale, per verificare fino a che punto le varie forme (estremiste, moderate, mitologiche, realistiche ecc.) di revisionismo critico o antiunitario si siano tradotte o meno in un modo comune di sentire, come effetto della loro diffusione attraverso la scuola, i mass media, i giornali, l’ informatica e l’ editoria. Si tratta di verificare quello che rimane dopo la distruzione della retorica risorgimentale, che aveva costruito l’ identità nazionale su deformazioni, silenzi e omissioni, e chiedersi se esistono gli elementi per la costruzione di una diversa immagine della nostra storia identitaria.
La rilettura critica del Risorgimento non può non approdare a una nuova immagine della nazione, evitando di opporre al negazionismo uno sterile nichilismo. L’ identità nazionale si riscrive ogni volta che l’ emergere di nuovi valori obbliga moralmente a fare i conti col proprio passato: se i nostri valori emergenti sono la difesa delle diversità, la trasparenza, la democrazia, la tolleranza, la solidarietà, ha forse poco senso accettare e legittimare (quando non si riesce più a nasconderle) quelle che a molti ormai sembrano le “turpitudini” del passato, invece di fare i conti con esse, e, per esempio, come sta facendo in molti casi la Chiesa, vergognarsene e chiedere scusa a chi le ha subite. Non facendolo, si perpetuano forse fino a un punto critico lacerazioni storiche e si alimenta un vittimismo e un rivendicazionismo da esclusi, che nuoce alla coesione nazionale.
Sul versante teorico non si potrà evitare un confronto costruttivo, per i nostri approfondimenti, con la ormai consistente letteratura sulla “fine delle nazioni” , né con quella che insiste sul rafforzamento delle domande delle periferie (alle quali può essere assimilata per certi versi la condizione di alcune regioni italiane) come effetto della capacità delle rappresentanze di influenzare i processi di distribuzione delle risorse; o con quella ancora che approfondisce il rapporto estremamente complesso tra domande territoriali e identità etniche. Si approfondiranno insomma gli effetti della globalizzazione sulle culture locali, con la corrosione delle frontiere dello Stato-nazione prodotta dai flussi di informazione su scala globale.
Dovremo al tempo stesso chiederci se la “fine della politica”, la fuga dai partiti, dall’ azione collettiva, dal progetto, e, complementarmente, la “liberazione” dell’ individuo, che sembra ora godere di una libertà svincolata da radici, fini, relazioni, abbiano giocato un loro ruolo in questa dissoluzione dei valori unitari. E sarà forse utile chiederci se la nuova libertà abbia veramente contribuito a fare dell’ individuo un cittadino del mondo, svincolato dalle appartenenze nazionali, o se abbia finito paradossalmente per rafforzare, fino all’ esasperazione, le ragioni pur valide dei particolarismi etnici e geografici, promuovendo un tribalismo che, pur nella legittima aspirazione a forme di vita comunitarie, di rapporti primari e di comunicazione empatica, di fatto incoraggia le chiusure campanilistiche, rimane indifferente alle grandi aggregazioni nazionali e non è del tutto estraneo alle derive xenofobe.
La crisi italiana sarà pertanto presentata come un fenomeno particolare di una tendenza diffusa nel mondo globalizzato. Sotto questo aspetto potranno comparativamente risultare preziosi i contributi di alcuni paesi che vivono situazioni di tensione in qualche modo analoghe a quelle italiane, in particolare afferenti all’ area germanica, francese, messicana, balcanica e spagnola.
Tutto questo mette in gioco la nozione stessa di identità nazionale, che potrà essere riscritta sulla base del riconoscimento delle diversità regionali. La trasformazione delle nazioni da monoculturali a multiculturali ha già comportato l’ avvaloramento degli elementi soggettivi della nozione di identità culturale (la volontà di appartenenza) a discapito di quelli oggettivi (sangue, lingua, territorio, memoria). Il passo successivo sembra ormai quello di collocare nella sfera del privato e del personale la costruzione del proprio irriducibile mondo interiore, laddove le identità nazionali forti degli Stati centralizzati pretendevano che la vita autentica e profonda dell’ individuo fosse la manifestazione di un aurorale modo di sentire e pensare collettivo, del genio del luogo, della stirpe, della razza.
Dobbiamo chiederci che cos’ è allora l’ identità nazionale, se non è più tutto questo, se la volontà di appartenenza, associata alla condivisione di valori quali la libertà, la tolleranza, la solidarietà, il riconoscimento reciproco, il rispetto della diversità possano essere sufficienti a trasformare in una comunità di destino una aggregazione di gruppi, etnie, culture e persone diversi per religione, principi etici, regole comportamentali. E ancora, è naturale conseguenza chiedersi se veramente una democrazia funzioni soltanto in presenza di una cultura omogenea e se non possano essere “cittadini” coloro che non vogliono o non riescono a realizzare la loro integrazione su tutti i piani dell’ esistenza, in modo da diventare in tutto simili a noi. Dove, allora, deve arrestarsi la difformità dei modi di sentire, pensare, e vivere, per evitare la disgregazione dell’ identità collettiva?
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 09-10-2011 19:36
Scusatemi!
Anche se in ritardo ho scoperto che l'articolo sul Nobèl è firmato da Ida Magli.
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 09-10-2011 21:30
E’ comunque ragionevole pensare che, laddove non fosse ispirata da sani principi democratici, la spinta autonomista potrebbe trasformarsi in localismo centralista capace di escludere gli estranei e costringere le minoranze esistenti al loro interno all’ assimilazione o alla marginalizzazione. Ce lo insegnano i genocidi dell’ ex Jugoslavia o la xenofobia della Padania.
Credo che siamo lontani qualche miliardo di UA ( unita astronomiche che equivale alla distanza Terra-Sole) dalla realtà sia sui genocidi nella ex Jugoslavia sia sulla xenofobia della padania. La spinta autonomista si basa proprio su sani pricipi democratici, cosa che non si può dire chi ignora questi pricipi in nome di una unità nazionale che è solo di facciata.
Lo dissi una volta e venni ripreso, la guerra tra poveri è estremamente più crudele che la guerra tra "ricchi".
Maggiore è il dilagare della "poverta" intesa come "miseria" maggiore è la spinta autonomista.
La spinta autonomista nasce da questo, dalla insopportabile visione di innumerevoli sperperi in nome di che cosa?
La Sicilia o regione meridionale a caso, vuole l'autonomia? Domani mattina con decreto presidenziale!
( vuole essere una battuta esplicativa del mio modo di vedere la questione. Solo per chiarire il mio pensiero).
In Padania non esiste nessun attegiamento "exnofobo" ma solo questa smania di usare questo termine in associazione alla parolo "padania" da parte di chi non conoscedone la realtà , appicica, termini che servono solo per far "incazzare" le persone oneste che sono da sempre operose e rispettose delle leggi e dei doveri del vivere civile in una nazione.
Personalmente ne ho piene le tasche!
Possiamo dire lo stesso del meridione, come attegiamento, nei confronti non di extracomunitari ma proprio nei confronti di cittadini Italiani che non sono meridionali?
Questa potrebbe essere una riflessione per uno studio antropologico, perchè il termine meridionale si è ridotto ad essere per sentenza come una offesa?
Dare del "nordico" non è un'offesa, lo stesso dare del " polentone" o dare " Bergamasco " o del "lombardo" , se si usano indicazioni territoriali del sud d'Italia nei comfronti di qualcuno, questo se è merionale ti denucia e il giudice gli da ragione!
Non è una "comferma" del problema?
Dobbiamo chiederci che cos’ è allora l’ identità nazionale, se non è più tutto questo, se la volontà di appartenenza, associata alla condivisione di valori quali la libertà, la tolleranza, la solidarietà, il riconoscimento reciproco, il rispetto della diversità possano essere sufficienti a trasformare in una comunità di destino una aggregazione di gruppi, etnie, culture e persone diversi per religione, principi etici, regole comportamentali. E ancora, è naturale conseguenza chiedersi se veramente una democrazia funzioni soltanto in presenza di una cultura omogenea e se non possano essere “cittadini” coloro che non vogliono o non riescono a realizzare la loro integrazione su tutti i piani dell’ esistenza, in modo da diventare in tutto simili a noi. Dove, allora, deve arrestarsi la difformità dei modi di sentire, pensare, e vivere, per evitare la disgregazione dell’ identità collettiva?
Con l'uso della Giustizia con la G maiuscola e non l'uso di essa come, "una corporazione tra meridionali"
Ti faccio un esempio:
http://www.ilgiornale.it/interni/multa_g...comments=1
Nel caso di Giampiero Galeazzi 300 euro sotto forma di multa, inflitta ieri dalla Cassazione. La colpa linguistica del giornalista è stata di dare del «meridionale di m...» al portiere del suo condominio, responsabile secondo Galeazzi di non consegnare puntualmente la posta. «Non sei capace neppure di guardare le pecore», ha aggiunto il giornalista davanti a testimoni e non è bastata la sua richiesta di clemenza, viste le presunte inadempienze del custode. «Non giustificano la violenta aggressione verbale», ha sentenziato la Suprema corte, confermando la decisione del tribunale di Roma del giugno 2010, che comunque aveva ridotto la multa rispetto agli iniziali 500 euro stabiliti dal Giudice di pace
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 10-10-2011 11:10
http://www.ilgiornale.it/cultura/troppa_...comments=1
Le idee di don Benedetto spaventavano Togliatti Così il Pci oscurò Croce
di Gennaro Sangiuliano
Una vera e propria congiura del silenzio, è quella che colpì Benedetto Croce, padre nobile della cultura liberale e insieme a Giovanni Gentile il più grande filosofo italiano del Novecento. Un oscuramento che iniziò nell’immediato dopoguerra e che si protrasse fino oltre la sua morte, dal 1952, anno della scomparsa, fino agli anni Ottanta.
A decretarla, il Partito comunista italiano e l’apparato egemonico di cui Botteghe Oscure disponeva nella cultura italiana. L’atto di scomunica fu l’intervento che Palmiro Togliatti pronunciò all’Assemblea costituente il 27 marzo del 1947, quando in perfetto stile stalinista avvertì: «Vorrei dire, dell’onorevole Benedetto Croce, che è passato in quest’aula come un’ombra, l’ombra di un passato molto lontano!». Un anatema che non tardò a trasformarsi in atti concreti, i comunisti temevano le idee di Croce molto più del pensiero cattolico, il suo metodo liberale fu giudicato pericoloso, soprattutto quel richiamo alla libertà dell’individuo che rifugge da principi assoluti.
Croce e il metodo liberale (Libro Aperto ed., pagg. 158, euro 15) è il saggio di Ernesto Paolozzi, riconosciuto studioso del pensiero crociano, che scandaglia proprio quel valore della libertà affermato dal filosofo abruzzese. Un testo che spiega bene perché il liberalismo metodologico crociano faceva paura alla sinistra comunista.
Palmiro Togliatti appena tornato in Italia, dopo un lungo esilio, palesò subito due fobie: una per Amadeo Bordiga, l’ingegnere napoletano che era stato segretario del Pci e che temeva potesse insidiargli la leadership (gli fu rivolta l’accusa, assolutamente falsa, di collaborazionismo col fascismo), l’altro era Croce, con quelle «fastidiose» idee di libertà e sull’autocoscienza dei singoli.
Eppure, Benedetto Croce era stato un coraggioso interprete dell’antifascismo, colui che nel maggio del 1925, quando Mussolini si consolidava trionfalmente al potere, aveva promosso e pubblicato sul Mondo il «Manifesto degli intellettuali antifascisti». Un’iniziativa che contrastò con l’atteggiamento di quei tanti intellettuali che scrissero lettere deferenti al Duce e poi sarebbero diventati comunisti. Per Palmiro Togliatti diventa «don Benedetto», dove quel «don» suona come dispregiativo, la sostanza è ancora peggiore perché per il capo comunista il filosofo è colpevole di essersi «schierato con i tiranni che difendono un mondo che tra crisi spaventose va in rovina, contro uomini e popoli che operano per costruire un mondo nuovo».
L’attacco a Croce è contenuto addirittura nel primo numero della rivista Rinascita. È il primo di una lunga sequela e di fronte al loro ripetersi, a freddo e senza possibilità di repliche, il 31 dicembre 1945, Benedetto Croce, con il suo stile da galantuomo, ritenne di dover scrivere direttamente al segretario comunista: «Le dirò che provo un curioso effetto tra di meraviglia e di filosofico sorriso, nell’udirmi talvolta designare dai suoi come “reazionario” o anche “filofascista”. La modestia, il pudore, mi vieta di rammentare che io sono stato il più radicale, e con ciò sempre liberalissimo, rivoluzionario nella vita mentale e culturale d’Italia...».
Croce è tornato negli scaffali delle librerie solo negli anni Novanta, con le eleganti edizioni di Adelphi. La sua critica al marxismo, come rivela Paolozzi, era stata la più insidiosa, perché afferma con chiarezza che «i tragici eventi della vita» non sono riducibili in «una unica soluzione positiva», e sferra un pugno a una visione ideologica che afferma «un principio assoluto».
Ed è curioso notare come l’antipatia comunista per Croce avesse radici molto lontane, fosse datata addirittura a prima dell’ascesa del fascismo, ai tempi della rivista torinese Ordine Nuovo, quando pur esprimendo apprezzamento per l’idealismo, il duo Gramsci-Togliatti preferiva Gentile a «don Benedetto».
Croce è «fastidioso» perché la sua filosofia nel tratto più politico individua una questione centrale per il futuro dell’Italia: non basta essere democratici, occorre che la democrazia sia anche liberale. Non solo, individua nel miscuglio fra cattolicesimo radicale e comunismo un pericolo per la libertà. «Il liberalismo - ricorda infatti Paolozzi - è considerato, come è noto, la dottrina che pone al centro della sua concezione della vita l’idea che l’individuo sia il fulcro della storia stessa, il termine ultimo verso il quale è necessario commisurare ogni altra attività umana. Da qui l’esaltazione della creatività dell’individuo, la difesa delle sue prerogative essenziali... la critica ad ogni forma di statalismo, di potere superindividuale che potrebbe conculcare la libertà individuale».
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 11-10-2011 11:55
http://www.ilgiornale.it/esteri/dopo_ter...comments=1
Di Gian Micalessim
«Sono stato ferito anch'io, ho passato la notte all'ospedale, ma adesso sto meglio. Ieri è stato terribile. L'esercito sparava su chiunque. I soldati prima hanno puntato i loro blindati contro il corteo poi hanno aperto il fuoco con i mitra. Lì in mezzo c'erano più di diecimila persone ed erano tutti disarmati. Credetemi l'ho visto con i miei occhi nessuno aveva un'arma, nessuno sparava, era una dimostrazione pacifica». Il procuratore Naguib Gobrail, presidente dell'Unione egiziana per i diritti umani e della Corte del Cairo del Nord è ancora sconvolto. Ha visto i morti attorno a s´. Ha trascorso la notte all'ospedale assieme alle centinaia di feriti caduti sotto i colpi della polizia. «L'esercito - spiega in questa intervista telefonica a il Giornale - ha sparato perch´ sa di non potersi più nascondere. Da mesi gli chiediamo conto della sua indifferenza. Da mesi gli chiediamo perch´ assista senza muovere un dito agli assalti dei salafiti contro i quartieri e le case cristiane. Stavolta i cristiani copti non erano più disposti ad aspettare. Sono scesi in piazza, hanno marciato verso il centro del Cairo perch´ pretendono una risposta, esigono di sapere la verità».
Quale verità?
«Vogliono sapere perch´ nessuno ha fermato gli estremisti musulmani responsabili del rogo della chiesa di Mari Girgis nella provincia di Assuan. Vogliono sapere perch´ il governatore di quella provincia è ancora al suo posto. Quel governatore ha proibito ai cristiani di ampliare la chiesa e quando i copti hanno protestato ha permesso ai salafiti di bruciarla».
Ma che ragione c'era di aprire il fuoco contro il corteo se era pacifico?
«La giunta militare non poteva più rifiutarsi di rispondere alle richieste dei copti. Così hanno creato un incidente per metterli sotto accusa e delegittimarli. È stata chiaramente una provocazione. I militari avevano già organizzato tutto. Vogliono metter sotto accusa i copti, dimostrare che sono pericolosi quanto i fondamentalisti musulmani».
Ma perch´ i militari dovrebbero avercela con i cristiani?
«È chiaro stanno dalla parte dei più forti, i musulmani, e lasciano mano libera ai salafiti per non aver problemi. I copti rischiano di essere vittime di una vera e propria pulizia etnica».
Cosa significa?
«Significa che li stanno costringendo ad andarsene. Significa che i cristiani hanno paura perch´ non si sentono più a casa loro e incominciano a fuggire all'estero».
È iniziata una vera persecuzione?
«I cristiani in molte zone vivono già nella paura. Le ragazze copte sono costrette a mettersi il velo per poter andare a scuola, gli uomini vengono minacciati e invitati ad andarsene».
C'è il rischio di un vero e proprio esodo?
«L'esodo mi creda è già incominciato. Secondo i calcoli della nostra organizzazione da marzo ad oggi oltre 100mila cristiani hanno fatto le valige ed hanno lasciato l'Egitto. In questo clima di terrore rischiamo che diventino 250mila entro la fine dell'anno. L'obbiettivo dei salafiti è proprio farli fuggire. E i militari con la strage di ieri stanno contribuendo a garantire quel risultato».
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 13-10-2011 14:09
http://www.ilgiornale.it/milano/liberate...comments=1
"Liberate Bella ciao" Sfotteva i giudici e lo hanno internato
di Luca Fazzo
«Liberate Bella Ciao». Sulla petizione fioccano le firme di passanti, avvocati, uomini delle forze dell’ordine: tutta gente che da sempre bazzica corso di Porta Vittoria, e alla presenza di quell’omino che suonava la vecchia canzone partigiana, su uno sgabello davanti al Palazzo di giustizia, aveva fatto l’abitudine. In ciabatte sotto il solleone di luglio, o infagottato nel gelo dell’inverno, «Bella Ciao» (come i passanti lo avevano ribattezzato) era sempre lì, con la sua fisarmonica suonata in modo approssimativo, e in repertorio una sola canzone. Adesso lo hanno portato via, in quello che in gergo si chiama Tso, trattamento sanitario obbligatorio: ovvero, non essendoci più manicomi a disposizione, lo hanno rinchiuso al reparto psichiatrico del Fatebenefratelli. «A firmare il Tso - raccontano al banchetto dove si raccolgono le firme - è stata Lucia Castellano, l’assessore al Demanio, a nome del sindaco Pisapia».
Qualcuno, probabilmente, sarà contento: perché gli accordi di fisarmonica, ripetuti a oltranza da mattina a pomeriggio, davano ai nervi di più di un magistrato con le finestre affacciate sul corso. E forse più ancora degli accordi davano fastidio le esternazioni gridate a squarciagola dall’omino, contro l’uno o l’altro dei suoi bersagli: giornalisti, magistrati, politici, i protagonisti di un grande complotto politico, giudiziario e sessuale, da Scalfaro, alla Boccassini, a Violante. E poi giornalisti, generali dei carabinieri, pentiti di mafia, protagonisti di una Italia dei misteri, di antichi delitti passionali e di stragi di mafia dove tutto si incrociava e tutto si teneva, all’insegna di una rilettura del tutto personale della cronaca e della storia.
L’omino con la fiosarmonica non è uno stupido nè un ignorante. La sua parabola somiglia a quella di altri personaggi simili passati in questi anni dal palazzaccio, che da una causa giusta o sbagliata si incaponiscono, sconfitta dopo sconfitta, fino ad odiare tutto e tutti. Già in passato lo avevano spedito in un reparto psichiatrico, e ne è uscito devastato dai farmaci: «Scusate ma sono totalmente incapace di intendere e di volere, 100 per cento disabile mentale, condannato a vita... Cosa volete che vi dica...», scriveva in uno dei messaggi di posta elettronica che, come lettere in una bottiglia, lanciava ogni tanto nel mare di Internet.
Davanti al tribunale, non era chiaro se «Bella ciao» conducesse una sua personale protesta, lavorasse come artista di strada o se chiedesse l’elemosina. Probabilmente, tutte e tre le cose insieme. «Qualche giorno fa sono arrivati i vigili e l’hanno portato via», raccontano i suoi sostenitori. Erano, probabilmente, gli stessi vigili che qualche tempo fa gli avevano sequestrato la fisarmonica perché smettesse di turbare gli inquilini degli uffici prospicienti. Poi l’omino in qualche modo si era fatto ridare lo strumento, o se ne era procurato un altro. Ed era tornato lì, a strimpellare e a commentare ad alta voce i mondiali di rugby (altra sua passione) in Nuova Zelanda: «Bisogna avvisare Mallett che lì l’acqua gira al contrario!».
Adesso il Comune ha deciso che l’innocua protesta di «Bella ciao» è roba da manicomio.
................................................
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 14-10-2011 11:29
http://www.ilgiornale.it/rubrica_cucu/le...comments=1
Leader mai morti e bambini mai nati
di Marcello Veneziani
Da trecentotrentatrè giorni filati si celebrano ininterrottamente i funerali politici di Berlusconi. Ogni santo giorno c’è una dichiarazione di morte, un de profundis e un necrologio con annessa damnatio memoriae , c’è la cronaca delle esequie e il catalogo dei resti,c’è la contesa sull’eredità tra vedove allegre e orfani ingrati. E non manca l'ultima del Morto, la sua battuta in extremis, solitamente dedicata a gnocche e giudici o le ultime parole rapite con le intercettazioni. E il Morto non delude mai i beccamorti, offre preziose reliquie su cui imbastire i loro allestimenti mortuari. Il funerale si protrae ormai da lungo tempo e si celebra dal vivo, con l’attiva partecipazione del Defunto.
Anche ieri dominava il lutto anticipato. Se l’obitorio politico è così movimentato, in compenso la sala parto di ostetricia politica è desolatamente vuota. Un mortorio. Sulla scia della Fallaci ci sarebbe da scrivere una lettera al bambino mai nato che dovrà governare l’Italia.La salvezza d'Italia è nelle manine di un bambino mai nato. Quel Bambinello ancora non si vede, anche se a volte gli attribuiscono il faccino di Renzi, di Vendola o di Casini. Tanti sono i pastori accorsi come in un presepe, ma nella grotta non c’è la creatura. I re Magi arrivano uno in Ferrari,un altro a bordo delle scarpe e una dai viali dell’Astronomia. Non si contano i buoi e gli asinelli per condizionare il clima e il nascituro. Ma in sala parto non si vede ancora nessuno. Così tra Morti mai defunti e Bambini mai nati ci giochiamo il futuro del Paese.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 16-10-2011 16:24
http://www.informazionecorretta.it/main....p;id=41848
Didichiamo oggi, 16/10/2011, lo spazio in prima pagina ad una 'breve' uscita a pag.23 di LIBERO, con il titolo "Tournée in Italia dei Fratelli Musulmani", una notizia che non abbiamo trovato su nessun altro giornale. Poche riche, in sostanza il riassunto di una interrogazione parlamentare a prima firma Souad Sbai. A volte, però, anche poche righe possono rivelare aspetti oltre modo interessanti. L'Italia è sempre stato un paese dalle porte aperte verso l'estremismo islamico. Chi aveva sperato in un cambiamento farà bene a riflettere sulla tournée italiana di Rachid Ghannouchi, leader degli estremisti islamici tunisini del partito dei Fratelli Musulmani.
nell'immagine Rashid Ghannouchi
Ecco l'articolo:
Votano anche i tunisini all’estero. E la campagna elettorale, in Italia, la fanno i Fratelli Musulmani. Se ne sono accorti una trentina di deputati Pdl, che si rivolgono al ministro Maroni per chiedere spiegazioni sulla tournée a Reggio Emilia di Rachid Ghannouchi, esponente di spicco dei Fratelli Musulmani. «Tornato in Tunisia dopo la rivoluzione, stante l’esilio ventennale cui era stato condannato per estremismo», ricostruisce Souad Sbai, prima firmataria dell’interrogazione, «è considerato, per le sue idee un estremista». A renderlo ancor più degno d’attenzione, è la sua candidatura a «primo ministro in Tunisia per il partito Ennadha, di stampo religioso a sfondo estremista». I deputati chiedono al governo se «intenda monitorare l’ingresso nel Paese di soggetti potenzialmente pericolosi per la stabilità delle rispettive comunità e, in particolare, i canali che hanno portato Ghannouchi in Italia». Se, per la prima parte, la risposta spetta all’esecutivo, Libero è in grado di rispondere alla seconda domanda. Ghannouchi era venuto a sponsorizzare l’elezione diOsama AlSaghir, 28enne tunisino, giornalista di Al Jazeera e, soprattutto, candidato in Italia per la lista Ennahda
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 18-10-2011 10:16
http://www.ilgiornale.it/articolo_lunedi...comments=1
La filosofia unico salvagente in un mare di volgarità
di Francesco Alberoni
I.Kant
In tutte le epoche c’è sempre stata lotta politica e religiosa e la gente si è odiata, invidiata, derisa, insultata, accusata dei più turpi misfatti. Allo stesso modo si è dedicata al divertimento, allo svago, allo scherzo, al turpiloquio e alla volgarità. Però accanto a questi modi di essere c’è sempre stato anche un mondo della cultura che guardava verso l’alto,che metteva in evidenza e valorizzava gli aspetti più nobili dell’uomo. È questo che ha sempre fatto la filosofia.
Potete percorrere tutte le opere di Platone, di Aristotele, di Spinoza o di Kant e non vi troverete mai insulti e volgarità, ma il costante tentativo di trovare un fondamento della morale, della speranza, della dignità dell’uomo. Quando avete letto l’ Etica di Aristotele il vostro animo è purificato e sollevato.
Lo stesso avviene se leggete La critica della ragion pratica di Kant o i grandi sociologi Max Weber e Pareto. La filosofia è stata una continua opera volta alla costruzione critica, razionale di una società più giusta, di una umanità migliore. Un processo che si è interrotto con il nazismo e lo stalinismo in cui tutto è diventato politica, odio e ideologia, ma che è ripreso nel dopoguerra fino a pochi anni fa con grandi pensatori, Sartre, Lévi-Strauss, Foucault, Barthes, Morin, e fra cui voglio ricordare l’opera memorabile di una donna, Il secondo sesso , di Simone de Beauvoir. Poi la filosofia è scomparsa un’altra volta.
Ma non per opera di qualche Stalin o Hitler, ma perché è stata semplicemente messa da parte come qualcosa di faticoso e inutile perché non riguarda il presente immediato, la soddisfazione immediata. L’impresa moderna vuol fare profitti immediati, l’editoria fa libri che sono una estensione della cronaca. D’altra parte la gente si domanda: «Perché devo impegnarmi su qualcosa che mi costringe a pensare quando posso leggere cose facili, andare alla movida, guardare gli spettacoli, le fiction e i dibattiti politici in Tv, giocare a Burraco o chattare su Facebook?».
È così che nasce la società scomposta litigiosa, chiassosa, superficiale e ciarliera che oggi Bauman chiama liquida, che c’è sempre stata anche nel passato,solo che allora aveva accanto un pilastro solido, una riflessione filosofica, sociologica e psicologica che si occupava della costruzione dell’uomo, della sua dignità, del suo miglioramento e guardava lontano. Nel caos in cui tutti annaspano oggi, continuate a credere che non ce ne sia bisogno?
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 21-10-2011 10:46
http://www.ilgiornale.it/cultura/privile...comments=1
Crisi, così Europa e Stati Uniti buttano via i soldi "Privilegi, sussidi e sprechi piegano l'Occidente"
di Vittorio Macioce
Dambisa Moyo non è una provocatrice. Non lo è neppure quando dice che la carità uccide, quando racconta che gli aiuti dell’Occidente stanno devastando l’Africa. Non è un’economista che va alla ricerca del successo sparando tesi che ti squartano lo stomaco. Questa donna è semplicemente vera. Dice quello che pensa. E può permetterselo. È nata a Lusaka, in Zambia. È finita a Harwar e poi a Oxford. Ha fatto una breve esperienza alla Banca Mondiale e per più di quindici anni ha lavorato come analista a Goldman Sachs. Quando parla della sua vita dice che ha avuto molta fortuna. «Ho avuto genitori che credevano nella cultura. Ho studiato in Zambia con le prime scuole pubbliche. Qualche volta ho avuto coraggio. So che mi è andata bene. Ma al di là di tutto questo mi sono data molto molto da fare».
Il primo saggio era un colpo all’ipocrisia, una spallata alla brava coscienza dei vari Live Aid e alle buone intenzioni di Bono e dei governi occidentali: Dead Aid. La carità che uccide, appunto. Il secondo parte da una semplice domanda: come hanno fatto l’Europa e l’America a sperperare tutti i soldi che avevano? Il titolo è: La follia dell’Occidente (Rizzoli).
È vero che Dambisa Moyo si è convertita allo statalismo?
«Chi lo dice?».
Alcuni giornali italiani.
«Mi sono sempre tenuta alla larga da quelle trappole chiamate etichette. Io mi limito a osservare l’efficacia dell’azione dei governi. La loro strategia e gli obiettivi che riescono a raggiungere. I cinesi, con un magistrale colpo di mano, sono riusciti a produrre le merci di cui l’Occidente ha bisogno fornendo, al tempo stesso, sotto forma di prestiti, il denaro necessario per acquistarle. In questo modo hanno posto al collo dell’Occidente un gioco di debiti e dipendenze al quale sarà molto difficile sottrarsi».
Tutto questo con un piccolo particolare. Il governo cinese usa come schiavi i dissidenti e paga una miseria gli operai. Il vantaggio concorrenziale delle sue aziende nasce dalla mancanza di libertà.
«È vero adesso. Ma è un vantaggio che non può durare a lungo. In Cina si sta sviluppando una classe media, che presto chiederà più libertà. È quello che è successo in Occidente dopo la rivoluzione industriale. È chiaro che i diritti individuali sono fondamentali, ma bisogna riconoscere che la politica economica della Cina e di altri paesi asiatici è più lungimirante di quella occidentale. L’America è incline che strade, ponti, scuole, ospedali, aeroporti, dighe, rete idrica e tutta l’intera infrastruttura della nazione si vada rapidamente deteriorando. La Cina sta facendo il percorso contrario. La Cina ha i soldi. L’Occidente no».
Dove sono andati a finire i soldi dell’Occidente? Chi se li è mangiati?
«Sono andati a finanziare i privilegi, l’ozio e gli sprechi di quella che in America chiamano big generation. Sono quelli che adesso si stanno avviando o già hanno raggiunto la pensione. L’Occidente, in pratica, ha dilapidato le proprie risorse senza preoccuparsi di generare nuova ricchezza. È dalla fine degli anni’60 che l’Occidente ha pensato a godersi il presente senza investire in gran parte dei settori dove serviva innovazione. È stato meno creativo rispetto agli anni ’50. Cina, Brasile, Russia, India non stanno facendo altro che copiare il modello capitalistico di quegli anni d’oro».
E la colpa dei governi quale sarebbe?
«Di essersi occupati di tutto tranne di quello per cui servono. I governi dovrebbero assicurare i beni pubblici essenziali, regolare le trattative sul mercato e incentivare innovazioni e talenti. Lo hanno fatto male, sprecando molto».
Lei parla di beffa delle pensioni.
«Non c’è nulla di male nel mettere da parte i soldi per la vecchiaia. Il guaio è che i governi occidentali sono riusciti abilmente a vendere ai loro cittadini qualcosa che non saranno in grado di finanziare. L’altro inganno è che oggi non sappiamo il corpo di quello che i governi devono dare ai pensionati. Non c’è una cifra reale. Per l’Italia si vocifera di duemila miliardi di euro, per la Spagna mille miliardi. Se queste cifre fossero ufficiali le economie di molti Paesi europei crollerebbero immediatamente. Come vede non sono affatto ottimista».
Diranno che è la fine del capitalismo.
«Il problema dell’Occidente non è il capitalismo. Il problema sono i governi».
Cosa dovrebbero fare?
«Non mettere altri ostacoli. Le risorse che restano servono a finanziare istruzione e innovazione. Non a difendere posizioni di privilegio o a cancellare gli errori di chi per ingordigia ha fallito. Non spetta ai governi preoccuparsi delle banche. I soldi sono pochi e vanno gestiti al meglio: pensando al futuro».
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 03-11-2011 15:09
http://www.informazionecorretta.it/main....p;id=42100
Sul nucleare iraniano, i piani di attacco di Usa e Gran Bretagna svelati dal Guardian, su un ipotetico attacco israeliano sono usciti diversi articoli sui quotidiani italiani di questa mattina. Gli articoli sono in disaccordo fra loro per quanto riguarda il ruolo di Israele in un possibile attacco ai siti nucleari iraniani, sulle tempistiche, sul numero di ministri israeliani favorevoli e contrari all'attacco. Ciò che è sicuro è che il governo israeliano non ha ancora preso una decisione al riguardo. Particolarmente ostile Michele Giorgio sul Manifesto, poco accurati un articolo a pag. 3 del Foglio e Claudio Gallo a pag. 17 della Stampa. Che non riportiamo.
Nella tabella a fianco Il testo recita: civiltà, nazioni e imperi che hanno tentato di distruggere il popolo ebraico.
Israele, la più piccola fra le nazioni, ma con un Amico nelle alte sfere.
Perciò...fai il bravo!
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 03/11/2011, a pag. 3, l'editoriale dal titolo "Bombardare le centrali iraniane", un commento accurato che chiarisce i termini della questione:
Le buone maniere per l’Iran si sono dimostrate finora soltanto un invito a completare il suo progetto nucleare. Ahmadinejad ha già annunciato che le sanzioni sono come un fazzoletto usato da buttare. Gli esperti concordano sui tempi brevissimi prima dell’ora X, dopo la quale il mondo dovrà convivere con l’atomica iraniana. Teheran sta marciando spedito oltre la nostra povera immaginazione verso la costruzione del suo ordigno fatale (lo dirà, pare, anche un rapporto dell’Aiea). L’uranio impoverito è un bisogno esistenziale per questo regime iraniano legato a un disegno egemonico nella regione. Inoltre, per i seguaci della Rivoluzione khomeinista la devastazione atomica è un viatico per il ritorno del Messia sciita. Israele non può permettersi che il popolo ebraico viva ancora sotto la minaccia di un nuovo Olocausto in fieri. Per questo da giorni il governo israeliano, per bocca dello stesso primo ministro Netanyahu, dei suoi consiglieri, del ministro degli Esteri Lieberman e di quello della Difesa Barak, è in crescente agitazione e sarebbe pronto, si dice, all’uso della forza per fermare gli ayatollah. Secondo Haaretz, Netanyahu sta convincendo i propri ministri ad appoggiare l’attacco. Non è chiaro se Gerusalemme agirà senza la luce verde di Washington. Ma sarebbe certamente suo diritto vitale alzare in volo i caccia e arrestare questa diabolica impresa tecnologico-politica. Il regime islamico ha inventato vari nascondigli del suo programma per vent’anni. Lo strike è quindi una impresa rischiosa e anche all’interno d’Israele ci sono voci che mettono in dubbio l’efficacia di un bombardamento dal cielo. L’atomica iraniana però non sarebbe fatale solo per Gerusalemme. Scatenerebbe la corsa al nucleare in tutto il medio oriente: l’Iraq tremerà di paura per il rischio continuo di invasione, mentre l’Arabia Saudita, l’Egitto e la Turchia vorranno anche loro metterci le mani. Anche l’Europa sarebbe sotto tiro. Hezbollah potrebbe usare i missili senza paura della risposta israeliana, e anche Hamas mirerà su Tel Aviv, adagiata su un tappeto persiano fatto di neutrini. L’atomica iraniana sarebbe la fine d’Israele anche senza colpo ferire: la sua economia fatta di investimenti internazionali si deprimerebbe, l’emigrazione si arresterebbe, i migliori cervelli riprenderebbero la via dell’esilio, la deterrenza verrebbe meno. L’Iran ha motivazioni da vendere per incenerire Israele. Tra poco rischia di ottenere i mezzi per farlo. Spetta all’America far sì che lo stato ebraico non si senta isolato e decida di agire da solo in nome del celebre “Never again”. L’occidente non può restare a guardare mentre colui che progetta ogni giorno la distruzione del popolo ebraico e nega la Shoah arricchisce al venti per cento l’uranio.
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 04-11-2011 13:43
Caro Cher,
stendo a ritrovare interesse in un dialogo che potrebbe essere, da un momento all'altro, soggetto d'un catenaccio che intenderebbe la non attinenza al tema o non compreso. Ciò è avvenuto con due dei dialoghi da me impostati dei quali riporto di "La Caduta degli Dei" un argomento che allora non appariva nè interessante, nè attuale e fuori tema.RE:
La Caduta degli Dei
Scrivevo nel Messaggio n°6
Come tutti avete appreso, anche la Francia è a rischio.
Se da un lato ciò non può far assolutamente piacere, da un altro, mi auguro che ciò serva a calmare certe forme di insofferenza che in questi ultimi tempi sembra che alcuni paesi europei, ritenuti "più forti", abbiano avuto, ed abbiano ancora, verso i più deboli come l'Italia.
Siamo tutti sulla stessa barca, compresa la Germania che si è risentita dell'acquisto dei bonus italiani e spagnoli da parte dell'Amministrazione della Comunità Europea.
Ma non è che "da questo pulpito" debbano essere impartite lezioni di politica ed economia, pertanto, mi limito a sottolineare anche questa insofferenza all'interno della Comunità Europea che stenda, priva di un legame di seria e concreta unità federale, a promuovere un piano di "rilancio" economico e morale dell'intera comunità.
Michele Greco
Oggi leggiamo su Repubblica:
GERMANIA
Merkel, sconfitta alle elezioni regionali
E' il settembre nero della cancelliera
La Cdu subisce un tracollo in Meclemburgo, perdendo quasi cinque punti percentuali. Male anche gli alleati liberali. E' il sesto risultato negativo in un anno, in linea con il calo di popolarità in tutti i sondaggi. Trionfo invece per i socialdemocratici
dal nostro corrispondente ANDREA TARQUINI
BERLINO - Inizia un settembre nero per Angela Merkel. In difficoltà con i partner europei sulle misure per salvare l'euro, in pesante calo di popolarità in patria, la cancelliera ha incassato oggi una nuova sconfitta elettorale, la sesta quest'anno. Alle elezioni nello Stato del Meclemburgo, il più povero dei 16 della Repubblica federale, la sua Cdu (cristianoconservatori, la Dc tedesca) ha subìto un tracollo, perdendo quasi cinque punti e crollando al 24,3 per cento. Vola invece la Spd (socialdemocrazia), che dal 30 per cento delle ultime consultazioni, tenutesi nel 2006, sale al 36-37 per cento a seconda delle indicazioni dei vari exit polls, diffusi subito dopo la chiusura dei seggi alle 18. Il governatore socialdemocratico uscente Erwin Sellering, che finora era al potere con i democristiani come alleato minore, può ora scegliere con chi formare una nuova coalizione. Una Cdu indebolita, oppure i Verdi che conquistando l'8,5 per cento entrano trionfalmente per la prima volta nel Parlamento locale della capitale dello Stato Schwerin, la Linke (sinistra radicale) che è attorno al 18 per cento, terza forza politica. In calo invece i neonazisti della Npd, scesi dal 7 al 5,5 per cento nonostante la loro aggressiva campagna contro l'Europa e gli stranieri. E, in un'altra notizia di pessimo auspicio per la Merkel, i liberali (Fdp) suoi alleati a livello nazionale precipitano dal 9,6 per cento del 2006 al 3 per cento, quindi sotto il quorum del 5. Tra due settimane, con le elezioni a Berlino città-Stato che vedono il popolare borgomastro spd e gay dichiarato Klaus Wowereit favorito, la cancelliera rischia la settima disfatta elettorale dell'anno.
(04 settembre 2011)
Michele Greco
05-09-2011 09:51
mi.greco
Senator Member
Messaggi: 277
Gruppo: Registered
Iscritto: Sep 2010
Stato: Online
Reputazione:
Messaggio: #68RE: La Caduta degli Dei
Ancora Oggi da Repubblica
GRAN BRETAGNA
Londra, estrema destra in piazza
Scontri con polizia: oltre 60 arresti
Il gruppo xenofobo English Defense League sfida il divieto di manifestare, i gruppi antifascisti e di difesa delle minoranze li contrastano. Cariche degli angenti in assetto da guerriglia
dal nostro corrispondente ENRICO FRANCESCHINI
LONDRA - Un mese dopo i disordini che hanno messo a ferro e fuoco la capitale, torna la tensione e la violenza nei suoi quartieri. Una manifestazione dell'English Defense League, un gruppo di estrema destra, si è svolta lo stesso a Whitechapel, nella parte orientale di Londra, nonostante fosse stata vietata dalla polizia. Tremila agenti in assetto da guerriglia hanno pattugliato le strade, ma non hanno potuto evitare scontri e incidenti, conclusi con l'arresto di sessanta persone. Le forze dell'ordine hanno provveduto a tenere separati i dimostranti di estrema destra da un gruppo ancora più numeroso chiamato Unite Against Fascism, composto da britannici di origine asiatica, di religione musulmana e di altre etnie e confessioni, deciso a difendere l'identità multietnica e multiconfessionale della zona.
L'English Defense League (Edl), che si batte contro l'immigrazione e per la difesa "della razza bianca anglosassone", è il gruppo che era stato espressamente lodato da Anders Breivik, l'estremista norvegese autore della strage in luglio in cui uccise 77 persone facendo prima esplodere una bomba a Oslo e poi con una folle sparatoria a un campeggio sull'isola di Utoya. Breivik aveva inneggiato alla campagna della Edl contro la "islamizzazione della Gran Bretagna" e sosteneva di avere 600 membri dell'organizzazione tra i suoi "amici" su Facebook.
Scotland Yard aveva proibito la manifestazione anche per un'altra ragione, nel timore che potesse riaccendere tensioni etniche dopo la rivolta urbana e i saccheggi indiscriminati del mese scorso in vari quartieri di Londra, scoppiati dopo la controversa uccisione di un nero da parte della polizia. E' stata la prima manifestazione vietata dalle autorità a Londra in trent'anni, dai disordini razziali di Brixton del 1981. Ma il divieto non è bastato. Un migliaio di attivisti della Edl si sono lo stesso radunati in prossimità della moschea di Whitechapel, per ascoltare un comizio del loro leader, Stephen Lennon, che è stato tuttavia arrestato quasi subito dagli agenti perché non aveva rispettato l'obbligo di presentarsi in commissariato a causa di una condanna per hooliganismo durante una partita di calcio. "Mi metteranno in prigione, ma non metteranno a tacere il nostro diritto democratico di opporci all'Islam militante", ha detto prima che lo portassero via.
Varie migliaia di persone si erano comunque preparate a opporsi alla manifestazione della English Defense League. Al grido di "They shall not pass" (versione inglese di "No pasaran"), che evoca la resistenza di un quartiere di Londra alle marce della camice nere fasciste britanniche di sir Oward Mosley nell'East End di Londra 75 anni or sono, i dimostranti intendevano respingere i militanti di estrema destra, possibilmente senza il ricorso alla forza: "Siamo qui per far vedere che siamo più numerosi, che la gente di questo quartiere vuole vivere in pace, insieme, e che apprezza la diversità religiosa ed etnica che ci arricchisce tutti", ha detto il reverendo Alan Green, uno dei portavoce di questo fronte anti-fascista. "Sono britannico quanto vuoi", urlava un uomo di origine asiatica ai membri della Edl. La massiccia presenza e il pronto intervento della polizia ha limitato gli scontri al minimo.
Michele Greco
05-09-2011 10:52
magnesium
Super Moderator
Messaggi: 135
Gruppo: Super Moderators
Iscritto: Jul 2006
Stato: Offline
Reputazione:
Messaggio: #69RE: La Caduta degli Dei
Per favore cerchiamo di rimanere in tema nucleare!
grazie
:-)
05-09-2011 17:19
mi.greco
Senator Member
Messaggi: 277
Gruppo: Registered
Iscritto: Sep 2010
Stato: Online
Reputazione:
Messaggio: #70RE: La Caduta degli Dei
Questa rubrica, chiamata "La Caduta degli Dei", vuole richiamare l'attenzione su aspetti del nostro paese, su altri della comunità europea, e su molte disfunzioni fuori di dette strutture amministrative e politiche.
La situazione del nucleare oggi riflette queste disfunzioni che si manifestano, ormai da un po' di tempo a questa parte, con gli evidenti disagi governativi che l'hanno definita, vittima di situazioni opportunistiche, d'un mercato e d'una identità politica in chiara decadenza.
Ciò che si è determinato in Italia nel mondo dell'Energia, non è la cattiva gestione amministrativa e politica del nostro paese, ma la conseguenza d'una politica internazionale che cerca di trovare, nel disfare e nel "fare", quell'equilibrio necessario perchè tornino i conti e per dare ragione ed "approfittare" ancora di quelle risorse che il vecchio mercato potrebbe ancora offrire.(Una Centrale Nucleare in Italia avrebbe dato molto, ma molto fastidio a più d'un paese della comunità europea).
Il riportare certe situazioni, e vedi quella tedesca, e vedi quella inglese e francese, è un modo tangibile di quanto qui si asserisce in forma implicita. Volendo considerare, tra l'altro, che questi paesi europei(tali solo geograficamente) oggi mostrano insofferenza con i comportamenti del nostro paese, arrogandosi diritti mai conferiti loro e dissociando le proprie responsabilità comunitarie europee dalle singole interpretazioni e volontà del tutto interessate e di parte; vedasi la situazione libica.
Forse avete dimenticato l'atteggiamento di discredito avuto da buona parte, e della stampa, e dei politici di questi paesi, non solo nei nostri rapporti internazionali, quanto ,ed ancor più grave, in quelli di casa nostra, troppo spesso asservita ad imperativi esteri?
Quindi, "La caduta degli dei", si rifà di quei contenuti culturali, economici, amministrativi e politici che sono alla base logica del decadimento di tanti progetti, compreso quello nella nostra Energia.
Non si può sempre spiegare e giustificare quanto si scrive...non la finiremmo più.
Personalmente mi baso sulla capacità di ognuno di ricucire tra loro certi eventi e di ritrovarne quelle logiche comuni alla tematica in discussione.
Credo che ciò possa valere per una buona parte di tutti gli interventi nei vari Argomenti dell'intero Meeting, che appaiono fuori tema e non attinenti al Nucleare.
Grazie
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 04-11-2011 15:37
Caro Cher,
stendo a ritrovare interesse in un dialogo che potrebbe essere, da un momento all'altro, soggetto d'un catenaccio che intenderebbe la non attinenza al tema o non compreso. Ciò è avvenuto con due dei dialoghi da me impostati dei quali riporto di "La Caduta degli Dei" un argomento che allora non appariva nè interessante, nè attuale e fuori tema.RE:
....ben trovato........
Il mio "interesse" è ormai finito nel così detto "dialogo", permane solo una curiosa attenzione nell'evolversi degli eventi in quanto tali.
Il declino del forum è analogo al declino delle idee, il "catenaccio" è identico alle prese di posizioni di chi, pur non capendo una "mazza" di quello che stà succedendo,impone una blanda e ridicola soluzione, cioè quello di imporre il proprio potere.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Charade77 - 04-11-2011 20:07
Caro Cher,
stendo a ritrovare interesse in un dialogo che potrebbe essere, da un momento all'altro, soggetto d'un catenaccio ...
....
Non si può sempre spiegare e giustificare quanto si scrive...non la finiremmo più.
Grazie
Michele Greco
Buonasera , seguo ormai da tempo il nuclearmeeting e sono pienamente d'accordo sull'ultima frase "Non si può sempre spiegare e giustificare quanto si scrive...non la finiremmo più" in quanto ,se ci mettiamo a scoprire ogni volta le origini di tutti gli aspetti e tutti i vari nessi ,saremmo qui a discutere ogni volta ,per approfondire un aspetto ,di fisica ,di chimica ,di metallurgia ,di elettronica.E' più finita così.Personalmente sono tra quelli che sostiene che la linea guida del sito deve rimanere di carattere tecnico-scientifico e un off topic per le varie discussioni legittime.Per altri temi esistono altri forum ,pensiamo solo se si dovesse approfondire l'aspetto legato alla medicina ,non bastano 10 forum.Penso anche a coloro che accedono al forum ,come feci io la prima volta ,allo scopo di consultare i topic che possano aiutare loro a coprendere gli innumerevoli aspetti trattati :è corretto torvino dei temi pertinenti all'argomento ,o no?Molti sono gli spunti di riflessione offerti da lei ed altri utenti ,interessantissimi e molto ben argomentati ,ma rischiamo che diventi più un forum di opinionisti che non di tecnica e scienza (scusate la ripetizione).C'erano utenti che dopo essere stati seppelliti ,prima dalla loro ignoranza ,e poi dalle nozioni scientifiche ,non si sono più fatti vivi , prendendosela con i toni troppo accesi.Il problema è solo avere la presunzione di voler far coincidere i propri sogni con la realtà e spesso , mi sento di poter dire , che non funziona ,almento finchè si parla di scienza.
Buona serata
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 06-11-2011 11:40
http://www.ilgiornale.it/esteri/se_israe...comments=1
Pericolo nuclare, se Israele attaccherà l’Iran rischiamo davvero la terza guerra mondiale
di Fausto Biloslavo
Gli americani temono che Israele bombardi l’Iran senza avvisarli e che la rappresaglia colpisca i soldati Usa in Irak e nel Golfo Persico. Gli ayatollah sembrano non prendere sul serio la minaccia di attacco, ma sui media iraniani fanno trapelare le possibili ritorsioni. Tutti attendono le rivelazioni dell’Agenzia atomica dell’Onu con foto satellitari che proverebbero i test iraniani per far esplodere ordigni nucleari. Propaganda o meno, un attacco israeliano all’Iran apre scenari da far tremare i polsi. «È possibile un’incursione aerea di 24 ore, ma neppure gli israeliani riuscirebbero ad evitare la ritorsione» ha sottolineato Mario Arpino, ex capo di stato maggiore e comandante italiano durante la guerra del Golfo nel ’91. La prima reazione sarebbe una pioggia di missili contro Israele.
Gli Shabab 4 possono raggiungere lo stato ebraico e altri vettori sarebbero in grado di colpire l’Europa meridionale. «Tutte le installazioni nucleari sul territorio sionista sono nel nostro raggio d’azione. Se saremo attaccati risponderemo con i missili all’aggressione» ha dichiarato da tempo il generale Mohammed Ali Jafari, comandante dei Guardiani della rivoluzione.
I vettori iraniani possono trasportare sia testate convenzionali che chimiche o batteriologiche e addirittura nucleari. Se venissero utilizzate armi di distruzione di massa la risposta israeliana non si farebbe attendere grazie ai missili balistici Jericho con una gittata di 4mila chilometri. Non solo: le testate nucleari miniaturizzate a bordo dei sottomarini con la stella di Davide potrebbero colpire Teheran dal golfo dell’Oman.
Lo scenario «regionale» prevede tra l’altro una reazione iraniana contro obiettivi americani in Irak e Afghanistan, ambedue paesi confinanti. Teheran ha sicuramente nel mirino la base aerea di Shindad nell’Afghanistan occidentale, settore Nato sotto comando italiano. I gruppi di miliziani, non solo sciiti, nei due paesi confinanti, finanziati e armati da anni dai Pasdaran, verranno mobilitati per operazioni di guerriglia o terrorismo. Il governo iracheno e quello afghano si sono riavvicinati agli iraniani e non hanno alcuna intenzione di farsi trascinare in un conflitto regionale.
Anche i paesi arabi del Golfo temono rappresaglie e rivolte della propria popolazione sciita, a cominciare dall’Arabia Saudita che considera una minaccia strategica il nucleare iraniano. Teheran ha spesso messo in dubbio la sovranità del Bahrain, considerata provincia iraniana, che ospita il comando della Quinta flotta Usa.
Ieri i media iraniani sottolineavano che l’Iran «domina lo stretto di Hormuz, strategico per il petrolio». La Repubblica Islamica potrebbe «tagliare alcune arterie petrolifere o bloccare lo stretto influenzando il 50% delle forniture mondiali di greggio, in un periodo in cui l'Occidente è in grave crisi».
La forza al Qods dei Pasdaran, specializzata in missioni all’estero, attiverebbe tutte le cellule terroristiche filo iraniane in giro per il mondo. Attentati e attacchi suicidi potrebbero colpire obiettivi come ambasciate e centri ebraici all’estero, pure in Europa. L’altro grande fronte di guerra coinvolgerebbe il Libano, la Siria e la striscia di Gaza. In caso di attacco all’Iran le milizie sciite di Hezbollah in Libano colpirebbero Israele.
I nuovi missili forniti dai siriani sono in grado di raggiungere qualsiasi città ebraica. Alcune stime parlano di un migliaio di testate contro Israele lanciate da Hezbollah e dall’Iran nei primi giorni di guerra. La Siria, alleata con un patto di difesa a Teheran ed i palestinesi di Hamas a Gaza sarebbero pronti ad unirsi al fronte anti israeliano. L’ex ambasciatore iraniano Nasser Saghafi-Ameri, del Centro di studi strategici di Teheran, sostiene da tempo che «attaccarci sarebbe una follia. Potrebbe scoppiare una specie di terza guerra mondiale con effetti devastanti nella regione, ma pure in Europa».
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 06-11-2011 14:33
http://www.informazionecorretta.it/main....p;id=42151
Fiamma Nirenstein: " Attenti alla Sharia, si è già insinuata nella civile Europa "
Se vi state preoccupando perché la primavera araba sta finendo tutta in sharia (la legge islamica che, se applicata per intero, impone punizioni fisiche dalle frustate al taglio della mano, colloca le donne in posizione di inferiorità e nel caso le condanna alla lapidazione, quasi non punisce il delitto d’onore,permette la poligamia e impone il velo, proibisce l’alcool, le discoteche, il giuoco...), bene non guardate tanto lontano, venite in Europa a preoccuparvi un po’.
In Danimarca il gruppo musulmano «Kaldet al Islam» («Chiamata dell’islam») annuncia che il sobborgo di Tingbjerg a Copenaghen sarà la prima «Zona sotto il controllo della sharia, gruppi di giovani addestrati sorveglieranno l’area. La prossima zona conquistata sarà un altro distretto, Norrebro, e poi avanti in tutta la nazione...
In Inghilterra il gruppo «Musulmani contro le crociate» ha lanciato una campagna per fare di dodici città altrettanti stati islamici indipendenti (Birmingham, Bradford, Derby, Dewsbury, Leeds, Leicester, Liverpool, Luton, Manchester, Sheffield e due zone di Londra, Waltham Forest, e Tower Hamlets).
In Germania le corti shariatiche operano in molte città così come in Francia, in Spagna, in Belgio: ovunque in Europa si stanno creando sistemi di giustizia paralleli alla legge dello stato.
E noi allora che facciamo? Aspettiamo che, come si propone «Chiamata all’islam», «il mondo sia mondato dal grande munkar (il male) chiamato democrazia»?
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 09-11-2011 10:51
http://www.ilgiornale.it/rubrica_cucu/ac...comments=1
Accalappiate l'Onorevole Randagio
In questa legislatura è nato l’Onorevole Randagio. Sì, qui non è più lo storico vizio nazionale dei voltagabbana. Qui si tratta di branchi o di isolati cani senza padrone che vagano da una masseria in rovina all’altra,e poi tornano
di Marcello Veneziani - 08 novembre 2011, 10:58
In questa legislatura è nato l’Onorevole Randagio. Sì, qui non è più lo storico vizio nazionale dei voltagabbana. Qui si tratta di branchi o di isolati cani senza padrone che vagano da una masseria in rovina all’altra,e poi tornano.
Lo fanno, come i randagi, per procacciarsi frattaglie di cibo: e si allontano quando sentono che tutto lo spolpabile è stato spolpato. Latrano, a volte eccitati da mascalzoni, alcuni passano per venduti altri per ravveduti, ma se la molla principale di quasi tutti è il tornaconto personale, e farsi rieleggere, mutano solo le modalità, mica i valori.
Per carità, a volte ci sono anche motivazioni politiche. Ma non la dignità, perché se ne aveste un briciolo, vi sareste dimessi piuttosto che mutare casacca. Lo dico agli uni e agli altri.
Io non amavo il vincolo di mandato, perché nega libertà all’eletto che risponde poi ai suoi elettori; ma voi che siete nominati e non eletti, dovete rispondere al padrone e alzare la zampa quando lui ve lo dice. Sì, guinzaglio di mandato o dimettersi. Uno schifo, ma è così con questa legge.
La nostra è una democrazia digitale, perché la vostra funzione politica è tutta nel dito, nel bottone che schiacciate votando. Poi basta. È assurdo che il capo randagio e primo aizzatore di randagi sia stato proprio il presidente della Camera, anche se non fu solo colpa sua, ne convengo. È assurdo che un verdetto così netto delle urne sia finito così male.
Ma con questa Camera di Randagi o mettete loro la medaglietta al collo o li mandate di corsa al canile, cioè a casa. Bau bau.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 13-11-2011 14:00
http://www.ilgiornale.it/interni/in_mano...comments=1
In mano alle lobby finché le urne non ci separino
Senza legittimazione popolare l'esecutivo sarà eterodiretto. Il colpo di mano attraverso lo spread avrà conseguenze pesanti
di Giuliano Ferrara - 13 novembre 2011, 08:21
Oggi è il giorno dei fuochi d’artificio perché se ne va il tiranno Berlusconi. Ieri alla Camera, mentre si approvavano a tempo di record le misure anticrisi, con la parte maggiore dell’opposizione che si sfilava da ogni responsabilità, il capogruppo del Partito democratico ha pronunciato un discorso di rara faziosità, proponendo la piattaforma sulla quale sarà elevata la gogna per tutta la parabola del cosiddetto berlusconismo.
Senza avere avuto un voto di sfiducia, al culmine di una brutale campagna di delegittimazione alimentata dal circuito mediatico-giudiziario e da quello mediatico-finanziario, il capo del governo eletto nel 2008 dai cittadini italiani lascia per senso di responsabilità di fronte ai numeri della maggioranza che ballano. Se avrà dato il via a un governo tecnico rinunciando a giocare la carta decisiva e fatale di tutta la sua vita pubblica, il diritto dei governati a scegliere chi li governa, Berlusconi si trasformerà nel capro espiatorio di un Paese che di nuovo subisce il rigetto dell’alternanza democratica alla guida dello Stato, ed è costretto ad affidarsi a potenze indisponibili al regolare funzionamento delle istituzioni democratiche.
Le conseguenze di questo colpo di mano, con lo spread al posto dei carri armati, saranno penose per tutti, perché un governo tecnico in questo Parlamento, senza una solida e forte maggioranza legittima, scelta dal popolo elettore, sarà esposto a varie forme di eterodirezione lobbistica, a una perdita in termini di indipendenza nazionale e a una navigazione che non promette niente di buono.
Infatti a questo esito si arriverebbe, ed è un’aggravante drammatica se subita passivamente, sull’onda di un «miserabile fallimento» (parole del New York Times, non di noi gazzettieri militanti) del governo dell’euro e della sua crisi da parte del direttorio franco-tedesco. La tempesta dello spread dei titoli pubblici espressi in euro è stata indirizzata sull’Italia, Paese fondatore dell’Europa unita, terza economia del continente, grande nazione e democrazia repubblicana della quale il presidente francese Nicolas Sarkozy si è permesso di dire che «deve essere rimessa in carreggiata», nell’ambito di un’aspra offensiva diplomatica, fatta di violazioni dei rapporti internazionali e di aperte irrisioni, il cui scopo è la salvaguardia del sistema bancario francese, e una stabilizzazione ai danni del sistema economico e civile italiano.
Il dramma dell’Italia è che le sue finanze dipendono, a fronte dell’aggressività dei mercati, pervasi da una crisi che nasce a Wall Street oltre tre anni fa e che si propaga in Europa attraverso il debito insolvente greco, da una moneta comune che nessuno difende, e da un sistema finanziario governato da una Banca centrale di Francoforte cucita su misura dell’interesse nazionale tedesco.
Il professor Paul Krugman, premio Nobel e guru dell’economia liberal americana, ha detto esplicitamente che noi abbiamo morsicato la mela del peccato originale, e che i nostri guai derivano dal fatto che con questo governo dell’euro siamo regrediti allo status di Paese sottosviluppato obbligato a fissare il prezzo dei suoi debiti in una moneta estera (europea di nome, tedesca di fatto). L’errore capitale di avere assunto questo assurdo modo di vedere le cose, e di non battersi perché la Bce diventi prestatore di ultima istanza, è l’origine della manovra a tenaglia che sta per svuotare di significato la democrazia politica in questo Paese.
Le conseguenze dell’accettazione di una soluzione non fondata sul voto, al di là del prestigio personale del professor Mario Monti e delle stesse intenzioni del capo dello Stato che lo propone come nuovo premier invece di sciogliere le Camere e indire subito nuove elezioni, saranno drammatiche, ma non solo per l’Italia.
L’obiettivo è quello di imporci una sorta di terapia autopunitiva, moralistica, che è il contrario di riforme liberali in una società aperta. Sullo sfondo sta una rapina patrimoniale destinata a colpire il valore sociale della casa e a creare nuova depressione, deflazione, ingiustizia. Un’operazione di questo genere si dovrà necessariamente nutrire non già, come alcuni credono, di una spirale virtuosa e riformatrice ma della ricerca, anche ex post, di un capro espiatorio.
Slitteremo, con ogni probabilità, in un pantano di risentimenti e in un processo al passato che è purtroppo nelle corde della parte peggiore di questo Paese.
Posso solo aggiungere che spero di sbagliarmi, e che sarò pronto a riconoscere il mio errore di previsione se le cose andassero altrimenti, ma sono certo che una rotta disordinata e la fine di una resistenza democratica non può che allungare su di noi l’ombra di un regime senza popolo che si legittima con la messa sotto accusa di una lunga stagione di governi popolari, di destra e di sinistra.
------------------------------------------------------------------
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 15-11-2011 16:27
http://www.loccidentale.it/node/111357
Mario Monti non deve affrontare una crisi del debito bensì una stagnazione
di Ambrose Evans-Pritchard 15 Novembre 2011
Da commissario europeo alla competizione, circa dieci anni fa, mise in fuga la Germania sui sussidi per le Landesbanken e costrinse la Francia a rompere i suoi monopoli nel settore dell’elettricità.
Lasciò di stucco molti a Washington quando impose una multa di 498 milioni di dollari per abuso di posizione dominante a Microsoft e bloccò la fusione da 45 miliardi di dollari tra GE – Honeywell, la più grande al mondo per l’epoca, dopo che era stata già approvata dal Dipartimento della Giustizia statunitense, a dire che gli americani non c’avevano capito niente.
Fu Super Mario che fece diventare l’UE un super regolatore globale.
L’ultima volta che parlammo, al Lago di Como due anni fa, temeva che l’UE stesse entrando in una crisi “quasi esistenziale”.
Rileggendole oggi si tratta di parole profetiche, benché allora egli non avesse alcuna idea di quale ruolo avrebbe giocato per salvare il suo paese, l’euro e il sistema bancario mondiale.
La mano del Sig. Monti non è debole come sembra. Lo Stato italiano è un albero di Natale di beni di valore: c'è il 4 per cento della compagnia energetica Eni, il 31 per cento della compagnia elettrica Enel, il 33 per cento della gruppo aerospaziale Finmeccanica, il 100 per cento di Poste Italiane.
La vendita di compagnie del genere potrebbe facilmente generare 45 miliardi di euro e il sig. Monti è già un convinto privatizzatore. Fino a quale punto possa convincere il centro-sinistra in Parlamento a votare tali dismissioni rimane una domanda aperta.
I beni disponibili allo Stato italiano ammontano a 1,8 trilioni di euro, praticamente lo stesso ammontare dell’odierno debito pubblico italiano di 1,9 trilioni di euro. C’è vasta ricchezza privata, secondo alcune stime di circa 8,6 trilioni di euro, facendo degli italiani persone privatamente più ricche di tedeschi e americani.
L’obiettivo del sig. Monti è di portare avanti un ‘salvataggio interno’, estraendo un pezzettino di questa ricchezza per salvare lo Stato.
Una variante di ciò fu tentata già nel 1992, quando sui conti bancari fu effettuato un prelievo coatto.
Il sig. Monti si darà meno a certi capricci. E’ noto per essere un accanito proceduralista. Le opzioni a sua disposizione annoverano una tassa sulle proprietà immobiliari e una patrimoniale che porti all’erario 100 miliardi di dollari.
Diversamente dalla Grecia, lo Stato italiano ha un avanzo primario. Sarà del 0,5 per cento del Pil quest’anno e del 4 per cento nel 2013 se il bilancio dello Stato sarà nel frattempo messo in equilibrio. Il migliore del blocco dei G7.
Gli indicatori sulla sostenibilità del debito del Fondo monetario internazionale piazzano l’Italia sulla lista dei bravi a 4.1, davanti a Germania al 4.6, Francia 7.9, il Regno Unito 13.3., il Giappone al 14.3, e gli Stati Uniti con 17.
Il debito pubblico italiano del 120 per cento del Pil è in un certo modo compensato da un debito privato molto basso del 42 per cento. Il totale del debito aggregato è 129 per cento, a fronte di una media europea del 169 per cento.
Ray Badiani di HIS Global Insight dice che l’Italia può, in teoria, tenere vari quarti di anno con rendimenti sui propri titoli di debito pubblico sopra il 7 per cento. Quel che altera la situazione è il pericoloso mix che si mette in moto di fronte a una crescita incerta. Ciò rischia di spingere la dinamica del debito italiano in un vortice al ribasso, a fronte di necessità di rifinanziamento per il 2012 per 300 miliardi di euro.
Quel che il sig. Monti ha innanzi è una crisi di stagnazione, non una crisi del debito.
La crescita dell’Italia è stata di solo lo 0,6 per cento annuo lungo la scorsa decade, e la produttività è caduta. L’Italia ha perso il 40 per cento della propria competitività rispetto alla Germania negli ultimi 15 anni, incastrata in un sistema monetario, quello dell’euro, con una moneta sopravvalutata.
Danay Gabay di Fathom Consulting ha dichiarato che l’Italia sarà addirittura meno in grado di competere di quanto non sarà la Grecia: “ Prenderemo le distanze dal mantra che fa il giro dei mercati, ovvero che i fondamentali dell’Italia sono di fatto buoni e che il paese ha di fronte a sé solo una crisi di liquidità di breve periodo”.
Il sig. Monti dovrà in effetti portare avanti una ‘svalutazione interna’ dentro l’Emu (l’unione monetaria europea) per recuperare il terreno perduto, comprimendo i salari e i costi sotto i liveli tedeschi per anni a venire.
L’Irlanda ha mostrato che ciò è possibile, ma l’economia irlandese è flessibile e il suo export in questo momento tira molto. Ha un surplus nel proprio bilancio. L’Italia non ha fatto altro che perdere pezzi di export visto che la Cina gli aggredisce il suo mercato manifatturiero.
Il professore dovrà mettere in campo questo gioco di prestigio nel peggiore dei momenti, proprio mentre la contrazione fiscale e la recessione nell’eurozona sta trascinando di nuovo l’economia nel baratro.
Non ha base politica, e la sua popolarità a Sinistra è probabile che duri poco se applicherà il macete sulle leggi del lavoro dell’Italia come richiesto da Bruxelles e i vigilantes del debito.
Quanto alla gioia risuonante a Roma la notte che Berlusconi ha dato le dimissionie, l’Italia è tanto polarizzata quanto lo fu la Gran Bretagna quando Margaret Thatcher prese in mano nel 1979 l'esangue politica economica britannica. I sindacati sono in quello stato di militanza.
Il sig. Monti avrà bisogno di tutto il suo charme - se non di un miracolo - per far sì che la nave Italia tenga l'urto della tempesta che l'attende.
Tratto dal quotidiano britannico The Telegraph
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 16-11-2011 15:16
http://www.ilgiornale.it/interni/monti_c...mments=2#1
#44 stegalas (647) - lettore
il 16.11.11 alle ore 13:37 scrive:
Ovvia, ora abbiamo finalmente i ministri e c'è anche la Serbelloni Mazzanti Viendalmare e pure il visconte Cobram, quindi il Popolo Viola potrà esultare.
La voce, però, quella bella voce metallica del Duca Conte che li ha annunciati mi ha ricordato i "bei tempi" del Feldmaresciallo Albert Kesselring. Povera Italia, nuovamente occupata...
#38 laura (1303) - lettore
il 16.11.11 alle ore 13:17 scrive:
Mi sembra giusto premiare De Benedetti,(Passera), che tanto impegno ha messo per arrivare a questo bel traguardo, il primo, e tanta abilita' a rovinare una banca (SanPaolo), il secondo. Un governo tecnico e soprattutto ( di) SUPER PARTES. Meno male che non c'e' il topo, anche se e' molto probabile, lavorera' dietro le quinte.
#53 veon (391) - lettore
il 16.11.11 alle ore 13:57 scrive:
Banchieri per risolvere una grana provocata da banche... Chissà perchè ma suona male...
#28 Trasimacus (23) - lettore
il 16.11.11 alle ore 12:57 scrive:
Ornaghi all'Università: il prezzo pagato da Monti a una delle più potenti lobby che ha brigato per rimuovere Berlusconi e per piazzare un altro al suo posto: il VATICANO! E' scandaloso (ripeto: scandaloso) che il Rettore di una Università privata sia nominato ministro dell'Università pubblica. I sinistri e sinistrati sostenitori di Monti hanno di che meditare...
#27 Snoopy59 (486) - lettore
il 16.11.11 alle ore 12:57 scrive:
Ornaghi!!?? Non c'è che dire il monti ridens sta mettendo su una bella squadra forse per vincere il torneo di briscola. Meno male che in Italia c'è molta terra incolta...la cicoria è assicurata.
#22 vincenzo333 (23) - lettore
il 16.11.11 alle ore 12:33 scrive:
#ilfatto: No a Corrado Passera. IntesaSanpaolo ha perso (a spanne) dal 2001 il 60-70% della sua capitalizzazione di Borsa e il futuro Dio solo lo sa. Quest'uomo distrugge ricchezza. Lei dice che anche le altre banche hanno perso: e chi se ne frega! Non siamo a corto di esseri umani, non dobbiamo scegliere per forza un banchiere alle Attivita' Produttive. E poi il conflitto d'interessi? Corrado Passera viene da una banca piena zeppa di titoli del debito (oggi) incerti: lavorera' per la sua banca o per il Paese? Alle Attivita' Produttive si scelga un saldatore, un artigiano, un piccolo imprenditore, non certo Corrado Passera.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 16-11-2011 16:26
Quando la democrazia si arrende alle Borse
La politica esce a mani alzate dal Parlamento e si consegna alla Signoria del Mercato. La democrazia si è arresa alla borsa
di Marcello Veneziani - 11 novembre 2011, 09:13
La politica esce a mani alzate dal Parlamento e si consegna alla Signoria del Mercato. La democrazia si è arresa alla borsa. Il Popolo Sovrano, tramite i suoi rappresentanti, abdica e lascia il regno nelle mani dei tecnici eurocrati.
E la cosa più triste è che la sottomissione dell’Italia,della sua sovranità nazionale, popolare e democratica allo spread ci sembra logica, naturale, inevitabile, indiscutibile.
È inutile menarsela, la democrazia si è arresa e la politica finisce con lei. In giro non lo dicono, anzi ieri il pittoresco Galli della Loggia è arrivato a sostenere che ha vinto la politica. Ma come, professor Ernesto, la politica alza bandiera bianca, si arrende a una soluzione tecnica, si ritira sui Monti, e sarebbe la rivincita della politica? Dite piuttosto che la politica tutta ha fallito, dite che si è mostrata inadeguata e ha tradito gli elettori. Dite questo semmai, ma per favore non raccontateci che la resa della politica all’economia sia una vittoria della stessa politica.
Qui non perde solo Berlusconi e non cade solo un governo, decade il valore della democrazia e il verdetto delle urne. Pensate che Parlamento uscì dal voto, con che maggioranza, e pensate cos’è oggi. Una sconfitta della politica, per tutti. Ma non solo: la politica si è mostrata incapace di gestire pure il vuoto che ha propiziato, non ha proposto programmi alternativi e spaventata dal tracollo dell’economia, ha invocato il Tennico. Una democrazia commissariata, anche se i nuovi Generali non vengono dalla Scuola di guerra ma dalla Bocconi.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 18-11-2011 14:44
http://www.ilgiornale.it/interni/pension...comments=1
#12 Profe (555) - lettore
il 18.11.11 alle ore 11:16 scrive:
Aspetto che Monti dica: farò anch'io il sacrificio di rinunciare ai 25mila euro al mese come senatore a vita, dato che ho già stipendi e pensioni d'oro per altre prestigiose attività! No eh?! Solo noi, con i nostri mille euro al mese, chi più chi meno, dobbiamo sacrificarci! E aspetto che Napolitano dica: affitto alcuni locali del Quirinale per fare cassa, come sta facendo la regina Elisabetta II d'Inghilterra con i suoi palazzi inglesi! No, eh? La nostra Repubblica non vuole SCENDERE al livello di una monarchia!!!
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 19-11-2011 13:19
http://www.loccidentale.it/node/111469
Però nessun complotto speculativo
Nozioni minime per capire come la finanza fa i soldi col debito sovrano
di Paolo Savini Nicci19 Novembre 2011
Bisognerebbe cominciare cercando di capire come funziona il mercato dei titoli di Stato italiani, di cui molti parlano ma, come insegna Wittengstein, dovrebbero invece tacere [1]. Il debito pubblico italiano è pari a 1,571 miliardi di euro ed è composto da una serie di titoli (BOT, CCT, CTZ, ecc.) emessi direttamente e indirettamente dal Tesoro.
Ogni emissione di nuovo debito viene piazzata sul mercato primario (ovvero le banche d’affari che comprano direttamente dal Tesoro per conto proprio e per conto terzi) mentre ogni titolo una volta emesso viene comprato e venduto sul mercato secondario (quello in cui chiunque può comprare e vendere titoli, basta avere un conto con un dealer autorizzato sull’MTS).
Quindi sul secondario investono molti operatori differenti da fondi pensione a hedge funds, dale assicurazioni alle vecchiette che tengono i risparmi in BOT o CCT). Oltre a questi investimenti cash, ovvero in contanti, esistono anche investimenti derivati, ovvero sintetici, che rappresentano uno strumento di gestione del rischio (ovvero per aumentare o diminuire il rischio del proprio investimento in titoli del Tesoro) che non ha come controparte il Tesoro ma solamente operatori autorizzati (banche, fondi o high net worth individuals).
I prezzi dei due strumenti sono ovviamente collegati ma dobbiamo ricordare che il mercato cash e’ molto piu’ grande di quello derivato. Il famoso spread, o differenziale tra il costo del debito Italiano e quello tedesco, è misurato sui prodotti cash e risente dei movimenti di acquisto e vendita sui titoli nel mercato, quindi è una funzione di come il mercato cash e derivato si stanno muovendo. Il mercato e’ così grande che nessun investiture, da solo, riesce a condizionarlo (se escludiamo la ECB che ha un’impatto enorme visto il suo ruolo, piu’ o meno condiviso, di prestatore di ultima istanza).
Quindi come puo’ un’investitore guadagnare (che come termine e’ piu’ appropriato di speculare) sulla volatilita’ dei titoli del Tesoro? Il metodo più semplice è anche il più antico. Avete presente il vecchio refrain “sell high, buy low”? Si vendono i titoli detenuti, attendendo di ricomprarli una volta che il prezzo sia sceso abbastanza. Questa è una delle funzioni principali del mercato.
Va detto che si puo’ guadagnare di più (visto che a parità di capital investito si possono prendere posizioni piu’ grandi) vendendo dei titoli che non si hanno (il famoso short selling) o prendendo una posizione equivalente con un derivato senza essere proprietario dei titoli sottostanti al derivato (il famoso naked CDS). Ambedue le strategie sono al momento legali e permesse (anche se esistono draft di normative comunitaria per rendere illegali ambedue le strategie).
La bottom line che ne consegue e’ che la volatilita’ che stiamo osservando (e patendo) non viene da “cattivi speculatori” (vale la pena ripetere che solo la Eurotower, nel bene e nel male, riesce a condizionare il mercato) ma semplicemente da una mancanza di fiducia abbastanza diffusa da tutti gli operatori, che semplicemente aumentano le operazioni di vendita (sia di prodotti cash che derivati), risultando in una riduzione del prezzo ed un conseguente aumento dello spread.
Va aggiunto che le azioni, non le parole, del Governo possono rispondere a questa crisi di fiducia e reinnescare un circolo virtuoso. Ritornando a Wittengstein il mondo e’ tutto cio’ che accade, non un insieme di complotti o di promesse non mantenute.
1.“Su ciò di cui non si è in grado di parlare, si deve tacere”.
2. Fonte: Bollettino Statistico del Tesoro al III° trimestre 2011.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 19-11-2011 15:38
http://www.ilgiornale.it/rubrica_cucu/il...comments=1
Il Paese mormorò: facci del male
di Marcello Veneziani - 18 novembre 2011, 09:08
Ma cosa avranno da festeggiare i politici per il governo dei tecnici che è la certificazione della loro incapacità e del loro fallimento? Li vedi ridenti che dichiarano la loro felicità per il governo di alto profilo, e non si rendono conto di ammettere così che un governo di politici è per definizione di basso profilo e oscilla tra l’inutile e il dannoso.
È impressionante questo masochismo collettivo e trasversale nel riconoscere che finalmente non ci sono più loro a governare. Quasi a suggerire: noi governiamo per gioco, quando si fa sul serio vengono loro.
Grotteschi, per la verità, sono pure gli italiani che esultano dicendo: finalmente arriva un governo che ci farà davvero del male, ci squarterà vivi, ma seriamente, esigerà sacrifici umani e disumani. Fino a ieri non erano disposti a pagare Ici, tasse, patrimoniali, tagli alle pensioni e ora invece vanno allegramente al martirio con tanta ammirazione per il boia, solo perché è professore, uccide sì ma con professionalità.
Temo che i politici vogliano solo prendertempo e poi boicottare il governo nascente per riaccreditare il loro rientro. Ma l’alternativa che ora si prospetta è secca: se i tecnici fanno male la colpa sarà dei politici che ce li hanno messi o che non li hanno sostenuti in parlamento. Se fanno bene, renderanno superflui i politici. In ambo i casi, come si dice da noi, zompa il cocomero e va in faccia all’ortolano (non proprio in faccia, ma con i professori si parla in modo misurato). P.S.:Toccante il ritorno della Dc.Commuove sempre il rientro delle salme.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 21-11-2011 16:03
http://blog.ilgiornale.it/foa/2011/11/19...on-si-puo/
19
NOV 11
Mario Monti continua a negare di essere un rappresenante dei Poteri forti; ieri ha sfioraro il ridicolo ricordano come l’Economist lo avesse definito il “Saddam Hussein del business Usa” per essersi opposto a Microsoft e Coca Cola quando era Commissario europeo. Frase ad effetto ma priva di fondamento.
Se fosse stato davvero Saddam Hussein avrebbe fatto un’altra fine, forse non così drammatica come quella del Raîs, ma oggi sarebbe un oscuro ed emarginato professore in pensione. Invece la Coca Cola che lui aveva “perseguitato” lo ha assunto come Consigliere, ma non è questo il punto.
Mario Monti non rappresenta i poteri forti, Mario Monti è parte costituente dei poteri forti. Monti è consigliere di Goldman Sachs (a proposito: ma si è dimesso?), è presidente della Trilaterale (ramo europeo), ha fondato il think tank Breugel di cui è presidente, è membro e assiduo frequentatore del Bilderberg. Naturalmente nelle biografie ufficiali scorda sistematicamente di ricordare la sua affiliazione alla Trilaterale e al Bilderberg. Perchè?
Altro che tecnico sobrio e neutrale, Monti è un uomo molto ambizioso che recepisce gli interessi di queste organizzazioni, le quali hanno forti interessi finanziari (Golmdan) o perseguono disegni non dichiarati e inquietanti. Su questi punti andrebbe incalzato dalla stampa e dal Parlamento; ma naturalmente questo non accade, se non marginalmente e con scarsa cognizione di causa da parte dei giornalisti.
Così Monti può perseguire i propri interessi, facendo leva sul sostegno dei compagni di cordata italiani .Ad esempio: oggi fa scandalo il bigliettino di Enrico Letta, nessuno scrive che Enrico Letta è un membro della Trilaterale, affiliazione che naturalmente il deputato Pd, come Monti, non rivendica nelle biografie ufficiali. Sapendo questo retroscena il suo gesto apparentemente ingenuo assume un altro significato
Perchè questa discrezione nei dirsi membri di Trilaterale e Bilderberg? Perchè questi misteri? Cosa aspetta l’opinione pubblica ad aprire gli occhi sul signor Monti e su Enrico Letta e su Mario Draghi e tanti altri venerati tecnici o addirittura padri della patria?
PS Un lettore di questo blog, Marco Saba, che ringrazio, segnala che Monti è anche membro Senior Advisory Council di Moody’s ovvero della principale agenzia di rating al mondo…
http://it.wikipedia.org/wiki/Commissione_Trilaterale
Commissione Trilaterale
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
La Commissione Trilaterale, o, ellitticamente, la Trilaterale (in inglese, Trilateral Commission), è un gruppo di discussione (Think tank) non governativo e non partitico fondato il 23 giugno 1973 per iniziativa di David Rockefeller, presidente della Chase Manhattan Bank, e di altri dirigenti e notabili, tra cui Henry Kissinger e Zbigniew Brzezinski. La Trilaterale conta come membri più di trecento privati cittadini (uomini d'affari, politici, intellettuali) provenienti dall'Europa, dal Giappone e dall'America Settentrionale, e ha l'obiettivo di promuovere una cooperazione più stretta tra queste tre aree (di qui il nome). Ha la sua sede sociale a New York.
Quest'organizzazione fu fondata a motivo del declino, in quegli anni, dell'influenza del Council on Foreign Relations, un gruppo di studio (think tank) americano di politica estera, le cui posizioni sulla guerra del Vietnam erano divenute impopolari.
L'atto costitutivo spiega: «Sulla base dell’analisi delle principali questioni che interessano l'America e il Giappone, la Commissione si sforza di sviluppare proposte pratiche per un'azione congiunta. I membri della Commissione comprendono più di duecento cittadini insigni, impegnati in settori diversi e provenienti dalle tre regioni».
Il numero dei membri provenienti da ciascuna delle tre zone geopolitiche (Europa, Giappone e America Settentrionale) è tale che la rappresentanza di tali zone è, in proporzione, sempre la stessa. I membri che ottengono una posizione nel governo del loro paese lasciano la Commissione.
La lista dei membri è pubblicata ogni anno. L'elenco completo può esser richiesto per posta elettronica attraverso il sito della Commissione.
Indice [nascondi]
1 Composizione
2 Teorie del complotto e critiche
3 Note
4 Collegamenti esterni
Composizione [modifica]
La composizione della commissione è proporzionale e suddivisa in tre aree. Il Nord America è rappresentato da 120 membri, l'Europa è rappresentata da 120 membri (di questi 20 sono tedeschi, 18 italiani, francesi e britannici, 12 spagnoli mentre i restanti Stati hanno tra 1 e 6 rappresentanti). L'area del pacifico è rappresentata da 117 membri.[1]
Tra i membri italiani si annoverano:
Mario Monti, presidente del consiglio dei ministri italiano nonché senatore a vita e presidente dell'Università Bocconi.[2]
John Elkann, presidente di Fiat SpA, Exor e della Giovanni Agnelli e C.[2]
Pier Francesco Guarguaglini, presidente di Finmeccanica.[2]
Enrico Letta, politico italiano e attuale vicesegretario del Partito Democratico.[2]
Carlo Pesenti, consigliere delegato di Italcementi.[2]
Luigi Ramponi, ex Comandante Generale della Guardia di Finanza e direttore del SISMI.[2]
Gianfelice Rocca, presidente del Gruppo Techint, vicepresidente di Confindustria.[2]
Carlo Secchi, economista e politico italiano.[2]
Maurizio Sella, presidente del gruppo Banca Sella.[2]
Marco Tronchetti Provera, imprenditore e dirigente d'azienda italiano.[2]
Teorie del complotto e critiche
Sebbene la Commissione trilaterale sia soltanto uno tra i tanti gruppi di discussione di destra e di sinistra, essa è presente in molte teorie del complotto.
Lo scrittore francese Jacques Bordiot affermò, riguardo ai membri della commissione, che "il solo criterio che si esige per la loro ammissione, è che essi siano giudicati in grado di comprendere il grande disegno mondiale dell'organizzazione e di lavorare utilmente alla sua realizzazione"
e che "il vero obiettivo della Trilaterale è di esercitare una pressione politica concertata sui governi delle nazioni industrializzate, per portarle a sottomettersi alla loro strategia globale".("Présent", 28 e 29 gennaio 1985). Non sono però specificate le fonti su cui il Bordiot avrebbe basato le sue opinioni.
Per altri la Trilaterale è semplicemente l'espressione di una classe privilegiata di tecnocrati: «La cittadella trilaterale è un luogo protetto dove la téchne è legge e dove sentinelle, dalle torri di guardia, vegliano e sorvegliano. Ricorrere alla competenza non è affatto un lusso, ma offre la possibilità di mettere la società di fronte a sé stessa. Il maggiore benessere deriva solo dai migliori che, nella loro ispirata superiorità, elaborano criteri per poi inviarli verso il basso» (Gilbert Larochelle, «L'imaginaire technocratique» Montreal, 1990, p.279).
------------------------------------
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 23-11-2011 16:42
http://www.loccidentale.it/node/111581
La fine dell'Italia
di David Gilmour 22 Novembre 2011
Perché dovremmo stupirci se l’Italia cade a pezzi? Con decine di dialetti e un’unificazione fatta in fretta e furia, si potrebbe persino dubitare che sia davvero una nazione. L’Italia sta cadendo a pezzi, politicamente ed economicamente.
Di fronte a una gravissima crisi del debito e alle defezioni dalla sua maggioranza parlamentare, il primo ministro Silvio Berlusconi , la figura politica che più ha dominato il panorama politico romano dai tempi di Mussolini, la scorsa settimana ha rassegnato le dimissioni. Ma i problemi del paese vanno oltre la scadente prova politica del Cavaliere, oltre i suoi celebri peccatucci: le loro radici affondano nella fragilità del sentimento di unità nazionale, un mito nel quale pochi italiani, oggi, mostrano di credere.
La frettolosa, forzata unificazione del XIX Secolo, cui nel XX Secolo seguirono il fascismo e la sconfitta nella Seconda guerra mondiale, lasciò il paese privo del sentimento di nazionalità. Ciò non sarebbe stato di grande importanza se lo stato post-fascista avesse avuto maggior successo, non solo nella gestione dell’economia ma anche nel proporsi come un’entità in cui i cittadini potessero identificarsi, e avere fiducia.
Ma negli ultimi sessant’anni, la Repubblica italiana ha fallito nel fornire un governo funzionante, nel combattere la corruzione, nel proteggere l’ambiente, persino dal proteggere i suoi cittadini dalla violenza di Mafia, Camorra e altre organizzazioni criminali. Adesso, nonostante i suoi intrinseci punti di forza, la Repubblica si è mostrata incapace di gestire l’economia.
Ci sono voluti quattro secoli perché i sette regni dell’Inghilterra anglo-sassone diventassero, alla fine, uno solo, nel Decimo secolo. Ma quasi tutta l’Italia è stata riunita in meno di due anni, tra l’estate del 1859 e la primavera del 1861. Il Papa venne spogliato di quasi tutti i suoi domini, la dinastia dei Borboni venne esiliata da Napoli, i duchi dell’Italia centrale persero i loro troni e il re del Piemonte divenne re d’Italia.
In quel momento tale rapidità venne vista come un miracolo, il risultato di un magnifico insorgere patriottico da parte di un popolo che anelava ad unirsi e cacciare l’oppressore straniero e i suoi servi. Va detto però che il movimento patriottico che ottenne l’unificazione dell’Italia era numericamente piccolo, formato per lo più da giovani della classe media settentrionale; e non aveva alcuna possibilità di successo senza un intervento dall’esterno.
Fu l’esercito francese a cacciare gli austriaci dalla Lombardia, nel 1859; fu una vittoria della Prussia a far sì che l’Italia, nel 1866, potesse annettersi Venezia. Nel resto del paese, le guerre di Risorgimento non furono tanto una lotta per l’unità e la liberazione, quanto una successione di guerre civili. Giuseppe Garibaldi, che si era fatto un nome come soldato combattendo in Sudamerica, si batté eroicamente con le sue camicie rosse in Sicilia e a Napoli nel 1860, ma la sua campagna fu, in ultima analisi, la conquista del Sud da parte del Nord, seguita dall’imposizione delle leggi del Nord in luogo di quelle dello stato meridionale che allora esisteva, il Regno delle due Sicilie. Napoli non si sentì affatto “liberata”, soltanto ottanta napoletani si offrirono volontari per le camicie rosse garibaldine? e la sua gente non tardò ad amareggiarsi del fatto che la città aveva scambiato quello che da seicento anni era il suo rango “capitale del regno” con quello di località di provincia. Ancor oggi il suo status è minore, nel quadro di un Pil del Mezzogiorno pari a meno della metà del settentrione.
L’Italia unita ha saltato la fase, normale e faticosa, di “costruzione della nazione”, diventando subito uno stato centralista ben poco disposto a fare concessioni ai diversi localismi. Si faccia il paragone con la Germania: dopo l’unificazione del 1871, il nuovo Reich era governato da una confederazione che includeva quattro regni e cinque granducati. La penisola italiana, al contrario, venne conquistata in nome del re piemontese Vittorio Emanuele II e rimase una versione ingrandita di quel regno, esibendo lo stesso monarca, la stessa capitale (Torino), persino la stessa Costituzione. L’applicazione delle leggi piemontesi su tutta la penisola fece sentire i suoi abitanti più come popolazioni conquistate che come popolo liberato. Il sud venne attraversato da una serie di violente rivolte, tutte sanguinosamente represse.
Le diversità che attraversano l’Italia hanno una storia antica, che non può essere messa da pare in pochi anni. Nel Quinto secolo dopo Cristo, gli antichi greci parlavano la stessa lingua e si consideravano greci; a quei tempi, la popolazione dell’Italia parlava 40 lingue diverse e non aveva alcun senso di identità comune. Tali diversità divennero ancor più pronunciate alla caduta dell’Impero romano, con gli italiani che si ritrovarono a vivere per secoli in comuni medievali, città-stato e ducati rinascimentali. Questi sentimenti di campanile sono vivi ancor oggi: se, per esempio, chiedete a un abitante di Pisa: “di dove sei”?, lui dirà “sono di Pisa” o eventualmente “sono toscano” ancor prima di dire “sono italiano” o magari “europeo”.
Come scherzosamente ammettono molti italiani, il loro sentimento di appartenenza alla nazione emerge soltanto durante la Coppa del mondo di calcio, e solo se gli “azzurri” giocano bene.
La lingua è un altro indicatore delle divisioni italiane. Il celebre linguista Tullio De Mauro ha stimato che all’epoca dell’unificazione, solo il 2,5% della popolazione parlasse l’italiano, vale a dire, l’idioma sviluppatosi a partire dal fiorentino vernacolare con cui scrivevano Dante e Boccaccio. Anche se si trattasse di un’esagerazione e quella percentuale fosse pari a dieci, ancora così si avrebbe che il 90 per cento degli abitanti dell’Italia parlavano lingue o dialetti regionali incomprensibili alle altre genti della penisola.
Persino il re Vittorio Emanuele parlava in dialetto piemontese quando non parlava quella che era la sua lingua ufficiale, il francese.
Nell’euforia tra il 1859 e il 1861, pochi politici italiani si soffermarono a considerare le complicazioni derivanti dall’unire genti così diverse. Uno che lo fece fu lo statista piemontese Massimo d’Azeglio, che subito dopo l’unificazione avrebbe detto: “Ora che è fatta l’Italia, dobbiamo fare gli italiani”. Purtroppo, la via che più di ogni altra venne seguita per “fare gli italiani” fu quella di sforzarsi di fare dell’Italia una grande potenza, una potenza in grado di competere militarmente con Francia, Germania, Austria-Ungheria. Un tentativo condannato al fallimento, perché la nuova nazione era assai più povera delle sue rivali.
Per un periodo di novant’anni, culminato con la caduta di Mussolini, la classe dirigente italiana decise di costruire il senso di nazionalità che ancora mancava trasformando gli italiani in conquistatori e colonialisti.
Vennero spese grandi somme di denaro per finanziare spedizioni in Africa, spesso risoltesi in disastri; come ad Adua, nel 1896, dove un’armata italiana venne distrutta dalle forze etiopiche che uccisero in un giorno solo più italiani di quanti ne morirono in tutte le guerre risorgimentali.
Sebbene il paese non avesse nemici in Europa e nessun bisogno di combattere in nessuna delle due guerre mondiali, l’Italia entrò in entrambi i conflitti, in tutti e due i casi nove mesi dopo lo scoppio delle ostilità con il governo che credeva di aver individuato il vincitore al quale chiedere, in premio, annessioni territoriali.
L’errore di calcolo fatto ad Mussolini e la sua successiva caduta distrussero a un tempo, in Italia, il militarismo e l’idea di nazionalità.
Nei cinquant’anni successivi alla Seconda guerra mondiale il paese fu dominato dalla Democrazia cristiana e dal Partito comunista. Questi partiti, che ricevevano direttive, rispettivamente, dal Vaticano e dal Cremlino, non avevano alcun interesse nell’instillare un nuovo spirito di nazionalità, che prendesse il posto di quello naufragato nei disastri precedenti.
L’Italia del dopoguerra è stata, per molti versi, una storia di successo. Con uno dei ratei di crescita maggiori del mondo, si segnalò tra i paesi innovatori in campi pacifici e produttivi come cinema, moda, design industriale. Ma anche quei trionfi furono settoriali, e nessun governo è stato mai in grado di colmare il gap esistente tra nord e sud.
I fallimenti politici ed economici del governo non sono l’unica causa della malattia che oggi minaccia la stessa sopravvivenza dell’Italia. Alcuni difetti strutturali del paese sono intrinseci alle circostanze della sua nascita.
La Lega Nord, il terzo maggior partito politico italiano, secondo cui il 150° anniversario dell’unità d’Italia avrebbe dovuto essere materia più di lutto che di celebrazioni, non è soltanto una strana aberrazione. Il suo atteggiamento verso il sud, per quanto razzista e xenofobo, dimostra che l’Italia, in realtà, non si sente un paese unito.
Il grande politico liberale Giustino Fortunato era solito citare suo padre, secondo cui “l’unificazione dell’Italia è stata un crimine contro la storia e la geografia”. Credeva che la forza e la civiltà della penisola risiedesse in una dimensione regionale, e che un governo centrale non avrebbe mai funzionato.
Ogni giorno che passa, le sue idee appaiono sempre più esatte. Se per l’Italia c’è ancora un futuro come nazione unitaria dopo questa crisi, dovrà riconoscere la realtà di una nascita travagliata e costruire un nuovo modello politico che tenga conto del suo intrinseco, millenario regionalismo, magari non un mosaico di repubbliche comunali, ducati arroccati sulle montagne e principati; ma almeno uno stato federale, che rifletta le caratteristiche principali del suo passato.
Tratto da Foreign Policy
Traduzione di Enrico De Simone
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 23-11-2011 18:44
http://www.ilgiornale.it/interni/il_prof...comments=1
Il Prof più serioso d'Italia è già macchietta sul web
di Vittorio Macioce - 23 novembre 2011, 08:46
L’ultima è questa.«Monti è talmente istituzionale che quando è nato si è congratulato con la madre». Oppure questa. «Nella squadra di governo Di Paola, Cancellieri, Severino, Terzi, Fornero, Balduzzi, Clini, Milanesi, Giarda.
L’unico precedente simile è il Foggia di Zeman». Eccolo. Il premier bocconiano, con la sua truppa di professoroni, si sta lentamente guadagnando le attenzioni della satira. È il segno che ormai è davvero uno che conta. Che ci vai a fare a Palazzo Chigi se nessuno racconta barzellette su di te? Neppure una battuta, uno straccio d’aforisma. È come un giapponese che viene in Italia senza macchina fotografica. Non ha visto nulla.
Mario Monti è il vicino di casa che spunta inaspettato da chissà quale quartiere lontano. Nessuno lo conosce davvero bene, ma intanto lo salutano, sorridono, è un signore tanto distinto, davvero a modo, sembra una così brava persona. Intanto lo studiano,s’incuriosiscono, chiedono che fa. E’ un professore, anzi di più un rettore, scrive sul giornale, va tutti i giorni a messa e la domenica lavora. Ma in tv? No, no, in televisione non tanto.
Ecco così che piano piano in Italia si va sviluppando la «monteide», la narrazione del meraviglioso mondo del professor Monti, pardon rettore, e si inseguono gli aforismi, le battute di spirito, gli aneddoti, le curiosità, le manie, i caratteri del personaggio. Il nuovo vicino di casa è ormai uno di noi.
Sappiamo già quasi tutto quello che c’è da sapere.Non l’essenziale, ma i contorni gustosi. Il rettore è un loden verde.È british,parla english,legge economist, passa in Goldman, sente Obama, vede Merkel, saluta Sarkò. Il rettore è austero e serio, ma con la freddura in tasca quando serve.
È europeo, tanto europeo, molto europeo, solo la macchina è italiana perché fa rappresentanza. Monti consulta, Monti provvede, Monti stravede. Monti ha un biglietto d’ingresso pronto per il Quirinale. E intanto nei bar, negli uffici del quartiere, sul web, sui social network cominciano a raccontarlo così, un po’ sfottendolo, come si fa con le vecchie conoscenze. Il professore, pardon rettore, ovverosia il premier, è ormai uno di noi, quasi un amico. Si scherza sull’età. Dicono. «Monti ha cancellato il ministero della gioventù.
E ora al suo posto che c’è? Il ministero del “Ai miei tempi!”». Mario Monti è un predestinato. Arriva lui e i mercati scappano. Questo ci hanno raccontato e all’inizio gli italiani ci stanno credendo. Si sforzano. È un parafulmine. Subito arriva la battuta, questa davvero bella e sottile. «La crisi del ’29 fu risolta annunciando che nel ’43 sarebbe nato Monti». Micidiale.
La popolarità dei ministri non è certo quella di uno Scilipoti. Così qualche sferzata sul «chi è chi» dei vari professori è quasi scontata. Malignità. «La lista dei nuovi ministri dà un nuovo significato alla frase “ Lei non sa chi sono io”». Su Facebook un ragazzo scrive: «Mercati ancora incerti dopo la presentazione del nuovo governo. Certo, ci vuole un po’ di tempo a cercare su Wikipedia tutti quei nomi».
Non c’è dubbio che il governo tecnico piaccia alla Merkel. I tedeschi adorano il loden di Monti. Non a caso il ministro degli esteri della Germania ha dato il pieno appoggio al piano economico del nuovo premier. Subito. Prima addirittura che il piano fosse presentato. Una fiducia al buio.E allora c’è qualcuno che scherza così: «Nel governo due banchieri, un ammiraglio e un ambasciatore. Positive le prime reazioni della Prussia».
Il rettore e i poteri forti. «Quando Monti va a piazza Affari la scultura di Cattelan alza il pollice». Il rettore e le banche: «Cambia il governo in Italia: dal Pdl alla Bce». C’è lo spazio anche per il surreale, con una punta di fantasy: «I Monti? Sono i nascondigli preferiti dai Draghi». Ma più di tutto piace il Monti anti crisi. Solo il rettore poteva rassicurare tutti sulle sue ricette.
Niente più onorevoli e senatori, questa è la stagione dei tecnici. Il rettore ci ha provato, ma alla fine si è dovuto accontentare dei suoi amici di briscola.
Gli italiani ironizzano: «Monti rammaricato per l’assenza di politici. E dire che ha perlustrato tutto il Parlamento ». Come ha detto il giorno dell’insediamento? Servono sacrifici, non lacrime e sangue. Qualcuno a penna ha aggiunto: «Quindi soffrite pure, ma senza sporcare»
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 25-11-2011 15:46
http://www.ilgiornale.it/rubrica_cucu/le...comments=1
Le due camerette degli onorevoli bimbi
di Marcello Veneziani - 25 novembre 2011, 09:15
Con una cravatta a stelle e strisce del Senato americano, gentilmente offertami da un senatore e malamente annodata su una polo, mi sono introdotto da extraparlamentare nel Parlamento.
Non ci venivo da tempo. Ho trovato un clima sorprendente che ho poi ritrovato nelle dirette tv dagli emicicli: le due Camere sembrano oggi due camerette dei bambini dove vivono, giocano, fanno i compitini numerosi bimbi. Asilo politico. Da quando c’è il governo dei tecnici, hanno smesso di essere e di sentirsi l’epicentro del conflitto politico, il luogo in cui difendere o offendere il governo.
È come se avessero tolto la spina al Parlamento, sia nel senso della corrente che della spina dorsale, e fosse caduta la tensione, il sonoro, le telecamere accese. Gli onorevoli bimbi sono come in pausa pranzo o negli spogliatoi, nell’intervallo o nella simulazione. Li hanno disinnescati e ora giocano a fare i parlamentari. I tecnici, tutti rispettabili babbioni in età grave, sono i loro tutori, genitori e professori.
E loro sono ridotti al rango di alunni. Ubbidiscono, votano e si affrettano, come esigono il collegio dei professori e il preside, il professor dottor commendator Napolitano. Vedono Schifani e Fini non più come presidenti ma come capoclasse e i leader di partito come bidelli, anzi personale non docente. Inutili come i bidelli odierni, passati da inservienti a inservibili. Le aule hanno perso le scorie politiche, le tossine ad personam e ubbidiscono ai professori, salvo pochi disadattati, detti secessionisti. La Camera dei Depurati.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 26-11-2011 15:28
http://www.chicago-blog.it/2011/11/24/pa...more-10580
“Pareggio di bilancio, si parte malissimo”
L’onorevole Giorgio Stracquadanio ci scrive da Montecitorio
Ieri è iniziata alla Camera la discussione sulla riforma dell’articolo 81 e l’introduzione del principio del pareggio di bilancio in Costituzione. Ed è iniziata nel peggiore dei modi. Intanto perché il testo che le due commissioni competenti – Affari Costituzionali e Bilancio – hanno adottato come testo base non contiene nemmeno l’espressione pareggio di bilancio. Secondo la proposta delle commissioni approvata con il voto pressoché unanime dei partiti, la Costituzione dovrebbe fissare l’obbligo per il Parlamento all’equilibrio di bilancio, un concetto ignoto alla dottrina economica e al diritto.
Come spesso accade lo Stato, il potere pubblico, riserva a se stesso quello che vieta a cittadini ed imprese. Provate a depositare in tribunale un bilancio di impresa in equilibrio come quello dello Stato italiano e vedete se non vi troverete dritti dritti alla sezione fallimentare.
Eppure questa discussione era iniziata il 14 agosto, con la convocazione straordinaria delle Commissioni Affari Costituzionali e Bilancio di Camera e Senato, alle quali l’allora ministro Tremonti aveva annunciato l’esistenza della lettera della Bce al governo italiano e la necessità di mettere mano immediatamente alla Costituzione per adempiere al patto Europlus approvato dai Capi di Stato e di Governo della zona euro nella riunione dell’11 marzo scorso, su impulso franco-tedesco, e condiviso dal Consiglio europeo del 24-25 marzo.
La straordinarietà degli eventi e della convocazione parlamentare poteva illudere sul fatto che il sistema dei partiti acquisisse consapevolezza del fatto che il fallimento politico rappresentato dall’enorme debito pubblico fosse innanzitutto conseguenza della scientifica elusione della disciplina di bilancio fissata dalla Costituzione, dove è scritto qualcosa che da più di quarant’anni non avviene, e cioè che “con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese” e che “ogni altra legge che importi nuove e maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte”.
Bastava sentire l’intervento di Peppino Calderisi per rendersi conto del fatto che il parlamento non ignora la propria responsabilità storica: “È indubbio che nelle intenzioni dei nostri padri costituenti l’articolo 81 avrebbe dovuto assicurare la naturale tendenza al pareggio di bilancio. Così, del resto, si espressero testualmente sia Ezio Vanoni, firmatario dell’emendamento che sarebbe poi diventato norma costituzionale, sia Luigi Einaudi. Peraltro, se assai rigorose furono le intenzioni dei costituenti, affatto diversi furono gli esiti dell’applicazione della previsione costituzionale. […] Tanti sono i modi con i quali sono stati aggirati i vincoli dell’articolo 81 della Costituzione: copertura delle leggi di spesa solo per il primo anno; l’indebitamento considerato come una forma legittima di copertura, legittimità sancita da una sentenza della Corte costituzionale, la n. 1 del 1966; sentenze della Corte peraltro che, in applicazione del principio uguaglianza, hanno esteso benefici ad una platea enorme di cittadini senza nessuna copertura finanziaria; finanziarie con deficit a doppia cifra negli anni Ottanta, anche superiori al 20 per cento del PIL, con le relazioni di minoranza dell’allora Partito Comunista Italiano che dicevano che queste finanziarie erano recessive; finanziarie modificate con i meccanismi degli emendamenti vol au vent di Cirino Pomicino, ma questa è già altra questione; finanziarie per le quali ogni navetta parlamentare costava dai mille ai duemila miliardi di lire, con emendamenti votati a scrutinio segreto”.
Eppure nella discussione di ieri questa ricostruzione storica veniva letta con tutt’altro giudizio di valore dal deputato del Pd, costituzionalista prodiano, Gianclaudio Bressa, che ha sostenuto la tesi sociale della sinistra (e non solo): “L’articolo 81 è stato scritto da Mortati e Vanoni con l’importante tutoraggio di Luigi Einaudi. Mortati e Vanoni erano due costituenti favorevoli all’introduzione in Costituzione dei diritti sociali, ma erano anche preoccupati per programmi realistici di attuazione degli stessi […] La definitiva riplasmazione dei principi dell’articolo 81 della Costituzione è stata opera, sul piano della dottrina negli anni Sessanta, di Valerio Onida, nel suo fondamentale libro Le leggi di spesa nella Costituzione. È cambiato il tempo e la cultura politico-economica. L’articolo 81 della Costituzione non intendeva incorporare il principio del pareggio di bilancio e nemmeno quello della tendenza al pareggio. La sua logica è rivolta a permettere una gestione della politica finanziaria statale, impostata dal Governo e consentita dal Parlamento, ma condotta in maniera ordinata secondo un piano prestabilito. La legge di bilancio ha un valore sostanziale, può disporre provvedimenti nuovi, incisivi sugli sviluppi futuri della finanza, e può prestabilire fondi speciali in previsione dell’approvazione di future leggi. I fondi non cadono sotto il divieto del terzo comma dell’articolo 81 della Costituzione di nuove spese, perché non predispongono una spesa attuale. Quando la copertura è garantita dai fondi speciali il quarto comma è rispettato. La copertura si fa sul disavanzo legittimamente. La sentenza n. 1 del 1966 della Corte costituzionale conferma la tesi di Onida. Questa diventa la lettura ortodossa dell’articolo 81 della Costituzione. Qui nasce il problema che porterà, alla fine degli anni Settanta, allo sfondamento sistematico del bilancio. Nel 1979 più del 40 per cento della spesa era finanziato con il ricorso al debito”.
Non c’è dibattito politico in cui non si affermi che il problema dei problemi è la dimensione del debito pubblico e la sua apparentemente inarrestabile tendenza a crescere. Il contatore del debito presente sulla home page di questo blog cerca di ricordarlo a tutti.
Eppure quando si tratta di predisporre una regola elementare di bilancio, quella del pareggio, il sistema politico cerca di scrivere norme di facile elusione. Come ha ben documentato Serena Sileoni nella audizione parlamentare e in un recente focus IBL (PDF), solo le proposte firmate da Nicola Rossi al Senato e Antonio Martino alla Camera sono in grado di determinare una effettiva disciplina di bilancio, con cui almeno stabilire criterio restrittivi e straordinari per contrarre debito. Esse inoltre hanno l’ardire di volere stabilire un limite alla dimensione della spesa pubblica in rapporto al Pil.
Oggi la Repubblica Italiana fagocita più del 50% della ricchezza prodotta dai suoi cittadini, con il risultato che si produce sempre meno ricchezza. Nicola Rossi e Antonio Martino hanno proposto di ridurre del 5% questo gigantesco importo, fissando al 45% (una percentuale comunque enorme) il limite alla spessa pubblica. Ma questa idea di ragionevole salute pubblica è stata del tutto espulsa – per ora – dalla discussione sull’equilibrio di bilancio.
Nelle prossime settimane si dovrà dare battaglia sugli emendamenti, per evitare che una riforma gattopardesca venga approvata, con il solo scopo di somministrare narcotici al popolo inquieto. Un piccolo drappello ha firmato la proposta di Antonio Martino, lo stesso piccolo drappello può avviare una battaglia parlamentare. E se non sarà possibile introdurre il principio del pareggio di bilancio e il limite alla voracità della Repubblica, allora è meglio non toccare nulla, altrimenti il debito potrebbe crescere più velocemente.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 27-11-2011 15:54
[attachment=121]
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 28-11-2011 13:40
http://www.ilgiornale.it/interni/superic...comments=1
SuperIci, Iva e patrimoniale Ecco la stangata di Monti
di Francesco Cramer - 28 novembre 2011, 08:20
Roma - Quali misure si celano dietro i Monti? Perché quattro giorni fa, durante il trilaterale Francia-Germania-Italia di Strasburgo, la cancelliera di ferro Angela Merkel ha definito perfino «impressionanti» le riforme del Professore? C’è qualcosa che non quadra nel decreto in arrivo il prossimo 5 dicembre: in primis il fatto che il premier italiano ancora non abbia buttato sul tavolo le proprie carte, preferendo farle sbirciare all’estero per rassicurare i partners europei.
Si smentisce categoricamente che Monti sia sceso nei dettagli del suo piano assieme a Merkel e Sarkozy, confermando gli impegni presi dal precedente governo italiano.
Ma se è così allora perché definire «impressionanti» i provvedimenti in arrivo e quindi dare un’apertura di credito al nostro Paese, preclusa invece all’esecutivo Berlusconi? In secundis, nel merito, in che cosa consiste la cura da cavallo che Monti si appresta a somministrare al malato Italia? L’impressione è che, al netto di un deficit di comunicazione da parte di palazzo Chigi, il governo abbia un jolly in tasca, capace appunto di «impressionare» chi ci osserva.
Da quel poco che filtra dal governo, Monti starebbe limando una manovra da 15 miliardi di euro. Se tutto va bene, però: ossia se la Commissione europea sarà lasca rispetto ai nostri obblighi, considerando la crescita da formica dell’eurozona. Ma questo si saprà soltanto domani e dopodomani, a seguito dei vertici dell’eurogruppo ed Ecofin di Bruxelles.
Dentro al pacchetto montiano ci dovrebbero essere il ritorno dell’Ici progressiva con la rivalutazione delle rendite catastali (sorta di patrimoniale mascherata che porterebbe in cassa 5 miliardi); l’aumento dell’Iva ordinaria (misura che vale dai 6 agli 8 miliardi); un più rapido innalzamento dell’età pensionabile; blocco dell’adeguamento delle pensioni all’inflazione; una stretta all’evasione fiscale abbassando l’utilizzo del contante a 300-500 euro. Sono queste le misure «impressionanti» o Monti nasconde ancora qualcosa? Il giallo, ancora una volta, riguarda la spinosa questione della «patrimoniale»: parolina scivolosa che evoca un prelievo sul patrimonio.
Ma detta così vuol dire tutto e niente: chi colpire infatti? Un’ipotesi sarebbe quella di colpire solo i proprietari di beni immobili dal valore superiore al milione di euro.
Ma il premier tiene i suoi piani ancora coperti dal segreto. Per ora. Nei prossimi giorni infatti il presidente del Consiglio dovrebbe incontrare separatamente i leader dei partiti che lo appoggiano per descrivere in che misura ferirà i rispettivi elettorati.
È stato il leader del Pdl Alfano ad annunciarlo: «Mi ha chiamato Monti e con garbo e cortesia mi ha detto di aver tirato giù le linee guida del programma economico del governo». E ancora: «Mi ha detto: “prima di mandarle in consiglio dei ministri gradirei parlare con te, con Casini, con Bersani e con quanti sostengono il governo, separatamente, per concordare i punti di intesa e di dissenso».
In ogni caso il sentiero attraverso cui si sta muovendo Monti è stretto e irto di insidie. Raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013 è l’obiettivo ma se per arrivarci occorre spremere a più non posso un Paese che ha già il primato delle tasse si rischia di accelerare la recessione.
Ecco perché Monti, ai prossimi vertici di Bruxelles, proverà a chiedere di rimodulare il concetto di deficit, tenendo conto della crescita da formica dell’eurozona. Se i partners dovessero rispondere «picche» la manovra rischia di essere ancora più salata rispetto ai 15 miliardi previsti. Altro pericolo è la speculazione finanziaria che sembra non terminare mai e che fa schizzare in alto lo spread: ossia gli interessi che l’Italia dovrà pagare a chi sottoscrive titoli del nostro debito pubblico.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 29-11-2011 13:09
http://www.ilgiornale.it/interni/sorpres...comments=1
Sorpresa, nuovo ministro alla Funzione pubblica Polemica sui sottosegretari
di Massimiliano Scafi - 29 novembre 2011, 08:10
Roma - C’è Grilli al Tesoro, c’è Ciaccia alle Infrastrutture. C’è anche il «politico» D’Andrea ai rapporti con il Parlamento, decisione che provoca subito polemiche.
Ma, sorpresa, c’è soprattutto un nuovo ministro, Filippo Patroni Griffi, presidente di sezione del Consiglio di Stato, che avrà la delega alla Funzione pubblica. Una nomina concordata nel pomeriggio al Quirinale, durante un incontro in cui Monti ha spiegato a Napolitano gli interventi che sta per varare e quello che sta per prendere l’Europa.
Si allarga dunque il governo del professore: adesso è un gruppo di diciotto persone.
Un parto travagliato, estenuante. Difficoltà fino all’ultimo, con il premier costretto a rimandare di un’ora e mezzo il Consiglio dei ministri, previsto alle 19 e chiuso solo verso le nove di sera. Ma alla fine, ecco completata la squadra: un ministro, tre viceministri, 25 sottosegretari. «Tutti bravi, tutti tecnici», dice Andrea Riccardi lasciando Palazzo Chigi. In realtà non è proprio così. Oltre alla scelta di Patroni Griffi, in nome più «pesante» è quello di Vittorio Grilli, direttore generale di Via XX Settembre, a lungo in corsa per la Banca d’Italia e ora, dopo lunghi tentennamenti, promosso viceministro del Tesoro: la sua situazione, pare, si è sbloccata dopo che rinunciato al doppio incarico e al conseguente doppio lauto stipendio.
Accanto a lui, i sottosegretari Vieri Ceriani e Gianfranco Polillo reggeranno le Finanze e il Bilancio.
Gli altri due viceministri sono Michel Martone, docente della Luiss, al Lavoro e Mario Ciaccia, leader della banca Biis, alle Infrastrutture. Scelte di profilo pure per la Farnesina: Marta Dassù, direttore generale dell’Aspen Institute, e Staffan de Mistura, alto funzionario dell’Onu: ma il suo passaporto svedese potrebbe essere un ostacolo. Andrea Zoppini e Salvatore Mazzamuto andranno invece alla Giustizia. Carlo De Stefano, Giovanni Ferrara e Saverio Ruperto andranno al Viminale.
Claudio Vincenti e Massimo Vari saranno i sottosegretari alla Sviluppo economico, Elena Ugolini e Marco Rossi Doria quelli all’Istruzione, Filippo Milone e Gianluigi Magri quelli della Difesa.
Carlo Malinconico, presidente della Fieg, avrà la delega per l’editoria. Paolo Peluffo, consigliere della Corte dei Conti, portavoce di Ciampi a Palazzo Chigi e al Quirinale, quella della comunicazione e dell’informazione. Franco Braga sarà sottosegretario alle Politiche agricole, Tullio Fanelli dell’Ambiente, Guido Improta delle Infrastrutture. Alla Salute andrà Elio Cardinale, ai Beni culturali Roberto Cecchi.
I rapporti con il Parlamento, considerato da Monti un ruolo chiave per cercare di andare d’accordo con i partiti, saranno tenuti da Antonio Malaschini, consigliere di Stato, e da Giampaolo D’Andrea, ex deputato Dc, ex ministro del governo Prodi. Maurizio Gasparri non ci sta: «È frutto di un’ostinazione, avevamo chiesto al premier di non inserire nella lista esponenti che fossero di diretta emanazione dei partiti e non è stato così, si è violato un principio a cui tutti si eravamo pubblicamente richiamati. È un equivoco da cancellare. Ci aspettiamo un gesto di coerenza, proprio per migliorare i rapporti tra governo e Parlamento».
Stamattina la cerimonia del giuramento. Il negoziato è sembrato infinito, fino all’ultimo Monti ha tenuto la pratica aperta per correggere e limare l’elenco del sottogoverno. È arrivato puntuale a Palazzo Chigi, intorno alle 19, ma si è dovuto chiudere nel suo studio per i ritocchi finali, con i ministri lasciati in attesa e il toto-sottosegretari che impazzava.
Poi, una volta fatte le scelte, la procedura delle nomine, in sé per sé, non è durata tanto, è bastata una mezz’ora.
Il presidente del Consiglio ha chiamato uno ad uno i componenti del suo governo per spiegare le sue decisioni e sottolineare l’esigenza di mantenere snella la squadra e di non poter accontentare tutte le richieste. Infine davanti a tutti ha letto l’elenco: «Adesso - ha osservato Mario Monti -, potrete lavorare al meglio, dobbiamo superare le difficoltà tutti insieme e portare il Paese fuori dalla crisi».
-----------------------------------------------
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 29-11-2011 21:43
http://www.ilgiornale.it/interni/il_vide...comments=1
Complotto delle banche Il video choc di Monti che spopola sul web
di Chiara Sarra - 29 novembre 2011, 14:37
"L'Europa ha bisogno di gravi crisi per fare passi in avanti", cioè di "cessioni di parti di sovranità a livello europeo". A parlare è il premier Mario Monti quando era il presidente della Bocconi.
Il video integrale è stato pubblicato a febbraio sul canale YouTube dell'università Luiss, ma il passo "incriminato" è stato isolato dall'utente Romaunita e sta avendo molta risonanza sul web tanto da essere rilanciato anche da Roberto Castelli, ex viceministro alle Infrastrutture e trasporti, sulla sua pagina Facebook.
L'ipotesi quindi è che la crisi sia stata creata ad hoc dai banchieri per avere un'Europa più unita. Del resto, Monti lo dice chiaramente: "Quando la crisi sparisce rimane un sedimento per cui non è pienamente reversibile". Inoltre il presidente del Consiglio solo qualche mese fa era convinto che nel Vecchio continente ci fossero "troppi governi che si dicono liberali e che come prima cosa hanno cercato di attenuare la portata, la capacità di azione, le risorse e l’indipendenza delle autorità che si sposano necessariamente al mercato in un’economia anche solo liberale". Questo prima che la pressione dei mercati portasse a un cambiamento in Grecia, Spagna e Italia.
Queste frasi - ascoltate a mesi di distanza e estapolate dal contesto - fanno riflettere e non sono pochi quelli che, nei commenti al video originale, nei post su Facebook o su blog e siti di controinformazione, stanno urlando al complotto. Altri, più pacatamente, rimettono in discussione l'idea stessa di Unione europea, un tema che diventa sempre più centrale da quando la crisi dell'euro ha iniziato ad essere più pressante.
http://www.ilgiornale.it/video/il_video_..._sovranita
--------------------------------------------------------------
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 02-12-2011 12:56
http://www.ilgiornale.it/rubrica_cucu/un...comments=1
di Marcello Veneziani - 02 dicembre 2011, 09:19
Monti auspicò sul Corsera una «guerra di liberazione non dallo straniero ma dalla parte peggiore di noi stessi» per importare «la cultura estranea se non straniera della stabilità».
Dopo dodici anni di euro e di Unione europea, facciamo un bilancio di quella proposta.
L’Italia sposò l’euro ciecamente e fu convinta europeista, come era stata in passato sdraiata a tappetino verso l’America, o l’Unione Sovietica per la corposa minoranza comunista. Oggi siamo al collasso, la stabilità è ancora un sogno e dal mondo ci giungono mazzate e non salvezza.
Allora chiedo al premier: ma è ancora del parere che fosse quella la ricetta vincente? Non è che abbiamo patito senza profitto questa lunga e deprimente guerra di liberazione dall’Italia, questa autodenigrazione permanente, questo affannoso e masochistico inseguire e adorare l’erba del vicino?E se il difetto maggiore, non l’unico per carità, del nostro Paese fosse proprio quello, l’importazione di culture estranee se non straniere e la continua voglia di dimettersi da italiani?
E se avessero segato Berlusca proprio perché proiettava sul maxischermo internazionale l’italiano tipo e noi ci vergognavamo della nostra immagine nel mondo? Infine:e se il peggior vizio dell’italiano da cui dovrebbe liberarsi fosse proprio questo complesso coloniale, servile e mentale verso lo straniero e se la frase di Monti nobilitasse uno dei luoghi comuni più idioti dell’italiano che ripete quel paragone generico:«All’estero invece... »? Temo che il suo sia leghismo in versione snob.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 03-12-2011 22:39
http://www.ilgiornale.it/interni/una_pio...comments=1
di Vittorio Feltri - 03 dicembre 2011, 17:23
Il governo tecnico ha la mano pesante. E aziona la leva fiscale senza pietà. D’altronde i medici pietosi non hanno mai salvato alcun paziente, e l’Italia è malata grave.
Il morbo che la affligge è il debito pubblico, ormai cronico dopo quarant’anni di pessima amministrazione. Da notare che i politici responsabili d’aver sperperato denaro l’hanno sempre fatta franca. E il conto adesso lo pagano, come sempre in questi casi, i cittadini. Dal premier però ci si aspettava qualcosa di diverso dalle solite stangate.
Anche lui invece - forse per la fretta di affrontare l’emergenza - pare comportarsi alla vecchia maniera: e cioè prelevando sangue dal corpo anemico dei contribuenti onesti, quelli che hanno sempre versato di più. Prendiamone atto. Per commentare la manovra in arrivo usiamo una frase celebre: «Qualunque imbecille può inventare e imporre tasse; l’abilità consiste nel ridurre le spese» (senza demolire la qualità dei servizi, s’intende). La scrisse all’inizio del 1900 il padre della scienza delle finanze italiana, Maffeo Pantaleoni. Oltre un secolo più tardi, Tommaso Padoa-Schioppa tentò maldestramente di correggere il maestro con la seguente espressione: «Le tasse sono belle ». Talmente belle che gli evasori italiani sono rinomati nel mondo.
Transeat. Aggiungiamo soltanto che il presidente del Consiglio se non altro ha provato a incidere sulla spesa corrente,quella che provoca l’innalzamento del debito, ritoccando il sistema pensionistico (vedremo lunedì prossimo come) e annunciando tagli alla sanità. Poca roba rispetto alle necessità di bilancio, ma è sempre meglio del niente fatto finora dagli esecutivi incapaci di eseguire il loro compito: non vivere al di sopra delle proprie possibilità, preoccuparsi di recuperare le risorse prima di spartirle. Prediche inutili. Per il resto, a giudicare da quanto si è saputo, il professore bocconiano non ha resistito alla tentazione di agire sul piano dell’ovvietà: aumentare i tributi, esattamente il contrario di ciò che suggeriva Pantaleoni, del quale abbiamo ricordato l’insegnamento.
E allora che dire? Per inasprire le aliquote dell’Iva e dell’Irpef (sui redditi stupidamente considerati alti, quando invece sono bassissimi: circa 70mila euro ed oltre), per reintrodurre l’Ici sulla prima casa e aggiungere un’Ici (patrimoniale) sulla seconda e la terza, per rivalutare gli estimi catastali degli immobili (minimo 15 per cento), per tagliuzzare qua e là, parliamoci chiaro, forse non era indispensabile un governo di docenti: come già abbiamo avuto modo di dire, sarebbe potuto bastare un ragionier Rossi, un Andreotti qualunque.
Infatti, il gigantesco apparato burocratico messo in piedi in sessant’anni di Repubblica delle banane, i numerosi enti dannosi che costano e non producono (le Authority per esempio, o i Tar, ma ce ne sono a bizzeffe), le Regioni, le Province eccetera non saranno nemmeno sfiorati dalle cesoie.
In sostanza, con i provvedimenti che Monti si accinge a presentare non andremo da nessuna parte. Nel senso che non sistemeremo i conti pubblici, non aggiusteremo lo spread, non cominceremo neppure l’opera di risanamento sollecitata dalla Ue. La speranza è che il premier abbia qualche altra carta da giocare e che il Parlamento gli spiani la strada anziché, com’è sua abitudine,creargli ostacoli e vanificare i suoi deboli sforzi. Difficile essere ottimisti. Antonio Di Pietro, sulle pensioni, ha già detto a Monti: marameo. Idem la Lega.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 04-12-2011 17:20
http://www.ilgiornale.it/rubrica_cucu/ci...comments=1
Ci colpirà sui denti o in mezzo agli occhi?
di Marcello Veneziani - 04 dicembre 2011, 12:54
The day before. Nella storia dell’umanità non ricordo un precedente di una tragedia pregustata nei minimi particolari, con impressionante minuzia e meticolosa ferocia sadomaso.
La mannaia del Professor Boia ci colpirà qui, sui denti; no, in mezzo agli occhi. No, prima sulla nuca e poi un pugno chiodato sulla guancia. Per la suppostona di Stato conviene stringere le chiappe o stare rilassati? Ma no, sarà una mazzata sulle orecchie, poi sullo stomaco e infine ci strizzerà i testicoli. Ma non è possibile un drastico calcio in culo? questuavano i rozzi sbrigativi.
Da mesi, e in modo intensivo da tre settimane, ogni santo giorno, ci descrivono come soffriremo e ci consolano dicendo che però si accaniranno con la categoria che più odiamo. Non solo i politici e gli evasori, ma ognuno ne ha una sullo stomaco: chi i notai, chi gli idraulici, chi i pensionati delle ferrovie, chi perfino i veterinari che sono pochi ma spendono troppo con l’amaro. Ogni giorno si annuncia il menù sadomaso: calci-in-bocca alla valtellinese, cittadino rosolato al forno, pensionati in salamoia... Vespa vuole l’esclusiva del necrologio.
Finito l’incantesimo berlusconiano che prendeva fisco per fiasco, siamo finalmente tornati alla realtà: tasse vere e doc. Torniamo a casa, dove ci sentivamo soli e invece ora saremo in compagnia dell’Ici. Commovente il clima natalizio di sacrifici, il presepe dei tecnici, i re magi che non portano doni ma si portano il bue e l’asinello, l’Ici sulla mangiatoia. Godetevi la domenica. Diman tristezza e boia recheran l’ore.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 06-12-2011 11:35
http://www.chicago-blog.it/2011/12/05/la...more-10774
Manovra Monti: La tracciabilità dei pagamenti è un’offesa alla libertà
La tracciabilità è una misura illiberale, ha ragione Maria Giovanna Maglie a denunciarne su Libero tutti i rischi, ed è giusto ribellarsi. Di buono c’è forse che proprio da questa invasione della privacy e negazione di libertà individuale può trarre linfa un movimento politico legato alle esigenze dei cittadini. Il Tea Party, nato in Italia sull’esempio dell’organizzazione americana, che ormai ha travolto le vecchie regole della politica, conta proprio sull’odiosità delle decisioni, annunciate dai tecnocrati del governo, per suscitare una reazione organizzata dei cittadini vessati, che dicano finalmente NO a un fisco strozzino, che col pretesto di combattere l’evasione ci priva dei nostri diritti elementari.
La tentazione nel nostro Paese è ricorrente, nel dna di governi di sinistra e di destra. Abbiamo sfiorato l’ipotesi della pubblicazione urbi et orbi dei redditi degli italiani con quest’ultimo governo, che copiava un’iniziativa del ministro Visco sventata dal Garante per la privacy. L’idea di aumentare l’Irpef, invece di abbatterla drasticamente, o di tassare il lusso, come se non fosse parte della nostra produzione, è ricorrente, e la Grande Inquisizione Tributaria è sempre pronta a batter cassa spacciandola per lotta all’evasione, per coprire l’incapacità e la non volontà di condurre sul serio quella lotta.
Con il pretesto nobile della lotta all’evasione ora il governo Monti si appresta ad abbassare il tetto massimo dei pagamenti in contantidagli attuali 2.500 euro a soli 1.000 euro. Alcuni esaltati, come Dario Franceschini, capogruppo del Pd, hanno rilanciato addirittura a cento euro. Non ci interessa ribadire quel che tutti sanno; chi vuole evadere continuerà a industriarsi per farlo, chi non lo fa, si vedrà complicare la vita perché l’opzione del digitale non sarà più una libera scelta, ma un obbligo odioso. Ci permettiamo di suggerire che basterebbe rendere le spese detraibili dalla dichiarazione dei redditi per debellare in pochi mesi l’evasione. Facciamo un esempio: negli Stati Uniti, dove l’evasione è pari a zero, anche perché ti vengono a prendere alle sei del mattino e ti mettono le manette dietro la schiena, qualunque spesa è detraibile fiscalmente. Dagli scontrini del taxi agli acquisti di vestiti, del tutto o in buona parte. In questo modo chiunque esige le ricevute, e il “nero” non esiste. Il principio è semplice e sano: chi spende, e più spende, tiene in moto l’economia, non è colpevole, è un benemerito.
Ma la cosa più importante è la privazione della libertà. Intanto uno Stato è tale ed è sovrano, perché batte moneta e stampa banconote. Per seconda cosa, i salassi delle banche dovrebbero avere dei limiti di decenza. Per terza cosa, il denaro che guadagno è mio, e sta a me decidere come intendo usarlo. Chi colpirà la tracciabilità? Colpirà le persone perbene, nel rispetto di se stessi e nella vita quotidiana. Perché i mascalzoni hanno avuto già il tempo di organizzarsi, ritirare il contante, nasconderlo, esportarlo, lasciando così il Paese a secco.
Infine, seppure la tracciabilità dovesse servire sul serio a combattere l’evasione, cosa che non è e non sarà, la libertà individuale va difesa contro la realizzazione de facto di uno stato di polizia. Riuscire a far capire agli italiani nelle prossime settimane in che modo vengono offesi sarà una sfida per il Tea Party.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 07-12-2011 20:02
http://www.loccidentale.it/node/111897
Le chiacchiere stanno a zero
Se la politica avesse fatto politica ora Monti starebbe a fare il professore
di Raffaele Iannuzzi 6 Dicembre 2011
“Il Monti ha partorito un topolino”. Il commento, sacrastico e gustoso, dell’editoriale politico di Giancarlo Loquenzi da parte di un lettore, aiuta non poco. Aiuta non soltanto l’immaginazione e il pensiero laterale - che non sarebbe male attivare, soprattutto in tempi di vacche magre -, ma anche la percezione storica e politica. In soldoni: se la politica non avesse fatto fiasco, oggi non avremmo il Monti che partorisce il topolino. E’ l’aspetto che dobbiamo sottolineare, perché talvolta ci sembra di vivere nel mondo dello schizofrenico John Nash, il geniale matematico, inventore della teoria dei giochi, premio Nobel per l’economia nel 1994.
Si odono voci, suoni; si vedono strane immagini spettrali; si vivono strane esperienze di confine: il mondo della malattia mentale. Tutto nella testa di un uomo, avvitatosi ormai da tempo nella morsa del tarlo psichico, divorante. Abbiamo l’impressione che questa distorsione cognitiva grave si sia alimentata di se stessa, fino al punto di non riuscire a trovare altra via d’uscita se non la replica di se stessa. I personaggi in cerca d’autore, alla fine, hanno vita facile: l’autore si trova, di volta in volta, ed ha la faccia di questo quel leader, politico, peones, più o meno indignato, perplesso o sbalordito. Un copione che diventa cornice ed evidenzia i tratti della debolezza strutturale della politica: ecco il punto.
Monti è la scelta residuale per un Paese con una delle peggiori classi dirigenti del mondo. E’ vero: la politica non se la passa bene, in generale. Obama ha le sue gatte da pelare e non tira conigli fuori dal cilindro, a quanto pare; la Merkel ormai è ai limiti del grottesco, sembra un personaggio dello scrittore suo connazionale, Grass; su Sarkò, meglio stendere un pietoso velo. Insomma, se Atene piange, Sparta non ride? No, sbagliato. Così, ci siamo fregati con le nostre mani.
Non è mai stato vero che Berlusconi fosse la quintessenza dei mali del Belpaese. Ma non è neanche riuscito ad essere il Principe del terzo millennio italiano. Il centrodestra non ha saputo trovare la formula politica e strategica per sfondare anche al centro-centro e scrollarsi di dosso la paralisi post-“finista”. Questo si chiama un mezzo risultato, il regno della mediocrità, ossia qualcosa di peggio del fallimento: l’incompiuta. Questa è la verità. Oggi, se è inutile recriminare per Monti al governo, non possiamo neanche far passare tutto in cavalleria sul versante politico-politico, per così dire. Non ci siamo.
La politica ha saputo interpretare il lato peggiore e più indecente del tradimento delle élites italiane – secondo la storia patria meno nobile, Italietta in primis -, salvo poi scaricare il costo dell’operazione al ribasso della svendita del governo al popolo retoricamente definito sovrano, in realtà considerato bue o, nella migliore delle ipotesi, utile idiota per operazioni elettoralistiche eccitate da propaganda, spesso becera, un tanto al chilo.
Dunque, i tecnici – per la mia formazione, la soluzione meno accettabile – sono il frutto di questo limite storico e strutturale di una politica fregata da un ventennio circa di massacro della cultura politica – con gli anni ’90 del secolo scorso ancora da indagare realmente, leggi alla voce Tangentopoli – e dal rientro dalla finestra di antichi parassitismi di casta e corporativi, frutto di un capitalismo che privatizza gli utili e socializza le perdite. Questa è la verità: il fallimento della politica come orientamento strategico generale e visione del Paese. I tecnici fanno i “tecnici”, sapendo di fare politica, semplicemente perché la politica – sempre meno tecnica, tosta e strutturata – ha smesso di fare la politica. Le chiacchiere, su questo punto, stanno a zero.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 08-12-2011 19:07
Magari avessimo una vera Casta
di Marcello Veneziani - 08 dicembre 2011, 12:53
Anche questa volta l’hanno fatta franca. Dico i politici, dico la Casta. Di questa sanguinosa manovra non pagano nulla, niente tagli, niente riduzioni sensibili, vengono eliminati solo i poveri sfigati dei consiglieri provinciali con i loro miseri gettoni, poi nulla.
Quel che più fa vergogna della classe politica non è la conservazione dei privilegi, ma la miseria del loro baratto: rinunciano al ruolo di classe dirigente del Paese ma non ai loro benefici. Accettano di farsi decurtare la dignità, non l’indennità; si fanno ridurre nel ruolo ma non nel numero.
Non sono tra quelli che si lamentano dei loro emolumenti. No, io dico: costano troppo perché valgono poco, sono troppi e servono poco.
Accetterei - e onorerei perfino- l’esistenza di una vera Casta e il loro trattamento speciale se fossero speciali, cioè più capaci e più meritevoli della media nazionale. Li accuso non di essere una casta, ma di non esserlo sul serio. Non sono un corpo eletto, in alcun senso.
Qualcuno ci ha fatto credere che il guaio italiano fosse tutto nel governo; e se fosse invece il Parlamento, suk indecente in cui la politica si squalifica da sola, muta casacca e rende ingovernabile il Paese? Per non dire delle Regioni e di quello scandalo speciale chiamato Regione Siciliana che meriterebbe d’essere sciolta, cassata (la cassata siciliana).
P.S. Piccola curiosità. Ho conosciuto una ragazza calabrese che si chiama Stella Rizzo. L’ho ribattezzata la Casta e lei pensava che ironizzassi sulla sua virtù. Ignorava beatamente gli autori omonimi del libro.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 09-12-2011 11:04
http://www.ilgiornale.it/interni/efficie...comments=1
Professori pasticcioni: efficienti solo a parole L'incubo di Monti? Dover fare la manovra-bis
Vittorio Macioce - 09 dicembre 2011, 08:39
Quella dei professori è una manovra ipotetica. Sulla carta funziona tutto, ma poi ogni giorno c’è un pezzo che svanisce. Puf, la magia non è riuscita.
Ingrandisci immagineLa realtà, purtroppo, ti arriva in faccia piuttosto in fretta. Ti smonta le ipotesi, ti scarnifica le buone intenzioni, non fa tornare i conti e manca sempre qualcosa. Se poi il tempo non c’è, devi fare in fretta e quei diavoli di mercati ci mettono come al solito le corna, allora tutto diventa complicato. Insomma, comincia a venir su un sospetto: neanche questi ci salvano.
Come ripete tutti i giorni Napolitano qui ci giochiamo centocinquant’anni di patria sacra e sudata e chi non si sacrifica è un vetero comunista, un padano o un papalino. Solo che poi un conto è scrivere la ricetta, altro farla digerire al paziente.
Dotti, medici e sapienti si stanno rendendo conto che i «se» ancora non fanno cassa e in più le insidie cominciano a essere tante. La luna di miele con la politica sta per finire, i partiti che sostengono la maggioranza soffrono di mal di pancia, ogni gruppo di interesse pensa prima di tutto al proprio portafoglio e, soprattutto, la manovra vive di speranze.
La carta è liscia, non crea attrito. Ti servono i soldi? Facile. Tassiamo con un altro 1,5 per cento i capitali nascosti all’estero e scudati. Il guaio è capire di chi sono, dove sono, come si fa a metterci le mani sopra e poi se si può fare.
È già difficile arrivarci, ma qualcuno comincia a dire che un patto è un patto e se lo Stato non lo rispetta qualche problemino c’è. Per esempio che i «capitalisti scudati» sommergano il governo con una valanga di ricorsi, dai tribunali amministrativi a quelli europei.
È la guerra giudiziaria delle scartoffie, magari ingiusta, ma intanto i soldi latitano. E poi sulla carta è facile non commuoversi per chi sente sulla pelle il sale del sacrificio.
Poi, però, ti scappa da piangere e allora non te la senti di dire a chi incassa una pensione di neppure mille euro al mese di mettersi l’anima in pace. Così il blocco delle rivalutazioni viene alzato a 1400 euro. La carta non ha cuore, ma per fortuna i professori sì, anche quando fingono di averlo nascosto nella tasca di un loden. Anche loro alla fine stanno lì a fare i conti con i pasticci della realtà.
Metti l’Irpef, togli l’Irpef, inventati una addizionale regionale, stana gli evasori, manda in pensione tutti a settant’anni, resta in bilico sull’orlo del baratro, fai il valzer delle province (le cancello subito, non le cancello, aspetto a cancellarle).
Tutto bene, ma se qui monsieur Sarkò e frau Merkel non si mettono d’accordo salta l’Euro, l’Europa e pure l’America strizza di paura. Allora ci ritroviamo con sacrifici veri e una salvezza di carta. Per chi, poi? Per uno Stato grasso e grosso che non ci pensa neppure per sbaglio a dimagrire. Allora, professori, facciamo un’ipotesi. E se per una volta provassimo a snellire lo Stato? Così sulla carta. Magari funziona.
-----------------------------------
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 09-12-2011 18:35
http://www.ilgiornale.it/interni/sacrifi...comments=1
Sacrifici sì, ma non per tutti La crisi? Smoking e gioielli
di Alessandro Sallusti - 08 dicembre 2011, 09:50
Per il presidente Napolitano la crisi è drammatica. Per il premier Monti sono a rischio gli stipendi degli statali. Ma siccome siamo in Italia, la situazione, come sempre, è grave ma non seria.
Così ieri sera, dopo aver tagliato le pensioni, tassato le case e aumentato la benzina, Napolitano, Monti e mezzo governo si sono riposati della fatica.
Hanno indossato lo smoking migliore e insieme alle mogli vestite da Armani e ingioiellate a dovere si sono buttati tra gli arazzi, gli ori e gli stucchi della Scala di Milano per la prima della stagione. Nulla di illegittimo. Anzi, beati loro. Dico solo che se la stessa cosa l’avessero fatta Berlusconi e soci, all’uscita (ma forse già all’entrata) i tartassati li avrebbero presi a verdure in faccia e oggi i soliti opinionisti sprecherebbero fiumi di inchiostro per indignarsi di fronte allo schiaffo alla miseria e al rigore.
E invece non accadrà nulla del genere. Basta, non si protesta più. Siamo in un’era nuova, ipocrita, moralista e anche un po’ furbetta. La verità viene edulcorata, a volte rimossa. Una sorta di regime di terrore dello spread per tenerci tutti zitti e a posto. Per esempio non è bello scoprire che gli annunciati tagli alla Casta della politica (con i quali Monti aprì la conferenza stampa della stangata) sono una bufala. Nella stesura definitiva della legge, infatti, il governo ha fatto cancellare la data dell’aprile 2013 per l’abrogazione delle Province e rimandato tutto a una legge ordinaria. Cioè a mai.
Ce l’hanno forse detto? No, l’hanno scoperto, leggendo le carte e gli allegati, i colleghi del quotidiano Italia Oggi. Del resto il governo Monti ha capito velocemente che non si può fare politica senza la politica. Così, dopo aver accontentato la Casta, ora speriamo che accontenti un po’ anche noi.
Per esempio su Ici, superbollo, e pure sulla tassa per le imbarcazioni, le cose non stanno come annunciato. C’è tempo per cambiare, perché la classe media non andrà alla prima della Scala ma non per questo la si può prendere per i fondelli agitando, ovviamente in smoking e sorseggiando champagne, la mannaia del rigore o morte.
-----------------------------------------------
http://www.ilgiornale.it/spettacoli/cars...comments=1
Carsen e Barenboim avete tradito Mozart
di Vittorio Sgarbi - 09 dicembre 2011, 08:00
La giornalista di regime Natalia Aspesi, appagata della caduta di Berlusconi (commendatore), più che di quella di Don Giovanni, dopo molti articoli molesti e carichi di fiele ha scritto un commento sobrio per la sobria serata di inaugurazione della Scala, perdendo l’occasione di protestare contro quello che aveva visto limitandosi a descriverlo: «Le giovani e belle signore mozartiane, che amano e odiano Don Giovanni, sono, se mai lui volesse, già pronte alla bisogna, in sottoveste di pizzo nero, in camicia da notte di raso bianco» perché «è chiaro» (ma stranamente non la disturba, tanto è Don Giovanni, non Berlusconi) «che il regista ha voluto dare un’interpretazione massivamente maschilista del mito dongiovannesco, attualizzandolo con la vanità e l’esibizionismo, visto il modo in cui lui mostra compiaciuto il suo pallido torace sotto vestaglie di seta o si porta appresso un intero guardaroba come fosse l’american gigolò di Richard Gere».
Lo spunto è buono. Ma l’osservazione poteva essere più ficcante se non sono riusciti a trattenersi Francesco Saverio Borrelli: «Spettacolo d’un finto moderno, non restituisce la forza dell’opera»; Umberto Eco: «Spettacolo così così»; Alessandro Cecchi Paone: «Orrendo. Sembra firmato da Landini, il sindacalista a capo della Fiom»; Filippo Facci: «Non si riusciva a comprendere in nessun modo la necessità di rendere moderno ciò che non lo era». Par e trans condicio.
Ma la Aspesi non se l’è sentita. Eppure è evidente il suo contrasto con il critico del suo stesso quotidiano, Michelangelo Zurletti, il quale pare ritenere, non si sa come, che la regia di Robert Carsen sia meglio di Daniel Barenboim e delle voci. Certo non mancano due idee intelligenti sul finire: il Commendatore nel palco reale tra Napolitano e Monti, e il beffardo Don Giovanni che non muore e che vede sprofondare nell’abisso i suoi compagni di avventura che credevano di sopravvivergli.
Sarebbe un’eresia ritenere che quell’orgia certamente volontaria di trolley, vestaglie, cravatte, sedie e appendiabiti presi dal guardaroba della Scala e messi in scena, è meglio delle voci, generalmente efficaci, e della direzione di Barenboim. Una considerazione veramente bizzarra e che fa intendere la differenza fra Borrelli e Bolle che, inopinatamente intervistato, sentenziava con favore sull’allestimento. Vorrei vedere lui travestito così mentre balla il Lago dei cigni! Ma ormai Bolle è istituzionale e deve stare nella parte come il povero Napolitano e il povero Ornaghi che, nascondendosi dietro Barenboim, hanno dovuto fingere che l’opera fosse loro piaciuta, anche le scene. Più libero e naïf il sindaco Giuliano Pisapia che, politicamente corretto, ha dichiarato che Don Giovanni non è mai stato un suo mito e che il personaggio (tanto più nella versione berlusconiana di Carsen) non gli è mai stato simpatico.
Barenboim era piccolo e invisibile nel golfo mistico e va giudicato soltanto per la musica che ha rievocato con gusto e pienezza di suono; ma, alle rare viste, era orribilmente scamiciato per non mettere a disagio Don Giovanni con i suoi completini borghesi e alla moda. In realtà a lui, neodirettore musicale della Scala, andrebbero indirizzate le invettive del Commendatore: «Pentiti!... Pentiti!... Pentiti!...» rafforzate da un «Vergognati!». Si devono infatti vergognare lui, Carsen e la costumista Brigitte Reiffenstuel per avere irriso e insultato non Don Giovanni (facile obiettivo dei moralisti), ma Mozart con un allestimento umiliante, ingiustificato e ridicolo, anche se con l’alibi delle scenografie di ispirazione scaligera (che vuol dire sedie e appendiabiti del foyer e del guardaroba).
Il tradimento del racconto e dei personaggi, salvati dalla musica e dalle voci, è come un cattivo restauro di un’opera d’arte che indignerebbe chiunque, un aggiornamento di Giotto e di Piero della Francesca.
Forse, perché è teatro, si pensa: tanto è per una volta sola. Ma lo scempio e l’insulto ci sono stati. E qualcuno dovrebbe vendicare Mozart e chiedere ai colpevoli di dimettersi.
La sobrietà rispetto ai valori artistici, non è meno importante di quella richiesta e apprezzata per i governi. Per questa omessa vigilanza del direttore artistico, vorremmo un direttore tecnico che ci risparmiasse almeno nudi inutili che Mozart avrebbe guardato con raccapriccio, come le sottovesti che li ricoprono durante tutto il triste e comico (non buffo) spettacolo.
-------------------------------------------------
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 10-12-2011 10:50
http://www.ilgiornale.it/interni/napolit...comments=1
Napolitano e Pisapia lotte comuniste addio Meglio il palco reale
di Alessandro Gnocchi - 09 dicembre 2011, 08:00
Che cattivo Robert Carsen, regista del Don Giovanni all’esordio l’altroieri alla Scala di Milano. Nel finale, il fantasma del Commendatore, ucciso dal protagonista all’inizio dell’opera, è riapparso a sorpresa nel palco reale, alle spalle di Giorgio Napolitano, Mario Monti e Giuliano Pisapia.
Una vera mazzata nei confronti del potere politico, sfuggita a molti ma non ad Armando Torno sul Corriere della sera. L’editorialista cita le note di regia del libretto originale (Praga, 1787). Secondo le indicazioni, la scena si deve svolgere in un «loco chiuso in forma di sepolcreto». Tradotto: in un cimitero.
Qualcuno ha visto in tutto ciò una metafora del futuro corso politico. Quello in cui i comunisti risorgono e, dopo una vita passata a lottare contro il capitalismo, stringono all’occorrenza una alleanza con i tecnocrati dell’alta finanza internazionale. Forse è una esagerazione. In fondo le batoste elettorali, per Bersani e soci, potrebbero non essere finite.
Che impressione, però, quelle foto in cui la sinistra istituzionale (il presidente della Repubblica Napolitano) sta accanto a quella extraparlamentare (il sindaco di Milano Pisapia). E tutte e due stringono la mano al professore ex consulente della banca d’affari Goldman Sachs (il presidente del Consiglio Monti).
Lontanissimi, per fortuna, i tempi in cui Napolitano, a lungo responsabile della commissione culturale del Pci, spiegava sulle colonne dell’Unità e di Rinascita il motivo per cui la cacciata del dissidente Aleksandr Solgenitsyn dall’Unione Sovietica fosse la «soluzione migliore». In realtà il Premio Nobel per la letteratura aveva le sue colpe: diamine, non poteva starsene quieto, invece di scrivere Arcipelago Gulag? È innegabile, argomentava Napolitano, «la natura di grave misura restrittiva dei diritti individuali; ma solo commentatori faziosi e sciocchi possono prescindere dal punto di rottura cui Solgenitsyn aveva portato la situazione». Gli stessi «commentatori faziosi e sciocchi» che dimenticavano come «il capitalismo e l’imperialismo tendano a ridurre l’uomo a semplice congegno di una macchina disumana e a manipolarne la coscienza».
Era il 1974, un’altra epoca. Ancora più lontano, quasi preistorico, il 1956, anno in cui Napolitano giustificava i carri armati dell’Armata Rossa per le strade di Budapest. Secondo lui, gli insorti ungheresi erano controrivoluzionari asserviti all’imperialismo, mentre i soldati di Mosca diffondevano «la pace nel mondo». (Il presidente però su quella repressione cambierà idea, facendo autocritica, nella sua autobiografia, a circa mezzo secolo di distanza dagli eventi).
E Pisapia, il sindaco arcobaleno? In passato i militanti di Democrazia proletaria, movimento a cui lo stimato avvocato era vicino, alla Prima della Scala ci andavano soltanto a tirare i pomodori alle borghesi impellicciate. Ieri, al termine di un percorso che lo ha portato a governare Milano con l’aiuto dei vendoliani, al Piermarini è entrato in smoking. Dal Soccorso al Tappeto rosso (di velluto).
Oggi l’Italia sembra aggrapparsi agli ex comunisti, al presidente della Repubblica soprattutto, a lungo applaudito dal pubblico milanese, perché mostrano attaccamento alle istituzioni italiane, dopo averle a lungo messe un gradino sotto a quelle sovietiche. Comunque sia, questi uomini hanno definitivamente detto addio al proletariato, anche se qualcuno di loro si balocca col socialismo. Solo a parole, per carità. La rivoluzione, alla fine, era proprio un pranzo di gala, anzi: una raffinata cena alla Scala.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 10-12-2011 21:59
http://www.ilgiornale.it/interni/povero_...comments=1
Povero Monti, non conta niente
di Vittorio Feltri - 10 dicembre 2011, 19:39
Mario Monti a Porta a porta , davanti a un Bruno Vespa incredulo, ha affermato che quando lui è arrivato a Palazzo Chigi l’Italia era a tre mesi da un crollo alla greca. Una boutade sobria? Non sappiamo.
Ma se il premier ha ragione, una cosa è certa: il default è ancora dietro l’angolo. Con un’aggravante: che alla catastrofe non mancano più tre mesi, bensì solo due. Difatti la manovra dei tecnici non ha modificato di una virgola la situazione che, quindi, rimane drammatica esattamente come 90 giorni orsono. Una manovra pesante per i contribuenti, ma leggerissima e ininfluente ai fini del debito pubblico, la cui entità è inalterata.
I miliardi recuperati nelle nostre tasche dal professore bocconiano e dai suoi colleghi serviranno a malapena a compensare le maggiori uscite dovute al rialzo dello spread, cioè degli interessi passivi sui prestiti. D’altronde, è noto a chiunque che,per diminuire il debito, e i suoi oneri, o si riduce la spesa o si fa un buco nell’acqua. Il trionfalismo suscitato dalle misure che l’esecutivo ha adottato (alle quali la stampa ha dedicato commenti encomiastici) è ingiustificato non soltanto perché esse non risolvono il problema, ma lo complicano. Motivo? Inasprire il prelievo fiscale non agevola la sospirata (e illusoria) crescita; al contrario, incentiva la depressione e favorisce la recessione. Proprio un bel risultato.
In ogni caso è inutile prendersela con il «signore in loden», cui va riconosciuto il merito di rischiare la faccia (e la perderà), visto e considerato che lui, per quanto si dia da fare, non conta e non conterà nulla nella determinazione dei destini della Patria, che dipendono esclusivamente dall’Europa e dall’euro. Lo si evince da quello che sta accadendo in questi giorni nelle trattative in sede Ue, finora inconcludenti sul piano sostanziale. Non c’è verso che le maggiori potenze trovino un accordo serio. L’Inghilterra si è defilata, infischiandosene della moneta unica che ha sempre respinto. La Germania insiste nel rifiutare gli eurobond. La Francia traccheggia. L’Italia è in balìa di tutti, perché giudicata responsabile dell’acuirsi della crisi.
Praticamente, l’unica decisione assunta dai padreterni che rappresentano le nazioni cardine dell’Unione europea è stata quella di rinviare a marzo il momento della verità, quando essi si riuniranno di nuovoallo scopo di misurare la febbre dell’euro, oggi molto alta. Il dato, dunque, è che noi siamo un vaso di vetro fra tanti vasi di coccio, ciascuno dei quali cerca di salvare se stesso e non ha alcun interesse autentico per il destino degli altri.
Ha voglia Monti di alzare le aliquote dell’Iva e di riesumare l’Ici, brodini privi di effetti benefici. Occorre ben altro per assicurare un riparo alle economie occidentali legate l’una all’altra da una moneta unica, che poi è una gabbia nella quale convivono sistemi politici diversi, diverse capacità produttive e di crescita, diverse lingue e culture. Si percepisce a occhio nudo che l’euro è in agonia, tenuto su a forza di flebo che ne prolungano l’esistenza senza alcuna possibilità di guarirlo. Va da sé che prima o poi la divisa imploderà. Sarà una liberazione o una catastrofe? Forse entrambe le cose. Certo è che avanti così non si può andare. Se i capi di Stato e di governo confluiti nella Ue avessero coraggio, o almeno non temessero di essere sconfitti alle elezioni in casa propria, dovrebbero rassegnarsi all’eutanasia della valuta fasulla e del contenitore burocratico, politicamente insignificante, chiamato Unione europea. Basta con questa finzione.
Infine, Monti si persuada di non essere in grado di compiere un prodigio: ciò che accade in Italia è il riflesso di ciò che avviene, o non avviene, a livello internazionale. Quello che lui fa è vano perché non è in condizione di ammazzare il debito pubblico.
Oddio, dalle sue iniziative qualcuno che sta per guadagnare c’è: le banche.
Che,d’ora in avanti,con la storia della tracciabilità moltiplicheranno gli affari. Già. Se i pensionati che percepiscono un assegno superiore a 500 euro non potranno riscuotere denaro contante, ovvio, saranno obbligati ad accendere un conto corrente, e il loro reddito netto sarà ancor più modesto, mentre quello lordo degli istituti di credito ancor più ricco.
Tutto questo accanimento contro i poveracci e gli anziani, fra l’altro,non darà alcun frutto, ma creerà malcontento per non dire di peggio. Anche perché, e non ci stanchiamo di ripeterlo, i giochi non si svolgono qui nel Belpaese ma a Bruxelles, dove noi (dove Monti) siamo importanti come il due di picche quando la briscola è a bastoni.
Presidente, per favore, non pigliamoci in giro.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 11-12-2011 16:32
http://www.chicago-blog.it/
Salari pubblici e privati sotto esame
Andrea Giuricin
In un’intervista al “El Mundo” dell’altro ieri, Robert Solow, premio Nobel per l’economia nel 1987 ha affermato che Italia e Spagna devono abbassare i salari. Un’affermazione in linea con quanto detto su queste colonne nelle settimane scorse.
Il premio Nobel per l’economia ha anche mostrato il suo scetticismo sulla sopravvivenza dell’Euro. A suo parere i leader dei Governi Europei si stanno concentrando da troppo su pareggio di bilancio, golden rule e tassazione esasperata, invece di guardare all’elemento essenziale: la crescita economica.
La zona Euro per l’economista è troppo frammentata, nel senso che la produttività è troppo differente tra i paesi “virtuosi” quali la Germania e quelli della sponda sud del Mediterraneo. Per troppi anni i salari di Italia, Spagna e Grecia sono cresciuti in completo disallineamento rispetto all’incremento della produttività.
Proprio su questo fronte, quello della produttività, è necessario essere realisti.
Come fa l’Euro a sopravvivere se il costo del lavoro per unità produttiva è completamente differente tra i diversi Paesi dell’Euro? La Grecia e la Spagna hanno iniziato ad abbassare i salari pubblici, arrivando nel paese ellenico anche a delle riduzioni nell’ordine del 25 per cento.
Questa misura non ne esclude un’altra ancora più dura: la riduzione del personale pubblico.
Tuttavia sono differenti gli obiettivi di queste due azioni. Mentre la riduzione del personale pubblico serve a ridurre la spesa statale per cercare di diminuire il deficit e a liberare risorse fresche per aumentare i consumi (infatti diminuire il numero dei dipendenti pubblici nel medio periodo lascia maggiore risorse ai contribuenti che potranno spendere come meglio vorranno), la riduzione dei salari pubblici serve a diminuire il CLUP (sempre che non diminuisca di pari passo la produttività per ora lavorata) e neii fatti, aumentare la competitività.
Vi è da aggiungere inoltre che alla riduzione dei salari pubblici è necessario accompagnare una manovra che sappia aumentare la produttività ed il controllo nel settore statale.
Solo con una riduzione dei salari pubblici si ottiene un riallineamento della zona Euro?
Assolutamente no. Robert Solow non sostiene che solo i salari pubblici debbano diminuire, ma anche quelli privati. Come fare? È necessario introdurre una contrattazione di secondo livello, aziendale, che leghi lo stipendio all’andamento della produttività.
Questo modello non è stato utilizzato da chissà quale dittatore, ma è stato introdotta dalla Germania di Schroeder (Governo socialista) a metà degli anni 2000, quando la Germania sembrava in crisi profonda. Proprio in quel periodo la Germania sfondò i parametri di Maastricht.
Attualmente i salari tedeschi sono legati all’andamento dell’azienda e sono possibili riduzioni di stipendio quando l’impresa va male ed aumenti, quando va bene. Oltre il 40 per cento dei contratti in Germania sono di secondo livello. Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat, introducendo a livello nazionale il contratto “Pomigliano”, vuole andare proprio in questa direzione.
La riforma del lavoro, così come la diminuzione della burocrazia o quella della giustizia sono tre delle n riforme essenziali per ridare velocemente smalto alle economie del sud del Mediterraneo.
Da troppi anni l’Italia viaggia a tassi di crescita economica dello zero virgola qualcosa. Inaccettabile, ma soprattutto impossibile da sostenere nel medio periodo, come ha evidenziato anche Robert Solow.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 12-12-2011 12:06
http://www.chicago-blog.it/2011/12/11/ma...more-10946
Manovra: Se Monti fa il draga-draga alla diga
Carlo Stagnaro
Il decreto “salva Italia” contiene importanti provvedimenti per mettere in sicurezza i conti pubblici, anche se con risultati tutti da vedere. Tra gli innumerevoli commi, però, se ne nasconde almeno uno che non ha nulla a che fare né con la crisi, né coi conti pubblici, né con la competitività né con null’altro che non sia in qualche modo riconducibile a una, o entrambe, le seguenti categorie: marchetta o cazzata. Sto parlando del surreale comma 8 dell’articolo 43 che, a dispetto delle presunte caratteristiche di necessità e urgenza del decreto, si occupa addirittura della manutenzione straordinaria dei bacini idroelettrici. Leggiamolo.
Ecco cosa dice:
Ai fini del recupero delle capacità di invaso e del ripristino delle originarie condizioni di sicurezza il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d’intesa con le regioni e le province autonome, individua, […] le grandi dighe per le quali sia necessaria e urgente la rimozione dei sedimenti accumulatisi nei serbatoi.
Si tratta di un provvedimento ben strano, se messo nel suo contesto. Che effetto può mai avere la producibilità idroelettrica sugli spread? O sulla crescita economica? E cosa ha a che fare il dragaggio delle dighe con tutto questo? La sensazione, a voler essere benevoli, è che la ratio dell’intervento nasca da un clamoroso fraintendimento dei fatti.
Sembra infatti che tutto abbia inizio, almeno in teoria, con la preoccupazione per le possibili conseguenze, sulla producibilità delle dighe e sulla loro sicurezza, derivanti dall’accumularsi dei detriti sul fondo degli invasi. In effetti, pur in presenza di una potenza efficiente lorda in modesta crescita, la produzione effettiva non è cresciuta.
Come si può osservare dai dati, però, la fonte idroelettrica è soggetta a fortissima variabilità. La quale variabilità, come può capire chiunque, è legata essenzialmente al regime delle piogge: se i corsi d’acqua che alimentano i bacini artificiali non si riempiono, la portata che è possibile derivare dai bacini è inferiore e così l’energia elettrica effettivamente producibile. Il tema, dunque, è essenzialmente legato a variabili idrologiche e meteorologiche, non a problemi di manutenzione.
Se, d’altronde, il problema fosse legato non all’input, ma all’impianto – le cui dimensioni sono ridotte a causa del progressivo interramento – dovremmo osservare riduzioni del fattore di carico, ossia del numero di ore di funzionamento effettivo alla potenza nominale. Esistono due tipi di impianti idroelettrici: quelli a invaso (esclusi i pompaggi che in questo momento non interessano) e quelli ad acqua fluente.
Se la presunta riduzione della produzione è guidata da ragioni idrologiche, non dovrebbe esserci sensibile differenza tra i due; se invece a dominare fosse un problema di manutenzione, i bacini dovrebbero deviare dagli impianti ad acqua fluente. Il semplice esame dei dati rivela che così non è: le fluttuazioni sostanzialmente si sovrappongono, e questo suggerisce che esse abbiano una causa comune. Questa causa non può essere l’interramento dei bacini.
Sgombrato il campo dai timori sulla mancata produzione, restano comunque le preoccupazioni sulla sicurezza. L’accumularsi dei detriti potrebbe comprometterla, per esempio tappando le condotte utilizzate per scolmare i bacini in caso di necessità.
Tuttavia, esistono norme molto severe e controlli estensivi per verificare che tali scarichi non si ostruiscano, per ragioni facilmente comprensibili nel paese del Vajont. Le stesse dighe sono tipicamente dimensionate per resistere a carichi assai più importanti di quello potenzialmente determinato da quella frazione dei sedimenti che si deposita proprio a ridosso dello sbarramento.
Quindi, non c’è neppure particolare esigenza di sicurezza, e del resto non risulta alcuna segnalazione in tal senso da parte degli organi competenti (inclusa la sonnecchiosa direzione generale grandi dighe del ministero delle Infrastrutture che, secondo le malelingue, avrebbe promosso il provvedimento).
Ma se non ci sono ragioni oggettive, come spiegarsi la presenza di una simile norma in un simile contesto? A essere malevoli, viene da pensare che l’obiettivo della norma non sia avere delle dighe dragate, ma avere delle dighe da dragare – come nota anche Stefano Agnoli. Questo implica enormi costi, economici e ambientali, perché trasportare tutta l’attrezzatura necessaria in quota, e dragare le dighe per mezzo di chiatte oppure dopo averle svuotate comporta sforzi colossali. Il fondo rimosso andrebbe trasportato e stoccato altrove, e anche questo implica costi e stress sul sistema, già non brillante, di gestione degli inerti.
Per dare un’idea, un amico del settore mi dice che, spannometricamente, si potrebbe stimare il volume di materiali da asportare – senza che vi sia alcuna necessità di farlo - tra 1 e 2 milioni di metri cubi per ciascun invaso, pari a 100-200 mila carichi di camion, con costi complessivi stimabili nell’ordine del miliardi di euro.
Ora, questo miliardo di euro non entrerebbe nelle nostre belle statistiche sul debito e la spesa pubblica, perché sarebbe spesa formalmente privata – sarebbero le società che gestiscono i bacini a doversene fare carico. In un modo o nell’altro, questo colpirebbe la collettività: in parte questi extracosti si riverserebbero in bolletta, in parte si tradurrebbero in minori utili e quindi minori dividendi per gli azionisti e/o minori investimenti. In un periodo in cui la parola d’ordine è “austerità”, è davvero bizzarro che sia proprio il decreto “salva Italia” a introdurre spese pazze, pubbliche o private che siano.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 13-12-2011 13:04
http://www.ilgiornale.it/rubrica_cucu/co...comments=1
Contanti saluti a chi perseguita gli anziani
di Marcello Veneziani - 13 dicembre 2011, 09:03
Ci sono milioni di anziani che vivono con angoscia supplementare la manovra del governo Monti. Non temono solo le pensioni paralizzate, con l’indice bloccato, e non temono solo la tassa sulla casa che abitano.
Ma temono ancor più di dover rinunciare ai contanti e armeggiare con le carte elettroniche.
Conosco tanti anziani che senza un gruzzolo di contanti si sentono perduti. Senza liquidi temono di non poter fronteggiare gli imprevisti della vita, le malattie e l’assistenza, la paga alla badante e la paghetta ai nipoti, un bisogno, un regalo. Quei soldi danno loro mezza serenità e autonomia. E ora devono rinunciare a quella sicurezza, altrimenti passano all’illegalità.
Molti sono nel panico. Non hanno carte elettroniche, non sanno come si fa, temono le banche sanguisughe, vogliono poter toccare, sentir frusciare le banconote. Per loro il contante è come l’ossigeno, la pasticca per il cuore, la chiave di casa,la sciarpa e l’ombrello.
E poi non ci vedono bene, non usano i bancomat per ritirare contanti, si perdono tra codici, procedure, paure di scippi, ardue letture e digitazioni. E la banda magnetica cos’è, un’orchestra che esegue musiche attraenti? E si sentono pure coglionati perché loro, modesti ultrapensionati, sono sospettati d’evasione fiscale...
Ma perché rendere più difficile una vita già piena d’insidie e acciacchi? È crudeltà mentale accanirsi con loro. Fatelo con noi, con chi è in età da lavoro, ma risparmiate almeno vecchi e bambini. Tecnici, ma che avete al posto del cuore, la calcolatrice? Contanti auguri.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 15-12-2011 11:49
http://www.chicago-blog.it/2011/12/14/fi...more-11002
Fisco: lo Stato di Monti non mi piace, l’ignoranza è schiavitù
Oscar Giannino
L’aliquota maggiorata sugli immobili detenuti all’estero, evidentemnte in spregio all’autarchia restaurata mentre dormivo, l’aumento ulteriore della tassa sui conti correnti: le trovata da supermarket dell’eterna abilità statale a mettere le mani nelle tasche più facili mi rendono sempre più difficile comprendere il governo di emergenza.
Nessuna visione di riordino sistemico del prelievo fiscale, per levare peso dai redditi in nome della crescita. Nessuna proposta su ciò da cui occorreva partire, la delega fiscale su deduzioni e detrazioni, per dire chiaro dove tagliare risorse e dove concentrarle. Nessuna dismissione pubblica, né di mattone né di altro.
In più, esteso peggioramento delle norme in violazione della libertà del contribuente. E per fortuna a Montecitorio i relatori Pd e Pdl della manovra hanno pensato bene di riscrivere la norma secondo la quale bastava sbagliare a dare una risposta alla Guardia di Finanza o all’Agenzia delle Entrate per commettere automaticamente un reato penale.
Se il Parlamento terrà duro resterà reato solo il produrre documenti falsi, non incorrere in mere risposte sbagliate, come il governo si era originariamente vantato indicando nell’imbarbarimento della norma una delle grandi svolte per rendere finalmente più efficace la lotta all’evasione fiscale.
Uso il termine imbarbarimento non perché mi scappi la penna. Non m’interessano polemiche politiche. Qui si tratta di difesa della libertà e di filosofia del diritto, non di aride norme tributarie.
Come è questione di libertà e difesa del diritto, la ragione che mi ha visto tra i pochi a levare la voce sin dalla prima lettura della manovra apprendendo che si disponeva il dovere per banche e intermediari finanziari di comunicare all’amministrazione tributaria no sollo i saldi dei conti bancari, di deposito e titoli, ma il dettaglio di qualunque operazione superiore ai 1500 euro, cosa che sommata alla tracciabilità piena oltre i mille euro rende l’amministrazione tributaria finalmente edotta di qualunque nostro atto e decisione.
Siamo stati in pochi a reagire, insieme a Piero Ostellino che più volte è tornato sulla questione. In pochi a reagire al luogocomunismo che ormai su tali questioni impera sovrano, battendo le mani al rimedio delle manette agli evasori e all’orwelliana spoliazione di ogni ambito di libertà personale all’occhiuta onnipresenza e onniscienza dello Stato.
Su questa norma, le modifiche parlamentari non sono andate oltre l’indicazione che l’attuazione della nuova norma dovrà essere predisposta sentendo l’Abi – visto che alle banche costerà, dunque costerà a noi clienti la perdita della nostra libertà, per doppio paradosso.
E il Garante della Privacy, che a questo punto diventa unico eroe al quale chiedere istituzionalmente di alzare lo scudo liberale a tutela della libertà di noi cittadini. Povero il Paese però che chiede al solo professor Pizzetti, mio ex maestro di diritto costituzionale a Torino, di combattere per la libertà Orazio sol contro l’Etruria tutta.
C’è una terza norma, nel decreto, ispirata allo stesso presupposto di queste due. E’ l’introduzione di un regime di favore fiscale nei confronti di autonomi e microimprese che scelgano non la contabilità semplificata – il forfait del 20% per microimprese è stato praticamente già abolito o quasi da Tremonti, con la giustificazione che tropi cvi avevano fatto ricorso che lo Stato ci rimetteva troppo – bensì in tutto e per tutto l’affidamento allo Stato. Girate direttamente all’amministrazione tributaria fatture emesse e fatture da pagare su cui scalare l’Iva, ed ecco che lo Stato da oggi si trasformerà nel vostro commercialista e vi farà la sconto.
Quando l’ho illustrata in radio, non è mancato chi ha osservato “conveniente, finalmente potrò abolire il costo del commercialista”. Al che ho dovuto amaramente osservare che lo Stato è temibilmente abile, nel sedurre con le sue trappole il cittadino. Prima accumula una legislazione tributaria incomprensibile, farraginosa, e continuamente mutevole per mezzo di norme d’attuazione ballerine e circolari a getto continuo.
Dopo di che, avendo lo Stato con la sua opacità impedito al contribuente di assolvere da solo al proprio dovere tributario se non al prezzo di incorrere in violazioni gravi dovute a incomprensioni e dunque a successive sanzioni spoliatrici, ecco che lo Stato se ne inventa un’altra e ti promette un favore se lo eleggi tuo commercialista e amico del cuore.
La fregatura c’è tutta, ovviamente. Rinunci non al commercialista, ma al fatto di poter opporre qualunque controdeduzione allo Stato che, tue fatture alla mano, ti calcola esso unilateralmente cifra d’affari, imponibile e imposta. Lo Stato non potrà mai stare dalla tua parte, a quello ci devi pensare tu. Lo Stato affamato ed esoso mira solo al tuo portafoglio.
Personalmente, ho grande stima e ammirazione di Attilio Befera e della sua squadra, l’uomo e l’apparato che con grande dedizione e lucidità hanno cambiato dalle fondamenta i connotati organizzativi e strumentali dell’amministrazione tributaria e della gestione della riscossione pubblica, non più appaltata concessionari esterni.
Ho pochi dubbi che le tre norme in questione derivino, come sempre o quasi sotto destra e sinistra da parecchi anni a questa parte, esattamente dal vertice dell’Agenzia delle Entrate, e dalla sua collaborazione ed esperienza con Procure e Guardia di Finanza. Befera ha difeso a spada tratta in interviste la nuova svolta antievasione, e in questo gli do volentieri e pienamente ancora una volta atto che fa per intero il suo mestiere. A maggior ragione glie ne va dato atto quando dei delinquenti imbecilli si fanno venire in mente di mandare pacchi bomba ad Equitalia, con il validissimo direttore generale Marco Cuccagna che ci rimette un pezzo di mano e per questo merita ogni solidarietà, encomio e riconoscenza civile.
Aggiungo naturalmente che apprendere che migliaia di vetture potenti sono intestate a contribuenti sotto i 20 mila euro l’anno di reddito, e idem dicasi per elicotteri ed aerei, non può che far prudere le mani (anche se su questo io ragiono coerente ai miei princìpi, e invece di liste di proscrizione pubbliche spaccaPaese credo che all’amministrazione spetti accertare caso per caso in silenzio, e con tenacia unita al rispetto).
Non è ai vertici amministrativi della lotta antievasione che va mossa l’obiezione. E’ ai politici che presentano le norme. Ieri politici di centrodestra, prima di centrosinistra, oggi professori e tecnici.
Tutt’e tre le categorie hanno evidentemente abdicato all’elementare difesa liberale del cittadino contribuente insegnataci da secoli di lotta dell’individuo contro le pretese eccessive dello Stato. Non c’è più, la sensibilità di Luigi Einaudi. La si addita e scambia pubblicamente per riprovevole e stomachevole fiancheggiamento dei nefandi evasori.
E invece no, non è così. La testa del primo re a cadere per una Rivoluzione contro la sua pretesa di tassare a discrezione fu quella di Carlo I. La Grande Rivoluzione liberale britannica del 1688 pose le basi delle moderne costituzioni, e nacque sulla difesa contro le tasse esose.
La Rivoluzione americana vide le Tredici Colonie americane spezzare gloriosamente nel fango le pretese tributarie della Corona Britannica.
Capisco che questi precedenti dicano magari poco alla sinistra, convinta dell’organicismo etico statuale e della prevalenza sempre e comunque dello Stato sulla persona, e sulla sua libertà. Ma che siano stati sedicenti liberali, ad avere negli anni recenti alle nostre spalle introdotto nel nostro ordinamento la possibilità che lo Stato entri nei miei conti bancari e congeli subito la sua pretesa unilaterale nei miei confronti, mentre per osare entrare in contenzioso nei suoi confronti a me si chiede di pagare subito un terzo della pretesa tributaria e relativi interessi e aggi, che tale rivoltante ribaltamento di ogni elementare tutela del diritto del cittadino nei confronti del rapace fisco pubblico si debba ai governi Berlusconi, personalmente mi è sempre risultato peggio che incomprensibile.
Semplicemente una dichiarazione d’ignoranza. Da sempre premessa e suggello della schiavitù. E tale resta, anche se tutti o quasi le battono le mani.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 15-12-2011 18:03
http://www.ilgiornale.it/interni/tagli_c...comments=1
Tagli alla casta, un bluff "No al doppio stipendio" Ma spunta già la deroga
di Andrea Indini - 15 dicembre 2011, 15:51
In Italia funziona pressapoco così: una volta fatta la legge ci si affretta a buttar giù la deroga. Ed è così che la legge non è più uguale per tutti.
Prendiamo, per esempio, i tagli ai costi della pubblica amministrazione. Nella manovra economica, in queste ore al vaglio del parlamento, c'è (quasi) il richio che il comma 3 dell’articolo 23 ter passi inosservato. Si tratta di una deroga al tetto degli stipendi dei vertici della pubblica amministrazione. Si legge: "Con decreto del presidente del Consiglio dei ministri possono essere previste deroghe motivate per le posizioni apicali delle rispettive amministrazioni ed è stabilito un limite massimo a titolo di rimborso spese".
Il comma è sibillino, ma piuttosto chiaro. La norma stabilisce che per il personale chiamato a ricoprire funzioni direttive nei ministeri e neltre amministrazioni pubbliche, la retribuzione non può superare un quarto (il 25%) del trattamento economico percepito. In parole povere: chi ricopre il doppio incarico non percepisce più due stipendi, ma soltanto uno più un quarto di quello precedente.
Tuttavia, la stessa norma garantisce anche la scappatoia. Nello stesso articolo del decreto "salva Italia" che riguarda le retribuzioni nelle pubbliche amministrazioni, è infatti previsto che con decreto del presidente del Consiglio, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, può essere ridefinito il trattamento economico annuo di chiunque riceva retribuzioni a carico delle finanze pubbliche "stabilendo come parametro massimo di riferimento il trattamento del primo presidente della Corte di Cassazione". I primi ad alzare le barricate sono stati i dipietristi che hanno attaccato duramente il "comma ad personam" perché rivolto a "chi, anche ministri di questo esecutivo, siede su poltrone di vertice all’interno della pubblica amministrazione e non ha gradito la norma che prevede la riduzione degli stipendi". E pensare che il premier Mario Monti in persona aveva garantito: "Non è vero che pagano sempre i soliti. E’ un luogo comune".
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 16-12-2011 14:28
http://www.ilgiornale.it/rubrica_cucu/la...comments=1
di Marcello Veneziani - 16 dicembre 2011, 10:22
La manovra spiegata da Dostoevskij.
La chiave dolorosa della manovra di Monti è ne l'Idiota di Dostoevskij. Il dolore maggiore, spiega lo scrittore, non è la sofferenza patita, ma "la certezza che tra un'ora, poi tra dieci minuti, poi fra mezzo minuto,poi ora,subito" arriverà la mazzata di Stato.
"Questa certezza è spaventosa. Tu metti la testa sotto la mannaia, senti strisciare il ferro, e quel quarto di secondo è più atroce di qualunque agonia".
Per Dostoevskij il delitto legale è più spaventoso di quello d'un brigante. La legalità- spiega- toglie con certezza matematica spietata anche la speranza di salvarsi. Il dolore per l'annuncio dei sacrifici ha già fatto patire gli italiani. Dal punto di vista fiscale l'effetto è inesistente perché non c'è stato ancora alcun prelievo; ma dal punto di vista morale e psicologico, il danno è già compiuto ed è devastante. Gli italiani arriveranno a pagare la manovra quando saranno già stremati e disperati. Per pietà, finitela con questo stillicidio, non potete tenerci sul patibolo così a lungo. Da mesi proclamate l'imminenza delle nostre sofferenze. Senza averle subite, le abbiamo già patite.
La natura umana, seguita Dostoevskij, non "può sopportare un tal colpo senza perdere la ragione. Perché dunque questa pena mostruosa e inutile? No, no, è inumana la pena, è selvaggia e non può né deve essere lecito applicarla all'uomo". Dostoevskij si riferiva all'attesa dell'esecuzione capitale e alla sua esperienza di graziato in extremis. Qui non c'è condanna a morte, è vero, ma non c'è nemmeno speranza di essere graziati
---------------------------------------
Il monito di Napolitano: "Tutti devono fare i sacrifici, anche i ceti meno abbienti"
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 18-12-2011 12:04
http://www.ilgiornale.it/interni/a_noi_t...comments=1
di Alessandro Sallusti - 17 dicembre 2011, 09:08
È tutto un turarsi il naso e votare Monti. Qualcuno addirittura evita il fastidio e si defila, nell’urna (Di Pietro) o dall’aula(la componente più liberale del Pdl).
Tremila detenuti fuori dal carcereIngrandisci immagineAlla fine della giornata che di fatto vara la stangata il governo fa i conti e scopre di aver perso per strada una sessantina di deputati.
Non sono pochi ma non è questo il problema. In oltre quattrocento hanno detto sì alla manovra, e questo basta a far diventare reali le nuove tasse senza avere avuto in cambio nessuna concessione o libertà maggiore.
Il tutto benedetto dal regista dell’operazione, Giorgio Napolitano, che ieri è arrivato a dire, per tacitare la sinistra che minacciava di non votare, che anche le classi meno abbienti, cioè i poveri, devono fare i sacrifici. Altro che comunista, il presidente ormai è stato arruolato a pieno titolo dal club di banchieri e finanzieri che comanda in questo Paese.
Ma torniamo a Mario Monti. Ieri, rispondendo al Berlusconi dell’altro giorno, ha detto di non essere disperato. Beato lui, è uno dei pochi italiani a non esserlo, ma non è una novità che il professore non si riconosca nel comune sentire, che non provi le stesse sensazioni di noi mortali: appartiene a una élite che ha poco a che fare con il resto del Paese. Il dizionario definisce l’élite un sottogruppo di eccellenza all’interno di un corpo sociale. Sono quelli, per intenderci, che stabiliscono nei salotti ciò che è giusto e buono per noi.
Ieri, per esempio, hanno deciso che è giusto svuotare le carceri mandando a casa (ai domiciliari) anzitempo 3.300 detenuti che potranno scontare tra le mura domestiche gli ultimi 18 mesi di pena. Riepiloghiamo. Ieri il governo dei tecnici ha deciso due cose. La prima è di aumentare le tasse a noi che lavoriamo, la seconda è di abbassare la pena a chi ha rubato e a criminali di vario genere. Dicono: le carceri erano affollate, qualche cosa andava fatto. Giusto, ma sono affollati anche gli incubi di pensionati, proprietari di casa e automobilisti alle prese con rincari e vessazioni che ti fanno sparire un mese di stipendio all’anno.
Possibile che il governo di emergenza che doveva varare la liberalizzazione economica, l’unica libertà l’ha data ai delinquenti?
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 19-12-2011 14:17
http://www.chicago-blog.it/2011/12/18/un...more-11042
Una manovra ragionieristica per sviluppare povertà e sudditanza
Manuel Seri
Come un perfetto contabile il nuovo Governo ha fatto due conti: quant’è il debito, quanto serve, quante sono le risorse aggredibili e come avere tutto sotto controllo; dopodiché, con l’avallo di una politica ormai auto-esautoratasi per conclamata incapacità e de-responsabilizzata dalla inevitabilità di un esecutivo tecnico variamente giustificata (secondo il centro-sinistra, necessaria per tentare di rimediare ai danni del centro-destra; per il centro-destra, necessaria per assecondare le richieste dell’Europa) ha organizzato una raccolta forzosa nelle tasche degli Italiani (di “tutti” gli Italiani) proclamando “rigore, equità e sviluppo”, illudendo che sarebbero stati coinvolti solo i più abbienti, enfatizzando l’alibi della lotta agli evasori e completando la costruzione di un sistema poliziesco e repressivo senza precedenti che travolgerà inevitabilmente tutti i Cittadini.
Prima di tutto i numeri. Il debito pubblico ammonta a 2.000 miliardi di Euro; le risorse degli Italiani calcolate dalla Banca d’Italia ammontano a 8.600 miliardi di Euro di cui 5.350 miliardi di euro di beni e 3.250 miliardi di euro di danaro liquido (per almeno un 30%) o variamente investito in strumenti finanziari (per il restante 70%). Le risorse perciò ci sono e sono tante, molte di più di quelle che servono, perché il Popolo si è arricchito per anni alle spalle dello Stato; basta prenderne un po’ subito, monitorare minuziosamente tutte le altre e trovare il pretesto per andare a prendere il resto.
Poi i metodi. Per tenere quasi tutto sotto controllo basta fare in modo che siano “tracciate” quante più operazioni quotidiane possibili, confidando sulla (falsa) rassicurazione che la caccia verrà aperta contro i grandi evasori (che sono sempre gli altri, ai quali “ben gli sta” di dover pagare finalmente le tasse!): perciò, via all’ampliamento dei rapporti bancari (col duplice effetto di rendere visibili altre ricchezze e incrementare la raccolta per le gli operatori finanziari), via alla comunicazione periodica di tutte le operazioni finanziarie (in conto, extra-conto, pagamenti elettronici, telematici, virtuali, investimenti finanziari, … e “chi più ne ha, ne metta”), via all’abbassamento a € 999,99 dei pagamenti in contanti, via allo “spesometro” ed al nuovo “redditometro” cosicché tutto dovrà avvenire alla luce del sole e nessuno potrà più nascondere niente.
Infine gli effetti. Tutti i dati di tutti i cittadini immagazzinati nell’enorme memoria dell’Anagrafe Tributaria verranno aggregati, disaggregati, manipolati, selezionati, incrociati, … ed infine elaborati per ottenere un elenco di situazioni anomale agganciate a singoli specifici codici fiscali identificativi di ignari Contribuenti contro cui rivolgere l’azione di recupero da parte del Fisco; a quel punto i malcapitati (chiunque) dovranno spiegare e dimostrare documentalmente di essere stati fiscalmente leali a qualcuno che non avrà alcun interesse di capire (anzi, avrà l’interesse opposto di raggiungere un budget preventivamente assegnato e di partecipare ai vantaggi variamente derivanti dagli incentivi interni all’Amministrazione finanziaria) e dovranno obtorto collo lasciare sul campo una bella fetta dei loro risparmi (o addirittura indebitarsi per lo scopo) per pagare le tasse su ciò che non hanno guadagnato (ma il Fisco presume per legge che lo abbiano fatto) o per pagarsi un professionista che li dovrà difendere e per versare intanto una parte di quelle tasse (perché l’accertamento sarà immediatamente esecutivo per una parte dell’accertato) nella speranza sempre più labile che dopo uno, due o tre gradi di Giudizio avrà finalmente ragione (sic!).
“Rigore” (nel senso che sono stati fatti bene i conti?), “equità” (nel senso che tutto di tutti verrà indistintamente immagazzinato ed elaborato nel grande calderone di informazioni del Fisco e che molti di essi finiranno a turno nel medesimo “tritacarne fiscale”?) e “sviluppo” (nel senso che si amplierà ed aumenterà il gettito forzosamente e spesso ingiustamente recuperato a carico di una buona fetta di Contribuenti normali che d’improvviso si scopriranno ricchi evasori per presunzione di legge, subiranno l’umiliazione di spiegare inutilmente l’ovvio e pagheranno alla fine pesanti tasse, interessi e sanzioni?).
Questo è solo un modo comodo, sbrigativo e veloce di racimolare risorse finanziarie con l’effetto di accelerare la recessione già in atto da tempo (qualcuno se n’è accorto solo adesso rilevando un -1,6% del PIL per il 2012, ma la Gente normale, quella che fatica a tirare avanti se ancora ci riesce, lo ha capito da almeno un paio di anni!): in primo luogo, tutti i danari in più sottratti ai Contribuenti per qualunque nuovo o maggiore pretesto di tassazione vengono definitivamente tolti dal circuito proficuo della spesa produttiva e cessano di produrre ricchezza (ogni volta infatti che il danaro viene speso, esce dalla tasca di un soggetto per diventare ricchezza nuova nelle tasche di un altro soggetto; tanto più velocemente si ripete questo passaggio, tanta più ricchezza si produce, tante più persone lavorano e producono reddito, tante più tasse può sperare di incassare lo Stato; se tale processo si riduce o, peggio, si interrompe, dilaga la povertà);
in secondo luogo, enfatizzare l’utilizzo anti-evasione della enorme mole di dati raccolti con il monitoraggio delle spese, dei rapporti bancari e dei flussi finanziari e limitando l’utilizzo del contante terrorizza la Gente, frena l’impiego delle risorse finanziarie, ne scoraggia la circolazione e deprime la propensione alla spesa alimentando nel contempo (per chi ne ha poco) l’accumulo improduttivo “sotto il materasso” e (per chi ne ha tanto) il trasferimento occulto all’estero in paesi dove è possibile spenderlo liberamente, magari abbinandolo ai periodi di vacanza;
in terzo luogo, l’oppressione fiscale e l’ossessione del controllo aumenta ancora di più il disprezzo dei contribuenti verso le istituzioni che appaiono sempre più prepotenti, vessatorie e invadenti, che non rispettano la sfera privata e più intima dei cittadini, che violano le libertà ed i diritti fondamentali dei cittadini e che con questi sistemi polizieschi finiranno per non ottenere mai la tanto auspicata fedeltà fiscale.
Nel frattempo però si sta preparando un grande esproprio di Stato in danno di tutti i Contribuenti la maggior parte dei quali si illude che saranno solo i grandi evasori ad essere colpiti e che perciò “il fine giustifica i mezzi”. Poveri meschini! Intanto il “regime” (più germanico che italiano) consolida le sue radici e sarà presto impossibile recuperare la dignità perduta di Cittadini.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 19-12-2011 18:07
http://www.ilgiornale.it/interni/italia_...comments=1
Italia ostaggio dei tiranni del "timbro"
Vittorio Feltri - 19 dicembre 2011, 16:28
Le bucce alla Casta le hanno fatte tutti, anche noi, forse per primi, quando svelare i privilegi dei parlamentari costituiva «reato di qualunquismo». La scorsa settimana Il Giornale ha ficcato il naso nelle retribuzioni (alcune folli) dei cosiddetti boiardi di Stato, cioè dirigenti di aziende pubbliche o a partecipazione pubblica, dimostrando - documenti alla mano che il denaro dei cittadini non viene sperperato solamente dai signori del potere legislativo.
E oggi vorremmo riprendere un tema da me personalmente lanciato lunedì scorso a Porta a porta e sviluppato ieri, sul Corriere della Sera , da Angelo Panebianco con molta efficacia.
Ci riferiamo ai prìncipi della burocrazia ovvero gli addetti alla macchina (obsoleta) statale, la cui principale attività consiste nel complicare le cose semplici, fino a renderle incomprensibili,e nell’impedire qualsiasi riforma tesa a svecchiare il Paese. I burosauri sono personaggi sconosciuti ai cittadini, non vanno in televisione, i loro nomi non appaiono sui giornali, ma sono i veri padroni del vapore. Nel Palazzo non si muove foglia senza il loro consenso.
Essi sono il vertice della famigerata «dittatura del timbro». Scrivono le leggi, redigono i regolamenti, insomma fanno il bello e il cattivo tempo, a piacimento. Qualsiasi iniziativa assunta dal governo e dalle Camere viene attuata dalle alte sfere dell’impiego pubblico, da esperti o presunti tali che si comportano secondo gli schemi di una classe sacerdotale: adottano un linguaggio iniziatico e ingarbugliato, sollevano eccezioni,sono maestri nell’arte di cavillare. Fanno di tutto per dominare la materia ed escludere chiunque altro dalla possibilità di maneggiarla con cognizione di causa. In questa maniera diventano indispensabili.
Di fatto non sono a disposizione dei politici. Al contrario, comandano subdolamente su chi dovrebbe impartire loro ordini ma, in realtà, non è nemmeno in grado di farli rispettare perché non ha dimestichezza con la macchina (costruita appositamente per essere guidata soltanto da iniziati).
I burocrati hanno eretto una vera e propria barriera insormontabile tra il dire e il fare. Il politico dice e il funzionario cerca di non fare, e ci riesce benissimo, giustificando la propria inazione con vari pretesti di carattere legale e procedurale. Questo è vietato, questo è inopportuno, quest’altro va contro le norme. Già.
L’Italia è un Paese che adora le norme ma le applica per demolire e mai per edificare. L’apparato non è al servizio né dei cittadini né dei loro rappresentanti. È al servizio di se stesso ed è efficiente soltanto quando si tratta di esercitare un potere ostativo o di creare, attraverso regole intricate, i presupposti di paralizzanti contenziosi.
Risultato. Il politico, davanti al burosauro, è uno scolaretto intimidito, incapace tecnicamente di ribellarsi ai dinieghi dell’insegnante. Ecco perché non funziona nulla. D’altronde i ministri e i sottosegretari passano, mentre i direttori generali, i funzionari, i consiglieri eccetera rimangono fino alla pensione. Ovvio, bravi o no che siano, chi li licenzia? Sono inamovibili.
Ben pagati. Il castello burocratico è enorme. Pochi vi si orientano. Migliaia di uffici, scrivanie, volti grigi; e che stipendi!
Chi controlla chi? Ciascun funzionario bada a non infastidire il collega per non esserne infastidito a propria volta.
L’unica vera preoccupazione della Casta amministrativa è mantenere il monopolio delle carte e di incasinare le pratiche allo scopo di apparire insostituibile. Spesso i politici stanno al gioco per illudersi di non subirlo. Si adattano nella speranza di conquistare la benevolenza dei sacerdoti del timbro e delle vestali del sacro faldone.
Basti pensare che il bilancio dello Stato è un mistero. Per esserci c’è. E si può perfino compulsare. Ma è un ginepraio di somme.
Mancano gli allegati in cui dovrebbe essere registrato ogni euro speso.
Speso per che cosa? Non si sa. Si sa che decine di miliardi (contributi a fondo perduto) piovono nelle tasche di imprenditori di cui però si ignora l’identità.Si ignora la motivazione dei versamenti. Si ignora l’importo degli assegni.
Data la situazione, come fa un capo di governo, per quanto professore della Bocconi, a scovare le voci sotto cui si annidano gli sperperi?
Poi c’è il Tar. Che esiste da quando esistono le Regioni. Prima non c’era e si viveva benone lo stesso.
Poi c’è la Corte dei conti.
Poi c’è il Consiglio di Stato.
Poi c’è l'Avvocatura dello Stato.
Poi ci sono le Authority.
La macchina è mastodontica, chiunque vi si avvicina prova a girare una vite ma il motore non s’avvia o si inceppa subito.Quanto ci costa il fermo? Segreto.
Che bella democrazia.
-----------------------------------------------
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 24-12-2011 12:12
http://www.ilgiornale.it/interni/le_regi...comments=1
Le Regioni degli sprechi: non solo i vitalizi d’oro, ma pure il bonus trombati
Fausto Biloslavo - 24 dicembre 2011, 09:00
Non tutti lo sanno, ma i consiglieri regionali, a parte quelli lombardi, oltre ai contestati vitalizi, incassano a fine mandato un’indennità per il «reinserimento lavoro» o «nella vita civile», che in alcuni casi è un ottimo gruzzolo.
Una liquidazione che varia per ogni Regione prevedendo conteggi e tetti diversi per il numero di mandati. Il risultato è che i primi della lista sono gli «onorevolini» calabresi con 56.850 euro a disposizione del consigliere uscente, dopo una sola legislatura. Cifra che arriva a 170.550 euro per il tetto massimo di tre mandati. Li seguono i campani con 54.860 euro e la Puglia di misura a 54.025 euro, sempre per una legislatura di 5 anni.
I deputati dell’assemblea siciliana sono fuori portata, ma le loro leggi ad hoc non permettono una corretta comparazione. La sorpresa è il quarto posto del Friuli-Venezia Giulia con 53.223 euro. I detrattori della casta l’hanno ribattezzata l’indennità dei «trombati», che segue il copione dei loro colleghi parlamentari nazionali. Bisognerebbe chiedersi come mai fior fiore di giornalisti, con contratti in aspettativa per decenni, imprenditori, avvocati, medici, professionisti vari, che continuano a mantenere l’attività ed i loro studi durante la carriera politica, in consiglio regionale o parlamento, hanno bisogno di un gruzzoletto per reinserirsi nel lavoro e nella vita civile. E forse l’agognata liquidazione dovrebbe venir collegata alle presenze in aula, scarse sia a livello nazionale che regionale.
In ogni caso il bonus per il poverino rimasto senza poltrona viene solitamente calcolato in base all’ultima mensilità dell’indennità di presenza lorda moltiplicata per ogni anno di esercizio del mandato. Prendendo come esempio il Friuli-Venezia Giulia si tratta di 53.223,65 euro per una legislatura, 106.447,3 per due, 159.670,95 per tre. L’eletto nel Consiglio di piazza Oberdan a Trieste subisce ogni mese la trattenuta di 532, 24 euro, ma a fine corsa incassa molto di più del versato.
Il Piemonte sabaudo segue la regione più ad est d’Italia con un’indennità di reinserimento di fine mandato che sfiora i 50.000 euro per un sola legislatura. I laziali ed i veneti sono staccati a 46.814 euro, ma un toscano ne incassa appena 38.000 euro e qualcosa. Il fanalino di coda spetta al valdostano che si accontenta di 33.500 euro.
In 8 Regioni non sono fissati limiti temporali su cui calcolare l’indennità di fine mandato. L’Emilia Romagna, la prima ad abolire i vitalizi, ha stabilito un massimo di due legislature, come per le Marche, Molise, Umbria, Valle d’Aosta e Veneto. La Campania prevede 16 anni per il calcolo del bonus, la Calabria tre legislature, come la Liguria, che però decurta del 50% il bonus fra il decimo e quindicesimo anno.
In Trentino Alto Adige la trattenuta obbligatoria è del 10%, ma l’indennità viene calcolata solo in base ai versamenti effettuati ad un apposito Fondo di solidarietà e ai risultati che ottiene, senza pesare ulteriormente sulle casse regionali. In Sardegna e Sicilia le trattenute sono del 6,7%, in Basilicata del 5,5%, in Campania, Marche, Piemonte, Toscana e Umbria del 5%.
La Lombardia è l’unica Regione che, da poco, ha abolito i vitalizi e pure il trattamento di fine mandato.
In Friuli-Venezia Giulia il comitato guidato dall’avvocato udinese Gianni Ortis punta ad un referendum per tagliare i costi della politica, compresa la liquidazione, ma la Regione ha alzato le barricate respingendolo. Se ne riparlerà a fine gennaio in tribunale. Il presidente della giunta di centro destra, Renzo Tondo, era stato il primo a lanciare un piano di tagli compresa la riduzione dei consiglieri. Martedì, con l’approvazione della legge di bilancio, si è stabilito che i tanto criticati vitalizi verranno aboliti dal 2013, quando si tornerà alle urne e verrà introdotto il sistema contributivo. Invece rimarranno blindate le pensioni di chi siede nell’attuale Consiglio regionale e degli ex. Stiamo parlando di 7,7 milioni di euro l’anno per 142 beneficiari. Non solo: con un emendamento dell’ultima ora l’assemblea del Friuli-Venezia Giulia ha sganciato gli stipendi dei consiglieri da quello dei parlamentari.
Così facendo saranno evitate le annunciate decurtazioni che attendono in gennaio deputati e senatori.
Per salvare il salvabile, spacciandolo ufficialmente per una svolta, hanno votato assieme Pdl, Lega ed Udc, con la complicità del Pd.
Per il bonus dei «trombati» i consiglieri regionali (gli ex sono 3.385) hanno semplicemente replicato l’andazzo del parlamento nazionale. L’«assegno per il reinserimento nella vita lavorativa» dei poveri onorevoli rimasti senza scranno varia da 46.814 euro per una sola legislatura ad oltre 140.000 per 15 anni in Parlamento. Peccato che il bonus di fine mandato sia esentasse, mentre i comuni mortali pagano sulle liquidazioni dal 23 al 27% di imposte.
www.faustobiloslavo.eu
----------------------------------
Giorgio Napolitano, che ieri è arrivato a dire, per tacitare la sinistra che minacciava di non votare, che anche le classi meno abbienti, cioè i poveri, devono fare i sacrifici.
--------------------------------------
Ballata malandrina di Natale
di Marcello Veneziani - 22 dicembre 2011, 08:28
Ruba il medico al neonato e già nasce col reato, di provette è spacciatore per il caro genitore.
Ruba forte il calciatore e ti trucca la partita per godersi poi la vita.
Ruba esami il professore, fa la cresta all’attestato e lo piazza al candidato. Ruba tanto il dirigente e si pappa la tangente.
Ruba grosso l’evasore e al fisco manco l’odore.
Ruba il vigile al Comune e il multato rende immune, scambia multe con mazzette o le commuta in tre fette.
Ruba a norma il finanziere come ruba il salumiere, ruba pure l’impiegato e perfino il magistrato.
Ruba in piccolo il tassista, ruba in scala il grossista, ruba a iosa il commerciante, ruba al volo l’ambulante. Ruba lesto l’artigiano ruba l’Ici il cappellano, ruba infine il beccamorto col cadavere d’asporto. Per il loculo ci prende e coi soldi poi ci stende.
Ruban tutti in questa terra e perfino sottoterra. Dalla culla al cimitero, non c’è scampo per davvero.Dalla nascita alla morte hanno tutti pari sorte.
E poi dicono la Casta, ma son della stessa pasta. Con i tecnici è immutato, la rapina è anche di Stato. Ora che vige il capestro, l'Italia è sotto sequestro. Pignorata è ogni sua branca da Equitalia ed Eurobanca. E per non lasciarci soli già ci attorniano i mariuoli.
Anche le vacanze sante se le ruba il lestofante. Ecco l'albero natalizio, ogni ramo spunta un vizio.
È il presepe di Natale di un'Italia fatta male, dove l'asino ruba al bue ed il fisco ad ambedue.
-----------------------
Per quel che vale, Auguri di Buon Natale!
Buon Natale a tutti coloro che qui vengono e auguri anche a te , amico mio ,anche se non sò chi sei.
Cher
RE: [OT] Attualità e Cultura - giorgio_luppi - 24-12-2011 16:22
Heila' ragazzi, come va li' in riva al fiume?
Vi state annoiando? Ho l'impressione che, da quando non avete piu' nessuno da insultare, siate sopraffatti da una noia mortale. Solo il mitico Cher che continua a postare articoli di giornale e nulla piu'.
Se volete dico qualcosa al Bellotti cosi' movimentiamo un po' le lunghe serate invernali.
Un augurio di Buon Natale e felice Nuovo Anno Nucleare a tutti.
Giorgio.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 24-12-2011 16:38
Solo il mitico Cher che continua a postare articoli di giornale e nulla piu'.....
Grazie per il mitico......intendi Satiro
http://it.wikipedia.org/wiki/Satiro
Oppure intendevi Afrodite.....
http://it.wikipedia.org/wiki/Afrodite
Quello che mi lascia basito è il tuo Nulla Più o che tu vivi sulla luna o che tu vivi in mondo tutto tuo ( si prega di leggere con una inflenza dialettale Toscana), per la cronaca il Verdame&C ha ridotto alla fame il continente più evoluto e civilizzato del globo! Certo che solo chi possiede un cervello da primate non comprende questa INvoluzione di impronta storica verso il declino della civiltà!
Per quel che vale ( mi ripeto) Buon Natale anche a Te Lupi!
-------------------
Le immagini Epiche sono tratte dal calendario 2012 dell'industria nucleare Russa. ( solo per rimanere in tema, visto che ogni tanto qualche ipersensibile ricorda che questo è un forum di natura e tematica nucleare e tutto che non è in linea con la sua limitata visione sul nucleare gli stimola l' unico Ippocampo funzionante e poi vien in luogo per esternare il suo disappunto sulla "deriva" tematica)
Grazie e scusate la retorica volutamente polemica.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 26-12-2011 18:11
http://www.loccidentale.it/node/112330
Previsioni pre-Natalizie di impaludamento
Il cammino del governo Monti
di John Galt 23 Dicembre 2011
Quando, qualche settimana fa, le truppe presidenziali, per mesi segretamente ammassate lungo i confini della legalità democratica, sono improvvisamente dilagate attraverso il devastato campo di battaglia della politica nostrana, in molti tra i vecchi contendenti sono corsi loro incontro, affrettandosi a consegnare, in deferente omaggio, le chiavi delle rispettive ridotte.
Così, a parte le fiumane di alcool in gioiosa fuoriuscita da migliaia di bottiglie agitate al passaggio del corteo berlusconiano diretto al Colle ed il fastidioso scampanio mediatico dei TG e dei quotidiani organici (imbarazzanti le lisciate del giornalone milanese), il passaggio al nuovo regime è avvenuto in modo quasi silente: i dignitari dell’una e dell’altra fazione hanno rapidamente serrato le mascelle e, per alcuni giorni, la Nazione ha potuto addirittura obliare il doloroso fenomeno della ciarlataneria professionale.
Ma è difficile che animi surriscaldati da decenni di petulanza demagogica possano placarsi di fronte alla figura smilza di un anziano professore di sobria militanza meneghina e dalla storia distante.
Le funzioni simboliche della psiche umana, che, in questo della politica come in altri campi, precedono qualsiasi tentativo di approssimazione razionale al mondo, pretendono altro per concedere, nel bene o nel male, le proprie grazie. Era, dunque, solo questione di tempo prima che, spinti dalle rispettive soldataglie gonfie di adrenalina, i vari signorotti cominciassero ad organizzare la resistenza al nuovo regnante. Prima circospetti, timidamente saggiando le reazioni dei loro pari, poi con sicurezza crescente.
E neppure l’ennesima esternazione quirinalizia, sul buon nome del prescelto e sull’apprezzamento internazionale nei riguardi di sacrifici tanto invisi, pare ormai fuoco sufficiente a dissuadere l’istintivo coordinarsi di lupi minacciosi intorno alle truppe raccolte sotto stendardi accademici.
E, certo, non aiutano isolati colpi di bombarda sparati dall’accampamento dei nuovi venuti, a saggiare le resistenze su questo o quel provvedimento. Ché la reazione ad essi cancella vecchi rancori e rafforza nuove alleanze tra le forze espropriate.
Non occorre essere strateghi per capire che l’effetto sorpresa può garantire enormi vantaggi, ma effimeri e facilissimi da non cogliere. Ecco, appunto. Si crede qui che l’attuale compagine governativa abbia perso, come si dice, l’attimo, finendo dritta dritta, in palese eccesso di autostima, nella palude di provvedimenti economici controproducenti per sé stessa, ma, soprattutto, per il Paese.
E ben disse quello, accreditando il parente prossimo, pur ignorante della scienza triste, di pari capacità montiane nell’apparecchio di una manovra tutta tasse. Ben più nel segno avrebbe colto un piano ragionato di vendite del patrimonio statale, accompagnato da robusti tagli ad una spesa pubblica in chiara evidenza di sprechi (cominciando, magari, dalla sanità, nelle regioni in cui quest’ultima è oramai solo lauto banchetto) e da generalizzate riduzioni del carico fiscale.
Certo, ghigliottinare le uscite richiede tratti caratteriali davvero rocciosi, al limite dell’autismo: tremontiani, si sarebbe tentati di dire (in ogni caso, scarsamente disponibili sul mercato della dirigenza politica nazionale). Oltre, naturalmente, ad una prossimità pluriennale (tremontiana, si sarebbe nuovamente tentati di suggerire) alla materia, che vite passate a teorizzare o ad amministrare non possono certo improvvisare, nonostante la farcitura di qualche settimana di pratica governativa.
Improvvisazione, ecco. Pare questo il segno della nuova avventura.
E dunque, là dove si propagandavano capacità ed esperienza, si rivela all’opera la sicumera algebrica di grigi burocrati in cronica mancanza di genio. Dove si inneggiava alla certezza della riuscita si intravede l’azzardo di un maldestro affidarsi alla sorte.
E dove, infine, si esaltava la dinamica organizzazione del blitzkrieg si assiste al lento scivolare nell’immobilismo.
In fin dei conti, cosa è cambiato rispetto al periodo arcoriano? (oltre ad un inutile senatore a vita in più, intendiamo ed anche escludendo l’ovvio di uno spread che minaccia immutato).
Ci pare, infatti, che ciò che era opposizione continui ad inseguire, irresponsabile, il vento delle piazze od a fare inutile sfoggio di misurata pacatezza, mentre ciò che era maggioranza moderata persista, inesorabile, a perdere pezzi.
Di novità, si registra solamente il frenetico neo compulsare le sorgenti del fiume sacro da parte dei padani e le difficoltà in cui il sindacalismo della ragione si dibatte, a causa di maldestri balzi in avanti in fatto di licenziamenti.
Qui si crede che, più saggio dello stizzoso protagonismo del fare a piacimento (rischiosissimo piatto su cui giocare il prestigio della prima carica del Paese), sarebbe stato l’appartato e silente ascolto di ciò che la Nazione aveva da dire, accompagnato, a urne (e porte) chiuse, dalla presidenziale e costituzionalissima pretesa, rivolta ai contendenti, dell’assoluto rispetto (in discontinuità forte rispetto al recente passato) dei futuri verdetti elettorali.
Perché nel tonante sussurrio e mirato si ricorda (da oramai lontani studi costituzionali) risiedere la ragion d’essere del primo degli italiani e non nel suo quotidiano e generico esternare (per non dire della imposizione di soluzioni di governo non elettive).
Quello stesso sussurrio che è curiosamente mancato proprio quando la canea più assordante impediva il corretto funzionare di regole democratiche. Come andranno a finire le cose? Ora che il “colpo di falce” è andato a vuoto e che mestieranti e capipopolo hanno definitivamente preso le misure ai professoroni, è parecchio difficile immaginare, per questi ultimi, qualcosa di molto differente da un mediocre navigare a vista.
Ed, anzi, è probabile, per la compagine esecutiva, un lento consumarsi in continue e dolorose contorsioni, tra veti e ricatti incrociati. Qualcosa di non differente, insomma, da una lenta agonia verso nuove elezioni.
Con buona pace dell'urgenza spread, dei nostri poveri soldi e del nuovo re d’Italia.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 27-12-2011 14:42
http://www.ilgiornale.it/interni/trascri...comments=1
Una trascrizione falsa? No, "miraggio acustico"
di Gian Marco Chiocci - 27 dicembre 2011, 09:06
«Miraggi» e «miracoli acustici» archiviano la vergogna delle intercettazioni taroccate. È la storia del discusso proscioglimento davanti al gup di Lecco di alcuni ispettori della Dia di Messina indagati per aver trascritto in modo fantasioso, nel luglio del 2001, alcune intercettazioni in un bar della città siciliana dal contenuto in realtà assolutamente «non udibile».
Ingrandisci immaginePresunte chiacchierate attribuite a tre persone (arrestate insieme ad altre tredici,
tutte scagionate prima del processo) dove si sarebbe fatto cenno a fatti gravissimi: traffico d’armi, rapporti con cosche mafiose, smercio di grosse quantità di stupefacenti, corruzioni di giudici, addirittura un omicidio. Bene (si fa per dire).
Nel nastro originale alla base dell’inchiesta che manderà in galera l’ex sottosegretario Santino Pagano, il giudice Giuseppe Savoca, imprenditori dello Stretto e quant’altro, s’è poi scoperto che nulla di quanto era stato trascritto dalla Dia figurava nella bobina. Niente si sentiva. Le consulenze tecniche, di parte e quelle super partes, l’hanno accertato.
Ed hanno anche evidenziato come risultassero espressioni attribuite a soggetti maschili quando le voci erano nitidamente femminili, come non c’era alcun riferimento a cognomi e luoghi nonostante nel rapporto della Dia emergessero nomi propri ripetuti ben 161 volte con l’indicazioni di 96 posti. E ancora. Come frasi prive di qualsiasi rilievo penale, perfettamente riscontrabili azionando «play» sul registratore, erano state letteralmente sostituite con altre di significato gravemente indiziario a carico degli imputati.
Nel motivare la sua decisione assolutoria il gup ha premesso che forse le intercettazioni non dovevano essere trascritte causa la pessima qualità dell’audio, ma che data l’alta soggettività delle interpretazioni, proprio a causa della cattiva qualità del sonoro, non si poteva escludere in astratto che quelle frasi fossero state effettivamente presenti nella registrazione. Traduzione: anche se tutte quelle parole non si sentono, e se nessuno dei tanti periti che hanno ascoltato i nastri le hanno sentite, non vuol dire che esse non esistano visto che i poliziotti le hanno sentite e trascritte. Dunque la non udibilità del contenuto del nastro, secondo il gup, determina l’impossibilità di stabilire con certezza l’esistenza «del falso».
Con un durissimo ricorso per Cassazione, i difensori delle parti civili contestano questo modo di ragionare. Tanto per cominciare rimarcano come il gup avrebbe potuto facilmente accertare il contenuto del nastro facendo ascoltare in aula i brani contestati «e invece inspiegabilmente rifiutava di procedere all’acquisizione di tale prova ritenendola superflua e non necessaria, salvo poi, in stridente contrasto con tale situazione, ritenerla (implicitamente) decisiva avendo posto a base della sua pronuncia liberatoria proprio il mancato accertamento dell’effettivo contenuto della registrazione».
Di fronte a tante e ripetute anomalie il perito nominato dalla procura di Lecco, il direttore tecnico della polizia scientifica Delfino, ha ammesso di non essere in grado di dare una spiegazione su buona parte dell’operato dei colleghi. Su altra parte del materiale trascritto, l’esperto si rifà all’ipotesi di un «miraggio acustico o uditivo», in qualche modo avallata dal gup.
Un particolare fenomeno che colpisce chi, avendo conoscenza della indagini, e dei nomi e dei posti oggetto di accertamenti di polizia, possa credere di sentire nelle intercettazioni nomi e fatti che nelle intercettazioni poi non si ritrovano. Capita di rado, ma capita.
A un trascrittore, non a più poliziotti in cuffia. Al massimo per una frase, non a decine. Scrive l’avvocato Alberto Gullino alla Suprema Corte: così rischiamo di «trovarci di fronte a un miraggio uditivo collettivo e reiterato che colpisce più persone in momenti differenti», che trae in inganno i tre della Dia che avrebbero creduto di sentire tutti esattamente le stesse cose in occasioni diverse, distanti nel tempo, in intercettazioni inascoltabili a sentire gli esperti.
Lo stesso super consulente Delfino alla fine l’ha dovuto confessare: «Questa è la prima volta che mi capita che su 30 minuti ci siano tutte queste discrepanze». Tornando al sonoro, chiosa il legale della parti civili, il gup sembra essersi convinto di trovarsi al cospetto più che di un miraggio, di un «miracolo acustico». Quando la giustizia passa per Lourdes.
....................................................
Qualche dubbio sulla repubblica delle banane?
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 29-12-2011 11:15
Il Napolitano che cambiò la Costituzione
di Marcello Veneziani - 29 dicembre 2011, 08:57
L’anno che finisce è stato il Napolitanno, ovvero l'anno di Giorgio Napolitano. L’unico politico di lunghissimo corso non solo risparmiato dal discredito antipolitico ma che ha addirittura guadagnato simpatie, anche tra i moderati.
L’unico fatturato politico che lascia il 150˚ dell’Unità d’Italia è la glorificazione di Re Giorgio. Ha pilotato la crisi da protagonista assoluto: a lui si deve l’eutanasia del governo Berlusconi e l’inseminazione artificiale per far nascere Monti con la benedizione delle Banche e degli Europadroni.
Tutto questo mentre vige ancora la repubblica parlamentare, la sovranità nazionale e popolare. È stato bravo, va detto. Però il massimo garante e custode della Costituzione non ha mai contestato la legge elettorale vigente che sospende il diritto costituzionale degli elettori di designare i propri rappresentanti. E ha sostituito un governo liberamente sceltodagli elettori con un governo extraparlamentare di tecnici (poi votato dal Parlamento).
Non sarà una sospensione formale della democrazia, però Napolitano ha seguito il decisionismo di Carl Schmitt, non proprio di cultura democratica: sovrano è colui che decide in stato d’eccezione. E lui, nel nome dell'emergenza, ha pilotato lo strappo alla sovranità popolare. Ma a questo punto non sarebbe meglio una repubblica presidenziale piuttosto che questo presidenzialismo a intermittenza, ipocrita e strisciante? Meglio i capi dello Stato eletti dal popolo che i golpetti bianchi e i monarchi mascherati.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 29-12-2011 12:47
http://www.ilgiornale.it/cronache/deve_c...comments=1
Mantova, le toghe: "Una bimba non può chiamarsi Andrea"
di Luisa De Montis - 29 dicembre 2011, 10:50
I giudici hanno sentenziato: a cinque anni deve cambiare nome. Succede a Mantova, dove la piccola Andrea sarà costretta a chiamarsi Andrée.
A ordinarlo è il Tribunale civile, che ha imposto ai genitori di cambiare nome alla propria figlia, nata a Parigi ma di nazionalità italiana, da Andrea in Andrée: "Andrea è un nome prettamente maschile e in Italia è addirittura il terzo per diffusione. Inoltre - aggiunge il Tribunale - deriva dal greco antico e indica virilità". A tutto ciò si aggiunge il fatto che la legge italiana impedisce di utilizzare appellativi che non identifichino in maniera corretta la sessualità.
Il caso è scoppiato quando i genitori hanno chiesto la trascrizione dell’atto di nascita della bimba nel loro comune d'origine, Castiglione delle Stiviere, in provincia di Mantova. L’ufficiale di stato civile ha consentito all'iscrizione della bambina con il nome di Andrea, ma ha segnalato la cosa alla procura della Repubblica di Mantova. È poi partito il procedimento civile in cui il procuratore di Mantova, Antonino Condorelli, ha chiesto di premettere al nome Andrea quello di Giulia.
Il giudice invece ha preferito optare per la versione francese del nome Andrea: Andrée, femminile di Andrè, ordinando all’ufficiale di Stato civile di Castiglione di rettificare l’atto di nascita della piccola.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 31-12-2011 11:27
http://www.ilgiornale.it/interni/le_stat...comments=1
E' STATA LA CULONA
di Alessandro Sallusti - 31 dicembre 2011, 08:55
Quando si dice che non tutte le ciambelle riescono col buco. E dire che quella confezionata da Napolitano per fare fuori Berlusconi già era poco credibile a caldo.
Troppe mani avevano partecipato all’impasto e alla lievitazione, dentro e fuori l’allora maggioranza. Poco credibile quella necessità di urgenza assoluta finita nel dimenticatoio un minuto dopo il giuramento del governo Monti. Troppo oscuro il percorso che aveva portato alla scelta di quei ministri così tecnici ma così ammanicati con poteri altri dalla politica. Ieri si è scoperto che la farina non veniva dal nostro sacco, ma da quello della Merkel. Lo svela il quotidiano Wall Street Journal , che racconta di una telefonata tenuta segreta fatta il 20 ottobre a Napolitano nella quale la cancelliera tedesca chiede con forza l’allontanamento di Berlusconi e in cambio promette aiuto e comprensione per l’Italia.Non sappiamo che assicurazioni abbia avuto da Napolitano, certo è che solo quattro giorni dopo, il 24 ottobre, la cancelliera si sentiva certa che Berlusconi era finito, al punto da ridere di lui durante la conferenza stampa del G8 insieme al sodale Sarkozy.
Passano due settimane e la Merkel è accontentata. Napolitano nomina Monti senatore a vita. È lo stesso Monti che ha raccontato come è andata: «Ero a Berlino e ho ricevuto una telefonata del Quirinale che...». A Berlino? Ma guarda la coincidenza. Ovviamente ci sarà una spiegazione anche a questo, speriamo che non sia come quella data ieri da Napolitano sulla telefonata: sì, c’è stata, ma abbiamo parlato d’altro. Già, del tempo o forse della comune fascinazione giovanile per il comunismo: lei in carriera nella Germania dell’Est, lui a stendere comunicati a favore dell’invasione russa dell'Ungheria e contro il Nobel al dissidente Sacharov.
Insomma, in ottobre il Paese non era in pericolo, non più di quanto lo sia adesso. Altri interessi hanno portato alla sceneggiata istituzionale. Quelli del comunista Napolitano sono ovvi e noti. Quelli della Merkel meno. Non credo che la signora si sia vendicata per aver appreso da una intercettazione illegale che Berlusconi la chiamava in privato, e da buon cronista, «la culona». No, credo che più che la signora abbia circuito, insieme a mister Obama e a Sarkozy, nonno Napolitano per piegare l’Italia al loro volere su questioni altre, tipo Libia, asse con Putin, oleodotti e altri mega affari.
Ma su questo ne sapremo di più alla prossima telefonata con gli ordini per Quirinale e Palazzo Chigi.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 31-12-2011 19:38
http://www.ilgiornale.it/interni/se_tutt...comments=1
Se tutto va bene Monti ci ha rovinati
di Vittorio Feltri - 31 dicembre 2011, 17:41
La più bella notizia dell’anno è che siamo ancora vivi. La più brutta è che siamo mezzi morti. Negli ultimi mesi abbiamo assistito a uno spettacolo inimmaginabile fino all’inizio dello scorso autunno.
Non ci riferiamo alle dimissioni (che erano nell’aria) di Silvio Berlusconi, cui si deve comunque la svolta politica,ma all’avvento di Mario Monti. L’arrivo di questi a Palazzo Chigi non ha favorito il cambiamento che molti speravano, e cioè il decollo dell’Italia,la ripresa economica e l’abbattimento dello spread,ma ha introdotto nel Palazzo motivi di divertimento assoluto. In altri termini, tutte le grane che c’erano all’epoca del governo di centrodestra sono rimaste, anzi, si sono aggravate le tasse sono cresciute, la gente va in pensione più tardi, l'Iva è aumentata, la benzina e i tabacchi e l’alcol sono rincarati - però ci viene da ridere. L’uscita del Cavaliere e l’ingresso del Professore hanno suscitato nel Partito democratico, nella quasi totalità della stampa e della televisione e nel cosiddetto Terzo polo un’ondata di buonumore. Il governo non è più considerato ladro, forse perché piove poco o niente affatto. I sindacati non ringhiano: hanno fatto uno scioperino di tre ore tanto per giustificare il costo delle tessere, brontolano bonariamente, ma si capisce lontano un chilometro che se ne impipano dei ceti deboli. Dei quali si sono scordati anche i giornalisti da combattimento dei talk show. Michele Santoro è sparito, se ne occuperà presto Chi l'ha visto?, noto programma di Rai 3. Ballarò, che per tre anni ci aveva somministrato servizi settimanali sui pensionati costretti a raccattare per terra scarti di ortaggi ai mercati, ora mostra solo reportage sereni, confortanti.
L’Italia di oggi è peggiorata rispetto a ieri, ma per l’informazione sono scomparse d’incanto le famiglie che con lo stipendio non arrivano alla fine del mese. Forse si nutrono di speranza e di fiducia nel premier algido che usa il fisco per punire, ma lo fa per il nostro bene, garantendoci un futuro radioso. Un premier che ogni due per tre dice: eravate sull’orlo del baratro, poi per vostra fortuna sono arrivato io e vi ho acciuffato per i capelli, altrimenti sareste sprofondati. E noi poveri tapini: grazie, grazie signor docente, come faremo a sdebitarci? Il docente allora, con aria benevola: semplice, basta che paghiate il debito pubblico e siamo pari.
La ricetta di Monti è questa: io governo, voi sganciate. Geniale. Come mai non ci aveva pensato quel babbeo di Berlusconi? Invece di seguitare a rassicurarci: non vi metterò le mani in tasca, poteva mettercele, e avrebbe salvato se stesso e noi. Non aspettavamo altro che aprire il portafogli e offrirne il contenuto allo Stato. E che dire dellafase due? L’abbiamo attesa con trepidazione per un mese nella convinzione fosse una magica soluzione per incentivare la famosa crescita. Si è riunito il Consiglio dei ministri, ci siamo domandati che cosa diavolo avesse escogitato, quando il presidente è uscito dalle sacre stanze eravamo lì con le orecchie ben aperte per udire dalla sua viva voce la formula miracolosa e salvifica. Quindi? Delusione. Lui ci ha rimandato al dì appresso: terrò una conferenza stampa e saprete.
Rassegnati, abbiamo pazientato altre 24 ore. Finalmente il cattedratico si è degnato di spiegare, due ore e mezzo di pistolotto professorale; noi zitti ad ascoltare come scolaretti, ma non abbiamo compreso un’acca. Che senso ha blaterare tanto a lungo se non si ha un tubo da dire? Oltretutto Monti ha tediato il pubblico, affamato di notizie, usando un linguaggio involuto, iniziatico, infarcito di anglicismi, sostanzialmente ostico e inaccessibile alla maggioranza degli italiani. Perché gli è stato consentito di perdere tanto tempo e di impedire la messa in onda puntuale del Tg1? Se una cosa simile l’avesse fatta Berlusconi, lo avrebbero accusato di essere un dittatore protervo, incurante delle regole, strafottente e invadente. Viceversa, a Monti nessuno ha osato muovere un rimprovero, una critica, nemmeno un appunto. Mah!
Forse è vero che se non è mutata la situazione economico-finanziaria, è però mutato il costume.
Si pensi al trattamento riservato ad Augusto Minzolini.
Dicevano che era un incapace perché gli ascolti del tiggì che dirigeva scendevano a vista d'occhio. Lo hanno licenziato in malo modo e sostituito con altro direttore, però gli ascolti sono ulteriormente calati, fino a scendere addirittura al di sotto di quelli del Tg5, eppure nessuno ha fiatato.
Ma che è accaduto in 60 giorni di così importante da modificare radicalmente le abitudini e gli atteggiamenti dei sedicenti «cani da guardia del potere»? Prima era tutto uno schifo, ora va tutto bene madama la marchesa.
Ecco che cosa chiediamo al 2012: un po’ di chiarezza, se non proprio di onestà. A Monti rivolgiamo un augurio: di non tenere i piedi saldamente ancorati sulle nuvole. Se insisterà a voler liberalizzare soltanto i tassisti, i farmacisti e gli edicolanti, guardandosi dal toccare gli ordini professionali ( quello dei giornalisti lo ha gratificato consegnandogli la tessera in cambio di che?) e le municipalizzate, beh, nel baratro insieme con noi ci finirà anche lui. Altro che Quirinale.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 01-01-2012 11:20
http://www.ilgiornale.it/rubrica_cucu/i_...comments=1
I conti quadrano, l'Italia no
di Marcello Veneziani - 31 dicembre 2011, 10:54
Ho assistito in religioso ascolto al telefilm horror Il giorno dei Monti Viventi.
Tre ore di spiritismo con parentesi spiritose, come quella sullo struzzo.
Ogni volta che i giornalisti lo evocavano, si scoperchiava il sepolcro e lo spirito di Monti si manifestava biascicando un mantra inarrestabile, un infinito Om dacadavere assonnato che faceva cadere gli spettatori in stato di trance.
Il tono del suo requiem era sempre uguale, sia che descrivesse il baratro sia che scherzasse sullo struzzo. Chissà com'era da vivente Monti, se talvolta aveva scatti d'ira, riso o entusiasmo. Forse in vita era portiere della Nazionale, si chiamava Zoff, l'unico che gli somigliava in tono e inespressività. Un oracolo che ha studiato da ragioniere.
Nel raccapricciante telefilm mandato in ondal'altro giorno il Morto ci esortava all'ottimismo della putrefazione. Ma proprio qui sorge il più atroce dubbio. Lui ha sibilato: ora che abbiamo messo in sicurezza i conti e abbiamo evitato il burrone, vi daremo Crescitalia.
Poi vedi la borsa, lo spread e la vita reale del paese e ti accorgi che il risanamento è solo nella sua testa, come crescitalia del resto. Allora ti viene il sospetto che i tecnici facciano quadrare i conti ma il mondo è tondo. I tecnici prescindono dalla realtà. E' come affidare un malato non al medico ma all' operatore farmaceutico; conosce i farmaci, non il paziente. Questo mi spaventa. Ma per il nuovo anno esprimo tutto il mio cordoglio al premier, che è il modo a lui più consono per rallegrarmi con lui e fargli gli auguri.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 02-01-2012 17:18
http://www.chicago-blog.it/2011/12/31/di...sbagliata/
Dietro ogni aumento c’è una politica sbagliata. Con un buon anno ai nostri politici
Carlo Stagnaro
In questi ultimi giorni dell’anno, gli italiani sono stati bombardati da notizie piuttosto preoccupanti sugli aumenti che sono arrivati o arriveranno. Per esempio, la Cgia di Mestre ha notato che i prezzi della maggior parte dei servizi pubblici sono cresciuti assai più rapidamente del costo della vita, Lorenzo Salvia sul Corriere ha parlato dell’evergreen dei rincari, i carburanti, e Stefano Agnoli, sul suo blog, si è occupato di elettricità e gas. Sebbene stiamo parlando di cose molto diverse tra di loro, c’è un elemento unificante: in tutti questi casi, gli aumenti sono figli di scelte politiche. Quindi, si tratta di aumenti che sono stati intenzionalmente e deliberatamente voluti dai governi che si sono avvicendati negli ultimi anni alla guida del paese (escludo l’ipotesi che essi abbiano preso certe determinazioni senza rendersi conto che avrebbero inevitabilmente portato a un’ondata di rincari, perché pensare altrimenti implicherebbe che siamo stati governati da una banda di cialtroni incompetenti – e questo non è possibile, vero?).
Almeno in parte questi aumenti derivano dal fatto che molte voci di costo – come nel caso dell’acqua – si sono spostate dalla fiscalità alle bollette. Ma a questo spostamento non ha fatto da pendant l’attesa riduzione del prelievo fiscale: anzi, sempre secondo la Cgia le imposte locali sono aumentate del 138 per cento in 15 anni. Ma questo non spiega interamente la crescita dei prezzi, né vale per tutti i settori di cui stiamo parlando.
Prendiamo i tre casi citati. Per quel che riguarda i prezzi dei servizi pubblici, è evidente a chiunque che essi sono cresciuti più rapidamente nei servizi non esposti alla concorrenza. In alcuni casi – come nel gas e nelle ferrovie – l’assenza di concorrenza è dovuta al permanere di barriere all’ingresso di palmare evidenza: l’integrazione verticale dell’ex monopolista del gas, che controlla anche la rete di trasporto nazionale, e tutte le norme che impediscono l’arrivo di nuovi entranti sul mercato nel trasporto ferroviario (in particolare regionale, ma anche nell’alta velocità e nel cargo non sono tutte rose e fiori). In altri casi, dove la concorrenza “nel mercato” non è possibile – per esempio acqua, rifiuti, e in parte trasporto urbano – l’ostinazione dei comuni nell’affidare direttamente il servizio anziché passare attraverso procedure a evidenza pubblica è un formidabile cocktail di azzardo morale e inefficienza produttiva. Tant’è che le società di trasporto pubblico sono tutte in panne a causa dei tagli ai trasferimenti, ma continuano a spendere circa un terzo in più della media europea, a parità di servizio (come dimostra Ugo Arrigo). Questo significa che, mantenendo l’offerta inalterata, si potrebbero ridurre i costi (cioè i trasferimenti, o il biglietto) di circa un terzo, ovvero che, a parità di entrate, si potrebbero offrire un terzo delle corse in più. Ora, se le gare non vengono bandite (o se, dove la concorrenza in senso consueto è possibile, essa non è consentita o è scoraggiata) non è perché stia scritto nelle stelle: è perché, con le loro scelte e prassi, o con le norme che approvano oppure che non abrogano, i nostri politici (nazionali e locali) lasciano che le cose siano e restino in questi termini. La questione è aggravata e resa ancor più patologica dal fatto che la maggior parte dei monopolisti (nazionali, come l’Eni, o locali, come le municipalizzate), sono controllati o posseduti da enti pubblici. Questo crea un conflitto di interesse enorme in capo al soggetto pubblico che è al tempo stesso regolatore (e quindi teoricamente incaricato di proteggere l’interesse pubblico) e azionista (e quindi titolare di un interesse privato). Se non si privatizza, le liberalizzazioni sono a rischio (nelle prossime settimane pubblicheremo uno studio realizzato assieme a Mattia Bacciardi proprio su questi temi); se non si liberalizza, i prezzi resteranno alti e la qualità bassa. Viceversa, assetti privatistici tendono a creare spinte verso l’efficienza (Lucia Quaglino lo illustra attraverso il caso del servizio idrico).
Oltre alla mancanza di concorrenza, c’è poi il drammatico peso degli interventi diretti sul livello dei prezzi da parte della politica. Agnoli riflette sul peso degli oneri parafiscali (come i sussidi alle fonti rinnovabili) sulla bolletta elettrica, e sulle conseguenze della struttura del nostro mercato (che lega i prezzi alle indicizzazioni contrattuali, anziché all’effettivo gioco di domanda e offerta) su quella del gas. Salvia si occupa invece dei carburanti, dove – se pure c’è un problema ovvio di concorrenza (ce ne siamo occupati con Stefano Verde) - a determinare le ultime impennate sono stati gli incrementi delle accise, per entità e frequenza senza precedenti (qui con Filippo Cavazzoni sull’aumento pro-Fus, e qui sul “regalo natalizio” di Mario Monti agli automobilisti). Se poi aggiungiamo la Robin Tax, che ha una serie di conseguenze anti-concorrenziali come ha notato la stessa Autorità per l’energia in una segnalazione (inascoltata) a Parlamento e governo, il quadro è completo.
La morale della storia è piuttosto semplice, dunque: la maggior parte degli aumenti osservati, molti dei quali si sono amplificati proprio quando non dovevano, cioè nel mezzo della recessione, sono legati a scelte politiche. La scelta di introdurre nuove imposte, per esempio; oppure quella di proteggere posizioni di rendita o di monopolio; o, ancora, la scelta di non far nulla per intaccare tali rendite. In alcuni casi ci si è provato, ed è andata male, ora per le opposizioni parlamentari (come per il ddl Lanzillotta e l’emendamento Morando, ai tempi del governo Prodi, sulla separazione di Snam Rete Gas dall’Eni), ora a causa del ciclone referendario (come per l’acqua e i servizi pubblici), ora per la forte resistenza degli interessi colpiti (come con la controriforma, abortita, dell’ordinamento forense). In tutti questi casi, e in molti altri, fatti salvi pochi coraggiosi che hanno tentato e hanno fallito (ma hanno tentato e lo hanno fatto con convinzione e con tutti i mezzi di cui disponevano), la maggior parte della nostra classe dirigente è stata o attivamente responsabile delle norme anticoncorrenziali, o passivamente solidale con le lobby. Non sono sicuro su quale di questi due comportamenti sia peggiore. All’atto pratico, comunque, non fa grande differenza, perché il risultato è che, proprio mentre il paese si impoverisce, il costo dei fattori di produzione aumenta; e il paese si impoverisce anche perché non riesce ad accedere a servizi essenziali a prezzi e con qualità comparabili a quelle dei concorrenti. Che si tratti di norme o di imposte, ancora una volta, non fa molta differenza, perché il risultato è essenzialmente lo stesso.
Così, la fotografia scattata nei tre articoli citati all’inizio di questo post non è solo deprimente perché indica il salasso a cui andiamo incontro; è anche e soprattutto devastante perché rappresenta la cifra dei problemi italiani, problemi che ben pochi sembrano voler realmente risolvere. E’ perlomeno singolare, d’altra parte, che i nostri politici non trovino di meglio, per chiudere l’anno, che creare nuove tasse e nuove barriere, senza toccare nessuna di quelle vecchie. Il loro modo di augurarci “felice 2012″ è provocare aumenti nei prezzi dei beni e servizi essenziali: o perché lo scelgono consapevolmente, o perché neppure se ne rendono conto, tanto sono occupati a razzolare tra le loro e nostre miserie.
Tante grazie, buon anno anche a voi e andate a farvi fottere.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Charade77 - 02-01-2012 18:12
Heila' ragazzi, come va li' in riva al fiume?
Vi state annoiando? Ho l'impressione che, da quando non avete piu' nessuno da insultare, siate sopraffatti da una noia mortale. Solo il mitico Cher che continua a postare articoli di giornale e nulla piu'.
Se volete dico qualcosa al Bellotti cosi' movimentiamo un po' le lunghe serate invernali.
Un augurio di Buon Natale e felice Nuovo Anno Nucleare a tutti.
Giorgio.
In riva al fiume si sta più che bene ,e senza gli spara-cazzate gratuiti fra i piedi ,si studia ,ci si informa , si approfondiscono temi seri di scienza e tecnologia.
Tranquillo , nessuno sente la mancanza nè il bisogno di venditori ambulanti di eco-energie-inutili ... chissà che il nuclear-meeting ritorni tra i pochi "fazzoletti del web" privi di "elementi inquinanti".
Felice anno nuovo anche a te ... ti aspetto con argomenti seri e un poco più fondati ...
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 04-01-2012 12:55
http://www.ilgiornale.it/interni/siamo_u...comments=1
Siamo uomini, non salvadanai
di Marcello Veneziani - 04 gennaio 2012, 08:00
Ma che miseria cominciare l'anno festeggiando il decennale dell’Euro e continuare nei giorni. Roba da usurai. Commemoriamo semmai il decennale in cui l'Europa si ridusse a un soldo bucato.
Era grande l'Europa, da millenni, grande ma divisa. Grandi le opere, i leader e le imprese. E proprio nel secolo che finì in moneta grandiosi testi narrarono lo spirito europeo e il suo declino. Poi tutto fu monetizzato e si ridusse al lancio di una monetina, come si fa per decidere il campo di gioco o chi tira per primo.
Non fraintendete, era buona l'idea della moneta unica; ma era infame pensare che l'unione europea potesse nascere dalla moneta unica. Per tutto il novecento le grandi menti d'Europa avevano pensato la Tecnica: Junger e Heidegger, Spengler, Anders e Gehlen, il Circolo di Vienna e i neopositivisti, e su altri versanti Fermi, Maiorana, von Braun. Il sanguigno Bernanos scriveva «lo spirito europeo e il mondo delle macchine ». Profetizzarono che i nuovi cesari sarebbero venuti dall'Economia e dalla Tecnica.
Poi un giorno spuntò al potere, tomo tomo cacchio cacchio, il Tecnico, Mario Monti, mentre il Leviatano economico partoriva i suoi Draghi. In Europa schizzava lo spread dappertutto, la vita cedette alla borsa, il bund bund fu il gioco erotico della tecno-Europa: e la porca Italia di Berlusca, castrata dai tedeschi, mutò il maiale in salvadanaio. L'Europa passò alla cassa, altrimenti detta feretro. Ma siamo uomini, non salvadanai; e non voglio pensare in che fessura c'infilano gli euro prelevati dalle tasse.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 06-01-2012 01:24
http://www.loccidentale.it/node/112561
Se il diritto è solo la volontà dei politici, la libertà viene meno e l’economia frana
di Carlo Lottieri 5 Gennaio 2012
È del tutto ingiustificabile la decisione, assunta con l’approvazione dell’ultima manovra, di non rendere più convertibili in euro le ultime lire possedute dagli italiani, che fino a poche settimane fa si era detto convertibili fino a fine febbraio. Ma questa rapina è solo la riprova di un dato elementare che non riusciamo ad accettare: e cioè che lo Stato moderno non è l’essenza del diritto, ma la sua negazione.
Proprio in questi giorni – su un altro quotidiano – mi è capitato di affermare ogni resistenza di fronte ad un’agenzia arrogante come Equitalia deve avvenire secondo i principi del diritto, e non già violandoli (come fa chi adotta metodi terroristici). Nel sommario, però, il mio pensiero è stato sintetizzato sostenendo che un’azione di contrasto deva sempre avvenire nel rispetto della legge.
Perché riporto questo episodio? Perché mostra come ormai siamo portati a credere che la legge coincida con il diritto, e che non vi sia altro diritto al di fuori della Gazzetta Ufficiale.
È per tale ragione che lo Stato si rimangia così spesso la parola: come fa con i pensionati, come ha fatto con i titolari dei capitali “scudati”, come fa in altre circostante. Il legislatore pensa che se il diritto è la sua volontà, quello che ieri era legge oggi può non esserlo più. Ma in questa situazione non solo viene meno ogni protezione alle libertà, ma la stessa vita economica è minata dalle fondamenta.
Chi intraprende ha bisogno di avere dinanzi a sé un orizzonte relativamente stabile. Se oggi compio taluni investimenti sulla base di talune leggi, non posso veder sfumare ogni mio progetto perché un qualsiasi diktat ha cambiato le regole.
Lo Stato che non rispetta le norme che esso stesso si è dato è allora la forma più patologica di un degrado generale, connesso al declino crisi dell’idea tradizionale del diritto: strettamente legata a una nozione di diritto naturale, oggettivo, non manipolabile, e anche storicamente definito dalle pratiche sociali.
Lo Stato italiano che deruba i titolari delle vecchie lire ci obbliga dunque a riflettere su una delle radici principali del disastro in cui ci troviamo.
(Tratto da l'Unione Sarda)
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 06-01-2012 15:12
http://www.loccidentale.it/node/112492
Racconti non autorizzati
Saldi di fine Nazione: il Prof, la donna e l'uomo col nasone
di John Galt6 Gennaio 2012
In rappresentanza del proprio Paese, un noto professore, rassicurato dalle parole di ammirazione rivoltegli da due importanti capi di stato stranieri, espone, nel corso di una attesissima conferenza stampa, le misure economiche assai drastiche prese dal suo governo per risanare il bilancio nazionale. Si tratta di una vera e propria frustata centralista che si rivela, tra l'altro, una ghiotta occasione, per quel docente, di sbarazzarsi di una oramai poco gratificante etichetta di studioso liberale. Ma ampi sorrisi e calorose strette di mano nascondono, spesso, l'infida trappola di appetiti insaziabili. Se ne accorgeranno presto i connazionali dell'improvvisato statista.
***
Il professorone attraversò il corridoio con passo deciso ed entrò nella stanza dove i due capi di stato lo attendevano ansiosi. "Fatto tutto?", domandò la donna. "Tutto", rispose l'accademico, un lampo di soddisfazione ad accendergli lo sguardo. "Un compito immane, al quale non esistevano alternative", aggiunse la terza persona presente all'incontro, un tizio basso con un gran naso, guardando di sottecchi la sua collega statista. "No, non aveva davvero alternative. Ma si è dimostrato all'altezza e non ci ha deluso?", aggiunse quest'ultima, ricambiando con un sorriso il cenno dell'uomo.
Eccitato come uno scolaretto che riceve la migliore pagella dell'istituto direttamente dalle mani del preside, il docente assaporava intensamente quel momento.
Egli sentiva che il destino lo stava finalmente risarcendo di lunghi anni di dolorosa retroguardia, spesi in infinite simulazioni di rispettoso apprezzamento per le sciocche sparate di politicanti grossolani e vanesi, così distanti dal suo modo di essere.
Per non dire di quella odiata etichetta di liberale, soffocante crisalide che imprigionava la farfalla di una vivida coscienza centralista; scomoda camicia di forza che il nostro indossava, con la rigida e stanca coerenza di un gentiluomo d'altri tempi, sin dai giorni, oramai lontani, in cui aveva ricoperto un importante ruolo nel consesso sovranazionale cui il suo Paese apparteneva.
E gli capitava, ogni tanto, di provare una certa invidia (tutta quella che la sua leggendaria sobrietà poteva consentirgli, naturalmente) nel leggere come molti rinomati pensatori sapevano sublimare in inchiostro progressista e patriottico la insopportabile puzzetta proveniente dal vasto popolo e crasso di bottegai, artigiani ed operai in frenetico affaccendarsi in strade e piazze ed officine malsane.
E per 'maneggiare' quella variegata umanità bastavano ad essi poche, lucidissime categorie etiche (migliori e peggiori, per esempio. Oppure onesti e ladri. O, ancor meglio, lettori notturni e manovali diurni).
"Quei brillanti intellettuali hanno ragione: chi è testa e chi è braccio. Chi conosce il bene comune e chi deve essere educato, in nome di esso, ad affrancarsi dalla propria, naturale, ingordigia.
E, per quanto mi riguarda, non posso essere parte di una élite ed, al contempo, fingermi liberale: è ora di smetterla con questa recita",
rimuginava tra sé e sé l'accademico, mentre, ansiosamente, attendeva l'occasione giusta per sciogliere i lacci che lo legavano a quella tanto odiata fama di libertario.
Ed il momento si presentò quando gli fu offerto di assumere su di sé il peso della redenzione nazionale, dopo anni di deriva populista ed amorale.
"Professore, è con noi?" chiese la donna. "Ehm certo, certo" rispose lui. "A che pensava?" intervenne quello piccolo con il nasone. "A quanto sia denso di significati questo momento", aggiunse il nostro. "Eh professore", il suo Paese aveva proprio bisogno di un uomo come lei.
Chi altri, se non una prestigiosa personalità avrebbe potuto condurre i suoi riottosi concittadini sulla impervia via del risanamento?" lo rassicurò l'uomo. L'accademico annuì meccanicamente. Sentiva un incontenibile moto d'orgoglio prendergli la gola e dovette trattenersi dal parlare per non tradire l'emozione.
"Accadde anche quando abbandonaste la vostra moneta per abbracciare quella comune: solo un brillante negoziatore (ed un vivace economista), quale fu, nell'occasione, il vostro rappresentante, avrebbe potuto fissare, per voi, quel favorevolissimo tasso di cambio.
Era un vero furbacchione: se non fossimo stati più che attenti ci avrebbe fregati di sicuro!". Il nostro dovette bere un bicchiere d'acqua per riaversi e non svenire: il confronto con quel suo rinomato predecessore era troppo anche per lui.
"Senta professore" intervenne la donna, mentre i tre stavano raggiungendo la sala stampa "ma è proprio sicuro che i suoi connazionali non faranno resistenza ai provvedimenti che lei ha annunciato? In fin dei conti, mi pare che siamo di fronte ad una discreta tosatura. Sa, per noi è importante avere la certezza della loro totale sottomiss... ehm... della loro convinta partecipazione. Degli artigiani e dei piccoli industriali, in particolare: quelli che hanno messo in piedi quel vivace sistema produttivo che ci fa così gola... ehm... che tutto il mondo vi invidia.
Lanciare false certezze sarebbe controproducente per il bene comune".
L'accademico la guardò con intensa riconoscenza. Percepiva vivida, nelle parole della propria interlocutrice, la sincera preoccupazione per le sorti del Paese che egli rappresentava. "Non si dia pena," disse "chi è testa e chi è braccio". La signora non fu sicura di avere capito bene, ma le bastò, per tranquillizzarsi, la carica emotiva con cui si sentì osservata dal docente. Quello piccolo con il nasone trotterellava vicino a lei: si guardarono per un istante e venne istintivo ad entrambi darsi nascostamente un cinque.
La conferenza stampa fu un successo per l'accademico. Applausi durante il suo discorso, applausi alla fine di esso. Applausi per ciascuna delle numerose domande dei tanti giornalisti presenti ed applausi ad ogni risposta che egli, con garbo, forniva.
I nostri tre protagonisti erano al settimo cielo. Era come se ciascuno di essi avesse compreso qualcosa: il docente fu certo di aver svolto con bravura i compiti a casa, come, spiritosamente, aveva ribattezzato la spremitura omicida dei propri connazionali, mentre gli altri due (l'uomo basso con il nasone e la donna) avevano capito che, da quel momento in avanti, mangiare una mozzarella, bere un bicchiere di prosecco od immergersi nell'acqua di efficientissimi centri termali sarebbe stato un gesto autenticamente patriottico.
Così, mentre il professorone, ipnotizzato da uno tsunami di flash, continuava a godersi, commosso, il suo momento, i due statisti si allontanarono con discrezione dal palco e dettero l'ordine che un manipolo di motivatissimi esecutori stava attendendo impaziente. Pochi istanti ancora ed alcuni potenti elicotteri si alzarono in volo dal vicino aeroporto, sollevando, tutti insieme, un enorme striscione di materiale plastico e dirigendosi verso la catena di montagne che, per millenni, aveva difeso il Paese dell'accademico dalle invasioni straniere. Non ci volle molto a fissare quella banda ad alcuni, altissimi tralicci che, nei giorni precedenti, le autorità avevano fatto montare su un numero di alte cime. Il fronte dello striscione era rivolto verso nord, cosicché il suo messaggio era visibile solamente da quella direzione.
La insolita operazione non mancò, ovviamente, di sollevare vivo interesse anche tra i connazionali del nostro, che, non potendo leggere direttamente la scritta esposta, si attaccarono ai telefonini e ad Internet per saperne di più. Ma ciò che vennero a sapere trasformò rapidamente quella genuina curiosità in autentico panico: lì, a migliaia di metri d'altezza, visibili fino ai lontani bordi settentrionali del continente steso ai piedi delle montagne, alcune parole, violentate dallo schiaffo della tempesta, fissavano, per sempre, il destino di quel popolo: "Sales - Ausverkauf - Soldes - Saldi".
-----------------------------------
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 08-01-2012 18:28
http://www.ilgiornale.it/interni/un_gove...comments=1
I furbetti del governo: case, doppi incarichi e... le vacanze gratis
di Stefano Zurlo - 08 gennaio 2012, 10:30
Un governo di tecnici: duri e puri. Un governo trasparente. Un governo battezzato nel fonte battesimale della società civile, dell’università, della magistratura, lontano dagli intrighi di palazzo. Ci eravamo illusi.
Anche i migliori, anche quelli nati senza peccato originale, anche loro hanno qualche macchiolina nel curriculum sfavillante, qualche privilegio, qualche opacità, come si dice con una brutta parola.
Anche loro sfruttano i voli di stato, per tornare a casa dopo un incidente sugli sci, come il ministro della difesa Giampaolo Di Paola: lussazione alla spalla e aereo pronto a Verona; anche loro avrebbero dovuto mettere in vetrina i loro guadagni, ma evidentemente fanno fatica a rintracciare i cedolini; anche loro si sono dimostrati pronti a battagliare per salvare i doppi stipendi, (o almeno uno stipendio e un quarto o uno e mezzo) argomento d’attualità per Antonio Catricalà, Corrado Clini, Filippo Patroni Griffi. Filippo Patroni Griffi è il ministro con due cognomi e due stipendi: quello di titolare della Funzione pubblica e l’altro, incredibile ma legittimo, di presidente di sezione del consiglio di stato, in aspettativa da una vita.
Sì, perché Patroni Griffi ha collezionato poltrone importanti nella pancia dello Stato ma una leggina, fatta ad hoc per i magistrati amministrativi come lui, gli permette di incassare l’indennità per il lavoro in freezer. Niente male. Patroni Griffi è un supertecnico e da supertecnico ha vinto, dopo cinque sentenze, una battaglia spettacolare. Spettacolare come la casa con vista sul Colosseo. Spettacolare come il prezzo pagato nel 2008 per acquistare quei 109 metri catastali al primo piano di uno stabile di via monte Oppio: 177.754 euro. Come ha fatto Patroni Griffi? Semplice, ha ingaggiato una feroce battaglia contro lo Stato e il ministero dell’economia, padrone del palazzo, e li ha piegati, passando attraverso i colleghi del Tar, poi per quelli del Consiglio di stato e poi per la Corte costituzionale.
Giulio Tremonti e il sottosegretario Maria Teresa Armosino si erano inventati una legge ad domum, come l’ha chiamata Sergio Rizzo sul Corriere della Sera, pur di non essere costretti a svendere l’immobile situato in una zona strepitosa della capitale. Ma non c’è stato niente da fare. I magistrati amministrativi, con l’aiuto di due periti che lavoravano fianco a fianco con Angelo Balducci, quello della cricca, hanno stabilito che lo stabile di via monte Oppio era una casa popolare e non un immobile di pregio, come gridava l’Armosino. Risultato: il miracolo che ha dissanguato lo Stato. Patroni Griffi ha spuntato 1.630 euro al metro quadro, quando a pochi metri di distanza Claudio Scajola, aiutato però da una robusta iniezione di denaro degli onnipresenti amici della cricca, ha acquistato a 8.500 euro al metro quadro. Cinque volte di più. Attenzione: chi era l’avvocato che ha aiutato Patroni Griffi nella delicatissima ed estenuante partita contro lo Stato? È Carlo Malinconico, oggi strategico sottosegretario alla Presidenza del consiglio, ieri presidente della Federazione italiana editori giornali e prima ancora tante altre cose. Bene, anzi male: qualche anno fa Malinconico era incappato in una singolarissima disavventura: era andato in vacanza in un hotel a cinque stelle del’Argentario, in una suite da 1.500 euro a notte, e alla fine aveva trovato l’amara sorpresa. Qualcuno, vai a sapere chi, aveva già saldato il conticino da 9.800 euro. Un dramma. Ieri al Giornale che chiedeva lumi, Malinconico ha dato una spiegazione ancora più singolare: «Volevo pagare, ma qualcuno l’aveva già fatto e quando ho mi sono rivolto al direttore per sapere chi fosse, mi ha risposto che non poteva dirlo per rispetto della privacy». Il vero benefattore, si sa, vuole rimanere anonimo.
E Malinconico aveva bevuto l’amaro calice. Peccato che l’imprenditore Francesco de Vito Piscicelli abbia raccontato a Marco Lillo del Fatto quotidiano, lo stesso giornalista che ha ricostruito la soap opera della casa di Patroni Griffi, di essere stato lui a saldare la vacanza da cartolina. E Piscicelli è uno degli amici di Balducci e della solita cricca. Sia chiaro: Patroni Griffi e Malinconico non sono indagati, ma lo stile, le frequentazioni, le spiegazioni (almeno nel caso del sottosegretario) pongono più di un punto di domanda. E confermano un sospetto antico e perfino banale: anche il tecnico non vive sotto una campana di vetro. La cricca aveva i suoi gangli nel corpo dello Stato: magistrati contabili, grand commis, dirigenti, superdirettori.
Tecnici puri, che pensavano ai fatti loro.
Questo è il loro governo. Duri e puri, si diceva. Duri sì, ma con il contribuente. Puri mica tanto. Trasparenti nemmeno: Monti ci ave assicurato che tutti i componenti del governo avrebbero messo in rete redditi e patrimoni. Stiamo ancora aspettando. E intanto il comma 6 del decreto salva-Italia salva i super-stipendi di chi arriva dalle file della pubblica amministrazione: la vecchia indennità resta intatta, purché non superi quella dei parlamentari che è di 5.246 euro. E i contributi per la pensione sono tarati sull’ultima busta paga percepita prima di andare in aspettativa. Questo sì che è un governo tecnico.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 10-01-2012 11:31
http://www.ilgiornale.it/interni/incredi...comments=1
Incredibile, ora sei razzista se dici di essere italiano
di Cristiano Gatti - 10 gennaio 2012, 09:30
Mai più vantarsi del made in Italy. Questo tricolore che tanto sbandieriamo, soprattutto negli ultimi mesi di enfasi unitaria, sta diventando scomodo. Abbiamo vissuto anni in cui il solo pronunciare la parola patria e mettere alla finestra una bandiera diventava oggetto di caccia all’uomo: era, quella, la stagione di una certa egemonia, che eliminava come nostalgie fasciste anche le più elementari espressioni di identità nazionale.
In seguito la storia ha un po’ camminato. Prima gli slanci repubblicani e risorgimentali di Ciampi, poi tutto il fritto misto del centocinquantesimo anniversario, in qualche modo hanno ripulito la bandiera dalle sovrastrutture ideologiche, restituendole la sua missione originaria di unire, non certo di dividere. Un buon lavoro di tutti quanti. Ma potrebbe essere inutile. La luna di miele sembra già finita: improvvisamente, esibire il tricolore e proclamarsi italiani procura una nuova patente, nemmeno così nuova, nemmeno così originale, più che altro buona per tutti gli usi e per tutte le occasioni: razzismo. Né più, né meno.
È L’Eco di Bergamo a raccontare l’esperienza surreale di Antonino Verduci, macellaio in Treviglio, vetrina direttamente sul centro storico. Non è ben chiaro come e perché, ma ad un certo punto le sue vendite hanno cominciato a scendere in modo preoccupante, per via di un’inspiegabile nomèa nata attorno al negozio: è gestito da marocchini musulmani, si raccontava in giro, magari vende carne particolare che arriva da chissà dove.
Stanco di passare per quello che non è, bravo o cattivo che sia come venditore, comunque non straniero, il macellaio ha dunque deciso di avviare una personalissima campagna pubblica, «per fare chiarezza, per evitare qualsiasi equivoco»: sul vetro del suo negozio sono comparsi un tricolore e un cartello molto chiaro, «Macelleria italiana».
In modo istintivo e artigianale, la mossa del macellaio è un po’ quella che si vedono costretti ad adottare i costruttori di biciclette nostri per distinguersi dall’invasione dei prodotti asiatici: «Bicicletta tutta made in Italy», scrivono sui loro telai. Lo stesso fanno gli scarpari, i sarti, gli stessi fornitori di alimentari. Contro la marea dei prodotti più o meno taroccati, più o meno sottocosto, e comunque di provenienza esotica, l’ultima frontiera delle nostre aziende è puntare tutto sulla propria italianità, che per fortuna significa ancora qualcosa.
Questa l’intenzione del macellaio trevigliese, ma evidentemente anche l’intenzione più elementare, in questa era di perbenismo conformista e di buonismo tanto al chilo, diventa un boomerang pericoloso. Neppure il tempo di farsi la vetrina made in Italy e il macellaio si ritrova messo al muro, al muro più odioso dell’epoca moderna, quella rete dei social-network dove tanta bella gente sfoga tutta la sua furia inquisitrice, fustigatrice, moralizzatrice, senza mai esporsi e rimetterci in proprio. Il popolo di Facebook, come viene troppo rispettosamente definito, prontamente lancia la sua fatwa: «Orrore», «Macellaio razzista», «Boicottiamolo», «Ricorda la scritta negozio ariano ai tempi del nazismo», e via bombardando. Italiani e marocchini, più italiani che marocchini, tutti a lapidare il razzista del tricolore. In nome della vigilanza permanente antirazzista, il pessimo soggetto va perseguitato pubblicamente. Magari, dipingiamogli un marchio indelebile sullo stipite o sulla saracinesca: a suo tempo funzionava….
Diciamolo: forse dovremmo smetterla di dare tanto peso all’eminente popolo della rete. Sinceramente, sta diventando un termometro troppo autorevole per tutto, dalla politica al costume, dalla cultura alla giustizia. Stiamo attribuendo a questa massa informe e anonima, che lancia i suoi siluri da chissà dove, il ruolo di ago della bilancia su qualunque fenomeno e su qualunque questione. Anche in questo caso, la denuncia contro il macellaio razzista mobilita anime troppo equivoche e sfuocate, perché davvero l’Italia intera debba sentirsi così malmessa. Purtroppo, però, vale la famigerata regola: infanga infanga, qualcosa resterà. Così, alla riapertura del lunedì mattina, la macelleria tricolore si ritrova in qualche modo sotto protezione, con passaggi di volanti della Polizia a scanso di effetti collaterali
Anche questo è un segno dei tempi: dal lontano pregiudizio verso le insegne «Macelleria islamica» siamo arrivati alla «Macelleria italiana» sotto scorta. Bello: potremo tutti raccontare ai nostri nipoti che ad un certo punto, chissà come, dichiararsi italiani significò essere razzisti. Purtroppo, noi c’eravamo.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 16-01-2012 12:06
http://www.ilgiornale.it/interni/repubbl...comments=1
"Repubblica" folgorata sulla via di San Mario
di Luigi Mascheroni - 16 gennaio 2012, 09:19
Sacro Monti, Santo subito. E la libera stampa progressista intonò il Te Deum laudamus.
Ieri Miguel Gotor, in un’untuosa analisi misteriologica sulla prima pagina di una Repubblica folgorata sulla via di San Mario, nella sua narrazione apologetica dell’incontro fra Monti e il Papa, cantando i miracoli del nuovo premier che «incarna lo spirito del tempo», ha intonato per quattro volte il termine più usurato del già di per sé liso governo Monti.
«Monti è apparso attenersi a un invisibile registro di sobrietà e laicità»... «la sobrietà si esprime nella gestualità che assume la forma di una confidenziale, ma rispettosa riverenza»... «la laicità e la sobrietà promanano già dal primo incontro col Papa, davanti alla sua biblioteca privata» ... «una maggiore sobrietà e senso dell’opportunità traspaiono anche dal rituale scambio dei doni». Se l’autore avesse usato un’altra volta la parola sobrietà, in nome del noto principio pedagogico secondo il quale a ogni predica moralistica corrisponde una reazione di forza uguale e contraria, finita la lettura avremmo organizzato immediatamente un festone nel più depravato night club della città. Con dieci olgettine.
Ora, non è la ripetizione di un termine di per sé sobrio come «sobrietà» a nauseare. Ma piuttosto la cortina d’incenso sparsa ad abundantiam da Repubblica (e anche da altra Stampa in verità) attorno alla ieratica figura dell’Uomo della Provvidenza. Che, incredibilmente, alla fine dell’articolo si capisce non essere il Papa. Ma Monti. Loden in excelsis Deo.
Da vent’anni si stigmatizza la tendenza a compiacere il padrone da parte dei media di Berlusconi. Ma, al confronto della prosa ossequente riservata da Miguel Gotor al Professore, anche il pezzo più servile verso il Cavaliere mai apparso sulle colonne del Giornale apparirebbe come una critica impietosa. «Sobrietà e laicità... valori che certo appartengono allo stile dell’uomo», «la forma è sostanza e nulla rivela di più che lo scarto esistente tra una plurisecolare cerimonialità e l’inclinazione dell’individuo, il suo personale contributo al teatro della vita»...
«È l’incontro tra due professori, il teologo tedesco e il più tedesco dei nostri uomini di governo»... «un franco sorriso, un reciproco sguardo dritto negli occhi»... «Monti tiene la schiena dritta (sic!) perché sa di essere, in quel momento, non un privato cittadino o un fedele cattolico in visita al Papa, ma il capo del governo italiano»... «Non ha nulla da farsi perdonare o da nascondere e dunque non necessita di esibizioni barocche, né si profonde in servili (gulp!) pronunciamenti come Berlusconi»...
Repubblica che loda la laicità di Monti. È la santificazione radical chic di un vecchio sagrestano democristiano. L’ordinazione progressista di un frate questuante. Misteri della fede.
Tutto concorre alla canonizzazione in vita del Sacro Monti di Varese.
Tutto attorno a lui è esente da colpe e paradisiaco. Dal loden all’Eden.
«Monti - recita la litania del cronista evangelico Miguel Gotor - è solito muovere accademicamente le mani per accompagnare il fluire dei suoi concetti come se volesse rafforzarli». Ma attenzione, ecco la Rivelazione. «Ora però, davanti al Papa, le mani sono immobili sul grembo - come la Vergine, ndr - accenna un movimento ma le riallunga subito sui braccioli per poi riportarle intrecciate davanti a sé: questa volta non deve spiegare, vuole soprattutto ascoltare».
Non come quel satiro di Berlusconi «che, in analoga occasione, nel 2008, si esibiva in un baciamano degno di un vassallo: le mani giunte a ghermire (sob!) quelle del pontefice, il busto proteso in avanti, il capo esageratamente chino, le labbra irritualmente poggiate sulle mani di Benedetto XVI»...
Vade, retro.
Persino la signora Monti viene trasfigurata, secondo il medesimo misurato registro: «Elsa, a differenza di Veronica Lario, e come già la cattolica Flavia Prodi, la moglie del premier non porta il velo, bensì ha il capo scoperto e indossa un rigorosissimo tailleur nero con gonna sotto il ginocchio».
E in dono il Professore portò il suo Libro.
Ite, missa est.
--------------------------------------------------
http://www.ilgiornale.it/rubrica_cucu/sp...o=82-rss=0
I pigmei, il genero-stregone e la suocera
di Marcello Veneziani 15 gennaio 2012, 11:21
Raccontava l’antropologo Maurice-Godelier che quando scoppiava un conflitto tra i pigmei ’mbuti della Nuova Guinea, uno stregone-pagliaccio del villaggio attirava su di sé le ostilità di tutti, inscenando una pantomima e spegnendo così il conflitto nella tribù.
Ho l’impressione che la principale funzione dello stregone Monti e dei suoi tecnici sia proprio questa: attirare su di loro le ostilità di tutti i pigmei ’mbuti della politica in modo da sedare il conflitto.
Non sta risolvendo i problemi reali dell’economia, anzi il Paese sprofonda; in compenso il conflitto politico si è calmato, spostandosi su di lui.
Salvo il colpo di coda del caso Cosentino, la politica,anzi l’Italia,è entrata in uno stato di torpore perché il Nemico è sparito o si è diffuso tra più soggetti, si è spalmato, è uscito dalla corrida politica, si è allargato a banche, Equitalia, categorie, governi stranieri, entità imprecise.
Non è solo l’antiberlusconismo ad aver perso il nemico Berlusconi: anche la sinistra non è oggi il nemico assoluto per il centrodestra. E anche l’alleato di ieri diventa estraneo se non ostile.
Chi perde un nemico perde un tesoro: la politica, ma anche l’antipolitica, e pure i giornali, i giudici e perfino le chiacchiere al bar, perdono smalto e interesse senza il nemico.
Non state in ansia, i tartari arriveranno, per tutti. Nell’attesa c’è un signore in divisa tedesca, che attira gli umori ostili.
Ci resta il dubbio se la sua uniforme sia di generale o di genero; in livrea, al servizio della suocera Angela.
-----------------------------
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 22-01-2012 17:55
http://www.ilgiornale.it/interni/altro_c...comments=1
Altro che professori fanno solo figuracce
di Vittorio Feltri - 22 gennaio 2012, 16:11
Monti ha partorito il topolino, talmente piccolo e impaurito che neanche il mio gatto lo ha preso sul serio: ha sbadigliato. Promesse, annunci, perfino minacce. E tutti aspettavamo con ansia di leggere il decreto che regola i mercati.
Da settimane negli ambienti del Palazzo e dintorni, gli addetti ai lavori politici sussurravano intimoriti: oddio, arrivano le liberalizzazioni studiate dal formidabile governo dei tecnici. Ed ecco il giorno della rivelazione. Tremori, batticuore. Poi una risata. Di compatimento. Bocconiani o peracottari? Giudicate voi.
Sta di fatto che non si tratta di liberalizzazioni, ma di ampliamento delle piante organiche. Due cose assai diverse. Liberalizzare significa: meno Stato e più iniziativa privata; più libertà, meno burocrazia. Col decreto sbandierato dal governo succederà il contrario. Il Pil non aumenterà per questo insulso, anzi, dannoso provvedimento. Prendiamo le farmacie. Continueranno a essere ciò che sono sempre state: le sole autorizzate a vendere farmaci, come è ovvio che sia. Però crescerà il numero dei punti vendita: da 18mila a 23mila, cioè più 5mila. Che saranno messe a concorso e saranno vinte da farmacisti anziani (l’anzianità fa punteggio) o, più probabilmente, raccomandati. Si sa come funzionano i concorsi pubblici. I vincitori acquisiranno la proprietà della farmacia e potranno lasciarla in eredità ai figli laureati in materia. Per i professori il diritto dinastico relativo alla successione si chiama liberalizzazione. Ma che vadano a scopare il mare. Tutta l’operazione consiste in questo: la torta dei medicinali vale cento, che oggi viene spartita fra 18mila farmacie. Domani la stessa torta verrà divisa fra 23mila farmacie. Miseria per tutte. Le parafarmacie se la prenderanno in saccoccia. E il cittadino non guadagnerà un centesimo. Le farmacie in zone disagiate ( di montagna, per intenderci) vinte per concorso seguiteranno a non esserci perché tutti i farmacisti le rifiuteranno. Come mai? Non guadagnano. Peggio: non sopravvivono.
Il caos è garantito: a Milano apriranno 11 nuovi punti vendita, a Roma 209. Perché?
Milano è già organizzata, la capitale mica tanto. Non perché i romani siano stupidi, quanto, piuttosto, perché la città si è dilatata disordinatamente negli ultimi quarant’anni.
Qualcosa di liberale tuttavia è stato introdotto: l’orario di apertura. Se una farmacia deciderà di rimanere in servizio 24 ore, potrà farlo legalmente. E senza chiedere permessi. Capirai che privilegio. Ci voleva Monti per dire che è assurdo imporre un orario, e che è meglio consentire ai gestori di agire come credono. Una curiosità. Il decreto sulle farmacie, visto come è stato concepito, dimostra che Pier Luigi Bersani, segretario del Pd ed ex ministro (delle lenzuolate) non ne aveva azzeccata una. Il suo intento era favorire le Coop e le parafarmacie. Trombatura. E ciò è motivo di allegria.
Veniamo ai taxi. Anche in questo caso si tratta semplicemente di un ampliamento nocivo della pianta organica: più licenze. Con quale criterio di assegnazione? Sentiti i sindaci, sarà una Authority a dirigere il «traffico». Se c’era qualcosa di cui non si sentiva la mancanza erano le Authority. Viceversa se ne aggiunge un’altra alla pletora esistente: quella dei trasporti. Che metterà il becco nei taxi di Agrigento e in quelli di Cuneo, indifferentemente. Con quale competenza, e con quale conoscenza dei problemi, non è dato sapere, ma si può intuire: zero. La stessa Authority definirà le regole per le nuove concessioni autostradali eccetera. Altro ente, altro nome, altra burocrazia, altri stipendi, altre auto blu. E la chiamano liberalizzazione.
A proposito di appesantimento burocratico. Sarà istituito un tribunale per le imprese incaricato di dirimere il contenzioso e di emettere sentenze. Buona idea? Certamente è giusto accelerare i processi in cui siano implicate le aziende a qualsiasi titolo: priorità a chi lavora e ha bisogno di tempi stretti, altrimenti si paralizzano gli affari e si frena la crescita economica. Ma che senso ha un tribunale aggiuntivo? Non sarebbe stato opportuno chiudere i Tar (inventati dopo l’istituzione delle Regioni, quindi enti inutili quanto le Regioni stesse) e destinare il personale al disbrigo delle pratiche processuali in cui siano coinvolte le imprese? Nossignori. I bocconiani preferiscono creare un altro baraccone. «E io pago».
Capitolo professionisti. Aboliti gli ordini secondo direttive europee? Neanche per sogno. Quelli rimangono, altrimenti le corporazioni fucilano i ministri. I quali si sono limitati a eliminare il tariffario e a rendere obbligatori i preventivi della parcella, cosicché i clienti saranno consapevoli di quanto dovranno sborsare per una determinata prestazione.
Un successone. Notai. Vale il principio adottato per tassisti e farmacie: ampliamento della pianta organica. Avremo cinquecento notai di fresca nomina. Esultanza delle folle. E il Pil va su? No. Il Pil se ne frega.
Non per tediarvi, cari lettori, ma due parole sulle banche e sulle assicurazioni vanno scritte. Alle prime Monti ha fatto il solletico: un tettuccio alle commissioni su bancomat e prelievi. Roba minima, ininfluente. Le assicurazioni applicheranno uno sconto (Rc auto) a chi accetterà di mettere in macchina la scatola nera, un deterrente contro gli imbrogli, gli incidenti fasulli (si segnala che a Napoli si stanno già attrezzando per produrre scatole nere ad personam ). Infine i benzinai. Novità sconvolgente. I distributori avranno facoltà di acquistare i carburanti da qualsiasi compagnia.Eliminata l’esclusiva. Contenti, cari lettori? Contenti o no, queste sono le liberalizzazioni del menga, chi ce le ha se le tenga.Salveranno l’Italia? Di sicuro non salveranno il governo dall’ennesima figuraccia.
P. S.: ci eravamo dimenticati degli edicolanti. Monti li considera dei paria, e li ha condannati a morire di fame. Chiunque potrà vendere carta stampata, anche le latterie, se ce ne fossero ancora. I giornalai perderanno il 50 per cento degli incassi e non potranno compensare il buco smerciando altri generi merceologici. Perché? Così muoiono prima e soffrono di meno. A nome della categoria ringraziamo i professori di onoranze funebri.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 23-01-2012 19:27
http://www.loccidentale.it/node/112981
Una telefonata che fotografa il Paese
Capitan Schettino e il vizietto di fare i furbi che c'è in ognuno di noi
di John Galt 23 Gennaio 2012
In tragicomica miscela di puerile mendacia e banale pusillanimità, il comandante balbetta telefonicamente la propria difesa. Ma è arduo giudicare. Perché, in fin dei conti, il mito che egli (così a meraviglia) interpreta è quello dell'italico darwiniano: autocelebrato aspetto del carattere nazionale, da sempre oggetto di acclamata filmografia. Sopravvivere a tutto, in continua compromissione (con sé stessi, innanzitutto). E mentire comunque. Spudoratamente. Non è forse così che amiamo, da sempre, raccontarci e farci raccontare? I più furbi di tutti.
Non si vogliono, qui, legare, con la fibra di una sciocca retorica, tutte le erbe in un unico fascio. Semplicemente, si sostiene che, col tempo, il generalizzato e comodo indulgere in strizzatine d'occhio abbia, per così dire, smagliato il tessuto del Paese, rendendo culturalmente accettabile l'imbocco di sentieri trasversali e scorciatoie.
Del resto, di un collettiva ed accomodante pacca sulla spalla (sfacciato inganno, scoperto e reciproco) ci paiono figli i 1.900 miliardi del nostro debito pubblico, solo a parole da ognuno condannato, ma, in segreto, per lo più benedetto ed inseguito.
Per non dire della tenace e diffusa prassi repubblicana dell'accomiatarsi, tra controparti economiche, in fiscale complicità: ricca sorgente di linfa per l'aperta menzogna di dichiarazioni impossibili. Ci vengono anche in mente quei campioni di virtù che fingono di ignorare, essi pure in poco virile balbettio, quale portafoglio abbia sopportato l'acquisto, a loro favore, di centralissimi tetti romani o di esclusive vacanze toscane.
Oppure, ancora, pensiamo a quegli sfortunati che hanno messo radici nell'unico fazzoletto sismico dell'intera urbe, a due passi da vestigia millenarie che di infiniti accidenti portano i segni, tranne che del cozzare di zolle capricciose. Anche nel loro caso, puntuali, riaffiorano i simpatici lineamenti dell'italico affabulatore: non in teleselezione da una scialuppa, però, bensì comodamente sprofondato in accogliente poltrona ed importante.
Diversa la contingenza, medesima l'arte sfoderata: quella, sublime, del confondere le acque. Da una parte, la volgare fuga, sfrontatamente spacciata per rivoluzionario stile di comando (prospettico, per dir così, ché, per meglio capire il quadro, bisogna pure porsi a distanza), dall'altra, l'accorata richiesta di essere obliati, pena l'impossibilità del riposo notturno ed il conseguente inaridirsi del personale contributo al bene dell'alto ufficio ricoperto. E non è un caso che l'irresistibile sketch via etere abbia incontrato apprezzamento e diffusione internazionali. Perché la mente è pigra e qualsiasi conferma le è benvenuta: italiani codardi e bugiardi. E, ovviamente, berlusconiani.
Epperò, con buona pace dell'ondata di sdegno e dei suoi ispirati e triti cantori (italici e non), ben più che i capitani che fingono e fuggono, incalzati dal ritmico scandire di facili ordini (e puntualmente disattesi), riteniamo meritevoli del marchio di infamia gli ammiragli che, delle navi in periglio, si ingegnano di trivellare il fondo (così, per permanere in metafora marinara).
Ci riferiamo ai vili rappresentanti della fellonia politica nazionale che, per mesi e con le più sordide motivazioni e bugiarde (e financo ricorrendo alla delegittimazione internazionale), si sono consacrati alla distruzione della credibilità della plancia di comando patria (nel momento in cui onde minacciose iniziavano ad infrangersi contro le piatte spiagge ed indifese del nostro sistema finanziario).
Ed insomma, chi si è macchiato di colpe inaudite (e nel dramma del Giglio ci sono di mezzo vite innocenti) deve senz'altro subire giudizio e pena. Ma evitiamo di fare di questa storia il detergente per ripulirci (psicologicamente) da quanto in noi non accettiamo. L'archetipo squallidotto che l'?chab sorrentino rappresenta è fratello di numerose tra le più ispirate maschere regionali e ciò testimonia che esso è istanza estrema (e, per questo, comica) di forme comunissime.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 26-01-2012 11:27
http://www.ilgiornale.it/rubrica_cucu/so...comments=1
Sotto la banca la patria campa
di Marcello Veneziani - 25 gennaio 2012, 08:48
Mi sto asciugando le lacrime dopo aver seguito, in piedi e con la mano sul cuore, il commovente appello patriottico di uno spot pubblicitario, poi di un altro, poi di un altro ancora. Non so se ci avete fatto caso, ma da qualche tempo vanno in onda gli spot etico-patriottici, sentimental-retorici, piccoli racconti edificanti sui nostri affetti più cari ripassati in salsa nazionalpopolare; testi di De Amicis-Napolitano- Cutugno. Non solo per vendere l’olio, il caffè o che so, pure i vili legumi, si scomodano Dio, patria e famiglia, la Tradizione e il Libro Cuore.
Ma ora grandi e piccole banche e perfino imprese automobilistiche, di quelle che minacciano di andarsene dall’Italia, cercano di suscitare il nostro consumismo patriottico o i nostri eroici languori finanziario-autarchici per piazzare le loro auto o le loro azioni. Persino quel che fino a ieri sarebbe stato bocciato come la più stucchevole retorica patriottarda, far sventolare il tricolore, viene usato per commuoverci e lanciare i nostri soldi- come la stampella di Enrico Toti - oltre l’ostacolo, che poi sarebbe il loro sportello. Altri condensano in pochi secondi un trattato di antropologia affettiva per dire che siamo italiani de core e dobbiamo esserlo pure de sordi .
La patria stavolta non chiede di versare sangue ma altri liquidi, e non esige di marciare ma di andarci in macchina, purché italiana. Io prima mi commuovo, poi mi rallegro, infine mi chiedo: ma niente niente questi patrioti ai saldi di fine Italia, ci stanno prendendo per il culto?
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 30-01-2012 17:44
Il collasso del sistema
Il fondo per l'occupazione del contratto dei bancari: ecco l'ultima illusione sindacale
di John Galt 30 Gennaio 2012
Il fondo per la buona e stabile occupazione previsto dal recente contratto collettivo nazionale dei bancari rappresenta un ulteriore passo nella direzione del collasso del sistema. L’impianto concordato è semplice: l’esproprio forzoso di quote retributive dei dipendenti del settore diviene combustibile per la promessa di nuove assunzioni a stipendio ridotto (ed a tempo indeterminato) in quella medesima industria. Alla base del patto, la solita, banale algebra di Sherwood (togliere a qualcuno per dare ad altri) ricoperta da uno spesso strato di opacissima vernice morale.
È un giochino che funziona sempre e che, soprattutto, garantisce invidiabili rendite di posizione alle forze che se ne fanno promotrici.
Che emolumenti creino emolumenti non sorprende: è fisiologia in un sistema di divisione del lavoro. Ciò che infastidisce è l’ennesimo attentato alla possibilità di ciascuno di indirizzare in libertà, tramite le proprie scelte di acquisto, la domanda di nuova occupazione.
Ovviamente, trasformare le richieste di soddisfazione (per loro natura capricciose) di alcuni in lavoro per altri richiede quelle rare doti imprenditoriali che da mai impreziosiscono gli scarni curricula dei sindacalisti e dei politici nazionali. Al contrario, questi ultimi sono riconosciuti esperti nell’arte facile che diremmo della irresponsabile cialtroneria del redistribuire (e non a caso, "quote" è da sempre mantra intoccabile del discorso pubblico italiano).
Incapaci, certo, i nostri rappresentanti, ma anche parecchio fortunati. Un paio di pesanti fattori culturali li soccorrono, infatti, con sconsolante costanza: il riflesso antico dell’invidia sociale e quello, più recente, della superstizione keynesiana. Già, perché gli imprenditori tendono ad arricchirsi e questo non è certo equo. E poi c’è il fatto, insidiosissimo, che le autonome determinazioni di spesa sono a rischio risparmio e quest’ultimo, come ben sa chi ha studiato la buona economia, nega il consumo e porta depressione. Dunque, secondo il pregiudizio più diffuso, meglio che sia il centro (sindacati compresi) a decidere il come ed il dove dell’allocazione della ricchezza, ché il mercato non può certo offrire credibile alternativa, se l’obiettivo è un’etica circolazione del danaro.
Ed un deciso rinforzino nella direzione descritta è giunto, pochi giorni fa, da una autorevolissima fonte. In ispirata risposta a quelle che avevano tutta l’aria di essere banali dichiarazioni di circostanza, formulate nel corso di una cerimonia ufficiale, il supremo Colle ci ha fatto sapere che il lavoro non può essere un privilegio. Un dire all’apparenza ovvio, nel quale, però, abbiamo percepito come un sinistro sibilar di sciabola.
Già ci era noto, infatti, che l’ermeneutica comunista considera da sempre il privilegio come sordido attributo del capitale e giusta causa di conflitto. Non ci aspettavamo, però, che pure il lavoro, vessillo degli ignudi, potesse nascondere un’anima così nera. Questo ci dà un pochino da pensare, perché, nel disfunzionale immaginario cresciuto rigoglioso all’ombra del mito della lotta di classe, il privilegio va perseguito e smembrato, per così dire, fino all’equità.
Ed è proprio a questo punto che ci pare data la stura ai peggiori incubi sindacali di riproporzionalizzazione, come usa affermarsi nel burocratese algebrico degli illuminati, i quali fingono da sempre di poter raddoppiare il cento dividendolo per mille.
Ecco allora che parte di quel che Mario guadagna viene dato in salario a Giorgio che così potrà diventare, per inconfutabile matematica, collega di Mario nel presepe in costruzione. Epperò, se la regina delle scienze avalla solidale l’operazione, non altrettanto è disposta a fare la Fisica, notoriamente meno esatta, ma, ahinoi, con i piedi ben piantati a terra.
Già, perché tutto può darsi a questo mondo, tranne la violazione del secondo, cocciutissimo principio della termodinamica. Fuor di metafora, non esiste che Mario stipendia Giorgio che stipendia Mario: da qualche parte l’energia del sistema si perde ed i suoi elementi vanno incontro ad inesorabile impoverimento. Anzi, per essere ancora più aderenti al vero (anche se meno fedeli a Carnot), potremmo concludere dicendo che, in questo tipo di esperimenti, tendono spesso a materializzarsi sinistre pattuglie di cinesi intenzionati a comprarsi tutto.
Ma pure di fronte all’evidenza di pistoni e vapori, il sindacalista collettivo finge di non vedere e spinge per stipare più profughi in scialuppe già precarie, incoraggiato, in questo, da schiere di facili opinionisti, sempre proni al bavaglio del bene e del giusto. Ed il quadro ci si presenta ancora più fosco quando ci capita di leggere che il settore del quale stiamo dicendo e che si vuole trasformare in gigantesco ufficio di collocamento, lamenta, oramai da tempo, abbondanza di esuberi, oltre ad essere vittima della scoperta arroganza di burocrazie autoreferenziali.
Ci viene pure il dubbio che, con il miraggio di stipendi da fame, sarà difficile assistere a duelli epici tra i cervelli più promettenti per guadagnarsi la qualifica di lavoratore del credito. In scenari di crescente concorrenza internazionale, ciò potrebbe rendere arduo scommettere sui campioni nazionali del dare a prestito.
Ma chissenefrega, penseranno i paladini degli ultimi, adesso che la strada del prelievo forzoso è aperta, altre risorse potranno venire da futuri, eticissimi assalti ai colpevoli privilegiati di Nottingham. Perché di colline da trasformare in praterie l’orizzonte è generoso.
Tutto ciò ci pare ancora più paradossale se confrontato con l’euforia liberalizzatrice attualmente così di moda. A quel che ci risulta, infatti, liberalizzare significa, più o meno, mettere le persone in condizione di ottenere la massima utilità dal proprio reddito.
Tra l’altro, una fonte assai sobria ed apprezzata ha da poco dichiarato la scarsa concorrenza essere tassazione implicita. E noi, naturalmente, ci crediamo. Ma che differenza può esserci tra il prelievo del tassinaro nel portafoglio di tutti e l’attingere della triplice da quello dei bancari? Ad essere sinceri, entrambe le modalità paiono parimenti disinteressate al livello di soddisfazione dei malcapitati.
Non abbiamo remore a confessarlo: anche questo dubbio ci ha dato da pensare. Ma poi, guidati dal sicuro operato degli illuminati, ci è risultato evidente il baratro che passa tra le due forme: da una parte l’illecito guadagno dei soliti quattro evasori a distorcere i giusti meccanismi del mercato, dall’altra l’agire sapiente del sindacato a raddrizzare i perversi meccanismi del mercato. Curioso.
Ed insomma, ancora una volta, la confusione ci pare massima e lo scivolo sempre più inclinato. Riordinando il tavolo, ci fermiamo un istante a guardare sullo schermo la foto di un giovane e sorridente Mises, prelevata da chissà quale filesystem perso nella rete. In silenzio, scuotiamo la testa sconsolati.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 12-02-2012 14:17
http://www.ilgiornale.it/rubrica_cucu/er...comments=1
L'era glaciale del governo Monti
di Marcello Veneziani - 12 febbraio 2012, 10:00
Sarà una coincidenza, ma da quando c’è Monti i tg sono dei bollettini sul maltempo. Con i tecnici al governo la politica cede il posto al meteo.
Come nei tg sovietici non ci sono più conflitti o notizie ma solo neve e soccorsi, mucche assiderate e impianti a gas, più marchettoni a Monti e al sistema montuoso (30 e loden).
Prima della neve, c’erano solo navi e terremoti. Mezzo tg ogni giorno fa terrorismo atmosferico sulla tormenta che verrà e poi mostra paesini innevati e soccorsi anche banali: vedi perfino uno che porta la carta igienica alla casa innevata, il nonno al cellulare che rassicura i parenti, i giornalisti sanbernardo col collare audio.
Col Frigor Montis scende un’onda di gelo sul Paese, divenuto nel frattempo con lui a nostra insaputa superpotenza mondiale. Il colorito paesaggio italiano sparisce e tutto assume la monotona uniformità del bianco governo dei tecnici. Ci siamo allineati agli standard nordeuropei sin nel barometro: si è ridotto lo spread tra il clima tedesco e il nostro.
Chi muore per il gelo se lo merita, è uno sfigato. Ti congeli se stai fisso in un posto, senza mobilità. Ibernata la politica, il conflitto si sposta sulle previsioni del tempo e i partiti si dividono in moderati che sconsigliano di uscire ed estremisti che istigano all’uso di catene. I sindaci sono giudicati su base atmosferica, se sono da neve o da spiaggia, se sono insipidi o hanno sale in strada e si dividono in fattivi, piangenti, teatranti e dispersi, come nella ritirata di Russia. L’estate berlusconiana dista un’era geologica.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 18-02-2012 12:37
http://www.ilgiornale.it/interni/e_ora_m...comments=1
Mamma Rai ci tassa per vedere Sanremo Pagheremo il canone sui pc dell’ufficio
Roma - Un bel balzello fresco fresco, aggiornato al 1938, per scucire dalle imprese italiane i soldi per il cachet di Celentano, per la farfallina e il minislip di Belèn e tutto il resto del carrozzone Rai. C’è anche questa sorpresina per le aziende che in questi giorni stanno ricevendo a pioggia, senza tante distinzioni, una letterina dalla Direzione abbonamenti della Rai.
Celentano sul palco dell'AristonIngrandisci immagineGli chiedono il canone, e fin qui sarebbe anche normale. Il problema è che la Rai lo chiede anche alle imprese che non hanno una tv in ufficio ma solo i computer per lavorare. Perché? Perché la legge, attuale ma risalente a un Regio decreto di 74 anni fa, dice che la tassa più odiata d’Italia la deve pagare «chiunque detenga uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione dei programmi televisivi».
Quindi non solo un televisore, ma anche un computer, un semplice monitor, un telefono cellulare, un I-Pad, un decoder, e secondo certe interpretazioni persino un videocitofono, una videocamera, un macchina fotografica digitale, una telecamera per videosorveglianza!
Questo vale sia per le famiglie, a cui arriva la domanda per il «canone ordinario», sia per le aziende, a cui mandano la richiesta per il «canone speciale», perché si suppone abbiano «apparecchi atti alla ricezione di programmi tv in locali aperti al pubblico o comunque al di fuori dall’ambito familiare». Nelle lettere che abbiamo potuto leggere è scritto chiaro e tondo dalla Rai: «La informiamo che le vigenti disposizioni normative impongono l’obbligo del pagamento di un abbonamento speciale a chiunque detenga uno più apparecchi atti od adattabili (...) compresi computer collegati alla rete, indipendentemente dall’uso al quale gli
stessi vengono adibiti».
Quindi se una ditta ha anche un solo computer per tenere la contabilità, deve pagare il canone Rai. La mazzata complessiva, come denuncia Rete Imprese Italia (Confartigianato, Confcommercio, Confesercenti, Cna, Casartigiani), è di 980 milioni di euro sulle imprese, con richieste che variano dai 200 euro ai 6mila euro l’anno, a seconda della tipologia di impresa. Nessuna esclusa, perché l’invio è automatico. Così si è ritrovata la cartellina di pagamento Rai anche una ditta che fa autotrasporto, in provincia di Pistoia, e che difficilmente userà i pc per vedersi Celentano. Stessa cosa per un imprenditore di Vittorio Veneto, titolare di un’azienda di logistica, che avendo dei computer nell’ufficio dovrebbe pagare a Lorenza Lei e Paolo Garimberti 401 euro. «Facciamo già fatica a competere sul libero mercato, ci mancava pure questa spesa in più che, ci informa la Rai, è deducibile dal reddito di impresa... prendono pure per i fondelli! - ci scrive l’imprenditore - Non è che questa tassa serve alla Rai per coprire i buchi di bilancio e le cavolate tipo il mega contratto a Celentano?». E fino a qualche anno fa la richiesta di pagamento veniva spedita anche a rivenditori e riparatori di tv, che la tv ce l’hanno in negozio per evidenti motivi.
Hanno dovuto attendere un contenzioso poi risolto nel 2003 per essere esentati dall’assurda gabella. Ma gli altri imprenditori che non smerciano tv no, loro la devono pagare.
Fabio Banti, presidente di Confartigianato Toscana, sta raccogliendo le firme per contestare formalmente alla Rai la legittimità del canone richiesto. «Abbiamo appena chiesto al ministro Passera di aiutare le piccole imprese che ogni giorno devono fronteggiare la crisi nerissima e riceviamo la richiesta del pagamento del canone Rai, una sorta di tassa sulle tecnologie. La misura è colma». In breve, la Rai tenta di risolvere il problema dell’evasione del canone (800milioni di mancato introito l’anno, 96% di esercizi pubblici che non lo paga) chiedendolo a tutti indiscriminatamente, anche a chi non ha la tv, poiché le procedure sanzionatorie sono difficili da applicare e dunque spara nel mucchio. Una tattica che può ottenere un risultato: far salire oltre il 45% (fonte Codacons) la percentuale di italiani che la considera una tassa ingiusta.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 20-02-2012 11:08
http://www.ilgiornale.it/interni/i_sinda...comments=1
I sindacati e l'abbuffata dei corsi di formazione
Stefano Filippi - 20 febbraio 2012, 08:22
Dovrebbe essere il grimaldello per riprendere tanti posti di lavoro, l’arma anti-precari, l’alternativa alla cassa integrazione. Invece è uno scandalo nazionale. La formazione professionale è un business che procura una montagna di soldi ai professionisti dei corsi e una valanga di delusioni ai disoccupati.
Assenza di controlli, truffe, avidità degli organizzatori - tra cui primeggiano i sindacati e le associazioni di categoria, difensori più di se stessi che dei lavoratori – spesso vanificano l’utilità dei corsi.
UN FIUME DI DENARO
Il denaro arriva soprattutto dal Fondo sociale europeo. Secondo l’Isfol (Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori) le risorse complessive disponibili ammontano a 1,6 miliardi di euro l’anno: ai finanziamenti Fse si aggiungono stanziamenti ministeriali (Welfare e Istruzione), regionali e dei Fondi interprofessionali alimentati dal prelievo obbligatorio dello 0,30 per cento sui salari.
È una delle spese più basse d’Europa: la Germania investe quattro volte di più, la Spagna tre. La torta potrebbe però presto aumentare con circa 8 miliardi di euro oggi usati per la cassa integrazione. Nella riforma dell’articolo 18, infatti, il ministro Elsa Fornero ipotizza di ridurre gli ammortizzatori sociali a favore della riqualificazione professionale. È la filosofia della «flexsecurity»: ti licenzio ma ti aiuto a trovare un diverso impiego.
IL LAVORO CHE C’È
I corsi di formazione dovrebbero dunque adeguare i disoccupati alle nuove esigenze del mercato del lavoro. Le forme sono molteplici: orientamento, tirocinio, apprendistato, consulenza, borse di lavoro. Una ricerca dell’Isfol presentata lo scorso novembre mostra la crescita delle professioni elementari e la stagnazione di quelle molto specializzate. Il lavoro non mancherebbe, secondo le statistiche. Unioncamere calcola che nel 2011 sono rimasti vacanti quasi 120mila posti per la mancanza di professionalità adeguate: commessi, camerieri, operatori informatici, contabili, elettricisti, ma anche operai specializzati, infermieri, autisti di pullman, fornai.
Tra gennaio 2010 e giugno 2011 (dati Isfol) sono state erogate 95mila ore di formazione continua con il coinvolgimento di 61mila imprese e quasi due milioni di frequentanti. Nell’ambito dell’istruzione professionale scolastica, secondo il Rapporto 2010 elaborato dalla Fondazione per la Sussidiarietà, il 30 per cento di chi ha conseguito una qualifica trova lavoro entro un mese, il 31 per cento entro sei mesi mentre un quinto resta disoccupato.
IL CAOS NELLE REGIONI
Ma i dati nazionali rappresentano una media che non trova riscontro effettivo nella realtà. La formazione professionale compete alle regioni. E sono elevatissime le disparità. A cominciare dalla quantità di soldi spesi: in testa si trova l’Emilia Romagna con 395,5 milioni di euro; in coda soltanto regioni del Sud. Nel triangolo Lombardia-Veneto-Emilia molte realtà formative funzionano, altrove è una giungla.
Prendiamo il caso Sicilia, regione con un tasso di disoccupazione doppio rispetto alla media nazionale. La Corte dei conti ha quantificato in 1,9 miliardi di euro i fondi Fse riversati nell’isola dal 2003 al 2010, cui si aggiungono altre decine di milioni per finanziare gli uffici pubblici per l’impiego. Soldi che sono andati a sovvenzionare l’esercito di 400 enti accreditati e i loro 7.300 stipendiati. Per ogni corso di formazione ha infatti trovato un posto soltanto un disoccupato e mezzo.
«L’effettivo avviamento al lavoro di un giovane siciliano costa ai contribuenti 72mila euro», ha detto il procuratore della Corte dei conti. I formatori non risolvono i problemi di occupazione altrui, ma i propri sì. E il 60 per cento delle assunzioni come addetti alla formazione (metà docenti, metà impiegati) è avvenuto dal 2000 in poi, con picchi nel 2006 e 2008, alla vigilia delle elezioni.
UN BUSINESS PER I SINDACATI
Le lezioni sono organizzate da una miriade di realtà: in primo luogo i sindacati e le associazioni di categoria, e poi enti locali, professionisti, consulenti, enti legati a partiti politici. Non c’è un programma preciso né uno svolgimento standard; possono durare da 10-20 ore fino a 300-400. A volte i corsi prevedono sussidi mensili per gli iscritti, trasformandosi così in potenti macchine di consenso, e non garantiscono sbocchi. Non c’è un dato sintetico nazionale che indichi quanti corsisti riconquistino effettivamente un posto. In Veneto, una delle regioni più efficienti, trova lavoro subito soltanto un quarto dei neolaureati che hanno frequentato i master di Confindustria Venezia (il 47 per cento entro un anno). Sarà per questa sfiducia che a Treviso vanno deserti 40 posti su 100 per l’aggiornamento professionale offerti gratis da Unindustria ai lavoratori in mobilità.
Verifiche e rendiconti spesso sono obblighi non rispettati. Molte regioni non sono nemmeno in grado di valutare la qualità dei training e stabilire se i corsi si siano davvero svolti; ma i professionisti della formazione sono comunque abilissimi nell’accaparrarsi i fondi. Nel marzo 2010 la provincia di Firenze lanciò una gara da tre milioni e mezzo di euro per erogare circa tremila «voucher lavorativi». Di colpo in ognuna delle nove zone in cui era stato suddiviso il territorio nacque una cordata condotta da agenzie di formazione riconducibili a sindacati e categorie: a Firenze centro la Confesercenti, a Firenze nord la Cna, nel Mugello la Cgil, nel Chianti la Uil, eccetera. Nessuna sovrapposizione, nessuna concorrenza, secondo una regìa collaudata che tiene lontani i privati. Gli organizzatori avrebbero incamerato fino al 50 per cento delle somme disponibili, come rivelò l’assessore alla Formazione, Rosa Maria Di Giorgi. La Cna fiorentina specificò di trattenere «solo» il 25 per cento.
I tribunali di tutta Italia sono pieni di fascicoli su truffe, vere o presunte, sulla formazione professionale. Centinaia di migliaia di euro pubblici arraffati per istituire fantomatici corsi che non si sono svolti o non hanno prodotto lavoro. Tangenti per dimenticare «stage» inesistenti ma regolarmente finanziati. Amministratori pubblici, funzionari, imprenditori che intascano i fondi per il collocamento dei disabili. Nel 2011 la Guardia di finanza ha denunciato frodi con finanziamenti comunitari per 250 milioni di euro.
Negli ultimi mesi le cose stanno cambiando. La scure dei tagli falcidia anche la formazione professionale e le regioni sono in grave ritardo nei pagamenti. Diminuiscono i fondi strutturali e quindi anche i bandi. A breve arriverà in Italia un’altra task force di Bruxelles per scongelare le risorse del Fse 2007-13 non ancora spese. Ed entro aprile bisognerà definire la riforma dell’apprendistato con le intese collettive per ciascun settore. Tagli, lentezze e incertezze minano l’intero sistema della formazione: gli sprechi ma anche i casi di sostegno reale a chi cerca lavoro.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 20-02-2012 16:23
http://www.ilgiornale.it/milano/quei_paz...comments=1
I pazienti "dimenticati" all'ex clinica Santa Rita: morti senza un funerale
Maria Sorbi - 20 febbraio 2012, 14:54
Muoiono in ospedale, magari dopo lunghi ricoveri. E nessuno chiede di loro, nessun parente si fa vivo per organizzare il funerale. Accade all’istituto Città Studi, l’ex clinica Santa Rita, dove in obitorio i corpi restano parcheggiati giorni e giorni.
"In qualche caso anche per alcuni mesi", spiega il direttore sanitario Pasquale Ferrante. Uno dei casi più clamorosi è quello di un paziente macedone, il cui corpo è rimasto nelle celle frigorifere per ben sette mese. Tanto ci è voluto per rintracciare la famiglia del defunto. "Il consolato macedone – spiega il direttore – è a Venezia e ci abbiamo messo parecchio tempo prima di avere notizie dei parenti di quel povero uomo".
In altri casi è lo stesso ospedale che decide di sobbarcarsi le spese del funerale: poco tempo fa è capitato con un clochard, deceduto in ospedale e rimasto in obitorio per due settimane. Dopo di che la clinica Città Studi si è offerta di provvedere alle spese di trasporto e il Comune di residenza del senza tetto, proveniente dalla provincia di Pavia, ha pensato alla sepoltura e a tutto il resto. "E’ ovvio tuttavia – aggiunge Ferrante – che non possiamo sostenere le spese in tutti i casi. Finché è per una volta, non c’è nessun problema, ma altrimenti diventa difficile". Nel caso in cui la persona deceduta appartenga a una famiglia in difficoltà economiche, allora è il Comune che paga tutto: dalla bara al loculo. Ma tante volte è difficile rintracciare un qualsiasi pro zio o lontano cugino e così l’obitorio diventa un cimitero di nessuno, dove i corpi vengono dimenticati e lasciati lì, con un codice per identificarli.
Anche in pronto soccorso si fa qualche eccezione alle regole e i medici chiudono un occhio con i barboni che si piazzano nella sala d’attesa. "Spesso sono persone ben vestite e distinte – racconta il direttore – ma si capisce che non hanno una casa. Vengono in pronto soccorso perché hanno bisogno di assistenza. O semplicemente per stare al caldo e poter usare i bagni". I medici lasciano che i clochard si lavino e capita spesso che offrano qualche tè caldo o qualche merendina delle macchinette automatiche. "Attualmente il nostro pronto soccorso – racconta il direttore – è frequentato da otto persone senza fissa dimora. Di giorno stanno in giro, poi tornano, poi spariscono, poi si ripresentano. Alcuni hanno problemi di alcolismo, altri sono semplicemente i clochard di questa zona". Aiutarli davvero è difficile: non si lasciano avvicinare, non accettano vestiti né si fanno accompagnare nei dormitori pubblici. I dottori e gli infermieri hanno adottato la strategia del "far finta di niente e lascia fare". E così non dicono nulla se vedono un clochard entrare in bagno. Magari, di soppiatto, gli fanno pure trovare un po' di sapone, senza essere invadenti, con discrezione.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 25-02-2012 11:17
http://www.ilgiornale.it/interni/cose_no...comments=1
Cose non dette sui cento giorni di Monti & C.
Alessandro Sallusti - 25 febbraio 2012, 08:19
Le celebrazioni per i primi cento giorni del governo Monti hanno raggiunto l’apice. All’unisono, stampa e tv raccontano le meraviglie di un Paese cambiato.
Sappiamo che il premier ha il sostegno sincero e leale dell’ex premier Berlusconi che volontariamente gli ha lasciato il posto. E sappiamo che Monti gode anche di stima di una larga fetta di notabili ed elettori del Pdl ai quali non dispiacerebbe averlo come nuovo leader. Tutto questo ci è chiaro, ma non per questo dobbiamo nascondere sotto lo zerbino alcune verità. Per esempio.
Durante i mirabolanti cento giorni l’Italia è entrata tecnicamente in recessione, la disoccupazione è cresciuta, quella giovanile ha superato la soglia del 30 per cento, le agenzie internazionali ci hanno declassato e spediti addirittura in serie B. Ancora. Le tasse sono aumentate raggiungendo un nuovo record di pressione fiscale, la benzina sfiora i due euro al litro, le liberalizzazioni, quelle vere, non ci sono e non ci saranno. La Rai è diventata un pollaio fuori controllo, la Protezione civile un buco nero. Lo spread è sceso ma resta a livelli che quattro mesi fa venivano giudicati insostenibili e pericolosi.
Tutto questo è accaduto in presenza di una maggioranza politica innaturale e bulgara, di un Parlamento commissariato dal presidente della Repubblica, di un governo che va avanti a colpi di decreti-legge e voti di fiducia.
Insomma, ci mancava soltanto che in una situazione di potere così unica e forse irripetibile non tornasse almeno un po’ difiducia, che peraltro è gratis, nell’esecutivo. Ma onestamente, non vediamo proprio che cosa ci sia da gioire o celebrare. Il miracolo, annunciato e atteso, non c’è stato e non poteva esserci. Perché con le regole blindate dalla nostra Costituzione neppure il governo dei migliori, o come in questo caso dei non eletti, della non casta, è in grado di liberare il Paese dalle incrostazioni.
E per cambiare la Costituzione, che ci piaccia o no, c’è una sola strada: ridare parola e potere alla politica. I cento giorni sono quindi sì importanti ma nel senso che sono cento giorni in meno che mancano alle elezioni. Nel frattempo sono certo che il governo Monti farà cose apprezzabili e tutti gliene saremo grati. Se poi strada facendo ci portiamo avanti con qualche riforma che vada oltrel’allargamento della base di taxisti e farmacisti, be’, credo che la cosa non guasterebbe. Il Parlamento, se volesse, ne avrebbe facoltà.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 27-02-2012 11:09
http://www.ilgiornale.it/economia/falso_...comments=1
Falso allarme: ecco le bugie sullo spread Conto di 5 miliardi e tutti per colpa dell'Ue
di Renato Brunetta - 27 febbraio 2012, 08:15
Quando la situazione si fa calda, bisogna tenere la testa fredda. Analizzando l’andamento degli spread sui titoli a 10 anni dei Paesi della zona euro e calcolati rispetto ai Bund, abbiamo capito alcune cose banali, ma fondamentali.
1.L’inizio della bufera è il Consiglio Europeo del 23- 24 giugno, con andamenti e picchi sincronizzati con le principali (non) decisioni europee, in particolare sulla Grecia.
2. La tempesta degli spread registra la stessa intensità in tutti i Paesi, con differenze di impatto legate alle situazioni interne, in particolare le dimensioni dei debiti sovrani.
3. Se lo spread è tradizionalmente considerato come la misura del rischio Paese, tuttavia esso, in questa congiuntura europea, prescinde in gran parte dai fondamentali delle singole economie nazionali. E questo è un paradosso ancora inspiegato. Ne è un esempio l’Italia, che, nonostante l’avanzo primario, l’assenzadi una bolla immobiliare, il settore bancario solido e il basso indebitamento delle famiglie, ha avuto spread peggiori di quelli della Spagna, che non presenta i nostri fattori «di tenuta», ma solo un debito pubblico più basso. 4.Non sorprende,allora,che nelle aspettative degli investitori, contino relativamente poco le misure nazionali di politica economica, le manovre correttive, che pur dando segnali forti sul miglioramento dei conti, finiscono per avere effetti depressivi, causando peggioramenti delle aspettative dei mercati e dei relativi rating . Dunque, politiche economiche virtuose, rigorose e restrittive paradossalmente finiscono per influenzare in senso negativo gli spread nel breve periodo.
5. Al contrario, ciò che ha determinato le maggiori oscillazioni e i principali picchi degli spread , in tutti i Paesi nel periodo di massima volatilità, sono stati fattori esogeni,legati all’impotenza Ue contro la crisi. Un’analisi del diagramma degli spread , confrontato con le date dei vertici europei, fino all’Eurogruppo del 20 febbraio, che finalmente ha varato un pacchetto (insufficiente) di aiuti per la Grecia, lo dimostra in maniera disarmante.
6. Quel che sembra contare di più nell’andamento degli spread , sono credibili strategie di lungo periodo, tanto dell’Ue quanto dei singoli Stati. Questo spiega la parabola dei Bonos spagnoli, che si sono calmierati dopo la più corretta strategia di lungo termine: elezioni e riforme del nuovo governo.
Fin qui i fatti. Ma a questo punto una domanda sorge spontanea: quanto ci è costata l’impotenza dell’Europa nell’affrontare la crisi? In termini economici una cifra certamenteragguardevolema, edèquesta la cosa più sconvolgente, del tutto sostenibile. Confrontando, infatti, il totale titoli pubblici, di ogni categoria e durata, emessi nel 2011 (421miliardi), aunrendimentomedio ponderato del 3,61% (media che comprende la prima fase virtuosa, fino a giugno, e la seconda parte febbrile), con il totale titoli emessi nel 2010 (467 miliardi), a un rendimento medio ponderato del 2,10% (dati Mef), emerge che il servizio del debito nel 2011 è costato 15 miliardi a fronte di un costo di 10 miliardi nel 2010. Una differenza di oneri per lo Stato di 5 miliardi per un periodo medio di 6-7 anni.
Focalizzando l’analisi sulle emissioni di Btp a 10 anni, quelli su cui è stata maggiormente catalizzata l’attenzione dell’opinione pubblica, i maggiori oneri per le finanze pubbliche derivanti dai titoli emessi nel 2011 rispetto agli oneri derivanti dai titoli del 2010 ammontano a 221 milioni di euro per un periodo di 10 anni. Cifra ragguardevole, ma del tutto sostenibile.
Dal punto di vista della nostra politica economica, la tempesta degli spread ci è costata almeno due manovre aggiuntive. Modello: sangue, sudore e lacrime. Quella di agosto, con effetto cumulato di 64 miliardi,tesa all’anticipo del pareggio di bilancio nel 2013, e quella di dicembre, con effetto cumulato di 63 miliardi, correttiva dei conti pubblici a seguito del peggioramento della congiuntura economica. Le due manovre, che hanno innescato un processo recessivo, ci porteranno nel 2012 a una minor crescita del Pil tra il -1,5% e il -2%, di un punto peggiore rispetto alla recessione prevista per l’area euro nel 2012 (-0,3%). Per non parlare della caduta di un governo democraticamente eletto dal popolo.
Ultima annotazione: in Italia la bufera è stata gestita in maniera ineccepibile dal punto di vista tecnico da parte del dipartimento del Tesoro - direzione Debito Pubblico - che ha utilizzato tutti gli strumenti a disposizione: programmazione dei quantitativi delle emissioni, riacquisti di titoli sul mercato, con cambi tesi a ritirare bond in scadenza difficili da rimborsare ed emetterne nuovi a più lunga durata. Non altrettanto si può dire della gestione politica del ministro competente, che si è lasciato travolgere dalla bolla mediatica negativa sul Paese, sull’economia, sui conti pubblici senza opporre resistenza e senza informare governo e Paese del reale andamento della crisi, certamente grave ma anche, soprattutto, certamente sostenibile.
Pure in ragione del fatto che il governo Berlusconi aveva fatto manovre correttive per 265 miliardi cumulati al 2014, con pareggio di bilancio nel 2013 e avanzo primario del 5%. Sarebbe sciocco supporre che vi sia stato un concerto dei mercati per danneggiare l’Italia, e il suo legittimo governo, ma è sciocco anche sostenere che l’esecutivo in quel momento in carica non abbia fatto il dovuto. Ha mancato, invece, di prontezza e lucidità politica, tardando ad avvertire il Paese su caratteristiche e origini della crisi, non fronteggiabile con misure penitenziali interne e non riducibile se non in sede europea. Tale ritardo è una colpa, che origina da una precisa mancanza del ministro dell’Economia, che o non ha colto la natura di quel che accadeva o ha supposto di dominarla per trarne vantaggio. I risultati si sono visti. La conclusione che si può trarre dall’analisi a posteriori di quanto è accaduto nel 2011 è che gli errori e le incertezze della governance europea, e la debolezza e incertezza italiana nelle trattative in sede europea, con la conseguente percezione di confusione e instabilità trasmessa ai mercati, hanno determinato probabilmente un effetto di overshooting nelle correzioni di bilancio, sia rispetto all’obiettivo di compensazione del maggior onere per interessi sia rispetto all’obiettivo di graduale azzeramento del deficit . La necessità di correggere le percezioni negative dei mercati sulla situazione della nostra finanza pubblica hanno portato, in altri termini, a sovradimensionare l’entità delle manovre rispetto alla misura ottimale, che è quella che non compromette l’obiettivo aumentando il grado di rischio derivante dalla riduzione del tasso di crescita atteso.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 02-03-2012 11:30
Con le sue gaffe alla Camera ora Gnudi è l'idolo del web
Esilarante audizione: l’algido manager titolare del Turismo pare uno scolaro agitato. E lo sbobinato fa il giro della rete
di Paola Setti - 02 marzo 2012, 09:30
Fra la via Emilia e iluest, così la direbbe lui, ecco a voi Piero Gnudi, un presente da bi-ministro al Turismo e agli Affari regionali, un passato fra Cda, giunte direttive, comitati esecutivi e presidenze di tutto o quasi da Confindustria a Unicredit a Enel, un futuro assicurato nel mega studio da commercialista che mantiene nella sua Bologna, ma soprattutto sul web, professione «cult».
Poi dice che Radio Radicale non serve. Ascoltare, per ricredersi, la registrazione dell’intervento di Gnudi alla Camera, davanti alla X Commissione come davanti alla X Mas. C’è persino un blogger, Luciano Arduino, che quei 46 minuti e 51 secondi se li è sbobinati per trasmetterli ai naviganti e ai posteri, linkando a contorno il Walter Chiari di Vieni avanti cretino.
Con quella zeta a forma di esse, Gnudi pare un incrocio fra Vasco Rossi e Bersani. Quanto a strafalcioni e gaffe senza soluzione di continuità, riporta alla memoria le interviste impossibili di Mai dire gol a calciatori e allenatori. Ora in rete c’è chi si domanda se avesse il febbrone, in effetti ha tossito parecchio, oppure se l’algido dirigente d’azienda del governo degli imperturbabili (Fornero permettendo), si sia emozionato. Per cominciare si mangia l’«in» e rigurgita un «nanzi tutto» che non fa ben sperare, visto che quella di deglutire la prima o l’ultima sillaba è un vizio che non perde mai: il braccio è «perativo», lo standard diventa standa, il mestiere si ferma a mestie. E poi il volume che non è d’affari ma «da fare», fino al rebus del cambio di sillaba, col capitale che diventa capitano, speriamo che nel cambio sia rimasto umano.
Lo sbobinato letterale somiglia a certe traduzioni automatiche dall’inglese all’italiano sul web: «Il ministro D’Urso ehm Urso che... Eh eh che color segrestata a Shanghai come na volta. Te lo ricordi?». Eh? Ma anche: «Cioè noi bisogna far si che l’Enit diventi il braccio perativo di tutte le regioni. Perché neh e e e in cui le regioni li si riconooscono ci mettono tramente anche delle risoorse ...e e riusciamo a fare anco una un una ... una stratte una tratteggia che vada bene per l’intero paese». Pausa. «...effff»... «... l’ideale noi l’stiamo portando avanti e già e già cred cre già aaah in gi in giro per il parlamento n progetto in legge, per in alcune paarti in alcuni paaesi unificare e eh quello che non ovc chemava it coll’eeeenit».
Una deputata interrompe: «Scusi, non ho capito», ma nessuno ridacchia più da quando il presidente ha zittito il vociare: «Se dovete parlare d’altro uscite». La deputata domanda se abbia capito bene, che il ministro pensa di accorpare Ice e Enit, ed ecco la risposta: «No, no no... lei sa che se è una proposta di legge per ricostruire ce metterlo assieme all’ambasciata, la proposta che ho fatto io che in in alcune sedi di ambasciaata dove c’è l’Iiice di mettere dentro acun dipendente di Enit che faccia promozione turistica». Boh, vabbè.
Comunque il concetto chiave, circa-più-o-meno-quasi, è che il turismo mondiale cresce e quello italiano invece no, e sì che «tutti i paesi europei hanno calato», ma qui peggio. Con l’aggravante che noi i turisti spesso li trattiamo male, senza pensare che «una volta se uno andava ristorante mangiava male lo diceva a quattro cinque persone ed era morta li. Adesso col social network lo sanno tutti», e «ci vogliono sette giudizi positivi per bilanciare un giudizio negativo». Quindi, urge campagna di «educazione», «per spiegare che quando vediamo un turista non lo dobbiamo trattare come a volte purtroppo facciamo come uno che magari che ti occupa il posto o ti infastidisce, ma come uno che ti sta portando del denaro». E poi, signori, l’unità nazionale è importante: «Le stelle devono essere uguali dal Trentino alla Sicilia».
E basta promozioni regione per regione, è il prodotto Italia che va pubblicizzato: «La pubblicità del Metaponto in Cina: non so se i cinesi sanno dov’è il Metaponto».
Alla fine non c’è più tempo per le domande dei deputati, Gnudi ha appuntamento con Monti alle tre, «quindi alle tre meno 2 devo andare». A manca 5 lo liberano, ma lui promette di ritornare la settimana prossima. Coca cola e pop corn per godersi lo spettacolo.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 07-03-2012 14:31
http://www.ilgiornale.it/interni/tassano...comments=1
Tassano la birra per non ridurre la spesa pubblica
di Nicola Porro - 07 marzo 2012, 08:00
Quando una piccola impresa vede ridursi il proprio reddito si arrangia. Riduce innanzitutto le spese e poi si «sbatte» in tutti i modi per lavorare di più.
La più grande impresa del Paese, cioè lo Stato, che impiega 3,6 milioni di dipendenti e ha ricavi per 771 miliardi di euro l’anno (le nostre tasse) ragiona diversamente. Fa una legge e per decreto aumenta i ricavi, cioè le nostre tasse. Se la vita economica fosse così facile avremmo risolto i problemi del mondo. Stiamo forse banalizzando? Ma va là. Sentite questa. Ieri in Parlamento hanno deciso di stabilizzare 10mila dipendenti della pubblica istruzione, poi, in serata, sono tornati indietro e hanno bocciato la norma: niente assunzioni. Sventata la follia, ma non il principio che la stava ispirando. Bisognava trovare il denaro per stabilizzare quei 10 mila professori. Già, come? Cercando nelle pieghe dei ministeri? Riducendo gli sprechi?
Combattendo l’assenteismo? Ma figurarsi. È bastato toccare una piccola tassa sugli alcolici e la birra. L’equazione è presto fatta: più istruzione meno alcol. E tutti a brindare alla nuova e progressiva norma. Tutte balle. Ma ben confezionate.
Il fatto che questa volta il colpo di mano sia stato sventato, non cancella il problema. Anzi. Abbiamo costruito 1.900 miliardi di euro di debito pubblico proprio su micro manovre di questo genere. La faccia tosta dei nostri politici non ha limiti. Il governo è riuscito ad aumentare le imposte locali retroattivamente, negli ultimi decenni (compresi Berlusconi e Monti) si sono toccate le accise sulla benzina fino a portarla a due euro al litro. E ora anche la birra.
Gli italiani hanno dato l’impressione di poter sopportare qualsiasi supplizio fiscale. Crediamo che oggi non sia più così. In queste ore in cui si discute di una norma costituzionale che imponga il pareggio di bilancio pubblico, riteniamo che sia un falso obiettivo. Il problema non è pensare di trovare grazie alla birra le risorse per assumere 10mila dipendenti pubblici (principio del pareggio di bilancio), ma è ridurre i dipendenti pubblici e non toccare le accise (principio della riduzione della spesa pubblica).
E per questa via ridurre le imposte. In Costituzione si dovrebbe piuttosto inserire una norma vincolante sulla percentuale totale di reddito che si può sottrarre agli italiani. Oggi lo Stato preleva il 44% della nostra ricchezza. In un Paese libero non dovrebbe superare il 30 per cento. Altro che imposte sulla birra.
Ps. Le accise su benzina e birra e le addizionali Irpef locali sono decisamente regressive. E cioè colpiscono in maniera maggiore le fasce di reddito più basse.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 08-03-2012 14:54
http://www.ilgiornale.it/rubrica_cucu/ne...comments=1
Nel burrone ma con tanti elogi
di Marcello Veneziani - 08 marzo 2012, 10:51
Mai così alto il prezzo della benzina, mai così alte le tasse sulla casa, mai così alta la disoccupazione e la cassa integrazione, mai così alto il prezzo della verdura...
Mi fermo al carciofo per non infierire, ma potrei continuare a lungo. Poi vedo il governo Monti e sento solo elogi sperticati. Istituzioni, Quirinale, Parlamento, Partiti- eccetto pochi- Poteri Sparsi, Media... Bravo, bis.
Stiamo vivendo il Miracolo Italiano, abbiamo un governo favoloso, ce lo invidiano tutti, anzi Monti salverà l’Europa intera, dice Time , e poi penserà al pianeta e alle galassie...
Per carità, non voglio rovesciare la frittata e attribuire a 110 giorni e lode di governo Monti tutta questa ecatombe; però trovo perlomeno stridente la situazione drammatica senza precedenti del nostro Paese e l’entusiasmo senza precedenti per il tecno-governo in carica. E continuo, come un bambino dell’asilo, a non capire perché- senza che sia accaduto nessun evento traumatico, una guerra, un’invasione degli alieni, un cataclisma - da un giorno all’altro, una situazione di debiti stratificata da decenni sia esplosa con questa drammatica urgenza.
Ho l’impressione che qualcosa di enorme ci sfugga, qualcosa di non detto o solo misteriosamente alluso.Un’omertà euromafiosa, una camorra globale e indecifrata ha improvvisamente decretato questo Allarme Generale con Mazzate. E più sprofondiamo nella melma, nome gentile ma assonante, e più siamo costretti a cantare in gita distruzione (senza apostrofo) verso il burrone: battiam battiam le mani evviva il Professor.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 13-03-2012 11:10
http://www.ilgiornale.it/interni/provinc...comments=1
Province sanguisughe: ci costano 14 miliardi
di Mario Giordano - 13 marzo 2012, 08:00
Eliminare le Province italiane? Macché ne vogliono sempre di nuove. E perché? Perché sono veri e propri centri di spese, spesso di spese folli. A questo viene dedicato un capitolo di Spudorati (152 pagine, 18 euro, Mondadori) di Mario Giordano, 45 anni, direttore di Mediaset all-news TgCom24.
Ecco alcuni stralci del nuovo libro da oggi nelle librerie.
----------------
Avanti c’è posto: è dal 1970, cioè da quando sono state create le Regioni, che si dice che le Province non hanno più senso. Eppure non c’è paesello, rione, quartiere che non sogni di diventare capoluogo... Vi chiederete come mai. E la risposta è semplice: non è vero che le Province non servono a niente. Macché: le Province servono un sacco. A che cosa? Semplice: a finanziare la sagra del salmone del Medio Campidano, per esempio. O il censimento per lo studio delle abitudini del cormorano dell’Iglesias. Vorrete mica perdere di vista il cormorano dell’Iglesias, perdinci. E allora perché vi stupite? La Provincia di Oristano (meno di 300.000 abitanti) è riuscita a finanziare in un solo anno: la sagra della fragola (8942,42 euro), la sagra dei pesci (2257,67 euro), la sagra dei muggini (1474,20 euro), la sagra de sos cannisones (983,55 euro), la sagra de sos culurzones de patata (903,05 euro), la sagra del riso (1493,87 euro), la sagra degli agrumi (1867,34 euro), la sagra del pomodoro (5465,73 euro), la sagra dei ravioli (1806,09 euro), la sagra del pane e dei prodotti tipici (2709,14 euro), la sagra su pai fattu in domu (1354,57 euro), la sagra del carciofo (1331,58 euro), la sagra de su bino nou (903,05 euro) e la sagra pane e olio in frantoio (1422,30 euro). Ho l’impressione che alla fine abbiano mangiato un po’ tutti...
Il fatto è che di dimagrire nessuno ha voglia. La Provincia di Napoli, per dire, negli ultimi dodici mesi ha sostenuto con oltre 3 milioni di euro una miriade di fondamentali iniziative come «La cucina di mammà», «Cogli l’attimo», «C’è di più per te» e «Sognando di diventare campioni tirando la fune».
Il tiro alla fune, ecco, ci mancava.
La Provincia di Roma pensa alle lepri e ai fagiani: spende 298.392 euro per distribuirne una certa quantità nei boschi. La Provincia di Trento finanzia ogni tipo di convegno: 110.000 euro per quello sul clima, 790.000 per quello sull’economia, 100.000 per quello sulle «rotte del mondo», addirittura 180.000 per «educare nell’incertezza» (fra l’altro, di questi, 82.000 se ne vanno in comunicazione, cartellonistica, vitto e soprattutto buffet, che in mezzo a tanta incertezza restano l’unica cosa sicura). Inoltre, sempre la Provincia di Trento ha affidato anche una consulenza da 20.000 euro a due professori universitari per «capire gli orsi», mentre quella di Belluno paga dieci volte tanto un consulente per sapere se le Dolomiti possono entrare nel patrimonio dell’Unesco.
E la Provincia di Bolzano batte tutti: è riuscita ad assoldare un consulente per fare lezione ai troppi consulenti che aveva assoldato. «Come migliorare le proprie prestazioni», era il titolo esatto del seminario. Ecco: come migliorare le proprie prestazioni. E magari farsi pagare qualche euro in più sognando la cucina di mammà o il tiro alla fune. E dimenticando, però, che a forza di tirare la fune, si rischia di spezzarla. Ma chi ci pensa ai pericoli? Ma chi ci pensa ai costi? Ma chi ci pensa agli sprechi? Ecco perché, nonostante le promesse elettorali, le Province sopravvivono sempre. Ecco perché, quando si arriva al dunque, nessuno vota per l’abolizione. Perché le Province sono utili. Prendete quella di Monza e della Brianza. La neonata organizzazione territoriale brianzola ha appena visto la luce in una terra che, come tutti sanno, è celebre per la febbrile attività e l’indomito dinamismo.
Ebbene, che cosa ha prodotto in sei mesi, dal gennaio al giugno 2011, il consiglio provinciale della produttiva Brianza? Una delibera. Proprio così: una di numero. Accidenti, non sarà mica calata l’ernia a qualcuno dentro quel palazzo? Una delibera tutta intera? Tutta insieme? L’avranno approvata in un colpo solo oppure a rate per non affaticarsi troppo? Fra l’altro trattasi di una decisione operativa di importanza fondamentale, dati i tempi di crisi e le necessità del Paese: il premio Talamoni, cioè una medaglietta d’oro (4 centimetri) da assegnare a non si sa bene chi. Valeva la pena costituire una nuova Provincia per avere un riconoscimento così prestigioso, no?
Pare che in Brianza si fatichi a trovare uno stemma, un simbolo, un segno distintivo per rappresentare il nuovo ente locale. Che, in compenso, ha ben quattro sedi (proprio quattro) e quattro aziende dell’acqua (proprio quattro) che costano, secondo quanto riferisce l’Espresso, 1,5 milioni di euro l’anno.
Le spese per la comunicazione istituzionale ammontano a 880.000 euro, quelle per le consulenze a 1 milione di euro. E non mancano nemmeno le solite regalie a pioggia per foraggiare ogni tipo di manifestazione, da «Pagine come rose» a «Le immagini della fantasia», da «Libritudine» a «Teodolinda messaggera di pace»...
Finanziamenti in libertà anche a Palermo: qualsiasi sagra, dal ficodindia all’asino di Castelbuono, e qualsiasi associazione, dal Badminton di Cinisi alla Confederazione siciliani del Nordamerica, sembra in grado di ricevere generose donazioni di soldi dei contribuenti. All’altro capo dell’Italia, in compenso, c’è la Provincia di Treviso che spende 22.800 euro per organizzare un sondaggio sulla soddisfazione dei pescatori e altri 21.600 per studiare le anguille. In effetti, però, lo studio delle anguille può presentare anche alcuni lati assai interessanti: considerato il modo in cui vengono gestiti i soldi dei contribuenti, almeno si impara a essere sfuggenti...
Ecco a che cosa servono le Province. Costano 14 miliardi di euro l’anno, ci prosciugano, non funzionano, ma svolgono due compiti fondamentali: mantengono un esercito di 4520 amministratori e distribuiscono denari a pioggia, dall’associazione della salsiccia agli amici del peperone. Che poi, oltre che essere amici del peperone, evidentemente, sono pure amici dell’assessore. O almeno di sua moglie. Altrimenti come spiegare certe spese?
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 18-03-2012 21:17
http://www.ilgiornale.it/rubrica_cucu/il...comments=1
Il Paese ufficiale con tanti buchi
di Marcello Veneziani - 18 marzo 2012, 15:04
Ieri mattina sono andato a trovare l'Italia ufficiale. Superando la misantropia - che nel Palazzo rasenta l'antropofagia - sono andato al Quirinale per la festa d'Italia.
Per amor patrio ho messo la cravatta, e per me è un sacrificio, ma ho tenuto gli scarponi; ero come una Mercedes con le ruote di un Suv.
Oltre gli officianti c'era l'Italia ufficiale, c'erano pure i comici e i cantanti ufficiali, gli scrittori e storici ufficiali. Il presentatore ufficiale era Giuliano Amato, il Gianni Morandi del festival delle istituzioni. Mancava la Regina Angela Merkel, e pure il suo luogotenente in Italia, forse in riparazione. Non si vedevano i Poteri Occulti, ma questo è comprensibile. Nell'ampio documento visivo sul 17 marzo, come nei film di Stalin, è stato cancellato Berlusconi e il suo governo, che pure ha istituito la festa del 17 marzo. Ma se è per questo pure il Re e i Savoia erano spariti dall'Unità.
C'era pure Berlinguer ma non c'era Almirante che con l'amor patrio c'entra di più. C'era la mostra sul Pci ma non quella sull'identità nazionale. Il ministro della Pubblica Istruzione non riusciva a pronunciare la parola analfabeta, si è impappinato ripetutamente, forse per solidarietà con gli analfabeti. Napolitano, vestito in grigio, ha annunciato di fare un discorso grigio ed è stato di parola. Al buffet si è ricomposta l'unità nazionale, ma i panini ufficiali sono indigesti, soprattutto se accompagnati da spumante ufficiale. Duro ai buffet salutare senza la terza mano. L'Italia aspettava fuori, a secco di spumante e di benzina.
RE: [OT] Attualità e Cultura - michele.greco@alice.it - 21-03-2012 14:43
http://www.ilgiornale.it/rubrica_cucu/il...comments=1
Il Paese ufficiale con tanti buchi
di Marcello Veneziani - 18 marzo 2012, 15:04
Ieri mattina sono andato a trovare l'Italia ufficiale. Superando la misantropia - che nel Palazzo rasenta l'antropofagia - sono andato al Quirinale per la festa d'Italia.
Per amor patrio ho messo la cravatta, e per me è un sacrificio, ma ho tenuto gli scarponi; ero come una Mercedes con le ruote di un Suv.
Oltre gli officianti c'era l'Italia ufficiale, c'erano pure i comici e i cantanti ufficiali, gli scrittori e storici ufficiali. Il presentatore ufficiale era Giuliano Amato, il Gianni Morandi del festival delle istituzioni. Mancava la Regina Angela Merkel, e pure il suo luogotenente in Italia, forse in riparazione. Non si vedevano i Poteri Occulti, ma questo è comprensibile. Nell'ampio documento visivo sul 17 marzo, come nei film di Stalin, è stato cancellato Berlusconi e il suo governo, che pure ha istituito la festa del 17 marzo. Ma se è per questo pure il Re e i Savoia erano spariti dall'Unità.
C'era pure Berlinguer ma non c'era Almirante che con l'amor patrio c'entra di più. C'era la mostra sul Pci ma non quella sull'identità nazionale. Il ministro della Pubblica Istruzione non riusciva a pronunciare la parola analfabeta, si è impappinato ripetutamente, forse per solidarietà con gli analfabeti. Napolitano, vestito in grigio, ha annunciato di fare un discorso grigio ed è stato di parola. Al buffet si è ricomposta l'unità nazionale, ma i panini ufficiali sono indigesti, soprattutto se accompagnati da spumante ufficiale. Duro ai buffet salutare senza la terza mano. L'Italia aspettava fuori, a secco di spumante e di benzina.
Caro Cher,
è da un po' di tempo che non vi è corrispondenza tra noi.
Mi rendo conto, comunque, che nulla o poco è cambiato e che, troppo spesso, segnalare certi infelici interventi giornalistici, rafforzino sempre di più il pensare, almeno da parte mia, che non si ha più nulla da dire e che certe squallide considerazioni d'un giornalismo dozzinale e di parte, lascino il tempo che trovano.
Avrei voluto fare un personalissimo intervento in merito al chiudersi dei "festeggiamenti" dell'Unità d'Italia, il 17 c.m., per dare un senso a quanto in merito ho fatto un anno fa aprendo, tra i primissimi, il "ricordo" commemorativo. Ciò non è stato possibile per una serie di problemi con questo computer che mi ha fatto rinunciare ad un intervento tempestivamente.
Credo che l’unico contributo ch’io possa ancora dare al chiudersi del 150° anniversario dell’Unità d’Italia sia nel ricordare che il nostro Presidente on. Giorgio Napolitano, nello scadere del suo mandato, abbia regalato all’Italia la possibilità di assaporare i benefici d’una possibile unità voluta dal serio lavoro di Mario Monti e della sua equipe tecnica. Una lezione di serietà e di civica cosciente convivenza.
L’Unità alla quale faccio riferimento è il vedere, speriamo che duri, i maggiori partiti che, senza più “palese” conflittualità, appoggiano l’iniziativa restauratrice del nuovo governo. Ciò nonostante il nostro Paese è, sotto molti aspetti, litigioso ed ingovernabile; ieri per le illogicità e l’arroganza del costume politico, oggi per le irriducibili pretese dei sindacati, governati da una logica che per molti versi è opportuna e per altri di “occulta” parte. Il diritto dei lavoratori non può prevaricare altri diritti altrimenti si metterebbe in discussione il concetto di diritto stesso che, nell’essere offeso, se non erro, in sede di giudizio, va punito.Mi riferisco alla disonestà, alla negligenza, all’inadeguatezza, alla mancanza di professionalità, all’assenteismo, all’etica professionale, all’educazione infine ed all’errore doloso, quindi voluto. Sono questi ed altri, quegli illeciti che andrebbero puniti anche in sede lavorativa dove, chi sbaglia, paghi, altro che indennizzo o reintegro. Una punizione blanda consentirebbe ed indurrebbe a facilitarne il “dolo” ed a spingere chi assume a essere meno disponibile all’assunzione stessa; viceversa una punizione severa metterebbe il dipendente in condizione di maggiore osservanza etica e disciplinare. Il diritto si acquisisce, in una società giusta e civile, solo con l’osservanza del proprio dovere.Ciò che il governo Monti sta facendo è sicuramente da considerare necessità impellente e non ritengo che i provvedimenti che si stanno prendendo per il risanamento della nostra economia e per la nostra dipendenza dai cugini francesi e dalle suocere tedesche, siano poi così severi e “dittatoriali”; in merito mi sono meravigliato di una certa flessibilità dello stesso on.Mario Monti che a mio avviso avrebbe dovuto avere più polso e meno cedimenti.
Ci si può solo chiedere se ai metodi adottati ve ne fossero altri più indolori ed idonei, tutti confacenti alle parti politiche concordanti, compreso i sindacati.
Ma non voglio dilungarmi su detto argomento già reso noioso ed ostico dai canali di popolare informazione.
Resta di fatto che oggi, finalmente si assapora un po’ di clima da Unione; si aprono nuove strade al dialogo, anche spinoso, liberando tutti dalla dannosa, inutile ed interessata diatriba politica che ci ha spinti, nel recente passato, alla sfiducia della politica e delle istituzioni.
Ciò, grazie al Presidente On.Giorgio Napolitano che ci ha permesso di riscattarci agli occhi di quanti, dentro e fuori del nostro paese, guardavano agli italiani come gente incapace, ladra e litigiosa.
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 22-03-2012 11:20
Caro Cher,
è da un po' di tempo che non vi è corrispondenza tra noi.
Mi rendo conto, comunque, che nulla o poco è cambiato e che, troppo spesso, segnalare certi infelici interventi giornalistici, rafforzino sempre di più il pensare, almeno da parte mia, che non si ha più nulla da dire e che certe squallide considerazioni d'un giornalismo dozzinale e di parte, lascino il tempo che trovano.
Avrei voluto fare un personalissimo intervento in merito al chiudersi dei "festeggiamenti" dell'Unità d'Italia, il 17 c.m., per dare un senso a quanto in merito ho fatto un anno fa aprendo, tra i primissimi, il "ricordo" commemorativo. Ciò non è stato possibile per una serie di problemi con questo computer che mi ha fatto rinunciare ad un intervento tempestivamente.
Credo che l’unico contributo ch’io possa ancora dare al chiudersi del 150° anniversario dell’Unità d’Italia sia nel ricordare che il nostro Presidente on. Giorgio Napolitano, nello scadere del suo mandato, abbia regalato all’Italia la possibilità di assaporare i benefici d’una possibile unità voluta dal serio lavoro di Mario Monti e della sua equipe tecnica. Una lezione di serietà e di civica cosciente convivenza.
L’Unità alla quale faccio riferimento è il vedere, speriamo che duri, i maggiori partiti che, senza più “palese” conflittualità, appoggiano l’iniziativa restauratrice del nuovo governo. Ciò nonostante il nostro Paese è, sotto molti aspetti, litigioso ed ingovernabile; ieri per le illogicità e l’arroganza del costume politico, oggi per le irriducibili pretese dei sindacati, governati da una logica che per molti versi è opportuna e per altri di “occulta” parte. Il diritto dei lavoratori non può prevaricare altri diritti altrimenti si metterebbe in discussione il concetto di diritto stesso che, nell’essere offeso, se non erro, in sede di giudizio, va punito.Mi riferisco alla disonestà, alla negligenza, all’inadeguatezza, alla mancanza di professionalità, all’assenteismo, all’etica professionale, all’educazione infine ed all’errore doloso, quindi voluto. Sono questi ed altri, quegli illeciti che andrebbero puniti anche in sede lavorativa dove, chi sbaglia, paghi, altro che indennizzo o reintegro. Una punizione blanda consentirebbe ed indurrebbe a facilitarne il “dolo” ed a spingere chi assume a essere meno disponibile all’assunzione stessa; viceversa una punizione severa metterebbe il dipendente in condizione di maggiore osservanza etica e disciplinare. Il diritto si acquisisce, in una società giusta e civile, solo con l’osservanza del proprio dovere.Ciò che il governo Monti sta facendo è sicuramente da considerare necessità impellente e non ritengo che i provvedimenti che si stanno prendendo per il risanamento della nostra economia e per la nostra dipendenza dai cugini francesi e dalle suocere tedesche, siano poi così severi e “dittatoriali”; in merito mi sono meravigliato di una certa flessibilità dello stesso on.Mario Monti che a mio avviso avrebbe dovuto avere più polso e meno cedimenti.
Ci si può solo chiedere se ai metodi adottati ve ne fossero altri più indolori ed idonei, tutti confacenti alle parti politiche concordanti, compreso i sindacati.
Ma non voglio dilungarmi su detto argomento già reso noioso ed ostico dai canali di popolare informazione.
Resta di fatto che oggi, finalmente si assapora un po’ di clima da Unione; si aprono nuove strade al dialogo, anche spinoso, liberando tutti dalla dannosa, inutile ed interessata diatriba politica che ci ha spinti, nel recente passato, alla sfiducia della politica e delle istituzioni.
Ciò, grazie al Presidente On.Giorgio Napolitano che ci ha permesso di riscattarci agli occhi di quanti, dentro e fuori del nostro paese, guardavano agli italiani come gente incapace, ladra e litigiosa.
Michele Greco
Ben trovato!
Ho letto con piacere le tue considerazioni e pienamente condivisibili.
La gif che utilizzo prima di ogni riporto vuole "umilmemte" porre l'attenzione non sul "contenuto" ma sul livello raggiunto.....
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 23-03-2012 11:41
http://blog.ilgiornale.it/foa/2012/03/20...l-baratro/
Di Marcello Foa
Primo flash d’agenzia: i consumi crollano, l’Italia è sempre più in recessione. Secondo flash: Napolitano invita a “non abbandonare la strada virtuosa”. Non mi è difficile immaginare un terzo flash d’agenzia, tra qualche mese, in settembre o in ottobre: “I consumi si inabissano, la disoccupazione s’impenna e i conti dello Stato non migliorano”.
Altro che strada virtuosa, sia detto con tutto il rispetto per il presidente della Repubblica, che non è un economista. La strada intrapresa da Monti è quella voluta dal Fondo monetario internazionale, che è già stata applicata in molti Paesi e che ha avuto sempre lo stesso decorso. Stangano .. a fin di bene, promettendo la ripresa e un futuro radioso. Ma la crescita non arriva mai e il futuro diventa sempre più cupo. Un futuro di un Paese schiavizzato dal debito e sempre più povero. Avanti di questo passo e finirà così anche l’Italia.
O sbaglio?
-----------------
Marcello Foa, a lungo firma de Il Giornale, ora dirige il gruppo editoriale svizzero TImedia ed è docente di Comunicazione e Giornalismo. Il Cuore del mondo è diventato un blog indipendente ospitato da ilgiornale.i
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 23-03-2012 17:29
http://blog.ilgiornale.it/foa/2012/03/20...l-baratro/
Di Marcello Foa
Primo flash d’agenzia: i consumi crollano, l’Italia è sempre più in recessione. Secondo flash: Napolitano invita a “non abbandonare la strada virtuosa”. Non mi è difficile immaginare un terzo flash d’agenzia, tra qualche mese, in settembre o in ottobre: “I consumi si inabissano, la disoccupazione s’impenna e i conti dello Stato non migliorano”.
Altro che strada virtuosa, sia detto con tutto il rispetto per il presidente della Repubblica, che non è un economista. La strada intrapresa da Monti è quella voluta dal Fondo monetario internazionale, che è già stata applicata in molti Paesi e che ha avuto sempre lo stesso decorso. Stangano .. a fin di bene, promettendo la ripresa e un futuro radioso. Ma la crescita non arriva mai e il futuro diventa sempre più cupo. Un futuro di un Paese schiavizzato dal debito e sempre più povero. Avanti di questo passo e finirà così anche l’Italia.
O sbaglio?
-----------------
Marcello Foa, a lungo firma de Il Giornale, ora dirige il gruppo editoriale svizzero TImedia ed è docente di Comunicazione e Giornalismo. Il Cuore del mondo è diventato un blog indipendente ospitato da ilgiornale.i
L'Italia, nel senso che Marcello Foa vuole attribuirle, non c'è mai stata se non nell'apparenza. L'Italia è lo straordinario paese in cui, i ricchi camminano con vecchie utilitarie ed i poveri con appariscenti berline di lusso. Un continuo inganno che fà il suo forte nel far apparire diverso ciò che si è obiettivamente. L'illusione d'una trascorsa Italia ricca è oggi palese, meno appannata e più "psicologicamente" insopportabile.
Intanto io sono contento che il nostro Presidente non sia un economista perchè è proprio questo "mestiere" il primo responsabile di certe forme illusorie del benessere.
L'Italia dovrebbe recuperare la sua indole e la sua identità che sono quelle di un popolo di agricoltori, pastori, pescatori e inventori; quest'ultimi hanno il compito ed il dovere di reinventare la nostra penisola. I giocolieri della politica hanno per troppo tempo tirato fuori dal magico cappello, ora il coniglio, ora la bandiera tricolore.
Certo che, questa altalenante concordia e discordia delle parti sociali e dei politici di turno, non potranno mai aiutare un paese che dall'annosa precarietà vuole passare al benessere, alla giustizia ed alla onestà, senza confessioni e sacrifici.
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 24-03-2012 12:40
http://www.ilgiornale.it/rubrica_cucu/si...comments=1
Si spacciava per tecnico, beccato
di Marcello Veneziani - 24 marzo 2012, 09:06
Si fingeva tecnico, ma guidava normalmente un partito. La Guardia di finanza ha filmato, pedinato e smascherato un uomo di 69 anni di professione premier, con un nome d'arte che alludeva alla sua inafferrabilità (Mari-o-monti) che si fingeva inabile alla politica per riscuotere il relativo sussidio, per beneficiare del sostegno parlamentare per i portatori di handicap politici e per usufruire del parcheggio riservato ai tecnici.
Ma poi, nelle ore notturne o fuori dal suo paese, si dava alla politica e lavorava a creare una sua lista. I militi hanno sequestrato al finto invalido volantini inneggianti al suo Partitosetta, Technology, testi deliranti che rivendicavano attentati alla sovranità nazionale e popolare, il progetto eversivo di istituire una Corte di Tassazione, un arsenale di armi e cappucci rifornite dalla Germania e dai Poteri Occulti, più una sfilza impressionate di bot di capodanno e derivati finanziari.
I cani poliziotto hanno trovato paccate di bond tedeschi nascosti sotto titoli di stato italiani. Ma la cosa più raccapricciante sono i sacrifici umani che l'uomo e la sua setta compivano sui corpi straziati dei contribuenti. Pensionati, disoccupati, precari, notai e farmacisti fatti a pezzi con tagli atroci, cosparsi di benzina.
La brillante operazione delle fiamme gialle è stata resa possibile dalla soffiata di un pentito, detto il Passera solitario. Per sfuggire a loro, il Tecnico ha cercato di procurarsi un crash, ma gli hanno praticato il logout in tempo. Alla fine si è arreso, invocando i Monti di Pietà.
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 24-03-2012 21:31
http://www.ilgiornale.it/rubrica_cucu/si...comments=1
Si spacciava per tecnico, beccato
di Marcello Veneziani - 24 marzo 2012, 09:06
Si fingeva tecnico, ma guidava normalmente un partito. La Guardia di finanza ha filmato, pedinato e smascherato un uomo di 69 anni di professione premier, con un nome d'arte che alludeva alla sua inafferrabilità (Mari-o-monti) che si fingeva inabile alla politica per riscuotere il relativo sussidio, per beneficiare del sostegno parlamentare per i portatori di handicap politici e per usufruire del parcheggio riservato ai tecnici.
Ma poi, nelle ore notturne o fuori dal suo paese, si dava alla politica e lavorava a creare una sua lista. I militi hanno sequestrato al finto invalido volantini inneggianti al suo Partitosetta, Technology, testi deliranti che rivendicavano attentati alla sovranità nazionale e popolare, il progetto eversivo di istituire una Corte di Tassazione, un arsenale di armi e cappucci rifornite dalla Germania e dai Poteri Occulti, più una sfilza impressionate di bot di capodanno e derivati finanziari.
I cani poliziotto hanno trovato paccate di bond tedeschi nascosti sotto titoli di stato italiani. Ma la cosa più raccapricciante sono i sacrifici umani che l'uomo e la sua setta compivano sui corpi straziati dei contribuenti. Pensionati, disoccupati, precari, notai e farmacisti fatti a pezzi con tagli atroci, cosparsi di benzina.
La brillante operazione delle fiamme gialle è stata resa possibile dalla soffiata di un pentito, detto il Passera solitario. Per sfuggire a loro, il Tecnico ha cercato di procurarsi un crash, ma gli hanno praticato il logout in tempo. Alla fine si è arreso, invocando i Monti di Pietà.
Queste notizie non fanno più testo, pur lasciandoci riflettere su come, a qualsiasi livello, sia diventato troppo facile ingannare e, per lo più, passarla liscia.
Oggi, ciò che più ci preme, è capire l'Italia dove va; capire quando finisce l'angosciante pressione della nostra economia sulla vita del comune cittadino. Parlo di quello che non ha nemmeno diritto di andare a protestare in piazza, di scioperare, di esprimere un proprio parere. Qualcuno crede che non ci sia nessuno in queste condizioni.
Ci flettesse un po' di più, cercasse di capire dov'è la vera discriminazione.
Quindi, ognuno, si arrangia come può, ricorrendo anche all'uso di una metodologia illegale che troppo spesso gode della disattenzione della magistratura o, addirittura, in molti casi è protetta dalla "incomprenzione" delle leggi o dalla loro elastica equivocità.
Si arrangia anche l'attuale Governo Tecnico che si improvvisa artista con un disegno. Il disegno di legge è un "mettere le mani avanti", è un po' il lavarsi le mani di Pilato.
Lo paragono al disegno progettuale d'un artista chiamato a fare una grande scultura da installarsi in una pubblica piazza per il godimento di tutti.
Si fa il disegno, si danno le caratteristiche ed i costi e lo si presenta ad eventuali modifiche ed alla approvazione.
Una volta questi disegni venivano realizzati a mano libera ed erano frutto di obiettive capacità, non solo creative ma tecniche e d'innata sapienza artistica. Oggi, che è superfluo parlare di libertà, il disegno è gestito dai committenti (partiti politici, sindacati, economisti, ecc.ecc.), molto spesso individui ignoranti in materia e ancor più spesso legati ad un gusto decadente e passatista.
Oggi il Governo Monti ci presenta il suo Disegno Verista che mi auguro sia esposto alla prossima Biennale di Venezia!
Campa cavallo che l'erba cresce!
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 25-03-2012 10:34
http://www.ilgiornale.it/rubrica_cucu/tr...comments=1
Tristi, tecnici e pure poco seri
di Marcello Veneziani - 25 marzo 2012, 09:10
Anche i tecnici in Italia non sono una cosa seria.
Finché si tratta di colpire i deboli, pensionati, categorie inermi o generici contribuenti, i tecnici tagliano, tassano e mazziano.
Quando invece si tratta di scontentare la sinistra o il sindacato, le banche o le caste, allora fanno marcia indietro. E così tornano le commissioni bancarie, non si toccano gli sprechi pubblici e le riforme del lavoro si annacquano negli anfratti del parlamento e poi nei tribunali.
Con ridicoli stratagemmi verbali: come per esempio quell’italianissimo e furbissimo «salvo intesa», che serve a socchiudere la porta, a dire tutto e niente. O quell’altro furbino e demagogico vietare le dimissioni in bianco dei dipendenti: ma perché prima erano ammesse?
I tecnici dicono di fregarsene del consenso ma sono succubi dell’assenso, che è assai peggio: ovvero il nullaosta dei Palazzi che contano.
Questo Paese avrebbe bisogno non di tasse ma di giganteschi tagli agli sprechi pubblici; di ripartire ruoli e responsabilità nel lavoro; di avere governi decisionisti di legislatura, non ricattabili da nessuno, neanche dal parlamento. Ma la Repubblica presidenziale, la cogestione nelle aziende, la riforma per dimezzare i costi della politica non si possono fare. Odorano di fascismo, dicono i seri; anche se la prima c’è in America, leader delle democrazie occidentali, la seconda in Germania, locomotiva dell’economia europea e la terza è richiesta dal popolo, sovrano d’Italia.
Serio non è chi non ride: come mostra Pierrot, si può essere tristi e pagliacci.
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 25-03-2012 15:22
http://www.ilgiornale.it/rubrica_cucu/tr...comments=1
Tristi, tecnici e pure poco seri
di Marcello Veneziani - 25 marzo 2012, 09:10
Anche i tecnici in Italia non sono una cosa seria.
Finché si tratta di colpire i deboli, pensionati, categorie inermi o generici contribuenti, i tecnici tagliano, tassano e mazziano.
Quando invece si tratta di scontentare la sinistra o il sindacato, le banche o le caste, allora fanno marcia indietro. E così tornano le commissioni bancarie, non si toccano gli sprechi pubblici e le riforme del lavoro si annacquano negli anfratti del parlamento e poi nei tribunali.
Con ridicoli stratagemmi verbali: come per esempio quell’italianissimo e furbissimo «salvo intesa», che serve a socchiudere la porta, a dire tutto e niente. O quell’altro furbino e demagogico vietare le dimissioni in bianco dei dipendenti: ma perché prima erano ammesse?
I tecnici dicono di fregarsene del consenso ma sono succubi dell’assenso, che è assai peggio: ovvero il nullaosta dei Palazzi che contano.
Questo Paese avrebbe bisogno non di tasse ma di giganteschi tagli agli sprechi pubblici; di ripartire ruoli e responsabilità nel lavoro; di avere governi decisionisti di legislatura, non ricattabili da nessuno, neanche dal parlamento. Ma la Repubblica presidenziale, la cogestione nelle aziende, la riforma per dimezzare i costi della politica non si possono fare. Odorano di fascismo, dicono i seri; anche se la prima c’è in America, leader delle democrazie occidentali, la seconda in Germania, locomotiva dell’economia europea e la terza è richiesta dal popolo, sovrano d’Italia.
Serio non è chi non ride: come mostra Pierrot, si può essere tristi e pagliacci.
Non capisco perchè tu parli sempre per bocca degli altri.
E' mai posssibile che il tuo Vangelo si chiami "Il Giornale?"
Stiamo perdendo tempo a commentare opinioni abbastanza scontate e spesso gratuite.
Quello che dice Veneziani è scontato e d'opinione comune; una ripezione inute in un momento in cui è più opportuno fare azioni e proposte concrete.
Anch'io, credo, se continuo a partecipare al "gioco" apparirò ripetitivo e lamentoso.
Se hai proposte da fare, falle, anche se chi dovesse leggerle potrebbe non avere quel potere necessario per considerarle e, eventualmente, adottarle o farle adottare.
Sono stanco di queste masturbazioni mentali che portano assenso e gloria solo al nostro inappagabile ed affamato io.
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 25-03-2012 17:45
Non capisco perchè tu parli sempre per bocca degli altri.
E' mai posssibile che il tuo Vangelo si chiami "Il Giornale?"
Stiamo perdendo tempo a commentare opinioni abbastanza scontate e spesso gratuite.
Quello che dice Veneziani è scontato e d'opinione comune; una ripezione inute in un momento in cui è più opportuno fare azioni e proposte concrete.
Anch'io, credo, se continuo a partecipare al "gioco" apparirò ripetitivo e lamentoso.
Se hai proposte da fare, falle, anche se chi dovesse leggerle potrebbe non avere quel potere necessario per considerarle e, eventualmente, adottarle o farle adottare.
Sono stanco di queste masturbazioni mentali che portano assenso e gloria solo al nostro inappagabile ed affamato io.
Michele Greco
Sono onorato di questa tua considerazione, putroppo non sono in grado di esprimere le mie idee per semplice incapacità comunicativa, meglio ,mi avvalgo del motto " meglio stare zitti che dire fesserie"
Però mi informo, leggo e ragiono sui punti di vista di autorevoli menti, solo per cercare di comprendere.
In questo link ci sono tutti i ragionamenti sviscerati sulle problematice nostrane -----> http://noisefromamerika.org/sezione/ex-kathedra
Basta leggere oppure guardarsi il video delle conferenza......
Umilmente
Cher
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 26-03-2012 12:46
Una riflesione culturale sulla "storia", di seguito il pensiero di Veneziani:
La storia "ufficiale" ha ucciso la Storia
di Marcello Veneziani - 26 marzo 2012, 08:44
Ma com’è che in Italia la storia è sparita? Non mi riferisco alla fine della storia, secondo il noto tormentone di Francis Fukuyama. Dico proprio l’interesse per la storia, per i testi storici, per la storiografia e i suoi più controversi capitoli.
C’è un calo vistoso, tra l’amnesia, la nausea e la sazietà. Avevamo tanti difetti, noi italiani, e non siamo mai stati gran lettori, ma la passione storica ci coinvolgeva, anche perché si esercitavano le tifoserie retrospettive.
C’erano riviste storiche che andavano forte, da Historia a Storia Illustrata, i settimanali d’opinione vendevano di più quando avevano in copertina personaggi e inchieste storiche (non vi dico col duce); la storia divulgativa, sulla scia di Indro Montanelli (con Mario Cervi), andava alla grande, tra Massimo Grillandi e Antonio Spinosa, Giorgio Bocca e Giorgio Pisanò, Mario Tedeschi, Roberto Gervaso e Franco Bandini, Antonino Trizzino e Gigi Romersa, Carlo de Biase e Adriano Bolzoni, e tanti altri; e perfino la storiografia accademica, tra Renzo De Felice e Rosario Romeo, ma anche a sinistra, con Paolo Spriano, Beppe Vacca, Nicola Tranfaglia e altri, faceva opinione e creava interesse.
E non mancavano memoriali e contro-memoriali, una fiorente pubblicistica di testimonianza e di nicchia che alimentava ambienti culturali e politici. Da tempo, invece, si è spento o affievolito l’interesse per la storia.
Il comunismo è sparito come se mai fosse esistito e si occultano con fastidio opere e ricerche che riportano alla luce i suoi crimini e misfatti. Il fascismo è ridotto al nazismo e identificato con il razzismo; tutto si riduce al lager. Del resto della storia non si vede neanche l’ombra, salvo la fiammata critica sul risorgimento come contropelo padano e terrone dei 150 anni d’Unità. Ogni avvenimento del passato viene sottratto al giudizio storico e perfino ideologico, per entrare piuttosto nel pregiudizio emozionale, sempre sommario.
La stessa cosa vale in positivo, l’iconografia trionfante di Che Guevara è uscita dalla storia per entrare nella fiction, è una pura immagine decontestualizzata e deideologizzata; un top model della rivoluzione, un look accattivante da imitare. La stessa cosa avviene col diffuso fascio web, gesti e simboli destoricizzati. Di tutta l’altra storia non si vede l’ombra. È declinato anche l’interesse verso alcune epoche storiche come il Medio Evo che aveva un pubblico vasto e appassionato. La memoria è passata dalla storia alla morale e il giudizio storico tocca ai tribunali che possono punire alcuni revisionismi ritenuti indecenti. Quando si parla di radici del presente l’orizzonte viene ridotto all’agiografia della Costituzione; il resto è preistoria.
Se la politica interessa sempre meno o si riduce a una questione di abusi e di sprechi, se la passione civile manca, è anche perché non c’è più vita sul pianeta storia. Certo, si potrebbe anche dire l’inverso, che l’anoressia politica produce inappetenza di storia. Ma un fenomeno non spiega l’altro, semmai ciascuno rafforza l’altro. La politica spegne la storia, la non-storia spegne la politica.
Ma da cos’altro dipende questo declino della storia nell’interesse pubblico? La motivazione più ricorrente, ormai divenuta quasi ovvia, è «la dittatura del presente» o «il totalitarismo del web» che ci immette in un gossip globale ed estemporaneo che si fa «chiacchiere e distintivi» senza alcun approfondimento, alcuna retrospettiva, alcuna ricerca dei presupposti e dei precedenti.
Ma credo che qualche responsabilità l’abbia anche la «storiografia ufficiale», un’espressione che mette scuorno a Giuseppe Galasso, autorevole storico ufficiale che è tornato a risentirsi di ciò nella cerimonia ufficiale al Quirinale dello scorso 17 marzo. La storiografia ufficiale è quella accademica che vigila sul Canone e sulla sua osservanza, che non riconosce la funzione revisionista della storia e disconosce ciò che esula dal suo cono di luce; ammette la ricerca nel dettaglio a patto che consolidi il Giudizio e non lo smentisca. Abbiamo dovuto aspettare gli storici divulgatori e giornalisti, come Giampaolo Pansa e Pino Aprile, Gianni Oliva e Arrigo Petacco, Paolo Mieli e Giordano Bruno Guerri e altri, per sapere qualcosa di più e finora di non detto, non riconosciuto, sulla guerra partigiana e gli eccidi del dopoguerra, la storia d’Italia e la conquista del sud; le foibe e i regimi comunisti, su alcune biografie, sul caso Mattei o sulle pagine nere della nostra repubblica.
La storiografia ufficiale si è distratta su questi temi, non ha raccontato i lati in ombra, si è limitata a certificare la verità consolidata, a confermare il canone. Ha responsabilità non lievi se la coscienza storica si è narcotizzata.
Naturalmente non mancano storici rispettabili e opere di spessore. Mi sovvengono alcuni nomi ma mi trattengo dal farli per non dimenticarne altri. Né va dimenticato il ruolo di alcuni che si sporgono fuori dagli atenei e hanno visibilità in ambiti più legati all’attualità, ai media, alla politica che alla storiografia: da Galli della Loggia a Giovanni Sabbatucci, da Lucio Villari a Luciano Canfora, da Franco Cardini a Francesco Perfetti.
Ma c’è un altro aspetto che non va trascurato e riguarda il metodo e lo stile. Diceva Gioacchino Volpe, ispirandosi a Labriola, che la storia per essere credibile e appetibile, dev’essere «scienza del procedimento e arte della narrazione», ovvero da un lato rigorosa ricerca che ricostruisce come sono andate le cose e dall’altro capacità di raccontarle, di coinvolgere il lettore.
De Felice, ad esempio, era dotato della prima ma non della seconda, come notava Montanelli (a cui forse si poteva rimproverare l’inverso, ma lui non pretendeva di scrivere testi scientifici). Volpe, che fu accademico ma in origine anche giornalista, anzi correttore, era dotato di ambedue.
Temo che oggi la «storiografia ufficiale», con rispettabili eccezioni, faccia esattamente il contrario: la narrazione si fa paludata, farraginosa e noiosa, come un trattato scientifico, e il procedimento, cioè il metodo storico si fa artificioso, se non artefatto, perché sottomesso a omissis, pregiudizi e dogmi indiscutibili.
Il risultato è un indigesto cumulo di ovvietà ma corredate da un sontuoso apparato di note. Tanto condimento per pietanze così scarse.
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 26-03-2012 15:36
Una riflesione culturale sulla "storia", di seguito il pensiero di Veneziani:
La storia "ufficiale" ha ucciso la Storia
di Marcello Veneziani - 26 marzo 2012, 08:44
Ma com’è che in Italia la storia è sparita? Non mi riferisco alla fine della storia, secondo il noto tormentone di Francis Fukuyama. Dico proprio l’interesse per la storia, per i testi storici, per la storiografia e i suoi più controversi capitoli.
C’è un calo vistoso, tra l’amnesia, la nausea e la sazietà. Avevamo tanti difetti, noi italiani, e non siamo mai stati gran lettori, ma la passione storica ci coinvolgeva, anche perché si esercitavano le tifoserie retrospettive.
C’erano riviste storiche che andavano forte, da Historia a Storia Illustrata, i settimanali d’opinione vendevano di più quando avevano in copertina personaggi e inchieste storiche (non vi dico col duce); la storia divulgativa, sulla scia di Indro Montanelli (con Mario Cervi), andava alla grande, tra Massimo Grillandi e Antonio Spinosa, Giorgio Bocca e Giorgio Pisanò, Mario Tedeschi, Roberto Gervaso e Franco Bandini, Antonino Trizzino e Gigi Romersa, Carlo de Biase e Adriano Bolzoni, e tanti altri; e perfino la storiografia accademica, tra Renzo De Felice e Rosario Romeo, ma anche a sinistra, con Paolo Spriano, Beppe Vacca, Nicola Tranfaglia e altri, faceva opinione e creava interesse.
E non mancavano memoriali e contro-memoriali, una fiorente pubblicistica di testimonianza e di nicchia che alimentava ambienti culturali e politici. Da tempo, invece, si è spento o affievolito l’interesse per la storia.
Il comunismo è sparito come se mai fosse esistito e si occultano con fastidio opere e ricerche che riportano alla luce i suoi crimini e misfatti. Il fascismo è ridotto al nazismo e identificato con il razzismo; tutto si riduce al lager. Del resto della storia non si vede neanche l’ombra, salvo la fiammata critica sul risorgimento come contropelo padano e terrone dei 150 anni d’Unità. Ogni avvenimento del passato viene sottratto al giudizio storico e perfino ideologico, per entrare piuttosto nel pregiudizio emozionale, sempre sommario.
La stessa cosa vale in positivo, l’iconografia trionfante di Che Guevara è uscita dalla storia per entrare nella fiction, è una pura immagine decontestualizzata e deideologizzata; un top model della rivoluzione, un look accattivante da imitare. La stessa cosa avviene col diffuso fascio web, gesti e simboli destoricizzati. Di tutta l’altra storia non si vede l’ombra. È declinato anche l’interesse verso alcune epoche storiche come il Medio Evo che aveva un pubblico vasto e appassionato. La memoria è passata dalla storia alla morale e il giudizio storico tocca ai tribunali che possono punire alcuni revisionismi ritenuti indecenti. Quando si parla di radici del presente l’orizzonte viene ridotto all’agiografia della Costituzione; il resto è preistoria.
Se la politica interessa sempre meno o si riduce a una questione di abusi e di sprechi, se la passione civile manca, è anche perché non c’è più vita sul pianeta storia. Certo, si potrebbe anche dire l’inverso, che l’anoressia politica produce inappetenza di storia. Ma un fenomeno non spiega l’altro, semmai ciascuno rafforza l’altro. La politica spegne la storia, la non-storia spegne la politica.
Ma da cos’altro dipende questo declino della storia nell’interesse pubblico? La motivazione più ricorrente, ormai divenuta quasi ovvia, è «la dittatura del presente» o «il totalitarismo del web» che ci immette in un gossip globale ed estemporaneo che si fa «chiacchiere e distintivi» senza alcun approfondimento, alcuna retrospettiva, alcuna ricerca dei presupposti e dei precedenti.
Ma credo che qualche responsabilità l’abbia anche la «storiografia ufficiale», un’espressione che mette scuorno a Giuseppe Galasso, autorevole storico ufficiale che è tornato a risentirsi di ciò nella cerimonia ufficiale al Quirinale dello scorso 17 marzo. La storiografia ufficiale è quella accademica che vigila sul Canone e sulla sua osservanza, che non riconosce la funzione revisionista della storia e disconosce ciò che esula dal suo cono di luce; ammette la ricerca nel dettaglio a patto che consolidi il Giudizio e non lo smentisca. Abbiamo dovuto aspettare gli storici divulgatori e giornalisti, come Giampaolo Pansa e Pino Aprile, Gianni Oliva e Arrigo Petacco, Paolo Mieli e Giordano Bruno Guerri e altri, per sapere qualcosa di più e finora di non detto, non riconosciuto, sulla guerra partigiana e gli eccidi del dopoguerra, la storia d’Italia e la conquista del sud; le foibe e i regimi comunisti, su alcune biografie, sul caso Mattei o sulle pagine nere della nostra repubblica.
La storiografia ufficiale si è distratta su questi temi, non ha raccontato i lati in ombra, si è limitata a certificare la verità consolidata, a confermare il canone. Ha responsabilità non lievi se la coscienza storica si è narcotizzata.
Naturalmente non mancano storici rispettabili e opere di spessore. Mi sovvengono alcuni nomi ma mi trattengo dal farli per non dimenticarne altri. Né va dimenticato il ruolo di alcuni che si sporgono fuori dagli atenei e hanno visibilità in ambiti più legati all’attualità, ai media, alla politica che alla storiografia: da Galli della Loggia a Giovanni Sabbatucci, da Lucio Villari a Luciano Canfora, da Franco Cardini a Francesco Perfetti.
Ma c’è un altro aspetto che non va trascurato e riguarda il metodo e lo stile. Diceva Gioacchino Volpe, ispirandosi a Labriola, che la storia per essere credibile e appetibile, dev’essere «scienza del procedimento e arte della narrazione», ovvero da un lato rigorosa ricerca che ricostruisce come sono andate le cose e dall’altro capacità di raccontarle, di coinvolgere il lettore.
De Felice, ad esempio, era dotato della prima ma non della seconda, come notava Montanelli (a cui forse si poteva rimproverare l’inverso, ma lui non pretendeva di scrivere testi scientifici). Volpe, che fu accademico ma in origine anche giornalista, anzi correttore, era dotato di ambedue.
Temo che oggi la «storiografia ufficiale», con rispettabili eccezioni, faccia esattamente il contrario: la narrazione si fa paludata, farraginosa e noiosa, come un trattato scientifico, e il procedimento, cioè il metodo storico si fa artificioso, se non artefatto, perché sottomesso a omissis, pregiudizi e dogmi indiscutibili.
Il risultato è un indigesto cumulo di ovvietà ma corredate da un sontuoso apparato di note. Tanto condimento per pietanze così scarse.
Le solite menate, le solite scontate nostalgie, di "abitudini" di studio che, probabilmente non erano nemmeno sue.
Di che parla Veneziani? Parla della "storia" propria o impropria, della sua storia o della storia? Personalmente userei la storia al plurale: Le Storie.
L'amore per la storia è un po' l'amore e la ricerca della propria identità. Forse sono un eretico e, se a qualcuno fa comodo, un ignorante.
Troppi nomi citati, troppi storici, poche attendibili verità poste ad una sicura smentita, forse di parte, forse "assolutamente" e "scientificamente" veritiera.
La nostra storia, oggi, ancora oggi, si presta ad essere interpretata e si riduce a quelle manifestazioni di "Giorno della memoria"; giorni da non dimenticare perchè si è coscienti che non c'è più spazio in quell'angolo della nostra memoria-coscienza e, che poi, l'uomo ha bisogno di dimenticare per non piangersi addosso giorno dopo giorno.
Io credo che è necessario guardare in se stessi perchè noi siamo la storia! Siamo la sintesi, l'elaborazione genetica dell'uomo.
Mi preoccupererei, se fossi Veneziani, di esaminare nel suo insieme la smemoratezza dell'uomo d'oggi difronte a tutto ciò che è stato e che sarebbe potuto essere, non solo nel rispetto delle proprie origini, quindi della storia o delle storie che si vogliano, quanto anche nel rispetto della propria cultura, della propria umanità, della propria arrogante appartenenza ad un sistema di vita che si vuole quotidianamente cambiare a danno di quant'altro viva.
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 29-03-2012 10:10
http://www.ilgiornale.it/interni/regioni...comments=1
Regioni fannullone e consiglieri d’oro da 82 euro al minuto
di Stefano Zurlo - 29 marzo 2012, 08:00
Cinque volte. Per un totale di 9 ore e 5 minuti. Proprio non si può dire che i 61 consiglieri campani si siano affaticati sulle loro pregiate poltrone.
Nove ore e spiccioli di discussioni nel periodo compreso fra il 1 gennaio e il 25 marzo è un bilancio davvero striminzito. Ma se si va a monetizzare la fatica, allora si scopre che ogni minuto è stato ricompensato in modo principesco: calcolando uno stipendio, sia pure lordo, di 15.448 euro, 60 secondi valgono la bellezza di 82 euro. Che diventano 4.911 l’ora. Meglio di re Mida. E non è per spingere il vento dell’antipolitica che rischia di travolgere tutto e tutti, ma l’indagine di Panorama, oggi in edicola, ci consegna davvero una fotografia poco edificante delle assemblee regionali, su e giù per la penisola. I consiglieri del Trentino-Alto Adige si sono ritrovati, nei soliti primi tre mesi dell’anno, solo quattro volte e hanno approvato una sola legge: «Il rendiconto generale dell’esercizio finanziario 2010».
Per carità, tutti sanno che il Trentino-Alto Adige è una regione fantasma, perché il potere, forgiato nell’acciaio dell’autonomia speciale, è diviso fra le due province di Trento e Bolzano. Benissimo: però i 70 consiglieri dell’ente che non c’è portano a casa 13.605 euro mensili. Poteva pure andare peggio. E non se la passano male nemmeno i 60 piemontesi. Pure la loro produttività non è che brilli: è vero che si sono visti ben 11 volte, con ritmi giapponesi rispetto al metronomo, fermo a 5 colpi, del Molise, della Puglia, dell’Umbria, della Calabria e dell’Emilia-Romagna, ma in quegli incontri hanno approvato solo due leggi. Insomma, comunque la si misuri, col metro della quantità o con quello della qualità, presunta, la politica in formato capoluogo lascia a desiderare. Su tutto ma non sulla remunerazione: i piemontesi incassano 11.355 euro a testa.
Tanto, ma poco se lo si paragona con quello dei pugliesi, che fra l’altro formano una delle assemblee più affollate con ben 70 consiglieri: 15.994 euro. E ancora più impressionanti sono i numeri dei sardi. Hanno un consiglio folto come una foresta, con 80 membri, e una retribuzione che si commenta da sola: 16.334 euro. Che dire? Almeno, dal 1 gennaio al 25 marzo, si sono riuniti 18 volte. L’altra isola, pure fortificata dentro le mura invalicabili dell’autonomia, fa anche peggio: il parlamentari siciliani sono 90, quasi quanto i senatori Usa, e ciascuno guadagna, in barba alla sobrietà, 20.730 euro.
C’è poi il capitolo commissioni e pure qui sprechi e paradossi non si contano. In Umbria, ad esempio, viaggia su un binario quasi morto quella nata per combattere le «infiltrazioni mafiose»: si è riunita una volta una. Due volte ha dato segni di vita la commissione del Veneto dedicata con una certa megalomania alle relazioni internazionali; sconfortante poi il caso della commissione per le Olimpiadi della regione Lazio. Il governo Monti ha bocciato la candidatura della Capitale, ma l’organismo è ancora in vita. E sarà difficile far giungere ai suoi componenti la ferale notizia che Roma non è più in gara.
In compenso, secondo la denuncia dei consiglieri radicali Rocco Berardo e Giuseppe Rossodivita, l’ormai sorpassato consesso è costato al contribuente ben 200mila euro. Comprensibile che i consiglieri facciano di tutto per non segare la pianta su cui sono comodamente appollaiati. Tutti avevano promesso riduzioni e tagli.
Ma nella maggior parte dei casi le forbici sono rimaste in un cassetto.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 29-03-2012 17:35
Lombardia cantone elvetico? Boom di "sì" per la petizione
di Lucio Di Marzo - 29 marzo 2012, 15:47
Quasi ottomila firme e la promessa di arrivare a quota 500mila per poi chiedere un referendum al governo italiano. L'oggetto del contendere è l'annessione della Lombardia alla Svizzera, una proposta che si fa strada sul web, attraverso le pagine di petizionionline.it e che nonostante sia fondamentalmente una boutade accoglie i consensi di un buon numero di persone.
Consensi che, è da dire, vanno però calibrati. "Muovere la gente" sul web è di certo notevolmente più facile che coinvolgerla sul campo. E la proposta, che pure fa pensare, rimarrà quasi certamente solo sulla carta.
L'idea di chiedere all'Italia un referendum che decida se far rimanere la Regione all'interno del Paese o farla migrare tra i cantoni svizzeri è di fatto impraticabile. È essenzialmente una sparata. E non si sa molto neppure sull'autore. Neppure negli ambienti più vicini alla Lega Nord, quelli da cui qualcuno suppone venga la proposta, che non è firmata.
A dare il là alla curiosa petizione una recente dichiarazione di Ueli Maurer, ministro della Difesa svizzero, che avrebbe affermato che "annettere la Lombardia non sarebbe un problema, dato che rappresenta circa il 90 per cento del totale di tutti gli scambi commerciali" svizzeri.
L'anonimo autore della petizione elenca una serie di vantaggi che verrebbero dall'annessione. Che vanno dall'adozione del franco svizzero, alla diminuzione dei tassi d'inflazione, a minori pedaggi autostradali. Senza che questo comporti il dover cambiare lingua o tradizioni. La petizione invita anche a notare che la Lombardia diventerebbe un cantone di un paese efficiente e all'avanguardia, neutrale e fuori dall'area di influenza della Ue tanto quanto degli Stati Uniti.
http://www.tio.ch/Ticino/Attualita/News/...-Lombardia
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 30-03-2012 12:07
Lombardia cantone elvetico? Boom di "sì" per la petizione
di Lucio Di Marzo - 29 marzo 2012, 15:47
Quasi ottomila firme e la promessa di arrivare a quota 500mila per poi chiedere un referendum al governo italiano. L'oggetto del contendere è l'annessione della Lombardia alla Svizzera, una proposta che si fa strada sul web, attraverso le pagine di petizionionline.it e che nonostante sia fondamentalmente una boutade accoglie i consensi di un buon numero di persone.
Consensi che, è da dire, vanno però calibrati. "Muovere la gente" sul web è di certo notevolmente più facile che coinvolgerla sul campo. E la proposta, che pure fa pensare, rimarrà quasi certamente solo sulla carta.
L'idea di chiedere all'Italia un referendum che decida se far rimanere la Regione all'interno del Paese o farla migrare tra i cantoni svizzeri è di fatto impraticabile. È essenzialmente una sparata. E non si sa molto neppure sull'autore. Neppure negli ambienti più vicini alla Lega Nord, quelli da cui qualcuno suppone venga la proposta, che non è firmata.
A dare il là alla curiosa petizione una recente dichiarazione di Ueli Maurer, ministro della Difesa svizzero, che avrebbe affermato che "annettere la Lombardia non sarebbe un problema, dato che rappresenta circa il 90 per cento del totale di tutti gli scambi commerciali" svizzeri.
L'anonimo autore della petizione elenca una serie di vantaggi che verrebbero dall'annessione. Che vanno dall'adozione del franco svizzero, alla diminuzione dei tassi d'inflazione, a minori pedaggi autostradali. Senza che questo comporti il dover cambiare lingua o tradizioni. La petizione invita anche a notare che la Lombardia diventerebbe un cantone di un paese efficiente e all'avanguardia, neutrale e fuori dall'area di influenza della Ue tanto quanto degli Stati Uniti.
http://www.tio.ch/Ticino/Attualita/News/...-Lombardia
Sembra che anche gli svizzeri abbiano delle idee!
A sentire Lucio Di Marzo, oggi che siamo in Aprile, tutto è possibile, in particolar modo oggi che sono terminati i festeggiamenti dell'Unità d'Italia. Peccato che la proposta sia "avanzata" in anonimato. Tantovale che si proponga noi di annettere la Svizzera all'Italia sottoscrivendo la proposta anzicchè avanzarla in anonimato.
Storicamente, in un passato più o meno recente, il Piemonte e la Lombardia appartenevano alla Francia, Il Veneto ed il Trentino all'Austria; come il trascorrere del tempo dimostra, le cose sono cambiate ed è del tutto improbabile che la Lombardia possa essere annessa alla Svizzera quando l'intera Italia ormai appartiene alla Germania.
Comunque, Di Marzo, poteva risparmiarsi questa cazzata e tu, caro Cher a segnalarla.
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 30-03-2012 12:24
Immagino che questo avatar passi innoservato, il cui scopo è semplicemente quello di ancipare o la "cazzata" o "la miseria" in cui l' Italia si è ridotta.......
Durante il regime comunista nella DDR girava una barzella dedicata al regime, ripensandoci potrebbe essere riciclata all'Italia in questo periodo.
esempio di miseria,visto che la "cazzata" è già stata diffusa:
ITALIANI STROZZATI DALLE TASSE
Un benzinaio si incatena davanti a Equitalia
Dopo i roghi umani, un altro gesto dimostrativo: a Treviso un uomo si è "crocifisso". L'urlo degli artigiani: "Siamo al collasso". Sale lo spread, recessione tutto l'anno. Nordest al tracollo: cresce solo un'impresa su 10
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 30-03-2012 13:17
Immagino che questo avatar passi innoservato, il cui scopo è semplicemente quello di ancipare o la "cazzata" o "la miseria" in cui l' Italia si è ridotta.......
Durante il regime comunista nella DDR girava una barzella dedicata al regime, ripensandoci potrebbe essere riciclata all'Italia in questo periodo.
Non so se sia consolante pensare che poi in questa miseria siamo in buona compagnia.
Portogallo, Spagna, Grecia "solidarizzano" con noi; i paesi più belli del Mediterraneo (considero il Portogallo un paese mediterraneo pur affacciandosi sull'oceano) per non parlare dell'Irlanda che appartiene ad un altro "gioco" speculativo che comunque lo indica quale appetitosa preda.
Chi per un verso, chi per un altro, vuole godere del sole, del mare e della ricchezza artistica di questi paesi come se fosse a casa propria; quindi un po' di Germania e di Francia per citare i più voraci, disseminati lungo le coste dei nostri mari, una volta "mare nostrum", e ciò per l'inefficienza e l'inettitudine delle nostre amministrazioni.
Deridererei che i miei concittadini possano oggi avere coscienza sufficiente per rendersi conto che è ora di finirla, che è arrivato il momento di cambiare i "ruoli" in questa Europa che, pare, non abbia nessuna intenzione d'essere unita e che le ragioni d'ogni singolo paese, in un modo, o nell'altro, sovrastino le ragioni d'una unione o di una collettività di pari diritto.
A mio avviso ogni aiuto che l'Unione europea dà ad un proprio paese bisognoso, appare come un acquito, una pesante ipoteca, un "illegittimo furto".
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 30-03-2012 18:16
Da altre fonti (credibili?) ho appreso che Mario Monti si stia preparando ad una sua eventuale candidatura alle elezioni del 2013.
Fonderà un suo partito?
Certo è che la notizia in sè non mi stupisce più di quanto mi incuriosisca.
Quali potrebbero essere i "riversamenti" e le alleanze?
Certo che dovrà dimenticare i voti dei lavoratori per il famigerato articolo 18 e sicuramente quelli d'un probabile centro sinistra in chiaro, anche se non plateale, disaccordo, per non parlare dei pensionati e del grande mondo di evasori.
Credete che Berlusconi e Casini resteranno a guardare questo travaso elettorale a loro danno?
Personalmente avrei visto Mario Monti prossimo Presidente della Repubblica ed il comporsi d'un governo misto che unisca competenze politiche con quelle tecniche; addirittura, per assurdo, con doppi ministri affiancati, gli uni politici, gli altri tecnici.
Il mio pensiero digiuna di competenze specifiche e di giochi di potere per cui lo ritengo ingenuo ed utopico.
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 31-03-2012 14:20
http://blog.ilgiornale.it/foa/2012/03/26...di-sapere/
Questo è un post brevissimo, per unirmi ai pochissimi che chiedono chiarimenti su una delle notizie più importanti delle ultime settimane, ma passata sotto traccia. Ben pochi l’hanno trattata e quasi mai in prima pagina. Trattasi dei 2,6 miliardi di euro pagati dallo Stato italiano per chiudere una posizione aperta su un derivato. Un economista del calibro di Alessandro Penati ha sollevato il problema l’altro giorno (leggi qui), ora Il Fatto Quotidiano rivela che quando fu firmato quel contratto, nel 1994, Mario Draghi era direttore generale del Tesoro. Chi legge Il cuore del mondo non si sorprenderà: è noto che Draghi, oggi rispettatissimo custode della Banca centrale europea, ha saputo stabilire ottime relazioni con certe banche d’affari newyorchesi e non a caso è stato anche vicepresidente di Goldman Sachs.
Scandaloso è che ancora oggi non si sappia a quanto ammonti l’esposizione dell’Italia sul mercato dei derivati.Ma tutto torna: il ruolo di Draghi, di un certo mondo finanziario e, naturalmente, il silenzio di Mario Monti. Strano governo quello guidato del Professore: implacabile fustigatore del malcostume nazionale, con qualche notevole eccezione, di tanto in tanto appare affetto da improvvisa amnesia…
E qui non si parla di scandali da poche centinaia di migliaia di euro e nemmeno di milioni, non di squallide tangenti, ma di affari da miliardi di euro, forse addirittura 160 miliardi. Dicasi 160.
Abbiamo o no, il diritto di sapere?
http://www.repubblica.it/economia/2012/0...-31765159/
MILANO - Prima notizia: lo Stato italiano ha dovuto pagare 2,6 miliardi di euro alla banca d'affari americana Morgan Stanley per coprire la perdita su un derivato di cui non si conosceva l'esistenza.
Seconda notizia: lo abbiamo appreso avant'ieri da un'agenzia americana, Bloomberg, che lo ha scoperto dai bilanci della banca.
Terza: Il Sole-24Ore non se n'è accorto (per amor di buoni rapporti con il Governo in questo momento?).
Quarta: Repubblica e Corriere hanno ripreso l'articolo di Bloomberg, ma il Corriere è riuscito a infarcire di errori e inesattezze un titolo già criptico: "XX Settembre: meno oneroso chiudere i contratti che rinnovarli. Il Tesoro esce dei derivati anni '90". Voglia di minimizzare?
Secondo Bloomberg, chiudere i contratti non è stata una decisione del Tesoro, ma di Morgan Stanley, in virtù di una clausola (Termination clause) che tipicamente dà diritto a chiudere una posizione se la perdita della controparte, in questo caso l'Italia, eccede le garanzie e i margini stabiliti. Significa anche che, senza questa clausola, la perdita dello Stato sarebbe rimasta occulta. Una perdita poi, è una perdita. Se compro un titolo a 10 euro, e poi crolla a 6, venderlo non è "meno oneroso" di tenerlo, "rinnovandolo": ho sempre perso 4 euro. Né importa se ho acquistato il titolo nel 2010 o "negli anni '90": continuo ad aver perso 4 euro. Dare l'impressione che questo derivato sia un retaggio
del passato è ingannevole: il Tesoro ha consapevolmente deciso di tenerlo in portafoglio fino a ieri
Nell'analisi dei bilanci vale il principio dello scarafaggio: se ne vedi uno, ce ne sono molti. Il Tesoro dovrebbe essere obbligato a pubblicare tempestivamente e regolarmente (ogni tre mesi, come le società quotate) la posizione in derivati dello Stato ai prezzi di mercato (mark-to-market), cioè ai prezzi ai quali le banche sarebbero disposte a chiudere le posizioni; non certo sulla base di valutazioni interne (mark-to-model). Bisognerebbe sapere se, come stima Bloomberg, le perdite nette dello Stato in derivati ammontino veramente a 24 miliardi di euro (presumo a prezzi di mercato): sarebbe un punto e mezzo di Pil. Ed è debito pubblico sommerso.
L'informativa sulla posizione in derivati dovrebbe essere estesa a tutte le amministrazione pubbliche, vista la storia dei danni che i derivati hanno fatto agli enti locali. Perfino l'indagine di due anni fa della Banca d'Italia, peraltro occasionale, fatta a seguito dei vari scandali scoppiati nella Penisola, si limitava a censire i derivati con banche residenti in Italia. Ma è noto che il Tesoro, come altre entità pubbliche, operano direttamente con controparti estere, senza passare per eventuali filiali italiane. Dunque, era una foto, peraltro ingiallita, che riprendeva solo la punta dell'iceberg.
Il Tesoro dovrebbe comunicare regolarmente anche il rischio controparte e la sua concentrazione. In questo caso lo Stato Italiano ha perso la scommessa; ma se l'avesse vinta, come poteva essere certo che Morgan Stanley avrebbe avuto i soldi per pagarla? Questo è il rischio controparte. Ed è enorme: oggi, non più di sette banche controllano il mercato mondiale dei derivati over-the-counter (negoziati direttamente e non in un mercato regolamentato). Per questa ragione, dopo Lehman, è diventata buona prassi esigere il versamento bilaterale dei margini: chi potrebbe subire una perdita per la variazione di valore del derivato, non importa se la banca o il cliente, versa alla controparte un deposito a garanzia. Quale è la politica del Tesoro?
Credo che i cittadini italiani abbiano il diritto di sapere quale sia complessivamente l'esposizione in derivati dello Stato, e con quali banche; soprattutto perché ognuno di noi si accolla 32.500 euro di debito pubblico.
La trasparenza è il primo passo. Il secondo dovrebbe essere la liquidazione di tutte le posizioni in derivati dello Stato. I derivati non vanno demonizzati: sono strumenti utilissimi per la gestione del rischio. Non sono loro a causare guasti, ma il loro abuso: i farmaci sono utili, anche se qualcuno li usa per suicidarsi e per doparsi. Si potrebbe argomentare che se lo Stato ha perso la scommessa è perché i tassi a lunga sono scesi; pertanto la perdita sul derivato implica che il Tesoro ha pagato meno interessi sui Btp. Quindi era una buona copertura del rischio: se avesse pagato di più perché i tassi erano saliti, avrebbe guadagnato sul derivato. Corretto, se lo Stato fosse un privato.
Ma lo Stato non è un privato. Chi, con quali diritti e responsabilità, sulla base di quali considerazioni, e con quali limiti di rischio, ha il potere di "scommettere" volumi ingenti di denaro dei cittadini? Nel settore privato, alla fine, gli azionisti guadagnano o perdono: per questo assegnano precise responsabilità e limiti di rischio, verificano che siano rispettati, e sanzionano chi li prevarica. Regole contabili e regolamentazione assicurano poi che anche i terzi siano informati dei rischi. Ma per uno Stato tutto questo non vale. Per questo dico sì ai derivati; ma no a quelli di Stato.
(18 marzo 2012) © RIPRODUZIONE RISERVATA*
*
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 07-04-2012 19:00
Cronache da Affaritaliani.it
Le banche istigano al suicidio
Una procura avvia le indagini
E' questa una delle accuse mosse da Adusbef in un esposto inviato alle maggiori procure italiane. Sono ipotizzati anche i reati di truffa, peculato, abuso d’ufficio e appropriazione indebita. La novità delle ultime ore sta nel fatto che, secondo quanto detto ad Affaritaliani.it dal presidente di Adusbef Elio Lannutti, “una delle procure ha già affidato le deleghe per l’inizio delle indagini alla guardia di finanza”.
Venerdì, 6 aprile 2012 - 17:00:00
Le banche istigano al suicidio. E' questa una delle accuse mosse da Adusbef in un esposto inviato alle maggiori procure italiane. Oltre all’istigazione al suicidio, sono ipotizzati altri reati: truffa, peculato, abuso d’ufficio e appropriazione indebita. La novità delle ultime ore sta nel fatto che, secondo quanto detto ad Affaritaliani.it dal presidente di Adusbef Elio Lannutti, “una delle procure ha già affidato le deleghe per l’inizio delle indagini alla guardia di finanza”.
L’accusa parte dalle due operazioni di Ltro. Cioè dai finanziamenti concessi dalla Bce a un tasso agevolato dell'1%. L'iniziativa ha permesso agli istituti italiani di incamerare 251 miliardi di euro. Una iniezione di liquidità che, secondo Adusbef, gli istituti hanno tenuto per sé. “Quel finanziamento – afferma Lannutti – doveva servire a immettere nuova liquidità sul mercato e aumentare la disponibilità di credito verso le aziende. E invece è stato usato per pagare i bonus dei manager o per ripianare i bilanci delle banche. Mentre la crisi ha portato una catena di fallimenti, licenziamenti e suicidi”. La nostra, prosegue Lannutti, “è una campagna contro le banche e i banchieri, che ormai si credono padroni del mondo e hanno potere di vita o di morte sui governi”. Il tono dell’esposto presentato da Abusbef è duro quanto le parole del suo presidente: “Siamo dinanzi ad un modus operandi – si legge nel testo della denuncia - che se da un lato integra l’ipotesi di una vera e propria truffa, dall’altra apre le porte ad ipotesi delittuose vicine alla distrazione di denaro pubblico per fini privatistici e riservato ai compari di merende” .
di Paolo Fiore
Mi auguro che con tutto ciò che sta accadendo e con quanto non accade, il Governo Monti "metta le mani" anche sulle Banche che, a quanto pare, non guardano in faccia a nessuno, coscienti, e ne sono convinte, che il danaro che gestiscono non è loro.
Se poi Monti desidera che la sua immagine venga confusa con il rovescio della medaglia delle stesse banche, farebbe bene a "restituire" l'incarico che, conferitogli, non lo esorta al parteggiare, tantomeno al favoreggiare caste e categorie sociali già lungamente beneficiate.
Sono convinto della necessità e della serietà di un governo tecnico che, considerato il fallimento di quelli politici sopportati per troppo tempo, si pone come sola alternativa di risanamento del paese in un momento così difficile e di "verità".
Gli Italiani sono stanchi!
Non si è capito ancora bene se sono stanchi di una politica raffazzonata, volgare, litigiosa, incompetente e fagocitante, o di non pagare le tasse o di pagarle troppo, o delle inefficienze istituzionali, delle promesse, dei raggiri, della delinquenza comune e fuori del comune, disorganizzata e organizzata, caratteriale, di essere stanchi, infine, d'essere italiani.
Quando un medico viene chiamato a curare un corpo affetto nel suo insieme da tante patologie non somministra un antibiotico specifico che magari cura il fegato e non la prostata ma cerca, nel peggiore dei casi, semplicisticamente di somministrare almeno un antibiotico generico a largo spettro.
Mario Monti è stato chiamato a "curare" l'Italia intera e tutte le patologie gravi che l'affliggono dal nord al sud ma i suoi "antibiotici" non sono di largo spettro, lasciano malate non solo le radici dei tanti mali, ma anche e soprattutto, quegli "organi" che generano le stesse patologie.
Nel nostro paese si somministrano solo anestetici ecclesiastici, festivi, mistici, popolari, rituali, commemorativi e splendide cerimonie di rimembranza e di speranza.
La Resurrezione di questi giorni appartiene solo alla fede ed allo spirito, il corpo e l'Italia tutta così non potranno mai risorgere.
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 09-04-2012 13:08
Nella gara di tasse perdiamo solo noi
di Vittorio Feltri - 09 aprile 2012, 08:26
Siamo ancora profondamente addolorati per la prematura scomparsa di Tommaso Padoa Schioppa, ministro del governo Prodi. Se fosse ancora tra noi, il compianto professore avrebbe la possibilità di godersi questo periodo esaltante. Mai quanto ora, infatti, le tasse, per le quali egli stravedeva e nutriva un sentimento tenerissimo, un grande amore probabilmente ricambiato, mai quanto ora, dicevamo, le tasse dominano l’esistenza degli italiani, la condizionano, la rendono felice con la loro assidua presenza. Tasse dappertutto e su tutto. Che meraviglia, che soddisfazione sentirsi costantemente al centro delle attenzioni fiscali, amati, tallonati, osservati dall’Agenzia delle entrate. Se Padoa Schioppa avesse immaginato che sarebbe venuto il giorno del trionfo tributario, avrebbe trovato la forza per sopravvivere alla malattia e sarebbe qui, pieno di gioia, a festeggiare in nostra compagnia l’involontario record mondiale conquistato dai contribuenti: nessun popolo della terra ci eguaglia per quantità di denaro versato allo Stato allo scopo di consentire ai governanti di non ridurre la spesa corrente.
Massì, cari compatrioti, esultiamo. Padoa Schioppa sarebbe orgoglioso dei tecnici che hanno ottenuto un risultato erariale così importante, e orgoglioso pure di noi che li abbiamo aiutati a conseguirlo sborsando, senza battere ciglio, tutte le somme che ci hanno estorto.
È con il cuore traboccante letizia che informiamo il lettore avido di balzelli: non solo lo Stato esige imposte dirette e indirette, prosciugando il 70 per cento e oltre dei redditi (di chi li denuncia per costrizione); adesso, anche i Comuni e le Regioni si sono messi di buzzo buono e sono riusciti nelle nobile impresa di inventarsiaddizionali talmente efficaci da incidere per 1.230 euro (e rotti) l’anno sui bilanci di ciascun cittadino. Questa è la media nazionale. Ma occorre precisare che quella lombarda è assai più alta: oltre 1.600 euro. Il Nord è il solito sbruffone: per darsi delle arie paga più del Centro e del Mezzogiorno. Varese poi, la città di Mario Monti, se la tira al punto da essersi spinta in testa alla classifica dei tartassati dalle amministrazioni locali. Chissà quanta gente, scoperto questo dato, stimolata dal desiderio di emulazione, chiederà di trasferire la propria residenza nella zona privilegiata del Sacro Monte. Ovvio, pagare l’addizionale più salata del Paese è motivo di vanto.
Un tempo i fratelli d’Italia morivano per la Patria. Mutatis mutandis, oggi muoiono per il fisco con allegria, secondo la dottrina di Padoa Schioppa, che ha sostituito Giuseppe Garibaldi nel pantheon degli eroi. Ogni dì si segnala il suicidio di un contribuente: chi si spara, chi si impicca e chi sceglie di darsi fuoco con la benzina, dimostrando un attaccamento mirabile all’accisa sui carburanti. Il concetto di eroismo si aggiorna.
Avanti di questo passo, l’esecutivo dei docenti risolverà anche il problema demografico attraverso una sorta di selezione fiscale: se uno non ha i mezzi per tacitare l’Agenzia delle entrate, si accomodi al cimitero. Provvederanno i suoi eredi a compensare il mancato introito, versando l’imposta sui loculi. Prima o poi, però, finiranno al camposanto anche i mandanti degli esattori. Il redde rationem è molto vicino.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 11-04-2012 14:02
Opinioni
La Germania che cerca di prendersi l'Europa? Tutta colpa di Giulio Cesare
i Aldo Reggiani 10 Aprile 2012
Un mezzo busto di Giulio Cesare
Nel bell’articolo “L'eterna voglia di egemonia di chi devastò l'Europa due volte”, pubblicato da il Giornale il 1 Dicembre scorso, Francesco Perfetti illustra come “È dai tempi di Bismarck che la Germania cerca di imporsi come centro di tutte le decisioni del Vecchio continente. Il governo di Berlino si ispira a una visione nazionalistica dell'economia e della politica che solo la retorica europeista ha cercato di tacitare”. E aggiunge: “Sulla storia dell’Europa pesa, da sempre, il fantasma della Germania, di una Germania che si è posta l’obiettivo di affermare l’egemonia sul continente. E che, alla fin fine, con questa sua vocazione egemonica è stata all’origine delle grandi crisi dell’Europa contemporanea, a cominciare dalle guerre mondiali. Quel che succede oggi, in campo economico-finanziario - e che potrebbe portare alla disarticolazione dell’Eurozona e alla nascita di un euro pesante che sancirebbe, in realtà, il fallimento stesso dell'euro - è il risultato dell’eterna tendenza della Germania ad affermarsi come punto di riferimento e guida del continente. Una tendenza di volta in volta supportata da strumenti diversi: le armi o la politica economico-finanziaria, i cannoni o lo spread. Sempre in nome dell’interesse nazionale”.
Ebbene, questa smania egemonica dei Germani, ha un’origine antica, traumatica. Bimillenaria. Archetipica. In un fatale errore strategico-politico commesso dal pur grande Giulio Cesare. Mi spiego.
Nel Febbraio del 1997, dopo aver terminato una trionfale tournée del secondo Macbeth della mia carriera, con la regia di uno dei più intelligenti e raffinati registi italiani del dopoguerra, il compianto Sandro Sequi, ed avendo a disposizione del tempo libero prima di portare, in estate, al Festival del Teatro Barocco di Almagro, in Spagna, un testo altrimenti mai rappresentato in Italia, “La figlia dell’aria”, (la storia di Semiramide, mitica fondatrice di Babilonia) capolavoro dello Shakespeare spagnolo, Pedro Calderon de la Barca, per la regia di un altro grande del Teatro, Roberto Guicciardini, accettai l’invito di trascorrere un periodo di vacanze nella sontuosa villa al mare, in Florida, di una cara amica, ricca ereditiera italiana, che negli States aveva impalmato un aitante professore del Mit, il Massachusetts Institute of Technology.
Il tipo si era preso un anno sabbatico e, approfittando della disponibilità di numerose dependance della villa di sua moglie, aveva radunato studiosi amici di diverso tipo, americani e indiani, per confrontare i vari saperi. Mi ritrovai nel mio brodo, in compagnia di gente simpaticissima. Una quindicina di individui, di “matti” che andavano da docenti di fisica, a esperti di strategie politico-militari a insegnanti indiani di yoga ad esperti di storia delle tecniche spirituali. Era molto divertente vedere dalla vetrata della cucina, mentre istruivo il cuoco cingalese su come cucinare un perfetto risotto alla milanese cogli ossibuchi, un gruppo di sì eminenti studiosi, consiglieri del Dipartimento di Stato e maestri di yoga, contorcersi in accanite partite di palla a nuoto nella piscina quasi olimpionica della villa. Verso sera, per combustione spontanea, sui bordi della piscina ognuno poteva parlare agli altri dei risultati delle sue particolari ricerche. Mentre magari echeggiavano dall’interno della villa le note di Chopin, suonato da un grande, anziano ed ebreo pianista internazionale. Amico di famiglia. Io stesso tenni una mini conferenza, molto applaudita, sulla “Inesorabile Pornografia dei Simboli”.
Prendendo ad esempio il fatto che, come aveva anni prima fatto notare un militare intervenuto al Costanzo Show che aveva mostrato una antichissima pietra indiana su cui erano due svastiche (la prima con gli uncini piegati a sinistra, la seconda verso destra) con in mezzo una croce, simboleggianti rispettivamente la Creazione (Brahma), la Sopravvivenza (Visnù) e la Distruzione (Shiva), il ciclo d’azione di questo Universo, la svastica adottata dai Nazisti fosse stata quella della Distruzione. Adler, del ciclo di azione, ne parlava in termini di “carica, scarica, riposo”. E quindi se i politici francesi e inglesi avessero avuto una infarinatura sulla ineluttabilità fatale dei simboli, che sono “pornograficamente” inequivocabili come una bionda che ti mostra le tette, o un maschio che davanti e te si massaggia il pisello, significando pericolose intenzioni inculerecce, si sarebbero armati fino ai denti e magari avrebbero potuto, tanto per non saper né leggere né scrivere, dare una randellatina preventiva sulle gengive tedesche bombardando a tappeto le loro fabbriche di armi.
Tanto per far capire al loro ducetto che dalle parti delle Democrazie la gente non aveva scritto in fronte “giocondo”. (E invece, parla, tratta e parla, si è visto come è finita). Come oggi il mondo civile dovrebbe fare con l’Iran.
Appresi comunque che la mania egemonica dei Germani, la si deve al fatto che Giulio Cesare, quando essi volevano, spinti da migrazioni provenienti dall’oriente, venire di qua dal Reno, li respingeva di là dal quel confine acqueo. In loro si formò perciò un trauma collettivo, maniacale, tramandato nei secoli, di un “movimento verso la sopravvivenza”, continuamente bloccato, respinto. Lo studioso di strategie che ci parlava di questo, illustrò anche come avrebbe dovuto comportarsi Giulio: avrebbe dovuto dire ai Germani (cito a memoria), “Ecco, qui sopra (nell’attuale Olanda e dintorni) vi sono territori semidisabitati e paludosi. Accomodatevi, dissodateli, lavorateli, coltivateli, e noi faremo le strade. Siete i benvenuti nel nostro grande impero, dove potrete mantenere la vostra cultura e la vostra religione”.
E non è un caso, ci disse, che gli States, invece di chiedere i danni ai Paesi che pur avevano scatenato la seconda guerra mondiale, li abbiano aiutati con fiumi di dollari nella ricostruzione e nella loro evoluzione democratica. Per non provocare dannosi, incistati e astiosi “complessi” di vendetta. Proteggendoli anche dall’espansionismo imperialista sovietico, mantenendo a loro spese, per decenni, cinquecentomila soldati in Europa. Ma torniamo ai Germanici. C’è una legge che riguarda i comportamenti umani, della quale sono assolutamente ignoranti i nostrani psicologi e psicoanalisti, per non dire degli psichiatri e dei sociologi. Ed è quella che se si scende a combattere un proprio simile (o gruppo di simili) con la volontà di eliminarlo, se non vi si riesce, o si entra nella “valenza” del nemico, e cioè se ne “assumono” le vittoriose caratteristiche, o si scade nella psicosi, nell’isteria, per cui l’ineliminabile nemico diventa una specie di terribile Nume, responsabile di tutte le nefandezze dell’universo, di tutte le nostre disgrazie, anche del morbillo dei nostri figli, ma talmente potente ed imbattibile che non ci resta, infolarmati e con voce gracidante, che correr di qua e di là disordinatamente affabulando e delirando dei suoi "delitti", ma senza concludere alcunché. Ecco, i Germani si trovano nella situazione di cercare di essere nella “valenza” vittoriosa dei Romani. Ma nel reiterato episodio archetipico, originale, loro furono gli sconfitti e si dovettero ritirare di là dal Reno. E quindi ogni volta che cercano di espandersi e conquistare in qualche modo l’Europa, spacciandosi per antichi Romani, poi combinano qualcosa che “tout de suite” li riporta “di là dal Reno”.
Manca loro, non essendo un loro carattere originale, la grandezza di pensiero, la tolleranza e la pan-determinazione costitutive dei Romani. Fateci caso: anche attualmente, quando qualcuno magari dei loro giornalisti parla, mette sempre in primo piano la faccenda che loro sono i più seri, i più bravi, i più lavoratori, “li mejo fichi der bigoncio” europeo e quindi non vogliono pagare per gli errori di altri. Sicuramente c’è del vero, ma rimangono dei goffi provinciali, come il loro capo Hitler che si pavoneggiava a passeggio per Parigi, la Ville Lumière che aveva sognato quando faceva l’imbianchino. E poi fanno pure grosse marachelle.
Come il disastroso, miope, gretto e provinciale modo di gestire una faccenda poco importante come quella della Grecia, uno Stato di undici milioni di abitanti con un Pil inferiore a quello della Provincia di Treviso. O come quella denunciata da Libero il 2 dicembre scorso: “Non passa giorno che la cancelliera Angela Merkel non chieda una “convergenza economica” per i Paesi dell'area euro. Berlino sogna, in pratica, una gestione comune per le politiche fiscali, regole identiche nel perseguire il rigore di bilancio. E pesanti sanzioni per chi sgarra. Perché allora Berlino non dà il buon esempio e non la smette con i trucchetti contabili che fanno apparire i suoi conti pubblici migliori di quelli che sono in realtà?
Come ha già ricordato Massimo Mucchetti sul Corriere, da 16 anni la Germania "dimentica" di inserire nel proprio debito pubblico le passività della KfW, la versione tedesca della nostra Cassa depositi e prestiti, detenuta per l'80% dallo Stato e per il restante 20% dalle "Regioni" . Non si tratta di noccioline ma di ben 428 miliardi di euro, utilizzati dalla Repubblica federale per garantire i mutui degli enti locali e delle piccole e medie imprese. Avendo il sigillo dello Stato, il debito del Kreditanstalt fur Wiederaufbau gode dello stesso rating del bund e può essere piazzato a un interesse bassissimo.
Ma a differenza del bund, chissà perché, non viene conteggiato nel debito complessivo del Paese.
Se così fosse, il rapporto del debito pubblico sul Prodotto interno lordo balzerebbe dall'80,7% a oltre il 97%. Come accade per le statunitensi Fanny Mae e Freddie Mac”
Non è un caso che i Britannici si siano tempo addietro ribellati ai nuovi diktat tedeschi.
Come da orgogliosa, albionica tradizione. E alla fine i Germani, dopo aver provocato, come al loro solito, molti disastri, si dovranno piegare all’Europa che giocoforza istituirà finalmente, come saviamente da sempre predica il Cav, una Bce che batta moneta come garante di ultima istanza del totale del debito pubblico europeo.
Il quale, come informava lo stesso Prodi a La7, malgrado la presenza di Stati “cicala”, è pure di quattro punti inferiore a quello statunitense. E anche stavolta, in un modo o nell’altro, vedrete che gli amici crucchi bene o male dovranno tornare con la coda tra le gambe “di là dal Reno”.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 16-04-2012 10:01
http://www.ilgiornale.it/economia/bce_se...comments=1
Bce senza cartucce Ora le banche non fanno prestiti
di Renato Brunetta - 16 aprile 2012, 08:25
Ora è ufficiale. L’euforia di molti analisti economici, generata dai generosi prestiti Bce alle banche europee, è finita. Sembrava che gli oltre mille miliardi di euro caduti a pioggia sul sistema bancario, grazie alle operazioni di rifinanziamento a lungo termine promosse dall’istituto di Francoforte, potessero essere la panacea di tutti i mali per le asfittiche economie europee.
Così non è stato; concepiti ufficialmente per dare prezioso ossigeno all’economia reale rischiano ora di gettare i primi semi di una futura crisi del sistema finanziario ed economico europeo.
Nelle precedenti analisi si era rilevato come la Bce, a causa degli oggettivi limiti imposti alle sue funzioni dal trattato di Lisbona, stesse facendo troppo poco per scongiurare gli effetti distorsivi della crisi finanziaria sull’economia reale. In netta antitesi, la Banca centrale statunitense (Fed) aveva dimostrato, fin dal 2007, uno spiccato atteggiamento interventista attraverso l’adozione di una politica monetaria espansiva ( Quantitative easing, Qe) volta a ristabilire una liquidità adeguata nel sistema e scongiurare (o limitare) la possibilità di una recessione economica, assegnando priorità all’obiettivo della crescita rispetto a quello della stabilità dei prezzi.
La nomina di Mario Draghi alla presidenza della Bce nel novembre del 2011 ha segnato una netta inversione di rotta. Negli ultimi mesi la Banca centrale si è dimostrata molto più attiva che in passato; da una parte il costo del denaro è stato mantenuto particolarmente basso (tassi di interesse pari all’1%)e dall’altra sono state promosse due operazioni di prestito agevolato (anch’esso al tasso di interesse dell’ 1%) agli istituti di credito europei ( Long term rifinancing operation , Ltro) per un totale di oltre 1.000 miliardi di euro erogati a favore di 523 banche nel Ltro 1 (dicembre 2011) e di 800 banche nel Ltro 2 (febbraio 2012). Unica condizione richiesta alle banche per accedere a questi finanziamenti è stato il deposito di garanzie collaterali presso la Bce, cioè solitamente obbligazioni governative di qualunque genere (unica eccezione per la seconda asta i titoli di Stato greci).
Come detto, la decisione presa da Draghi di inondare il sistema creditizio di liquidità a basso costo era stata accolta con molto favore, si attendeva che questa enorme massa monetaria sfociasse quasi magicamente nell’economia reale, migliorando le condizioni creditizie per famiglie e imprese. Al contrario, le indagini condotte da Banca d’Italia evidenziano come, almeno con riferimento agli effetti del primo maxi-prestito di dicembre, nel nostro Paese siano inesorabilmente diminuiti i prestiti a famiglie e imprese e, contestualmente, siano cresciuti i tassi di interesse applicati. Per quanto riguarda le famiglie, i prestiti nel mese di febbraio rispetto a gennaio sono diminuiti del 2%, rispetto a dicembre 2011 del 3,7%. Discorso analogo anche per i tassi di interesse applicati. Il tasso annuo «effettivo globale» (Taeg) per il credito al consumo è giunto al 10,1% (dato relativo a febbraio 2012, nel febbraio 2011 era pari a 8,88%) e quello relativo ai mutui casa è risulta pari al 4,61% ( nel febbraio 2011 era pari al 3,3%). Il timore che i prossimi mesi possano svelare lo stesso risultato anche per il secondo prestito di febbraio 2012 èmolto forte.
Tralasciando il preponderante ricorso al deposit facility presso l’Eurosistema utilizzato da tutto il sistema bancario europeo (attualmente pari a circa 800 miliardi) dovuto soprattutto a motivazioni contabili di scarso interesse ai fini della discussione, dove sono finiti i consistenti fondi accumulati dalle banche? Le banche italiane come hanno utilizzato gli oltre 250 miliardi di euro (lordi) ricevuti?
Naturalmente la risposta non è univoca. Si possono però isolare almeno due tendenze preponderanti. La prima è relativa alla necessità degli stessi istituti di credito di rafforzare e consolidare i propri bilanci, conseguentemente anche alle formali «raccomandazioni» dell’Autorità bancaria europea (Eba). L’Eba,nel dicembre 2011,aveva stimato che, per resistere a shock particolarmente sfavorevoli, le banche italiane avrebbero avuto bisogno di una ricapitalizzazione pari a 15,4 miliardi di euro. Inoltre, è recente la notizia che i primi cinque istituti del nostro Paese hanno operato delle svalutazioni sugli avviamenti messi a bilancio in passato per circa 30 miliardi di euro. Probabilmente la liquidità ottenuta è servita a sistemare anche questo tipo di problematiche. La seconda tendenza, invece, va trovata nel deciso investimento in titoli di Stato operato in questi primi mesi dell’anno. I dati forniti dalla Bce evidenziano come gli investimenti in titoli di Stato da parte delle banche italiane siano esponenzialmente cresciuti negli ultimi mesi, successivamente quindi al primo maxi-prestito, passando da circa 4 miliardi investiti a dicembre 2011 a oltre 26 miliardi investiti a febbraio.
Proprio queste evidenze, soprattutto tra gli analisti anglosassoni, hanno scatenato le critiche sul sistema di Qe in «salsa europea»adottato da Draghi. I risultati che stanno emergendo sembrano creare le condizioni per una nuova stagione di tensioni. Quel che è evidente è che si è incentivata una intricata relazione nepotistica tra le banche (private)e gli stati (pubblici).Sul Financial Times , M. Chandler (stratega della Brown Brothers Harriman di New York) ha descritto sinteticamente il sistema con «deboli banche che acquistano deboli titoli di Stato».
Sembra, mutuando il commento di B. James (esponente di Linklaters, importate studio legale internazionale), che si sia voluto legare due persone che stanno rischiando di affogare, sperando che insieme riescano a galleggiare. Le critiche non si fermano qui. L’ampia platea di banche che ha goduto dei prestiti Bce comporterà un ulteriore rallentamento del processo di consolidamento del sistema creditizio europeo, con il permanere sul mercato (almeno per altri 3 anni!) di quelle che vengono definite comunemente «zombie banks», e un contestuale rafforzamento del legame di dipendenza nei confronti della Bce. Un ulteriore rischio, seppur indiretto, è che gli stessi governi nazionali, tranquillizzati dal buon andamento delle aste di titoli pubblici, colgano l’occasione per procrastinare ancora una volta le riforme strutturali dello Stato.
Non è tutto, in seno alle banche italiane si sta consolidando un conflitto di interessi ancora ben celato.
I più importanti istituti di credito italiani hanno attinto a piene mani dal«bancomat»Bce a un tasso di interesse bassissimo, pari all’1%. Con questa liquidità, oltre ad altre operazioni di tornaconto sui propri bilanci, le banche hanno acquistato ingenti quantità di titoli di Stato italiani a rendimenti decisamente favorevoli, pari al 4-5,5%. Contestualmente le stesse banche operano, naturalmente, anche sul mercato secondario (proprio quello che determina lo spread) dove hanno tutti gli strumenti necessari per condizionare i rendimenti al rialzo.
Infatti, come sappiamo, il mercato secondario influenza il prezzo e, conseguentemente, i rendimenti delle aste che avvengono sul primario, proprio dove acquistano i titoli tanto vantaggiosi. Senza considerare che i titoli acquistati sono gli stessi che poi vengono depositati come garanzie collaterali presso la Bce per ottenere nuovi finanziamenti a tassi agevolati... Sembra una spirale teoricamente infinita e non priva di rischi.
L’unico dato certo è che l’economia reale non ha beneficiato in nessun modo della strategia adottata dalle Banca centrale. Cittadini e imprese, che hanno sostanzialmente pagato la crisi finanziaria, sono ancora una volta spettatori inermi (e paganti) di questo scenario inquietante.
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 16-04-2012 10:46
Chi non ha avuto esperienza con una banca?
Eppure, solo oggi, il sentore di mancanza di chiarezza nel rapporto cliente banca, incomincia ad aver corpo, incomincia ad evidenziare l'inequità della stessa con abusi e soprusi.
Se Mario Monti vuole concludere positivamente il suo mandato governativo, tempo permetterdo, dovrà innanzitutto "ridisegnare" detto rapporto, visto e considerato, pare, che un rapporto con la banca sia diventato d'obbligo come l'assicurazione per l'auto.
Altrettanto necessario è "rileggere" il diritto giuridico non tanto per rimettere in discussione le metodologie adottate per il raggiungimento dello stesso e l'obiettiva funzione della magistratura, quanto per sindacare sugli abusi che si commettono da parte del comune cittadino e di alcuni avvocati di parte.
In merito, bisogna combattere la mentalità comune dell'italiano, cattivo interprete della legge che fondamentalmente ignora, avvalendosi per intenderla di concetti e logiche primitive ed egoistiche.
La stessa lungaggine del concludersi d'una causa, sia essa penale, civile o amministrativa, è la dannosa conseguenza d'ignoranza, di mentalità, di mancanza oggettiva d'onestà individuale.
Nel prossimo futuro vi farò conoscere d'un caso giuridico che è arrivato in appello dopo più di un decennio, voluto e gestito da un cittadino che confondendo il diritto con il dovere, che, ostacolando perfino il lavoro del proprio avvocato, è arrivato a fare richiesta di parecchi miliardi, dico miliardi, di euri come indennizzo per un errato pagamento condominiale che, nel suo insieme, considerando gli interessi e la rivalutazione maturati in un trentennio circa, si aggira intorno ai 300.000 euri.
Queste sono forme "lecite" di estorsione che purtroppo la legge consente.
Altro che inadempienze giuridiche da parte della magistratura!
Insomma, per farla breve, l'Italia deve moralizzarsi e riscoprire, semmai l'avesse mai scoperto, il rispetto reciproco e, sicuramente pensare alla legge, non come una possibile fonte di egoistico guadagno ma come una bilancia di equità e chiarimento conviviale.
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 17-04-2012 12:53
Chi non ha avuto esperienza con una banca?
Eppure, solo oggi, il sentore di mancanza di chiarezza nel rapporto cliente banca, incomincia ad aver corpo, incomincia ad evidenziare l'inequità della stessa con abusi e soprusi.
Se Mario Monti vuole concludere positivamente il suo mandato governativo, tempo permettendo, dovrà innanzitutto "ridisegnare" detto rapporto, visto e considerato, pare, che un rapporto con la banca sia diventato d'obbligo come l'assicurazione per l'auto.
Altrettanto necessario è "rileggere" il diritto giuridico, non tanto per rimettere in discussione le metodologie adottate per il raggiungimento dello stesso e l'obiettiva funzione della magistratura, quanto per sindacare sugli abusi che si commettono da parte del comune cittadino e di alcuni avvocati di parte.
In merito, bisogna combattere la mentalità comune dell'italiano, cattivo interprete della legge che fondamentalmente ignora, avvalendosi per intenderla di concetti e logiche primitive ed egoistiche.
La stessa lungaggine del concludersi d'una causa, sia essa penale, civile o amministrativa, è la dannosa conseguenza d'ignoranza, di mentalità, di mancanza oggettiva d'onestà individuale.
Nel prossimo futuro vi farò conoscere un caso giuridico che è arrivato in appello dopo più di un decennio, voluto e gestito da un cittadino che confondendo il diritto con il dovere, e che, ostacolando perfino il lavoro del proprio avvocato, è arrivato a fare richiesta di parecchi miliardi, dico miliardi, di euri, come indennizzo per un errato pagamento condominiale che, nel suo insieme, considerando gli interessi e la rivalutazione maturati in un trentennio circa, si aggira intorno ai 300.000 euri.
Queste sono forme "lecite" di estorsione, che purtroppo la legge consente.
Altro che inadempienze giuridiche da parte della magistratura!
Insomma, per farla breve, l'Italia deve moralizzarsi e riscoprire, semmai l'avesse mai scoperto, il rispetto reciproco e, sicuramente pensare alla legge, non come una possibile scappatoia, fonte di egoistico guadagno ma come una bilancia di equità e chiarimento conviviale.
Michele Greco
Vorrei chiarire la mia duplice osservazione, economica e giuridica, non per sminuire quanto da Cher evidenziato in relazione alle illogicità dei provvedimenti economici adottati in questo periodo, quanto per far notare che l'economia e la giurisprudenza sono due binari paralleli sui quali viaggia lo stato vitale della nazione. Separarli significherebbe fermare questo "viaggio" verso la democrazia ed il progresso, stagnare, infine, la produttività a danno del comune cittadino, conservando così inalterati i privileggi e gli interessi delle classi più evolute economicamente.
Il caso appena accennato di un cittadino che interpreta male le leggi, è un caso fin troppo diffuso che fa della legge stessa un indumento da confezionare a misura e a beneficio di chi la ragira e la inganna. E' l'indumento che diventa una divisa, un distinguersi di quelle classi, di quei cittadini, che usano il diritto come arma d'offesa e di raggiro.
Lo stesso dicasi per l'economia che, a quanto pare, non riflette un andamento equo e generalizzato nei suoi benefici ma un ulteriore mezzo d'offesa e d'inganno, un potere, ormai palese, d'acquisto non solo materiale ma spirituale e di coscienza.
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 17-04-2012 18:41
Tanto per gradire un spunto di riflessione ben presentato:
http://noisefromamerika.org/articolo/qua...o-bilancio
Riporto solo la parte finale , in quanto il corpo dell'articolo è una analisi attenta del problema , ma può "distrarre" il lettore occasionale di questo forum sull'aspetto essenziale del problema ( riportato in neretto)
"..........................La riforma costituzionale del 2001 – quella approvata in fretta e furia dal centrosinistra di allora, a pochi giorni dalle elezioni, per dimostrare di “aver fatto le riforme” e che è in pratica tutt’oggi rimasta in larga parte inattuata– ebbe probabilmente un solo merito storico.
Quello di cambiare l’art.114 della nostra Carta Costituzionale, che fino a quel momento recitava: “La Repubblica si riparte in Regioni, Province e Comuni” . La nuova versione dell’art.114 ora invece si apre con: “”La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato”.
In pratica, si riconosceva l’esistenza di diversi livelli territoriali autonomi di governo della cosa pubblica.
Uno di questi è lo Stato. La Repubblica sta vivendo una delle sue fasi più difficili. Affrontarla in questo modo, con lo Stato che avoca a sé l’88% delle maggiori entrate e taglia spese per uno 0,8% imponendo percentuali quasi opposte agli enti locali, non rappresenta solo un ovvio problema economico di efficacia e efficienza del difficile processo di risanamento dei conti pubblici. Ci dice che qualcosa si è rotto nel modo in cui stanno insieme i livelli di governo di questa Repubblica. E questo è persino più pericoloso del mancato raggiungimento di un misero pareggio di bilancio.
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 19-04-2012 13:31
Lettera aperta all'on. Antonio Napolitano
Presidente della Repubblica Italiana
e...agli uomini di buona volontà.
"La politica, secondo un'antica definizione scolastica, è l'Arte di governare le società. Il termine, di derivazione greca (da polis "πόλις", città), si applica tanto all'attività di coloro che si trovano a governare quanto al confronto ideale finalizzato all'accesso all'attività di governo o di opposizione."
Questa è una delle tante definizioni di cosa si intenda per Politica.
Vi sono molteplici correnti di pensiero, che la definiscono in modo diverso, cercando di interpretare un "sentimento" di massa che non c'è mai stato e che nella nostra storia umana, passata e presente, è apparso esistere solo in circostanze conflittuali ed in esercizi di potere a vantaggio di pochi ed a svantaggio di molti.
Ciò ha contribuito perchè s'invadessero terre e popoli, perchè si perpretassero eccidi di massa, perchè si "partorissero"(ironia della sorte) poeti, martiri ed eroi.
(Inciso) -Personalmente ho avuto uno zio capitano di aviazione del Regio Esercito, decorato con la medaglia d'oro al valore militare, morto nei cieli d'Albania (Valona) nel 1940. Lui, e quant'altri eroi, caduti per un ideale e per un grande amore, non possono oggi essere offesi e "ripudiati" dalla inettitudine politica di troppi arrivisti, di troppi contrabbandieri dell'onore e della onestà-
Non ho molto rispetto per le correnti di pensiero, quando queste sono di ostacolo all’evoluzione del pensiero stesso e dico che la politica, così come si manifesta oggi, si allontana e dal suo significare originario , e da quella che era la sua etimologia.
politica= lat. POLITICA dal gr. POLITIKE che attiene alla città
Il governo è solo una sottocategoria della politica, così come sono attività esprimenti nel pubblico il grado di civiltà, la moralità e il buon senso.
The real voyage of discovery consists not in seeking new landscapes, but in having new eyes
Un vero viaggio di scoperta non è cercare nuove terre ma avere nuovi occhi(Marcel Proust)
Non di meno, la necessità di convivere con una politica corretta ed "educata" è, almeno per me, voler ancora credere in una democrazia avanzata, priva di giochi demagogici e burocratici; credere in una vera democrazia che riscattata dal corretto esercizio politico, sia riscattante la politica stessa.
Quando il nostro Presidente della Repubblica richiama il cittadino a voler credere nella politica, perchè necessaria e ragionevole, dovrebbe nel contempo richiamare chi la rappresenta e la fa "vivere", ad attenersi almeno ad un linguaggio civile ed educato, nel rispetto di altre forme di politica trascorse nella pacatezza del proprio dire e nella rettitudine della propria intenzione.
L'invito di Antonio Napolitano di guardare con fiducia alla politica, è sicuramente tenuto in gran conto da chi ama il proprio paese e soffre per le condizioni drammatiche in cui versa in questo momento, tra i più travagliati della nostra storia repubblicana.
Restano comunque insuperabili alcuni principii che hanno reso equivoco e sfiduciante il ruolo dell'uomo politico oggi: L'educazione ed il rispetto, delle parti con le parti, in un qualsiasi dialogo che le veda contrapposte a decisioni e progetti comunitari-
Il linguaggio volgare ed ignorante, scaturito da un'indole generata nel più vergognoso bassofondo coscienziale, adoperato continuo, aggressivo, instancabile, da un po' tutti i rappresentanti della nostra politica, e vedi Bossi, e vedi Grillo, per citarne alcuni che oggi sono evidenti ed evidenziati, non può far altro che allontanare il cittadino dalla politica, spingerlo al più dissennato anarchismo, al più deludente voltafaccia alla
"cosa comune" che appare "cosa di parte".
A prescindere dalle competenze di chi è chiamato a rappresentarci, oggi messe in discussione anche per l'incarico conferito ad un Governo Tecnico, se la politica non riscopre un linguaggio educato e pacato, non potrà, a ragione o a torto, giammai entrare nel cuore e negli animi di un qualsiasi popolo.
A me dispiace soprattutto vedere che il nostro Primo Cittadino, ereditando i mali decennali d'una politica violenta ed inconcludente, non possa far altro che "invitare" noi, cittadini comuni, a voltar pagina ed a rimboccarci le maniche, nonostante non vi sia più sole per asciugare panni e lacrime.
Un vero viaggio di scoperta non è cercare nuove terre ma avere nuovi occhi[/i](Marcel Proust)
Riusciremo a guardare oltre "la siepe" ?
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 20-04-2012 11:09
Il Fisco spia i telefoni per conoscere i redditi
di Sergio Rame - 20 aprile 2012, 09:35
Più che una stretta, una vera e propria morsa sul contribuente. Il "grande orecchio" degli 007 dell'Agenzia delle Entrate entra nella cornetta del telefono di casa: non per spiare le telefonate, ma per registrare il traffico telefonico.
Perché? Ovviamente per scoprire quanto spendono gli italiani dal momento che anche il traffico telefonico può essere considerato come un indice della capacità di spesa in tempi di lotta all’evasione e redditometri. Insomma, se si denuncia una pensione sociale e si parla al telefono spendendo migliaia di euro potrebbe scattare qualche accertamento.
Come ha spiegato ieri l'Agenzia delle Entrate i dati sulle utenze telefoniche relative all’area business, a quelle domestiche e a uso pubblico dovranno infatti essere comunicate al Fisco dagli operatori. Un provvedimento del direttore Attilio Befera detta le istruzioni per inviare all’Anagrafe tributaria le informazioni sui servizi di telefonia fissa, mobile e satellitare relativi alle utenze in atto, ai consumi fatturati e al credito acquistato. Per trasmettere i dati i contribuenti avranno tempo fino al 30 settembre prossimo. A partire dal 2012, invece, la scadenza per l’invio dei dati è anticipata al 30 aprile.
"Per le utenze telefoniche i dati finora richiesti - si spiega nel provvedimento - erano riferiti solo all’area business, con il provvedimento, in analogia con le altre utenze, vengono comprese anche le utenze domestiche. Per completezza d’informazione, in merito alla telefonia mobile diviene oggetto di comunicazione il credito telefonico acquistato nel corso dell’anno". Secondo il Fisco non dovrebbero esserci problemi legati alla privacy dei contribuenti. "I dati e le notizie, che pervengono all’anagrafe tributaria - spiegano dall’Agenzia - sono raccolti e ordinati su scala nazionale al fine della valutazione della capacità contributiva, nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali dei contribuenti".
----------------------------------
L'Italia ( Che ci ricordano gli "alti" proclami che è una Repubblica Democratica ) emula/nostalgica della exDDR? AncoraqualcheDUBBIO?
DDR= Repubblica Democratica Tedesca ( Comunismo a parte )
http://it.wikipedia.org/wiki/Repubblica
La cosa interessante che è un termine disambiguo)
La repubblica (dal latino res publica, ovvero "cosa pubblica") è una forma di governo in cui la sovranità appartiene ad una parte più o meno vasta del popolo che la esercita nei modi e nei limiti fissati dalle leggi vigenti. Essa viene solitamente contrapposta al concetto di monarchia. Principalmente la repubblica si esplica con l’elezione degli organi di direzione politica, che rimangono in carica per un tempo determinato, terminato il quale vengono nuovamente indette le elezioni.
Questo termine, come l'equivalente greco politeia, fa in sostanza riferimento all'organizzazione politica della società in senso generale e l'uso del termine da parte degli autori classici (per esempio nella Repubblica di Platone) non deve necessariamente essere considerato come un riferimento ad un particolare tipo di istituzione politica. La Repubblica, per gli antichi, non era altro che l'interesse per il bene della collettività, per la polis, lo stato. È esemplare l'articolo della costituzione della Repubblica di Weimar: "Il Regno tedesco è una Repubblica".
Aristotele formulò una, ormai consolidata, distinzione terminologica fra tre forme di governo: la monarchia, l'aristocrazia e la democrazia. In termini di principio nessuna di queste forme di governo è incompatibile con la Repubblica, anche se propriamente viene inteso come Repubblica una forma di governo che è un'aristocrazia o democrazia (e le rispettive degenerazioni oligarchia e oclocrazia), piuttosto che una monarchia (e la sua degenerazione, la tirannide).
Le repubbliche, infatti, non sono necessariamente democratiche, per esempio nell'antichità, pensiamo alla Repubblica romana, la piena cittadinanza è stata negata agli schiavi o alle donne. Oppure, pensiamo alla Repubblica di Venezia, che era una vera e propria oligarchia, in cui il popolo era escluso dal governo della cosa pubblica, ma dove il capo dello stato (il doge) veniva scelto con un complesso sistema di voto-sorteggio tra gli appartenenti alla classe "nobiliare".
D'altro canto non tutti gli stati democratici sono repubbliche, per esempio il Regno Unito, sebbene democratico non è una repubblica, ma una monarchia parlamentare, in cui è presente un Parlamento eletto direttamente dai cittadini, ma il capo dello stato (il re o la regina) è scelto secondo un rigido criterio ereditario.
Nel corso dei secoli, la "Repubblica" si è andata sempre più caratterizzando come "governo del popolo", come sistema istituzionale in cui i vertici dello stato non vengono scelti per via ereditaria.[1] Più che tra monarchia e repubblica, la distinzione è sempre più divenuta tra repubblica e "monarchia o oligarchia nobiliare".
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 20-04-2012 12:42
Troppo spesso, purtroppo, le azioni ed i comportamenti non corrispondono, nè sono fedeli, al significato degli stessi, conferiti dallo "stile" da perseguire.
Mi spiego:
repubblica è, contrariamente alla monarchia, uno "stile" di governo popolare ma i rappresentanti di detto governo non rappresentano che una piccola parte del popolo che è poi soltanto la maggioranza dell'elettorato.
Un elettorato, vedi il nostro paese, che si va sempre più riducendo all'osso per ignoranza, per assenteismo, per mancanza di partecipazione e per "giustificata" sfiducia alla politica manifesta.
E' altrettanto evidente che all'interno di una repubblica vi sono grandi e piccoli poteri (monarchici) monoteisti, come assoggettati da "misticismo religioso", che perpetuano il dominio del singolo e non il governo popolare; è altrettanto vero che esistono, anche in una repubblica democratica e popolare, le caste e le eredità, che sono poteri solidi per forza economica e spesso per abitudini imperative di corruzione.
Se il re, morendo, lasciava, per tradizione, il proprio potere al figlio o ad altro parente per diritto ereditario, altrettanto vero è che, solo a poche caste privilegiate ed a rampolli di "grandi" famiglie, oggi, è concesso ereditare i poteri di chi li abbia preceduti; e vedi le "carriere", all'interno e fuori delle istituzioni, e vedi i grandi imperi economici, e vedi come gli stessi partiti politici adottino ancora un "delfino" indiscusso erede d'una piccola o grande rappresentanza popolare.
Le piccole o grandi monarchie, sono riproposte all'interno della stessa presunta repubblica democratica.
L'uomo è riuscito, soltanto e continuamente, a modificare l'apparenza ma, in quanto ad essere, è rimasto l'opportunista, l'arrivista, l'arrogante e l'aggressore di sempre!
Infine chiediamoci, come ultima analisi in difesa di noi stessi o solo per giustificarci della nostra passività, se desideriamo servire tutti indistintamente, o soltanto uno distintamente.
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 21-04-2012 12:34
La Dipendenza e la Fede
Ci fanno notare che il risultato delle elezioni in Francia inciderà sulla nostra situazione economica.
Ancora una volta la nostra dipendenza da un'Europa Unita, nella quale abbiamo creduto, e nella quale abbiamo riposto fiducia e futuro, è soltanto una condizione legata ad un "equilibrio" (quale?) politico, forse ad un pugno di voti.
Che in Francia vinca l'uno o l'altro, la nostra dipendenza resta.
Per qualcuno è solo un problema di fede, per qualche altro di logica politica ed economica.
La fede, a mio avviso, è una sola, non vi sono le fedi ma la Fede; plurali sono gli "oggetti" della fede come le idee, le religioni, le ideologie populeste e libertarie che siano. La fede è un po' come l'amore; l'amore è uno ma l'oggetto di esso, gli amori, sono molteplici.
Mi domando se si possa aver fede in questa equivoca dipendenza amando con la stessa fede, che è cieca, chi in essa ci ha convinti e spinti?
Se in più dei casi, l'unione fà la forza, questa è l'eccezione in cui l'unione (ammesso e non concesso che vi sia o vi sia mai stata) fa la debolezza, la nostra debolezza finanziaria e politica.
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 22-04-2012 14:40
http://www.ilgiornale.it/interni/addio_p...comments=1
IL DIBATTITO / 1 Addio ai partiti... Torniamo all’oligarchia
di Marcello Veneziani - 22 aprile 2012, 08:00
Per una volta, caro Direttore e cari Lettori, lasciate che io non scriva un cucù ma un cucùrucucù, ovvero un cucù doppio, in formato eccezionale. Ma vorrei fare un discorso doppio, di congedo e di rinascita e per questo vi chiedo la clemenza e la pazienza di doppiare tempo e spazio.
Statemi a sentire.
È finito il ciclo storico dei partiti, è inutile insistere, presidente Napolitano e neorifondatori tutti. Con l’abdicazione in favore dei tecnici perché incapaci di risolvere la crisi e con il crollo dell’ultimo partito, la Lega, si è conclusa un’epoca. La loro caduta agli occhi degli italiani non proviene solo dalla corruzione, ma dall’esatto convergere tra la provata e riconosciuta incapacità di governare la crisi e la difesa delle loro rendite di posizione, nonostante il malaffare. Partito, non solo ci derubi e sei la principale causa di questa situazione, ma per affrontare la crisi che non sei capace di gestire, svendi la sovranità popolare e nazionale agli eurotecnici. Commissari il popolo e tu ti tieni i privilegi. In verità, la partitocrazia si spartiva la torta pubblica e praticava il malaffare quasi dalle sue origini, anche se con stile diverso e con finalità ibride, ideologiche e affaristiche, più collettive che personali. Rispetto al passato, la corruzione ha ora una marcia in più - marcia in questo caso è voce del verbo marcire - e ha compiuto il salto fatale: fino a qualche anno fa il suo malaffare era inclusivo, cercava la complicità degli elettori, procurava col clientelismo e i favori una rete di benefici a cascata. E il Paese, nonostante il malaffare, non se la passava male.
I partiti avevano due canali per parlare alla gente, la convinzione e la convenienza, ovvero l’affinità ideologica e il tornaconto personale. Quando si è interrotto questo duplice canale e i benefici non sono stati più estesi alla popolazione, cadde la prima Repubblica. Dopo, ci siamo lasciati stregare da incantesimi carismatici (i partiti personali), uniti a paura o disprezzo ad personam del Nemico. E su quello ha campato negli ultimi anni il bipolarismo. Ora l’incantesimo è finito. Ci siamo svegliati in piena crisi e la vita della gente davvero comincia a boccheggiare. La funzione storica dei partiti è esaurita.
Ma cosa viene dopo? Il governo dei tecnici, la dittatura dei competenti, il commissariamento internazionale, l’egemonia delle banche o che altro?
La mia convinzione è che a questo punto si debba ricominciare daccapo, risalire alle origini, alle piccole minoranze costituenti nell’interesse generale.
E qui inevitabilmente dobbiamo cedere a un granello di inevitabile pazzia. Urge nel nostro Paese una cernita essenziale, una graduale selezione delle energie più vive in campi vari per costituire, non prendetemi per visionario, una specie di ordine cavalleresco, vorrei quasi dire una casta, ma capovolta rispetto a quella presente; una lobby generalista, qualcosa di più di una massoneria a viso aperto, anzi per urticarvi di più, direi quasi una mafia rovesciata nei metodi e nelle finalità, un’onorata società, una sacra corona unita, a scopi benefici, ideali e trasparenti, articolata sul territorio con le sue cosche e le sue ’ndrine virtuose. Per carità, è solo un paragone choc per dare un pugno nello stomaco, lo ritiro subito perché a volte certe evocazioni possono suscitare tragici equivoci e il nome può prevalere sulla cosa. Torno all’ordine cavalleresco, ai Templari nell’epoca del web. Insomma, fuor di metafora, una rete di eccellenze volontarie, che si forma per chiamata diretta e volontariato, selezione e integrazioni successive, con un codice d’onore, una finalità superiore e l’impegno a pagare tutto se si tradisce. Un ordine, un albo dei Mille, che si ramifica, che si riproduce nelle giovani generazioni, ogni adepto ne adotta uno giovane, creando reti generazionali, scuole di selezione, laboratori di formazione, fondazioni che fondano davvero. Da che partire?
Da un sito, da un giornale, da istituti e fondazioni, da una prima convocazione... Denunciate i casi di eccellenza nel Paese, fate la spia anche voi, indicando le persone degne di prender parte. Finito il partito di massa e pure l’epoca del partito personale, non resta che tentare il percorso inverso: i partiti nacquero di massa e finirono oligarchie, ora proviamo a partire da un ristretto club, politico e non partitico, per poi coinvolgere il Paese per via democratica.
Un Ordine nel nome del popolo italiano. Fine del cucùrucucù visionario. Torno nei ranghi e da domani riprendo a spacciare cucù in modica quantità.
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 22-04-2012 17:03
Quello di Veneziani non è nè un lamento, nè una proposta, tantomeno è un "dicitur choc" ma una sciocca considerazione visionaria che interpreta ed esprime la confusione un po' di tutti ed il non sapere cosa fare.
Credo che il problema non è tanto nel credere o meno nella politica quanto il dover credere, senza alternative, ad una politica rappresentata da ladri e da incompetenti.
Io, più che ad un ordine nuovo o ad una nuova casta, penserei ad un "disordine" (come caos originario) e ad una nuova coscienza del singolo e di massa. Intanto chi ha rubato restituisca ciò che non gli appartiene; intanto togliamo ogni privilegio ai politici ed "agli altri", intanto riformiamo la legge elettorale, con l'obbligo che, chi promette, è legalmente perseguibile se non mantiene.
Le chiacchiere, tutte, dico proprio tutte, sono state già fatte, che seguano i fatti, pochi ma concreti.
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 27-04-2012 10:52
Due link da leggere:
http://www.loccidentale.it/node/115675
Riporto il finale " ..........Già oggi lo Stato dà ogni anno alle imprese 45 miliardi di euro, di cui 15 vanno a Poste, Ferrovie e Enel e 30 vengono dispersi nel mucchio senza che generino né un miliardesimo di Pil né mezzo posto di lavoro in più.
http://noisefromamerika.org/articolo/due...ndo-giarda
Riporto il finale: ".............Insomma, diciamocelo, la "spending review" è una presa per il culo................"
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 27-04-2012 12:29
Due link da leggere:
http://www.loccidentale.it/node/115675
Riporto il finale " .......... Già oggi lo Stato dà ogni anno alle imprese 45 miliardi di euro, di cui 15 vanno a Poste, Ferrovie e Enel e 30 vengono dispersi nel mucchio senza che generino né un miliardesimo di Pil né mezzo posto di lavoro in più.
http://noisefromamerika.org/articolo/due...ndo-giarda
Riporto il finale: "............ .Insomma, diciamocelo, la "spending review" è una presa per il culo................"
Non essendo un economista, e non avendo mezzi propri per "indagare" su come viene impiegato il danaro pubblico, non posso far altro che prender per buono ciò che i canali d'informazione ci rifilano, giorno dopo giorno. Non ho alternative, come credo non l'abbiano coloro (la stragrante maggioranza della popolazione) come me, sono costretti a prendere tutto per buono e, ogni tanto, a cercar di esprimere una propria sensazione o opinione in merito.
Credo comunque che la manipolazione è, in buona parte, una delle caratteristiche dell'informazione che, troppo spesso, è unita e concorde, anche se politicamente avversa.
Comunque una certezza, in un modo o nell'altra, oggi l'abbiamo tutti: lo spreco sfacciato ed ingiustificato del danaro pubblico.
Più che ridurre le spese pubbliche, in buona percentuale utili ed indispensabili, è d'obbligo eliminare gli sprechi e punire chi li genera.
La fiducia nella politica, e quindi anche il concedere il finanziamento ai partiti, possono essere riconsiderati, soltanto se una totale "mea culpa" fosse chiaramente espressa e resa pubblica, allontanando quindi, e definitivamente, dalla "res pubblica", quanti se ne siano resi responsabili.
Ma dove sono i rei confessi?
Più marcio viene fuori e più tutti appaiono estranei, onesti e puliti.
Ritengo che, oggi più che mai, un ruolo determinante spetti alla magistratura che mi auguro applichi con fermezza la legge o, addirittura, se questa dovesse essere blanda e "elastica", provvedere, con chi ne è preposto, ad una immediata riforma.
Come ultima considerazione, ritengo che il cittadino comune, debba fare uno sforzo per comprendere che la società di oggi, così come è strutturata, non può assolutamente penalizzare l'intero mondo politico rinunciando alla sua assolutà necessità di governo; non si può ridurre tutto ad un comportamento di assenteismo e di anarchia.
Bisogna ritrovare comprensione e fiducia perchè, restaurare oggi il leso rapporto tra politica e cittadino, significherebbe riaprire le porte ad un futuro più democratico, più sicuro e sano.
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 30-04-2012 15:09
http://www.loccidentale.it/node/115707
Lo Stato di polizia fiscale del governo Monti sta erodendo le nostre libertà
Gennaro Malgieri 27 Aprile 2012
Il governo dei tecnici, sceso in cinque mesi a livelli di impopolarità imbarazzanti posto che era stato chiamato a raddrizzare i conti economici del Paese, si affida all’ultima risorsa disponibile da parte di coloro che falliscono la missione che si sono data o che gli è stata assegnata.
Mostrare indifferenza per i bisogni della gente e caricare la comunità nazionale di pesi tali da essere insopportabili. Chi non si adegua ne subirà le conseguenze. E’ l’anticamera dello Stato di polizia. Ed ha perfettamente ragione Piero Ostellino nel sostenere che il governo Monti si ispira ad “un regime totalitario di socialismo reale”. Non diversamente, nella sostanza, di quanto avveniva nella Ddr, al netto delle brutalità del regime, com’è ovvio.
L’editorialista ed ex-direttore del Corriere della sera ha affidato la sua denuncia di liberale indignato al Foglio ed ha rincarato la dose in un’intervista a Libero nella quale, tra l’altro, sostiene: “Io lavoro per il Corriere e in cambio del mio lavoro percepisco uno stipendio. Se alla fine del mese mi mancano i soldi, non vado dall’amministratore a chiederne altri, me li faccio bastare. Il governo, se a luglio scopre che quanto ha incassato con l’Imu non basta, aumenta la tassa. E’ una cosa giuridicamente improponibile, politicamente vergognosa. E moralmente è una schifezza”.
Ineccepibile. Così come la sua denuncia più “politica”. Ostellino, infatti, rincara la dose e dice: “Quello che sta succedendo in Italia è che, per via fiscale, ci stanno requisendo le libertà civili. Hanno cominciato coi rendiconti bancari: ogni anno le banche manderanno i rendiconti di ciascun italiano all’Agenzia delle entrate. Ora ci sono controlli sulle utenze telefoniche. Questa è un’invasione nella vita degli italiani”.
Insomma, si sta riproponendo in Italia, morbidamente, nell’indifferenza dei più purtroppo, una tragedia i cui contorni non sono ancora percepibili dalla maggioranza dei nostri connazionali: l’intromissione nelle “vite degli altri” per via fiscale; una rimodulazione dello Stato di polizia dedito al controllo delle private esistenze cui non fa mancare, sempre con lo strumento della tassazione, il peso del suo tallone introducendo, per esempio, la doppia tassazione per chi possiede una casa all’estero e già paga nel Paese dove si trova le imposte dovute: se non frutta un reddito, per quale motivo deve ripagare quella tassa anche in Italia? E’ un modo illiberale per costringere gli italiani a non avere nulla, neppure per il proprio piacere, fuori dai confini nazionali.
Un bel modo d’intendere la libertà di circolazione di merci e persone, oltre che di favorire l’integrazione tra cittadini ormai internazionalizzati.
Il governo tecno-burocratico, algido come un Leviatano, impietoso come un gabelliere settecentesco, sta riducendo i nostri spazi di libertà. E non si avvede dell’imbecillità di tale ottuso atteggiamento che non soltanto irrita i “sudditi”, perché tali sono considerati i cittadini, ma acuisce un odio sociale le cui conseguenze i professori rimpannucciati nelle loro toghe accademiche non riescono neppure lontanamente ad immaginare.
Del resto sono stati chiamati al capezzale della Repubblica per fare il lavoro sporco. E lo stanno facendo egregiamente. I partiti ritengono, così, di essersi salvati l’anima, ma non sanno che la gente ormai li accomuna ai professori allineati e coperti ai diktat francofortesi e berlinesi. Se avessero una minima consapevolezza di quel che sta accadendo, le forze politiche che sostengono Monti gli farebbero osservare che c’è un limite a tutto ed è già stato ampiamente superato.
Altro che prendersela con Grillo. L’antipolitica è figlia legittima della cattiva politica. Se ne facciano una ragione ABC ed il resto dell’alfabeto partitico.
Lo Stato di polizia che si attiva attraverso la leva fiscale e con la decretazione della fine del segreto bancario, uno dei caposaldi dei sistemi liberali, ritiene di avere il potere (ovviamente recisamente negato) di ridurre in miseria gli italiani per rispettare un patto sottoscritto con i burocrati europei, incurante del malessere che produce oltre all’impoverimento che stabilizza: gli stipendi medi da noi sono i più bassi dell’Unione.
Tasse e spionaggio. E’ questo il bilancio degli illuminati gestori della cosa pubblica? La distanza tra i cittadini ed il potere non è mai stata così ampia. Se ne rendano conto tutti, prima che sia troppo tardi.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 30-04-2012 17:05
http://noisefromamerika.org/articolo/due...-lega-nord
Due implicazioni del caso Lega Nord
30 aprile 2012 • michele boldrin e brighella
Riflessioni un po' populiste, un po' scontate ed un po' serie (1/3, 1/3, 1/3, come uno spritz ...) sulle recenti vicende interne alla Lega Nord.
Ora che Maroni sta diventando il capo di una Lega Nord “ripulita” - che Bossi afferma di non voler abbandonare perché non hanno (ancora) rubato come il PSI - forse vale la pena commentare non tanto il disastro largamente predetto ma, guardando al futuro, due implicazioni del medesimo.
La prima è la più imbarazzante per chi, come noi, proviene da quelle aree del paese. Ancora una volta i fatti provano che l’elettorato del Nord non è riuscito ad esprimere una classe politica minimamente degna. Non dimentichiamo infatti che, in otto e mezzo degli ultimi undici disastrosi anni, a capo del governo del paese ci sono stati Berlusconi, Bossi, Brunetta, Sacconi e Tremonti. Tutto materiale proveniente dal nord del Po’.
È certamente vero che lo scegliersi una classe politica impresentabile non distingue il Nord dal resto del paese (la classe politica espressa altrove sembra persino peggio, ma questo è poco rilevante) ed è altrettanto vero che parte della ragione per questa orrenda scelta risiede nella tragedia della tripla B - schiacciati fra un Bersani ed un Berlusconi, a molti elettori non è rimasto che affidare la loro fiducia ad un Bossi. Questi fatti non eliminano comunque la constatazione principale: l’elettorato del Nord, anche nella sua componente forse più istintivamente “incazzata” con le pratiche della casta e con il modo in cui lo stato italiano svolge le sue funzioni, rimane incapace di riconoscere a tempo debito i cialtroni, di eliminarli dal panorama politico e di impedire così che le proprie istanze vengano affidate ad una banda d’incompetenti.
Al contrario: contro ogni evidenza parte dell’elettorato ha creduto davvero e per lungo tempo sia alla diversità etica della dirigenza leghista sia alla sua capacità di realizzare le smargiassate secessioniste e/o federaliste che continuava a generare senza mai concretizzare alcunché. Costoro si sono lasciati abbindolare in "buona fede" (non e' la prima volta, d'altro canto, nella storia d'Italia: pensate all'elettorato comunista sino all'altro giorno) e costituiscono, a nostro avviso, la maggioranza, dell’elettorato leghista. Forse sono persino la maggioranza della classe dirigente leghista locale, ossia quella che in questo decennio ha cominciato ad amministrare una belle fetta dei comuni e delle provincie del Nord e che sopravviverà al temporale in corso. Sia chiaro che questa non e' una giustificazione ma una triste constatazione: occorre essere ignoranti e prevenuti forte per aver fiducia in Bossi e compagnia a partire, tanto per dire un numero, dal 2001 ...
Altri, soprattuto tra artigiani ed imprenditori, si sono invece fatti ingolosire dalle sirene che promettevano la liberazione dalle catene economiche tramite il credito sussidiato delle banche occupate politicamente o tramite il colbertismo tremontiano (a proposito, cosa è successo a quel grande amore?). Non avevano compreso che l’occupazione delle banche e delle istituzioni economiche locali è il primo passo che ogni nuova classe politica compie quando intende prendere controllo della vita economica del territorio che la rappresenta. Un passo funzionale all’obiettivo finale che - come la DC ed il PSI dei “bei” tempi andati ci avevano insegnato (stessimo parlando dell’Emilia Romagna avremmo detto PCI e PSI, tranquilli) - consiste nell’asservimento dei cittadini e nello stabilirsi, appunto, come casta inamovibile. Questi elementi di, se volete, ingenuità politica ed arretratezza culturale ed economica dell’elettorato del Nord vanno tenuti in conto quando si riflette su come, nei tempi che verranno, possa essere possibile far uscire l’Italia dal suo declino attraverso la creazione di una qualche altra forza politica “diversa”. Detto altrimenti: quanto elettorato “ex leghista” si sta trasferendo oggi al Movimento 5 Stelle? C’è ragione di pensare che possa agire diversamente e selezionare altrimenti la propria rappresentanza politica?
Che valga la pena porsi quesiti simili segue dalla seconda osservazione che vorremmo fare: gli eventi delle ultime settimane suggeriscono come l’elettorato leghista sia, alla fin fine, mediamente più sensibile alla questione morale di quanto non lo siano quelli degli altri maggiori partiti, da PD a PdL. Come sappiamo, le indagini di polizia e magistratura hanno portato alla luce una cornucopia di diamanti, appartamenti, ristrutturazioni, lauree e automobili. Una volta che tali fatti sono emersi le teste all’interno della Lega hanno cominciato a saltare. Che ciò sia accaduto non è certo dovuto alla presenza di grandi statisti quali Maroni e Calderoli, un furbo democristiano rock&roll riciclato ed un dentista fascista che vive nell’appartamento pagato con i rimborsi elettorali. Piuttosto, questi ultimi soggetti, capitalizzando l’indignazione e le pressioni della base elettorale, hanno approfittato della ghiotta occasione per portare a compimento una guerra interna fra bande. Anche Maroni e Calderoli meritano di saltare perché politicamente corresponsabili di aver diretto per anni un partito che puzzava dalla testa. Calderoli, di fatto, è già saltato e, per il momento, Maroni sembra l’uomo del destino; un destino che noi prevediamo triste visto che il nuovo capo è un astuto portaborse che non ha mezza idea propria che sia un quarto. Ma questa è polemica.
Il dato politicamente rilevante è altro: esso consiste nella intransigenza dell’elettorato leghista nei confronti del malcostume dei propri eletti. Per quanto ciò possa infastidire alcuni (come peraltro dovrebbe e per questo lo sottolineiamo) la base leghista pare mostrarsi la più moralmente intransigente e la meno succube all’adorazione delle proprie vacche sacre. Ne è prova il fatto che, nonostante il trio Formigoni-Penati-Boni faccia vivere la Lombardia nel marasma politico più totale, non si vedono saltar teste né nel PDL, né nel PD. Eppure i fatti di cui sono accusati costoro sono almeno tanto gravi quanto quelli di cui vengono accusati Bossi ed i suoi famigli. E neppure i Lusi o le giunte Vendoliane riescono a far scuotere più di tanto l’apparato dei rispettivi partiti. Il punto da far notare, qui, è che nonostante le magiche ampolle del Po la base leghista ha cacciato il proprio sacro padre, mentre quella del PD (per non parlare di quella del PdL) non riesce nemmeno a fare andare a casa un personaggio di secondo piano come Penati!
Uno dei più gravi problemi del Paese è di non aver mai concluso, sia a livello giudiziale che culturale, il percorso di Mani Pulite. Dopo lo sdegno forcaiolo delle monetine a Craxi (probabilmente organizzate dai vari Fini, La Russa e fascistume simile) e dopo gli attacchi di Berlusconi e soci alla magistratura, gli antichi metodi della politica sono continuati immutati. Anzi, sono platealmente peggiorati. Della qual cosa non v’è nulla di cui stupirsi: l’apparato dello stato è rimasto intatto, chi lo gestiva pure, le regole del gioco pure. Non solo: grazie soprattutto a Tremonti ma anche a Vincenzo Visco, l’intrusione politica in ogni angolo della vita economica è aumentata ed il 90% di quelli che gestivano lo stato con la Prima Repubblica continuano a farlo. Che lo stato italiano rimanga il peggiore del mondo occidentale non dovrebbe stupire nessuno.
Mani Pulite ed il piccolo ed alquanto ingenuo movimento di rinascita nazionale che attorno all’operazione giudiziaria si venne costituendo son rimasti opere incompiute. E son rimaste tali perché le classi dirigenti nazionali, quelle del Nord in particolare, non le hanno fatte proprie. Anzi hanno, tanto rapidamente quanto hanno potuto, fatto tutto il possibile perché cessassero i processi sia giudiziari che politici salendo sul primo carro anti-Mani Pulite che si rendesse disponibile. A ben pensarci il successo di BS a questo si deve: se, nel 1993, Carlo de Benedetti fosse sceso in politica mandando segnali rassicuranti alle elites politico-economiche avrebbe potuto vincere lui le elezioni, invece di BS. Il problema non era certo il “chi” ma il “cosa”. E qui, in questa constatazione, sta ancora il problema irrisolto e forse irrisolvibile dell’Italia contemporanea.
Problema che ha due cause, fra loro interconnesse e, per quanto ci è dato capire, quasi insormontabili. Da un lato una cultura statalista e corporativa così diffusa ed accettata da far paura. La cultura economica italiana è quella papalino-borbonica: fa tutto lo stato, entità suprema dotata di poteri straordinari. Lo stato può entrare in ogni ambito della vita socio-economica perché deve saper risolvere qualsiasi problema. È quindi legittimo trasferire alla classe politica tutto il potere di spesa e tassazione che richiede, anzi di più. Dall’altro lato sta la cultura, non sappiamo se borbonica ma certamente cattolica, della tolleranza verso ogni forma di peccato pubblico.
L’idea che i peccati privati siano tollerabili perché la loro rilevanza è limitata al privato e chi perdona è tipicamente il danneggiato, mentre lo stesso non vale per quelli pubblici nei quali le esternalità sono l’aspetto dominante, questa idea calvinista in Italia gode d’alcuna dimora. In Italia si tollera maggiormente il danno pubblico che non quello privato, perché il pubblico (vedi sopra) appartiene al re, al podestà, al principe onnipotente, quindi chisenefrega? Perché essere intransigenti con chi sporca la via pubblica se essa non appartiene a me e sta al principe, l’onnipotente principe, pulirla?
L’intransigenza (cosa ben diversa dalle forche) nei confronti della corruzione politica, al contrario di ciò che avviene in altre democrazie, in Italia è sconosciuta. Il chiedere le dimissioni e l’abbandono immediato della vita pubblica, sia per una tesi di dottorato copiata o per 30 sterline di finti rimborsi, dovrebbe essere l’istinto naturale degli elettori di qualsiasi partito.
Ma in Italia non è così: preferiamo strangolare amanti che, nella confusione passionale, pronunciano il nome sbagliato piuttosto che cacciare il politico che al fratello dell’amante regala case in Montecarlo.
Ovunque nel mondo tutto questo appare insensato ma a noi sembra solo sintomo di furbizia, ossia dell’unica maniera in cui valga la pena vivere. È il modo di vivere del suddito che, succube delle angherie del sovrano, trova il proprio penoso spazio di libertà nell’aggirarne per quanto possibile gli editti. Il retaggio culturale è tutto lì e come eliminarlo non è né ovvio né, tantomeno, facile.
A mò di conclusione: la parabola della Lega Nord è sintomatica. Un pezzo di paese, con istinti diversi da quelli che sembrano essere alla radice del declino, esiste. Tale pezzo di paese non sta solo nell’elettorato della Lega Nord, lungi da noi voler sostenere una tale cazzata. Ma, nell’elettorato della Lega Nord, esso sembra essere ancora la forza dominante, cosa che ha smesso di essere in quello del PD e di IdV, per non parlare del PdL. È probabile che un elettorato con simili istinti costituisca anche la maggioranza del Movimento 5 Stelle. Insomma, esso esiste e, anche se non maggioritario, è sostanziale. Ma tale elettorato non solo appare essere minoritario, esso appare anche essere ignorante e poco intransigente, disposto ad accettare uomini della provvidenza piuttosto che programmi politici credibili, credulo di promesse salvifiche piuttosto che di riforme concrete e di cambi istituzionali veri.
Prono, soprattutto, a credere che la soluzione al problema di uno stato ladro ed inefficiente possa venire dall’aumento dei poteri dello stato medesimo (in mano ai “buoni”) invece che da una modificazione sostanziale delle forme in cui lo stato stesso si costituisce ed agisce e degli incentivi che, di conseguenza, genera. Detto altrimenti: prono a credere che basti mettere dei politici "buoni" alla guida di una macchina statale completamente identica a quella esistente per poter ottenere risultati migliori e che il problema non sia, invece, quello di cambiare lo stato, ridurne i poteri, introdurre meccanismi di responsabilizzazione, eccetera. Questo mito eterno, che è stato democristiano, comunista, socialista e leghista ed è ora "idivista" e "cinquestellista" è la lebbra culturale che infetta la cultura nazionale. Una lebbra, platealmente, cattolica: gli uomini buoni, si sa, fanno i miracoli qualsiasi siano le circostanze. Basta trovarli ...
Questi gli insegnamenti del caso Lega Nord. Insegnamenti che non rendono particolarmente ottimisti ma dai quali è giocoforza partire per pensare il futuro.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 01-05-2012 16:47
http://blog.ilgiornale.it/foa/2012/04/30...i-di-armi/
Il sempre informato Franco Bechis, in questo articolo, svela un’altra delle tante sorprese del governo Monti. Il ministro della Difesa Gianpaolo di Paola vuole ridurre gli effettivi dell’esercito da 190’000 a 150’000. La ragione è al passo dei tempi: bisogna risparmiare e infatti questa misura permetterà un minor esborso per lo Stato per 2,2 miliardi. Ci sarebbe da chiosare – e non poco – sulle ragioni e l’utilità di un passo del genere, evidenziando ad esempio come lo Stato abbia bisogno di più sicurezza e non meno oppure che i primi risparmi si potrebbero ottenere ritirandoci dalle tante missioni all’estero che non hanno più senso, a cominciare da quella in Afghanistan, ma lasciamo perdere; possiamo anche prendere per buone le spiegazioni ufficiali.
Bechis però svela che i 2,2 miliardi risparmiati in realtà non serviranno ad abbattere il debito pubblico ma verranno reinvestiti… in armamenti. L’editorialista di Libero se ne scandalizza e ha ragione. Io però non mi meraviglio. Questa è solo una conferma, anzi l’applicazione all’Italia di un modello collaudato all’estero e descritto con straordinaria precisione da Janine Wedel, autrice da me molte volte citata. Presunti tagli alla spesa pubblica si risolvono in realtà in gigantesche regalie, sovente monopolistiche e senza concorso pubblico, ad aziende private, lontano dai riflettori dei media che di solito nemmeno si accorgono di certi maneggi.
E infatti è quel che sta accadendo. Pochi, a parte Bechis, il sottoscritto e pochi altri, criticheranno Monti e Di Paola, nessuno ricorderà i loro legami con certi ambienti internazionali che di queste e di altre liberalità si nutrono, nessuno spiegherà retroscena e finalità di un modello di potere che, come spiega la Wedel, scardina la democrazia e il libero mercato.
Tanto pagano i cittadini, come al solito…
---------------------
http://www.liberoquotidiano.it/news/home...-armi.html
Dopo quella degli esodati, sta per arrivare la bomba degli esoldati. Il governo di Mario Monti ha infatti intenzione di mandare a casa 40mila militari attualmente inquadrati nelle varie forze (esercito, marina, aeronautica). Una dismissione umana graduale, da qui al 2024, che dovrebbe fare scendere l’organico delle attuali forze armate da 190 a 150 mila militari.
Questo significa che con il turn over annuo di entrate e uscite si dovranno in media lasciare a casa 3.333 stellette ogni anno. Così si potranno risparmiare 2,2 miliardi di euro l’anno a regime rispetto ad oggi. Il piano è contenuto in un disegno di legge delega a firma del ministro della Difesa, Giampaolo Di Paola. E difficilmente sarà popolarissimo sia nell’uno che nell’altro schieramento politico che dovrebbe assicurare la maggioranza per farlo diventare legge. Nel Pdl sarà facile catalizzare il malumore degli esoldati, nelle fila del Pd chissà quanti approveranno un’operazione che si propone di investire tutti quei 2,2 miliardi di euro risparmiati all’anno in tecnologie e armamenti. Assai probabile che buona parte della sinistra oggi fuori dal Parlamento possa insorgere di fronte a questa ipotesi di scambio (semplifichiamo) fra uomini e bombe: meno uomini per avere più bombe.
La strage in ogni caso non sarà assoluta, anche perché mandare via i militari non è progetto di facilissima realizzazione: secondo i dati forniti dallo stesso ministero in forza oggi ci sono solo cinque alla vigilia del 65° anno di età, 6 alla vigilia del 64°, 24 alla vigilia del 63° e in tutto circa 800 militari dai 60 anni in su. La maggiore parte dei reclutati ha meno di 50 anni, e il grosso della truppa è fra i 30 e i 40 anni. I costi medi sono molto differenziati. Al lordo di Irap e oneri previdenziali gli ufficiali (esclusi i dirigenti) costano in media 72.349 euro l’anno. I sottoufficiali vanno da una media di 39.524 euro per i sergenti ai 54.993 euro dei marescialli. I volontari di truppa costano in media 35.717 euro. Per risparmiare di più è necessario dunque essere selettivi, e cercare un costo medio di circa 50mila euro l’anno per la scelta degli esoldati. L’obiettivo finale che si vuole raggiungere è quello di 115.330 militari in servizio permanente (più di 35mila meno di oggi) e 34.700 in posizione di ferma (circa 4 mila meno di oggi).
Come scatterà la riduzione? In tre modi. Il primo è il più banale: si ridurrà sensibilmente il reclutamento in modo da non rimpiazzare quelli che naturalmente se ne devono andare via per limiti di età o di servizio. Il secondo sarà il tentativo di civilizzare i militari facendoli passare nei ruoli organici dei ministeri per rispondere al loro turn over. Ma si prevede già che l’appeal di questa misura sarà scarsino fra le truppe. Il disegno di legge delega allora cambia alcune norme attuali per facilitare la terza strada, inserendo «alcune misure volte a facilitare, con ogni necessaria garanzia per ciascuno, l’anticipazione dell’esodo del personale militare rispetto ai limiti di età: si tratta di una serie di possibili misure, fra le quali quelle dell’estensione dell’ambito applicativo dell’aspettativa per riduzione di quadri anche al personale di livello non dirigenziale e del ricorso a forme di sospensione del servizio».
Leggendo Di Paola si scopre così che la riforma delle pensioni fatta da Elsa Fornero nel decreto salva-Italia dello scorso 6 dicembre vale per tutti, ma non per i militari che al momento possono ancora essere baby-pensionati. Per l’innalzamento della loro età pensionabile infatti tutto è stato demandato a un apposito regolamento, che nessuno si è finora immaginato nemmeno di scrivere in bozza. E difficilmente lo sarà ora con l’esigenza di mandare a casa prima del tempo migliaia di stellette.
Analoga cura dimagrante è prevista anche per il personale civile in forza al ministero della Difesa. Secondo Di Paola entro l’anno prossimo già scenderà a 29.525 unità e in un decennio dovrà attestarsi sulle 20 mila unità, con un esodo di circa 10 mila dipendenti. Qui non si sa bene come funzionino le regole previdenziali perché nella pianta organica 2011 risulta in servizio un dipendente classe 1939 (73 anni), due del 1940 (72 anni), uno del 1942 (70 anni), due del 1943 (69 anni), due del 1944 (68 anni), 26 del 1945 (67 anni), 30 del 1946 (66 anni) e 118 del 1947 (65 anni). I dipendenti civili sono divisi in tre aree funzionali che costano lorde fra 30.177 e 44.783 euro l’anno.
di Franco Bechis
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 02-05-2012 13:43
http://www.ilgiornale.it/interni/sprechi...comments=1
Sprechi, Monti allo sbando Sos sul sito del governo: cittadini, diteci dove tagliare
di Domenico Ferrara - 02 maggio 2012, 13:15
Non bastava il balletto sui tagli, la nomina del super commissario Bondi e dei consulenti Giuliano Amato e Francesco Giavazzi. Adesso, sulla revisione della spesa pubblica il governo Monti si affida ai cittadini.
Dopo il varo della bozza del decreto legge, che prevede un risparmio di 4,2 miliardi di euro, sul sito del governo campeggia il logo della spending review. Basta un clic per giungere alla pagina illustrativa del decreto e per accorgersi della richiesta di aiuto dell'esecutivo.
"Tutti i cittadini, attraverso il modulo “Esprimi la tua opinione”, hanno la possibilità di dare suggerimenti, segnalare uno spreco, aiutando i tecnici a completare il lavoro di analisi e ricerca delle spese futili", si legge sulla pagina ufficiale del governo.
Insomma, per capire dove tagliare e per aiutare i professori ad analizzare e trovare le spese inutili c'è bisogno del parere tecnico dei cittadini. Che attraverso un modulo, indicando nome, cognome e indirizzo mail, potranno dare lezioni di spesa pubblica.
-------------------------------------------------
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 03-05-2012 14:31
http://www.ilgiornale.it/interni/tagli_s...comments=1
Tagli, "Segnalate gli sprechi" Ma il garante della Privacy: "Attenzione alle delazioni"
Francesco Pizzetti sull'iniziativa del governo sui tagli alla spesa pubblica: "Solleva perplessità". Dalle sforbiciate scompare il Quirinale. Corte costituzionale: più di 64 milioni per 15 giudici
di Domenico Ferrara - 03 maggio 2012, 10:40
Supercommissari, consulenti, concertazioni, proroghe. Poi l'ideona di affidarsi ai cittadini e infine la bacchetta del garante per la Privacy. Il decreto sulla revisione della spesa pubblica sta dando non pochi grattacapi al governo Monti.
Dopo l'autocommissariamento, con la nomina di Enrico Bondi, dopo le nomine di Francesco Giavazzi e Giuliano Amato a consulenti (rispettivamente per i contributi alle imprese e per i finanziamenti a partiti e sindacati) e dopo l'sos lanciato ai cittadini sul sito del governo per capire dove tagliare e per aiutare i professori ad analizzare e trovare le spese inutili, adesso arrivano le perplessità.
A farle presenti è Francesco Pizzetti, presidente dell’Autorità garante per la Privacy, secondo il quale l’iniziativa dell'esecutivo "è comprensibile vista la necessità di fare presto, addirittura lodevole nei suoi intenti", ma "solleva qualche perplessità".
In un'intervista a Repubblica, Pizzetti lamenta il rischio di "possibili criticità rispetto all’informativa sul trattamento dei dati" e rispetto "all’insufficienza delle informazioni fornite".
Inoltre, il garante della Privacy entra nel merito dei moduli attraverso cui inviare le proprie segnalazioni e rivolge indirettamente alcune domande al governo: "Non dicono cosa succede al cittadino che dà informazioni scorrette e nemmeno chiarisce che tipo di informazioni il privato possa fornire in quell’occasione. Le denunce saranno generiche o possono essere fatti i nomi e i cognomi dei funzionari responsabili delle spese eccessive? E che conseguenze avranno le denunce dei cittadini su queste persone?".
Dulcis in fundo, Pizzetti rivela che l'Autorità non era stata informata dell'idea del governo. Un'operazione a sua insaputa insomma. Comunque, alla fine, come si legge sul sito dell'esecutivo, "tutti i cittadini, attraverso il modulo “Esprimi la tua opinione”, hanno la possibilità di dare suggerimenti, segnalare uno spreco, aiutando i tecnici a completare il lavoro di analisi e ricerca delle spese futili". Come, se, quali e quando il governo recepirà queste segnalazioni è un'altra storia.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 03-05-2012 19:43
Tesoriere figlio di madre ignota
di Marcello Veneziani - 03 maggio 2012, 09:00
Ma Lusi e Belsito sono fratellastri per parte di mamma? C’è affetto almeno tra loro, visto che il loro mondo li disconosce?
A sentire ancora adesso i loro capi di partito non si capisce da dove siano spuntati.
Sembra che i Tesorieri crescano nei partiti all’insaputa dei loro leader, una specie di fungo che sorge spontaneo e attacca gli organismi sani, succhiando loro linfa e moneta.
Il Gatto e La Volpe avevano ragione, c’è l’Albero dei Tesorieri,tu pianti i soldi ai loro piedi per farli fruttare, e loro li fanno sparire. O per uscire dalle favole pinocchiose, c’è un Albo,una Gang dei Tesorieri che assegna a ogni partito il suo Amministratore, e lui fa carriera autonoma, gestisce i soldi e non risponde a nessuno. La mamma dei tesorieri sta sempre incinta.
Oppure i capi sono distratti, e solo quando lo dicono i giudici si accorgono che al loro fianco è cresciuto negli anni un mostro che li portava dalla Padania alla brace o dalla Margherita alla Pizza connection. Ma da dove esce questo terùn, dice inorridito Bossi, chi ce lo ha messo questo imbucato, dice attonito Rutelli? I tesorieri sono asteroidi o risalgono dai water?
Ma nella gara del grotesque, séguito del burlesque, i tecnici non sono da meno dei politici. I tecnici chiamati per tagliare vedono i guasti e dicono: qui ci vuole un tecnico. E chiamano James Bondi il Tagliatore e Amato il Roditore. Ma ci volevano i tecnici per chiamare altri tecnici? I tecnici si riproducono per metastasi. Il bello del nostro Paese è che anche quando affonda riesce a essere ridicolo.
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 03-05-2012 20:37
Caro Cher,
mi dispiace, ma sono stanco di tanto sudiciume e del suo essere rilevato con tanta superficialità burlesca.
Non c'è giorno, non c'è ora, che non si ripeti il lamento, specie ora che, in clima elettorale, tutto viene predisposto e riproposto.
La mia opinione resta la stessa e la ripeto in sintesi perchè è probabile che non mi sia fatto capire (per ciò che serva) in passato.
1) Il Governo dei Tecnici era e rimane la sola alternativa al caos ed all'inefficienza politica.
2) Tutto ciò che è stato proposto da detto governo è stato sottoposto all'approvazione dei politici, per cui, le responsabilità, nel bene e nel male, sono di tutti.
3) Non è possiibile razionalmente (e nemmeno irrazionalmente) che un qualsiasi governo risani lo stato di passività e di inerzia del nostro paese in solo poco più di quattro mesi. Tempo al tempo.
4) Un paese, come il nostro, in cui tutti pretendono comandare e fare il bello ed il cattivo tempo, personalmente rimprovero Mario Monti di aver prestato orecchio a questi, dimostrando mancanza di polso ed una flessibilità inopportuna; non è ammissibile che si facciano dichiarazioni pubbliche, come quelle di Grillo su governo e mafia e restarne impuniti , come altri che si allineano a questa moda intimidatoria e volgare della politica corrente.
5) Invece di scovare (lo faccia la Magistratura) chi si è appropriato indebitamente del danaro pubblico, cerchiamo di trovare chi non lo ha fatto pur avendo le "mani in pasta".
Come ultima analisi, quanto viene scritto o detto da commentatori, politici e no, sugli organi di stampa e nelle piazze, è gratuito, scontato e, troppo facile infine, per sublimare il proprio ego e spesso, la propria stupidità.
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 04-05-2012 11:37
Caro Cher,
mi dispiace, ma sono stanco di tanto sudiciume e del suo essere rilevato con tanta superficialità burlesca.
Non c'è giorno, non c'è ora, che non si ripeti il lamento, specie ora che, in clima elettorale, tutto viene predisposto e riproposto.
La mia opinione resta la stessa e la ripeto in sintesi perchè è probabile che non mi sia fatto capire (per ciò che serva) in passato.
1) Il Governo dei Tecnici era e rimane la sola alternativa al caos ed all'inefficienza politica.
2) Tutto ciò che è stato proposto da detto governo è stato sottoposto all'approvazione dei politici, per cui, le responsabilità, nel bene e nel male, sono di tutti.
3) Non è possiibile razionalmente (e nemmeno irrazionalmente) che un qualsiasi governo risani lo stato di passività e di inerzia del nostro paese in solo poco più di quattro mesi. Tempo al tempo.
4) Un paese, come il nostro, in cui tutti pretendono comandare e fare il bello ed il cattivo tempo, personalmente rimprovero Mario Monti di aver prestato orecchio a questi, dimostrando mancanza di polso ed una flessibilità inopportuna; non è ammissibile che si facciano dichiarazioni pubbliche, come quelle di Grillo su governo e mafia e restarne impuniti , come altri che si allineano a questa moda intimidatoria e volgare della politica corrente.
5) Invece di scovare (lo faccia la Magistratura) chi si è appropriato indebitamente del danaro pubblico, cerchiamo di trovare chi non lo ha fatto pur avendo le "mani in pasta".
Come ultima analisi, quanto viene scritto o detto da commentatori, politici e no, sugli organi di stampa e nelle piazze, è gratuito, scontato e, troppo facile infine, per sublimare il proprio ego e spesso, la propria stupidità.
Michele Greco
Caro Michele
come si fa a non darti ragione?
In più di una occasione mi hai chiesto cosa pensavo al posto del mio pensiero postavo il riporto del "giornalista di turno" che scaricha cariolate di "organico" e qualcuno la distrubuisce nel web.
Ho sempre declinato, ma credo oppurtuno dire come la penso, visto che mi hai citato direttamente e immagino che tuo pensiero sia rivolto a tutti, chissà forse soleviamo un piccolo dibattito!
1) In una dittatura democratica nonchè republicana, il parere di un "sudiCIo" conta qualcosa?
Per cui il pensiero è e sarà solo aria al vento?
2)Il mio riporto di pensieri "altrui" è solo voler evidenziare una spia di allarme che segnala un "pericolo" , mi sono astenuto dai morti suicidi, uno al giorno, in pratica una strage, dai rapporti di autorevoli analisti , uno al giorno, di come intervenire con razzionalità e capacità imprenditoriale, uno al giorno!
3)Hanno massacrato in ogni modo e in ogni dove l'ex premier senza riguardo e senza ragione.......per imporre un surrogato di governo che non possiede la legittimità popolare e non può avere le capacità di esperienza "imprenditoriali " per poter mettere mano ad alcuna manovra e tanto meno riforma, in quanto privo di ogni esperienza comprovata sul campo nella risoluzioni di problematichecomplesse!
4)Il "Politico" è pur sempre un lavoro (?) serio e di grande abilità, è il cittadino che manca! Troppi sudditi o "bifochi senza esclusione di professione/sesso/razza" e troppe pecore!
Ora che siamo passati dalla "tosatura" alla "squoiatura" vediamo quante pecore resteranno!
5)Per un imprenditore il successo è temprato dalla capacità di risolvere i problemi, un professore ( con tutto rispetto) ti insegna come teoricamente si fà.....per tutto il resto è irrilevante in quanto non è "responsabile" di come si evolve un problema, in pratica è come voler curare una malattia grave e diffusa affidandosi non ad un medico di comprovata capacità con esperienza ma ad un farmacista...... magari raccomandato e dall'esperienza di soli circoli accademici e burocratici!
Se uno si professa tecnico e non distegna discorsi di chiara matrice politica..... la cosa mi lascia molto perplesso!
Tanto tempo fà un autorevole ingegnere mi disse che i problemi, quelli veri e non le bagatelle, sono uno stimolo all'intelligenza. La loro risoluzione può diventare eccitante se la si affronta nel modo consapevole e con la conoscenza.
Lo sfascio di questa nazione è già a buon punto ed è garantito!
Come dissi ad un amico ( imprenditore ad alto livello con centinaia di dipendenti) qualche giorno fà, quando arriverà la SPLASHDOWN cerchiamo di aver la forza di ricominciare.
Con simpatia
Cher
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 06-05-2012 19:02
-----------NO COMMENT------------
http://blog.ilgiornale.it/filippi/2012/0...nelleuro»/
Il governo Prodi/Ciampi truccò i conti per portarci nell’euro. Lo scrive sull’ultimo numero il settimanale tedesco Der Spiegel, un giornale cui l’Italia non sta simpatica: è quello che mise in copertina la P38 negli Anni di piombo e più recentemente ci ha definito “codardi come Schettino”. Questa volta però non si tratta di una polemica giornalistica, ma di documenti, carte, riscontri con protagonisti della decisione europea che ha rivoluzionato la nostra vita: l’introduzione della moneta comune. Il cancelliere Kohl sapeva che eravamo sull’orlo della bancarotta e non avevamo i requisiti per entrare nell’euro, ma la ragione politica prevalse sul rigore finanziario. Al contrario di oggi. L’Italia è strangolata dalla rigidità di Berlino ed è sempre comunque governata da un tecnico (Monti come Ciampi) garante degli interessi tedeschi.
Riporto qui sotto il lungo resoconto sullo scoop dello Spiegel pubblicato dall’agenzia Agi. A voi il commento. Sottolineo comunque la singolare coincidenza di questo spaccato di storia europea che viene alla luce nel giorno in cui in Germania, Francia e Grecia (e marginalmente anche in Italia) si tengono elezioni decisive per il futuro comune.
CRISI: SPIEGEL, L’ITALIA TRUCCÒ I CONTI PER ENTRARE NELL’EURO = (AGI) – Berlino, 6 mag. – L’Italia non aveva i conti in regola per entrare nell’euro e l’allora cancelliere tedesco Helmut Kohl ne era consapevole, ma per motivi di opportunità politica non si mise di traverso. Lo sostiene lo Spiegel in un articolo di cinque pagine dal titolo «Operazione autoinganno». Il settimanale tedesco ha avuto accesso a centinaia di pagine di documenti del governo Kohl sull’introduzione dell’euro tra il 1994 ed il 1998. Si tratta di rapporti dell’ambasciata tedesca a Roma, di note interne dell’esecutivo e di verbali manoscritti di colloqui avuti dal cancelliere della riunificazione.
«I documenti dimostrano ciò che finora si supponeva: l’Italia non avrebbe mai dovuto essere accolta nell’euro», scrive lo Spiegel, aggiungendo che a decidere sull’ingresso dell’Italia «non furono i criteri economici, ma le considerazioni politiche». «In questo modo», denuncia il settimanale di Amburgo, «si creò il precedente per una decisione sbagliata ancora maggiore presa due anni dopo: l’ingresso nell’euro della Grecia». Per lo Spiegel il governo Kohl non può sostenere di essere stato all’oscuro della reale situazione italiana dell’epoca, poichè «era perfettamente informato sulla situazione di bilancio».
«Molte misure di risparmio erano solo cosmetiche, si basavano su trucchi contabili o vennero subito ritirale non appena venne meno la pressione politica», scrive il settimanale. «Fino al 1997 avanzato, al ministero delle Finanze non credevamo che l’Italia riuscisse a rispettare i criteri di convergenza», ha dichiarato al settimanale Klaus Regling, attuale responsabile del fondo salvastati Efsf ed all’epoca capo dipartimento del ministero delle Finanze tedesco. Il 3 febbraio 1997 lo stesso ministero constatava che a Roma «importanti misure strutturali di risparmio sono venute quasi del tutto meno per garantire il consenso sociale».
Il 22 aprile dello stesso anno in una nota per Kohl era scritto che «non ci sono quasi chance che l’Italia rispetti i criteri». Il 5 giugno il dipartimento di Economia della cancelleria comunicava che le previsioni di crescita dell’Italia apparivano «modeste» ed i progressi nel consolidamento delle finanze pubbliche «sopravvalutati». In preparazione di un vertice con una delegazione governativa italiana del 22 gennaio 1998 l’allora sottosegretario alle Finanze, Juergen Stark, constatava che in Italia «la durevolezza di solide finanze pubbliche non è ancora garantita». A metà marzo 1998 era Horst Koehler, allora presidente dell’Associazione delle Casse di Risparmio tedesche, a scrivere una lettera a Kohl, accompagnata da uno studio dell’Archivio dell’Economia mondiale di Amburgo, in cui era scritto che l’Italia non aveva rispettato le condizioni «per una durevole riduzione del deficit» e che pertanto costituiva «un rischio particolare» per l’euro.
Lo Spiegel scrive che «Kohl rispose picche ai suoi consiglieri di allora», anche perchè, come afferma Joachim Bitterlich, allora consulente di Kohl per la politica estera, al vertice Ue di maggio 1998 «la parola d’ordine politica era: per favore non senza gli italiani». Il settimanale di Amburgo rileva che i documenti visionati «fanno sorgere il sospetto che sul problema Italia il governo Kohl abbia ingannato non solo l’opinione pubblica, ma anche il Bundesverfassungsgericht (la Corte Costituzionale di Karlsruhe, ndr)». Secondo lo storico Hans Woller, al momento di entrare nell’euro l’Italia era «sull’orlo della bancarotta finanziaria», mentre dai documenti visionati dallo ’Spiegel’ risulta che nel corso del 1997 l’Italia propose per due volte di rinviare la partenza dell’euro, ma la Germania rifiutò.
Bitterlich spiega che questa data era diventata «un tabù» e che tutte le speranze tedesche erano riposte in Carlo Azeglio Ciampi, allora ministro del Tesoro nel governo Prodi. «Per tutti era come un garante dell’Italia, lui ce l’avrebbe fatta!», spiega Bitterlich, ma lo Spiegel scrive che «alla fine con una combinazione di trucchi e di circostanze fortunate gli italiani riuscirono sul piano formale a rispettare i criteri di Maastricht. Il Paese trasse vantaggio da tassi di interesse storicamente bassi, inoltre Ciampi si dimostrò un creativo giocoliere finanziario». Il settimanale cita in proposito l’introduzione della «tassa per l’Europa», la vendita delle riserve auree alla banca centrale e le tasse sugli utili, con il risultato che «il deficit di bilancio scese in misura corrispondente, anche se gli esperti statistici dell’Ue in seguito non accettarono questi trucchi». Ai primi del 1998 rappresentanti del governo olandese chiesero a Kohl un «colloquio confidenziale» alla Cancelleria, durante il quale chiesero di fare maggiori pressioni su Roma, poichè «senza ulteriori misure dell’Italia a conferma del durevole consolidamento, un ingresso dell’Italia nell’euro non è accettabile». Kohl respinse la proposta olandese, anche perchè il governo francese gli aveva fatto sapere che senza l’ingresso nell’euro dell’Italia, neanche la Francia sarebbe entrata, con il risultato che, come scrive lo ’Spiegel’, «i tedeschi erano in una posizione di trattativa debole». La conclusione del lungo articolo è che riguardo all’Italia «molti sapevano che i numeri erano truccati e che un’autentica riduzione del debito era fuori discussione. Nessuno però osò trarne le conseguenze e Kohl si fidò delle melodiose dichiarazioni di Ciampi, che assicurava un ’cammino virtuosò, con il governo di Roma che prevedeva al più tardi per il 2010 la riduzione al 60% del debito pubblico. È andata diversamente».
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 08-05-2012 17:18
Mi preme, ancor prima di dar risposte a quanto sopra sia stato scritto, rilevare una ridicola e miserevole riflessione di Peppe Grillo, rivolta al nostro Presidente della Repubblica, riportata da Affari Italiani.it: "Napolitano il prossimo anno ti riposerai".
A parte che meriti realmente riposarsi, è irrilevante, anche se da me rilevata, una tale considerazione che non poteva esser fatta se non da un pulpito ignorante e volgare.
Sempre su Affari Italiani.it sono riportati commenti in merito che, a mia volta, sottolineo con un ulteriore commento:
Io posso solo dire che oggi mi vergogno d'essere italiano.
Il rispetto che è doveroso avere nei riguardi del Presidente della Repubblica non fà parte nè dell'educazione, nè del senso morale e civico, tantomeno del "comprensorio" del nostro paese. Qualcuno si è permesso di dare della mummia a Giorgio Napolitano senza alcun rispetto, non dico per la carica che riveste che lo meriterebbe, ma, almeno per l'età che lo esige. Si vergogni e riservasse certi "apostrofi" ai suoi familiari. Il nostro è un popolo civile? Parlare di Beppe Grillo è "aria fritta"; dopo le considerazioni che ho fatto dei miei conterranei, non potrei aspettarmi nulla di diverso: Grillo si adegua all'ignoranza, alla volgarità ed alla inciviltà di quella parte del popolo che, per quanto stanca dell'insana governabilità del paese, dimostra la propria incapacità di coerenza, senso civico, educazione e serietà.
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 08-05-2012 18:09
Più che una risposta, la mia è una continuità del precedente scritto.
Ritengo, parlando un po' egoisticamente di me, che nella mia vita sociale, dove ho lavorato sempre duro, abbia avuto un ruolo forse insignificante ma sicuramente serio e rispettoso; ciò non toglie che ho fatto tanti errori ed ho avuto molti ripensamenti.
Ho viaggiato molto, direi troppo, un po' per lavoro, un po' per appagare il mio spirito di vagabondo curioso e, vi assicuro, che in più di una circostanza, mi son visto "additare" come italiano, ma non me ne sono vergognato.
Oggi, non all'estero, ma a casa mia, "intra moenia", provo un senso di disagio per questa italianità che ho difesa in tante circostanze, sia scrivendo, sia durante le mie lezioni e conferenze.
Ritengo, come ultima analisi, che la mia "inutilità" non potrà mai essere paragonata alla dannosità di Peppe Grillo; ridicolo più che comico, strillone più che conferenziere, ineducato, volgare ed aggressivo, più che umano.
Il suo "Albergo a 5 stelle", di lusso ovviamente, è riuscito a riempirlo gratuitamente, affollandolo di quanti, non pensanti, la "pensino" come lui!
Avrebbe avuto rispetto da me se fosse stato meno strillone, meno volgare, meno offensivo, meno egocentrico e meno virtuale, anche se per molti appare realistico e ragionevole.
E' troppo facile oggi, nella situazione in cui siamo, che si faccia spazio un Beppe Grillo o Peppe che sia.
La nostra avventura politica, disonesta e strafottente, è stata la madre che ha generato, non uno, ma molteplici Peppe Grillo, figli della ignoranza, legati ancora e per sempre dal cordone ombelicale ai coloratissimi palloncini, resi liberi in una Luna Park, che è il nostro bel paese.
Mi chiedo, infine, cosa significa dignità?!?
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 09-05-2012 14:28
Ripropongo un mio commento di marzo scorso rivolto all'articolista de' Il Giornale, Marcello Foa.
"L'Italia, nel senso che Marcello Foa vuole attribuirle, non c'è mai stata se non nell'apparenza.
L'Italia è lo straordinario paese in cui, i ricchi camminano con vecchie utilitarie ed i poveri con appariscenti berline di lusso. Un continuo inganno che fà il suo forte nel far apparire diverso ciò che è obiettivamente reale. L'illusione d'una trascorsa Italia ricca è oggi palese, meno appannata e più "psicologicamente" insopportabile.
Intanto io sono contento che il nostro Presidente non sia un economista perchè è proprio questo "mestiere" il primo responsabile di certe forme illusorie del benessere.
L'Italia dovrebbe recuperare la sua indole e la sua identità che sono quelle di un popolo di agricoltori, pastori, pescatori e inventori; quest'ultimi hanno il compito ed il dovere di reinventare la nostra penisola. I giocolieri della politica hanno per troppo tempo tirato fuori dal magico cappello, ora il coniglio, ora la bandiera tricolore.
Certo che, questa altalenante concordia e discordia delle parti sociali e dei politici di turno, non potrà mai aiutare un paese che dall'annosa precarietà vuole passare al benessere, alla giustizia ed alla onestà, senza confessioni e sacrifici.
Michele Greco "
Rileggendo e meditando sugli attuali risultati delle elezioni amministrative, ampiamente commentati dalle parti interessate e dalle non, ritroviamo il "mago Merlino" col suo cilindro e cinque stelle, conquistare il terzo posto in una corsa ad un potere privo di potere e di governabilità.
Ciò nonostante, considerando anche come certe geografie politiche rimettano in discussione l'assetto "unitario" dell'Europa, e vedi la Grecia, la Francia e la Germania, i partiti, ancora oggi di maggioranza, pur facendo un passo indietro, danno ancora la loro disponibilità a "collaborare" col governo tecnico di Mario Monti.
Il PDL, gravemente penalizzato, tentenna, si agita, recusa "l'assise " recente con le altre forze che componevano un "comune" dialogo tridimensionale. Intanto l'ombra dell'ingovernabilità si estende minacciosa dal nord al sud della nostra penisola. La Grecia non è sola!--------------------------------------------------------------------------------
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 09-05-2012 16:06
di Vittorio Feltri - 09 maggio 2012, 15:42
Caro presidente Berlusconi, mi scusi per questa incursione nei suoi affari di partito, ma sento che è dovere del-Giornale farle notare quali siano gli umori dei lettori, in particolare, e, in generale, dei cittadini vicini al Pdl.
Umori che, tra l’altro, emergono nettamente dagli ultimi risultati elettorali. È vero: è stata una consultazione che ha coinvolto poco più di 9 milioni di italiani, un campione significativo, ma non sufficiente per capire dove andrà il Paese. È altresì vero che la scelta dei sindaci non comporta necessariamente un’adesione politica: sul piano locale, talvolta pesa di più la reputazione dei candidati che non il loro partito. Ma c’è un ma. In questa congiuntura tira aria cattiva.
Trionfa l’antipolitica,che è poi generica protesta verso un sistema (anche istituzionale) inadeguato e obsoleto, e verso partiti traviati dalla corruzione e dall’inefficienza. In più, abbiamo un governo tecnico che ha tradito la fiducia, inizialmente eccessiva, del Parlamento e del popolo, cui non mancava certo la speranza di veder risolti i problemi causati dalla crisi economica: la disoccupazione, la cosiddetta stagnazione (ora la recessione), i ritardi dello Stato nell’onorare i propri debiti, le angherie di un fisco cattivo con i buoni contribuenti e indulgente con gli elusori e gli evasori, eccetera.
Per andare giù piatti, il voto, dato il clima, è stato fortemente influenzato dalla politica dell’esecutivo; e le vicende locali sono passate in secondo piano, anche perché le casse municipali piangono ancora di più di quelle statali. Chi è andato al seggio non ha pensato al campanile, bensì a quanto avviene nelle stanze romane del potere. E ha approfittato della circostanza per manifestare un profondo dissenso nei confronti di Mario Monti, accusato, specialmente dagli elettori del Pdl, di aver promesso molto e di aver realizzato poco, e quel poco a danno degli italiani: tasse a iosa in ogni campo, perfino sulla casa, di norma acquistata con denaro già ipertassato alla fonte e spesso gravata da mutui con rate cospicue che falcidiano gli stipendi, quindi di fatto di proprietà della banca per effetto dell’ipoteca.
I tecnici hanno fatto del loro meglio per comprimere i consumi, costringere imprese piccole e medie a chiudere i battenti, aumentare la disoccupazione e indurre al suicidio gli imprenditori più deboli, massacrati da un fisco crudele e sordo a ogni appello alla clemenza. Non bastasse, è diffusa la sensazione di vivere in uno stato di polizia, dove le intercettazioni telefoniche costituiscono un fenomeno unico al mondo (per quantità e continuità nel tempo), dove l’Agenzia delle entrate trasforma in show ogni controllo. C’è dell’altro. Il governo, mentre si è accanito col bastone delle imposte sul groppone dei connazionali, ha bellamente trascurato di tagliare la spesa pubblica. Nessun risparmio, se si esclude quello introdotto dall’innalzamento dell’età pensionabile.
Per il resto la spending review è stata una bufala. I ministri ne hanno discusso fino alla nausea, ma non hanno combinato un accidente. Totalmente incapaci, tant’è che,da tecnici privi di tecnica, hanno assoldato altri tecnici per individuare i rami secchi da recidere. Comicità involontaria. Sarebbe bastato leggere i libri di Mario Giordano e quelli di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo per farsi un’idea degli sprechi da eliminare. Zero. I professori geniali si sono ridotti a chiedere ai cittadini qualche consiglio, attraverso il sito web di Palazzo Chigi, circa le voci su cui intervenire con le cesoie. Però, che professori.
Perdoni l’ardire, presidente. Ma lei, con il suo partito, appoggia un governo così sgangherato e pressappochista senza immaginare di far girare le scatole agli elettori che le sono fedeli? Mi sembra strano che sia tanto ingenuo.
La gente di centrodestra detesta tutto ciò che hanno fatto, e non fatto, bocconiani e «complici». Guardi l’articolo 18. L’hanno menata mesi e mesi con l’abolizione di questo obbrobrio. Poi Giorgio Napolitano ha starnutito e l’hanno accantonato terrorizzati. Non ricordo quanti decreti il capo dello Stato abbia firmato per approvare in fretta provvedimenti montiani, ma quando si è trattato di far passare la riforma del lavoro, alt! Nessun decreto. Si discuta la legge in Parlamento.
Come dire: ciò che dispiace alla sinistra non s’ha da fare. E non si farà. Davanti a questo spettacolo, gli aficionados del Pdl sono inorriditi, e alla prima occasione, domenica e lunedì scorsi, molti di essi si sono prodotti nel gesto dell’ombrello.Scheda bianca o voto di protesta. Molti altri non si sono nemmeno presi la briga di recarsi alle urne: astensionisti.
L’atteggiamento dei suoi ex elettori, se lei non muterà indirizzo, se non abbandonerà al suo destino infausto l’esecutivo dei docenti e dei bidelli,sarà ancora più severo col Pdl il prossimo anno, quando si tornerà alle urne per rinnovare il Parlamento. Mi consenta - per usare un verbo a lei caro- un suggerimento: dimentichi la mossa dorotea dell’appoggio esterno; esca dalla maggioranza, e così sia. In questo modo riconquisterà quelli che, disgustati dalle manfrine montiane, le hanno voltato le spalle.
Tenga conto, per concludere, che il premier è implicato nelle politiche europee di cui, anzi, è interprete e difensore. Politiche che fanno il gioco della Germania e penalizzano noi. Politiche superate, esiziali. La Ue è una struttura burocratica, i Paesi membri sono diseguali, non hanno un comune denominatore, parlano lingue diverse, hanno economie diverse, culture diverse. Però la loro moneta è unica. Una forzatura.
Sono i popoli che esprimono una moneta e non viceversa. La Grecia rifiuterà l’euro, la Francia non lo ha in simpatia, l’Olanda rimpiange il fiorino, la Spagna e il Portogallo sono perplessi. E noi che facciamo? Ci lasciamo infinocchiare dai burosauri e dai banchieri che tutelano gli interessi di tutti tranne i nostri?
Presidente, saluti la maggioranza scellerata. Vada all’opposizione. Gli esattori delle tasse si arrangino. Cadono? Amen. Gli elettori del centrodestra non hanno cambiato maglietta, l’hanno gettata,pronti a riprendersela se lei sarà all’altezza delle loro attese.
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 09-05-2012 17:43
I consigli di Vittorio Feltri e la propria analisi dell'attuale condizione economica del paese "degenerata e generata", pare a sentir lui, dalla "incapacità" del governo Monti e dei suoi tecnici di prima e seconda nomina, sarebbero apparsi "privi di vizi e di -costrizioni opportunistiche-" qualora fossero stati posti al Cavaliere in forma confidenziale; ma come avremmo potuto noi apprendere tanto zelo ed "amor di partito"?
Ma Feltri pubblica apertamente il tutto, facendo, probabilmente, correggere la bozza direttamente dal destinatario.
Ciò non è grave, il gioco vale la candela!
Ciò che appare più grave sono i contenuti del consiglio e dell'analisi che non riguardano soltanto e direttamente il Cavaliere, ma tutti gli "affiliati" di partito che, a mio avviso, in molti hanno preso da tempo le distanze per motivi altrettanto se non più gravi di quelli odierni.
Vittorio Feltri forse non si rende conto ancora del cattivo governo passato, la cui "pezza", è toccato a Monti cucirla, purtroppo sulla nostra pelle, per evitare ciò che, timore fondato, potrebbe d'irreparabile ancora accadere.
Il periodo ipotetico che segue riflette una possibilità concreta e attesa:
se Mario Monti, avrà, la forza e la libertà di intervenire sul sistema bancario, sulla patrimoniale, con più incisività sull'evasione ed, infine, sul mondo politico e la gestione della spesa pubblica, non ci saranno opposizioni che reggano per una rinascita ed una riaffermazione del mondo del lavoro e della sua produttività.
Ho scoperto forse l'uovo di colombo?
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 10-05-2012 18:08
A Palermo e Catanzaro scrutinio ancora incompleto dopo tre giorni dalle urne
Domenico Ferrara - 10 maggio 2012, 16:01
Palermo e Catanzaro vanno a braccetto. I due capoluoghi sono in clamoroso ritardo nello scrutinio delle schede elettorali dopo le elezioni amministrative.
I risultati definitivi arriveranno (forse) solo in serata.
A Palermo regna il caos. La Regione in un primo momento aveva confermato l'applicazione di una viziata interpretazione della legge elettorale, cosa che aveva portato a una discrepanza con i dati del Comune sul calcolo delle percentuali di voto da attribuire ai candidati a sindaco e alle liste per il consiglio. Poco dopo la Regione ha smentito tutto. Anche se le divergenze si sono verificate lo stesso.
"I comuni dove si è andati al voto e che hanno seguito le indicazioni comunicate ieri dall’assessorato alla Funzione pubblica, non faranno alcun riconteggio, laddove è stato seguito un criterio diverso è invece necessario ricalcolare i voti. Entro stasera, comunque, avremo i dati", ha rassicurato l’assessore alle Autonomie locali della Regione siciliana, Caterina Chinnici.
Quello che è certo è che a Palermo lo spoglio non è ancora concluso. Tre giorni dopo la chiusura delle urne, non c’è un ancora un dato definitivo sulla competizione. La sezione 271, allestita nella scuola elementare Basile di Largo Corleone, sembra una roccaforte inespugnabile. Resta solo quella.
La partita è ancora aperta sul fronte delle liste. Partiti e candidati consiglieri sono col fiato sospeso e c'è chi ha annunciato ricorso (come i grillini, l'Mpa, Api) e chi ha proposto il riconteggio dei voti.
Tra le altre cose, adesso tutte le schede sono state portate alla caserma Bichelli di San Lorenzo per le verifiche del caso. E secondo alcune indiscrezioni, pare si sia verificato anche un problema organizzativo legato alla sostituzione di numerosi presidenti di seggio (si parla di circa 150) alla vigilia della tornata elettorale, che non avrebbe consentito la necessaria istruzione di questi ultimi in vista dello scrutinio. Insomma, l'incompetenza e la scarsa informazione ha regnato.
A Catanzaro la situazione non è poi così diversa. Anche qui, l’esito del riconteggio delle schede, almeno per quanto riguarda la sezione 85, arriverà solo in serata. A distanza di quasi 72 ore dalla chiusura delle urne, la città resta nell’incertezza di ciò che potrebbe accadere. Su questa situazione che definire anomala è poco, la politica locale e nazionale si sta dando battaglia. Il Pd (insieme con l'Udc), che ha schierato come candidato a sindaco il giovane Salvatore Scalzo, ha chiesto l'annullamento del voto e ha presentato un esposto al ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri.
Nel testo si parla di "molteplici irregolarità" soprattutto nella sezione 85 del Comune di Catanzaro doce al momento risultano 3 schede votate e non vidimate, 2 schede votate in più rispetto agli elettori registrati e la presenza di schede stranamente deteriorate. Nell’esposto si parla, inoltre, di "numerosi elettori che denunziano la mancata assegnazione di voti ai candidati per i quali hanno espresso preferenze; moltissimi rappresentanti di lista e scrutatori dichiarano che gli uffici elettorali delle sezioni hanno assegnato voti riportati in schede radicalmente nulle e al contempo hanno qualificato come nulle schede perfettamente valide".
Il centrodestra vuole invece che venga proclamato sindaco l’imprenditore Sergio Abramo, che per una manciata di voti dovrebbe aver superato il 50%. La procura ha aperto una inchiesta su segnalazione della Digos.
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 12-05-2012 11:35
Prepariamoci alla
GUERRA DI SECESSIONE D'EUROPA
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 13-05-2012 10:17
Prepariamoci alla
GUERRA DI SECESSIONE D'EUROPA
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 13-05-2012 12:44
Purtroppo l'ignoranza ci porta a confondere la terminologia della lingua, per cui non son sicuro che gli italiani distinguino il dare dal prendere, la secessione dalla recessione e l'elezione dall'erezione.
Se fossi sicuro di una chiara comprensione, voterei per il fiabesco realismo arabo ed il suo Alì, senza rischiare di rendere dannosi potenti anche gli impotenti.
Se continuiamo così, vedrai che l'uno vale l'altro e che non vi potranno più essere ladroni al governo perchè non ci sarà più nulla da rubare.
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 13-05-2012 13:13
Purtroppo l'ignoranza ci porta a confondere la terminologia della lingua, per cui non son sicuro che gli italiani distinguino il dare dal prendere, la secessione dalla recessione e l'elezione dall'erezione.
Se fossi sicuro di una chiara comprensione, voterei per il fiabesco realismo arabo ed il suo Alì, senza rischiare di rendere dannosi potenti anche gli impotenti.
Se continuiamo così, vedrai che l'uno vale l'altro e che non vi potranno più essere ladroni al governo perchè non ci sarà più nulla da rubare.
Michele Greco
Non per polemizzare, ormai l'unica reazione del cittadino "bifolco&ignorante" è su questa linea, poi c'è la linea del cittadino " erudito&saccente" ma è meglio che non posti nulla................ restiamo in attesa del "tonfo"
Cmq questa è l'aria che tira:
Il governo pronto a schierare l'esercito
Il ministro dell'Interno Cancellieri: potenziare le indagini sul fronte eversivo e militari a protezione di obiettivi sensibili.
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 13-05-2012 13:35
Non per polemizzare, ormai l'unica reazione del cittadino "bifolco&ignorante" è su questa linea, poi c'è la linea del cittadino " erudito&saccente" ma è meglio che non posti nulla................ restiamo in attesa del "tonfo"
Una mia precisazione, del tutto personale ed opinabile, distingue il tuo primo cittadino, "bifolco e ignorante" dal secondo "erudito e saccente".
Il primo fa parte della città, della sua tradizione, cultura e folclore, il secondo invece ci vive e basta, come se la città gli appartenesse per riflesso o solo per domicilio anagrafico.
E', tra l'altro, evidente che il primo "esegue" ciò che il secondo "comanda"; l'uno costretto, l'altro costrittore. Il primo "non sa", il secondo "sa"!
Forse questa mia discutibile logica appartiene alla legge degli equilibri che è poi la legge dei più forti, resta di fatto, che l'acqua del fiume scorre sempre tra due rive opposte, uguali e parallele, anche se.... su una, vi è discarica e sudiciume, mentre, sull'altra troppo spesso sorgono ville e benessere.
Tu, per esempio, su quale riva ti trovi?
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 13-05-2012 13:48
Una mia precisazione, del tutto personale ed opinabile, distingue il tuo primo cittadino, "bifolco e ignorante" dal secondo "erudito e saccente".
Il primo fa parte della città, della sua tradizione, cultura e folclore, il secondo invece ci vive e basta, come se la città gli appartenesse per riflesso o solo per domicilio anagrafico.
E', tra l'altro, evidente che il primo "esegue" ciò che il secondo "comanda"; l'uno costretto, l'altro costrittore. Il primo "non sa", il secondo "sa"!
Forse questa mia discutibile logica appartiene alla legge degli equilibri che è poi la legge dei più forti, resta di fatto, che l'acqua del fiume scorre sempre tra due rive opposte, uguali e parallele, anche se.... su una, vi è discarica e sudiciume, mentre, sull'altra troppo spesso sorgono ville e benessere.
Tu, per esempio, su quale riva ti trovi?
Michele Greco
Io vivo nel mezzo del fiume, su una piccola isola fatta di detriti , oltre allo sguardo sulle "tue" opposte rive esiste una attenta visione nella direzione della "corrente" sia a monte che a valle.
I miei ossequi
Cher
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 13-05-2012 14:01
Beato te che vivi sull'Isola Tiberina!
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 14-05-2012 09:51
http://noisefromamerika.org/articolo/fer...no-benzina
"Fermati, o sole!" Il governo e la benzina
11 maggio 2012 • carlo stagnaro
Qualche giorno fa il governo ha chiesto ai petrolieri di ridurre di 4-5 centesimi il prezzo della benzina. Il prezzo è giusto?
Il sottosegretario allo Sviluppo economico, Claudio De Vincenti, è sceso in campo per chiedere alle compagnie petrolifere di ridurre i prezzi dei carburanti: "Il governo si aspetta da oggi stesso una riduzione dei prezzi del carburante di almeno 4-5 centesimi al litro, oltre alla riduzione di 2 centesimi già avvenuta". L'obiettivo di questo post è spiegare (a) che questo invito da parte del governo e' quantomeno inappropriato; (b) che anche senza inviti del genere il governo ha tutti gli strumenti per far calare, più o meno rapidamente, il prezzo del pieno; © che quello che il governo sarebbe intenzionato a fare è, diciamo cosi', una cazzata.
De Vincenti è uno studioso serio e preparato e conosce benissimo tutte le cose che sto per dire. Eppure il governo, intimando ai petrolieri di tagliare i listini, è andato ben al di là delle sue funzioni. Infatti, l'esecutivo non ha alcun potere nella determinazione dei prezzi dei carburanti: i prezzi sono liberi di fluttuare dal 1994. Dunque non si capisce a che titolo il ministero dello Sviluppo economico possa chiedere a un settore di ridurre i prezzi dei propri prodotti, in termini medi, di una certa quantità. Non succede per le scarpe, non succede per il pane, non succede per le camere di albergo, non dovrebbe neppure succedere per la benzina. Al massimo si potrebbe sostenere che il governo, in qualità di azionista di riferimento del market leader, cioè l'Eni con poco meno di un terzo del mercato, potrebbe fare pressioni su di esso. Tale mossa, però, implica un'intrusione pesante nella politica aziendale e, di conseguenza, un calo della credibilità del titolo. In quel caso, infatti, l'obiettivo implicito del management non sarebbe più quello di massimizzare gli utili ma quello di massimizzare gli utili sotto il vincolo di massimizzare la popolarità di uno degli azionisti. Non sarebbe la prima volta, d'altronde, che l'intreccio tra controllante e controllato spinge ora l'azienda ad agire nell'interesse della politica, ora la politica nell'interesse del monopolio (su quest'ultimo punto, però, il governo Monti si è riscattato, almeno in parte). Ma è un altro discorso.
Assodato che il governo non dovrebbe intervenire sul tema, si può obiettare: e allora chi deve farlo? Per rispondere bisogna capire da quali variabili dipenda l'andamento dei prezzi (medi) dei carburanti. Le componenti sono tre: la fiscalità, il "costo della materia prima" (che si scambia sui mercati internazionali ed è stimato attraverso l'indice Platts Cif Med, che incorpora tra l'altro i margini di raffinazione), e il "margine lordo", che serve a remunerare tutti i costi di stoccaggio, logistica, distribuzione primaria e secondaria, oltre naturalmente al profitto delle compagnie e dei gestori degli impianti.
Se i prezzi della benzina e del gasolio appaiono "troppo alti", ciò può dipendere logicamente da ciascuna di queste componenti. In ordine di importanza, la più rilevante sono le tasse, la seconda il costo della materia prima, e infine il margine lordo. Per comodità ragionerò solo sui prezzi della benzina, ma - almeno qualitativamente - lo stesso discorso vale per il gasolio (nei grafici comunque riporterò anche i dati su diesel). Mercoledì 9 maggio 2012 il prezzo medio della benzina, in modalità "servito", andava da 1,899 euro/litro a 1,905 euro/litro a seconda delle compagnie. Prendiamo, per fare cifra tonda, un prezzo di 1,900 euro/litro. La composizione del prezzo è la seguente:
Figura 1. Composizione del prezzo alla pompa (9 maggio 2012). Fonte: elaborazione su dati Quotidiano Energia.
La fiscalità pesa per il 54% sul prezzo della benzina, ed è andata aumentando progressivamente (il decreto Salva Italia, per esempio, contiene un aumento secco di 8 centesimi circa sulla benzina, mentre l'Iva è cresciuta dal 20% al 21% e presumibilmente salirà al 23% nei prossimi mesi, più gli eventuali incrementi per finanziare la Protezione civile, più le addizionali regionali). Il primo e più ovvio strumento che l'esecutivo ha per intervenire sul prezzo, allora, è tagliare le tasse. Si dice, tuttavia, che non si può (o non si vuole). Ce ne facciamo una ragione, ma alla luce di questo suona un poco ipocrita la preoccupazione per il livello dei prezzi. Transeat.
Veniamo così al secondo componente, in ordine di importanza: la materia prima. Qui il discorso è abbastanza complicato, ma basta ricordare due elementi. Primo: ammesso e non concesso che il modo in cui essa viene valorizzata sia scorretto, il problema ha dimensione (almeno) europea e difficilmente potrà essere risolto facendo la voce grossa a livello italiano. L'Antitrust ha avviato un'indagine conoscitiva sul funzionamento del Platts ma temo di essere facile profeta nel dire che essa non porterà a nulla. Comunque, ne attendiamo fiduciosi i risultati. Secondo, forse è vero che c'è stato un tempo in cui le raffinerie erano vacche da soldi: quei tempi, però, sono ormai finiti e sarebbe l'ora di prenderne atto (qui il quadro europeo, qui la situazione italiana, qui un mio intervento di qualche tempo fa).
Può darsi che, quando il sottosegretario invoca riduzioni per ulteriori 4-5 centesimi, abbia in mente questo: poiché nell'ultimo mese il barile è calato grossomodo del 10%, la parte del prezzo industriale riconducibile alla materia prima (attorno ai 67 centesimi) dovrebbe calare in proporzione. Due centesimi le compagnie li hanno già rimossi negli ultimi giorni. Restano, appunto, quei 4-5 centesimi per arrivare al totale di 6-7, pari al 10% di 67. Ma questo è un ragionamento del tutto teorico: le nostre automobili non digeriscono petrolio, ma prodotti raffinati - benzina o diesel, appunto - che, seppure fortemente influenzati dal costo del greggio, seguono logiche proprie (per esempio, il mercato europeo è strutturalmente corto di gasolio, che importa, lungo di benzina, che esporta con crescente difficoltà, e lunghissimo di olio combustibile, un altro prodotto ineliminabile della raffinazione di cui ormai non sappiamo quasi che farcene). Questo suggerisce che il riferimento a cui guardare non sia il Brent o il Wti, ma il Platts o, se preferite, i prezzi dei prodotti raffinati nei paesi a noi comparabili, al netto della fiscalità. Ci arriviamo tra un attimo.
Non resta, infatti, che il margine lordo - cioè, vuoto per pieno, il 10% di quanto paghiamo. E' lì che bisogna mettere le mani? Forse sì, ma con una consapevolezza: se anche lo azzerassimo (se cioè benzinai, operai dei depositi e quadri e dirigenti delle compagnie lavorassero gratis) potremmo ridurre i prezzi di benzina e gasolio grossomodo nella stessa misura in cui la fiscalità, tra accise e Iva, è cresciuta tra il primo gennaio 2011 e oggi. Probabilmente un po' meno.
Supponiamo, comunque, che il margine lordo sia "troppo alto" (lo è, in effetti). Da cosa dipende e in che modo il governo può muoversi?
Una prima, possibile risposta è che le compagnie mantengano un margine eccessivo attraverso comportamenti collusivi. Sul tema l'Antitrust si è ampiamente esercitata (qui l'istruttoria del 1999, poi annullata dal Consiglio di Stato, e qui quella del 2007, conclusasi col "ravvedimento operoso" delle compagnie e tuttavia costruita su argomentazioni molto deboli). Se il governo sospetta che i petrolieri colludano, o ha informazioni che ritiene lo dimostrino, non deve alzare la voce: deve alzare il telefono e fare una segnalazione all'Autorità Garante della concorrenza e del mercato, la quale valuterà le evidenze e prenderà una decisione.
Al netto della collusione, comunque, resta il fatto che i prezzi italiani (al netto delle imposte) sono mediamente superiori a quelli europei di 3-5 centesimi. Lo dimostrano i dati messi a disposizione dalla stessa Unione petrolifera (che peraltro evidenziano, nell'ultimo anno, un trend moderatissimamente discendente del differenziale) e riportati nella figura qui sotto.
Figura 2. Andamento del differenziale medio tra il prezzo italiano di benzina e diesel e il prezzo medio nell'eurozona al netto delle imposte. Fonte: Unione petrolifera.
Il quadro della situazione non sarebbe però completo se non si precisasse che le compagnie, lungo tutta la filiera, sono maggiormente in sofferenza proprio ora che sono accusate di praticare la famigerata "doppia velocità" (prezzi rapidi a salire, lenti a scendere). L'analisi condotta da Gabriele Masini e Gionata Picchio per la Staffetta Quotidiana (qui il testo integrale, ad accesso ristretto) mostra che "nei primi tre mesi del 2012, quando i prezzi dei carburanti (della benzina in particolare) hanno raggiunto i massimi storici, i guadagni della filiera (compagnie, gestori, trasportatori) hanno toccato livelli bassissimi, ben al di sotto della media degli ultimi dodici mesi". Perché? Ancora Masini e Picchio: "L'aumento delle accise deciso in dicembre dal governo con la manovra 'Salva Italia', unito all'introduzione delle addizionali regionali dal primo gennaio 2012, ha provocato, nei mesi tra dicembre e marzo, un vero e proprio crollo dei consumi. Crollo che le compagnie hanno dovuto affrontare evitando di trasferire interamente gli aumenti dei prezzi internazionali dei prodotti raffinati sui prezzi alla pompa. Sembra dunque emergere il timore, da parte delle compagnie, che se i prezzi alla pompa fossero aumentati parallelamente a quelli internazionali (e se dunque i margini fossero rimasti costanti), l'effetto combinato dei rialzi e dell'aumento della pressione fiscale avrebbe compresso ancora di più i consumi". In altre parole, per difendere i volumi compagnie e gestori hanno preferito sacrificare i margini: esattamente il contrario di quello che sembra di capire dal dibattito pubblico e, soprattutto, di quello che pare essere il retropensiero dell'esecutivo nella sua "moral suasion" verso i petrolieri.
Occorre quindi trovare altre spiegazioni. Una possibilità non troppo remota sono quegli ostacoli alla concorrenza che non dipendono dai comportamenti dei concorrenti ma dall'organizzazione del mercato. Su questo tema è stato scritto di tutto e chiunque si occupi della materia sa perfettamente dove sta il problema: nel sovradimensionamento della rete distributiva e nel fatto che solo in Italia negli impianti si compra solo benzina e non anche caffé, brioche, giornali e quant'altro (il recente decreto liberalizzazioni però l'ha permesso, vediamo cosa succede). Inoltre, oggi esiste praticamente un solo schema contrattuale che lega le compagnie ai gestori degli impianti - il comodato d'uso - che rende la struttura dei costi di (quasi) tutti i concorrenti molto simile e soprattutto reciprocamente nota. In questo senso ha perfettamente ragione il direttore energia dell'Agcm, Alessandro Noce, quando, intervistato dalla Staffetta Quotidiana, caldeggia "l'opportunità di procedere ad una piena liberalizzazione delle forme contrattuali eliminando il vincolo della tipizzazione tramite accordi" (per leggere l'intervista è necessario essere abbonati). In questo caso il decreto liberalizzazioni spinge proprio nella direzione opposta.
Ma non è solo l'organizzazione dei rapporti gestore-compagnia a influire sulla concorrenza. E' ancora più pesante la rigidità nelle dinamiche di apertura e chiusura degli impianti. Come si vede nella Tabella qui sotto, nel nostro paese si trova un numero di distributori quasi doppio rispetto alla Francia e grossomodo uguale alla somma tra Germania e Gran Bretagna, con un erogato medio per punto vendita tra la metà e un terzo di questi paesi. In più, la diffusione del self è assai contenuta e soprattutto i prodotti "non oil" sono marginali, sicché i benzinai italiani devono derivare l'intero loro reddito dal margine che riescono a fare sui carburanti, mentre i loro omologhi europei possono "spalmare" margini unitari inferiori su una platea di prodotti più ampia. Bisogna ricordare, per onestà, che negli anni Novanta la rete aveva già subito un ridimensionamento - passando da 28 a 24 mila impianti tra il 1995 e il 2000 - ma poi tale fenomeno sembra essersi arrestato e, anzi, invertito. Contemporaneamente, la riduzione della densità della rete aveva inizialmente spinto verso l'alto l'erogato medio (cresciuto da 1205 m3 di carburante nel 1995 a 1621 m3 dieci anni dopo) ma poi il trend si è nuovamente invertito a causa del contemporaneo calo strutturale della domanda dovuto alla crescente efficienza media del parco veicoli e, oggi, alla recessione.
Lo stop all'adeguamento della rete è dovuto anche, forse soprattutto, a barriere normative implicite. La enorme difficoltà di aprire nuovi e più efficienti stazioni di rifornimento - per esempio presso i supermercati - impedisce un aggiustamento della rete relativamente rapido. Ciò implica una "tassa" stimabile in 4-5 centesimi medi al litro: emerge da un lavoro che abbiamo fatto con Stefano Verde seguendo le pompe inaugurate nei supermercati Conad, ed è confermato dal survey condotto da Pöyry per la Commissione europea. Qui bisogna dire che qualcosa il governo ha fatto (per esempio l'eliminazione del divieto a vendere tabacchi e la possibilità di ricorrere al self service 24 ore su 24, ma solo - ohibò! - nelle aree extraurbane). Tuttavia, il problema sta soprattutto nelle leggi regionali, come l'Antitrust ha evidenziato un'infinità di volte, per esempio nella segnalazione che avrebbe dovuto fare da base per la legge annuale sulla concorrenza. In particolare, molte regioni hanno introdotto l'obbligo, per tutti i nuovi impianti, di dotarsi di pompe per i carburanti ecocompativili (metano, Gpl o idrogeno), che implicano un costo maggiore (non gravante sulle stazioni già esistenti) e soprattutto la necessità di spazi più ampi che, specie nelle aree urbane, possono non essere disponibili. La natura discriminatoria di questi provvedimenti è stata più volte denunciata dal Garante della concorrenza che, però, non ha gli strumenti per intervenire. Teoricamente il decreto liberalizzazioni assegna a Palazzo Chigi la facoltà di impugnare leggi regionali che abbiano l'effetto di impedire la concorrenza: al momento non è stata sollevata alcuna contestazione su questo versante.
In tutto questo, il governo che fa? Riesuma una norma ultra-populista del 2007, grazie alla quale i consumatori ebbero uno "sconto" fiscale sulla benzina di un paio di centesimi per un bimestre a cavallo delle elezioni 2008, volta a "sterilizzare" l'Iva. In pratica, quando il petrolio greggio (chissà perché non i prodotti raffinati?) raggiunge una certa soglia (espressa in dollari!), l'accisa viene automaticamente ridotta allo scopo di compensare l'extragettito Iva. Può essere un tampone per evitare di amplificare gli effetti recessivi dei rincari, ma è una manovra economicamente insensata. La funzione di un prezzo - è quasi imbarazzante ripeterlo - è informare i consumatori sulla scarsità relativa di un bene. Se, passato un dato valore, ai prezzi viene impedito di variare, o la variazione è smorzata, semplicemente la domanda non si adatta all'offerta, col risultato che, a parità di altri elementi, nel breve termine i prezzi saliranno ancora di più! Il governo, insomma, non dovrebbe preoccuparsi delle fluttuazioni dei prezzi, che dipendono dai mercati internazionali, ma del loro livello, reso insostenibile dalla fiscalità (soprattutto) e dalla poca concorrenza.
Conclusione: probabilmente i prezzi dei carburanti in Italia sono "troppo alti", ma il governo "tecnico" di Mario Monti sembra rispondere alla rabbia popolare come un qualunque governo politico.
Cioè, per citare il Poeta, si costerna s'indigna s'impegna poi getta la spugna con gran dignità. O, montianamente, con gran sobrietà.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 14-05-2012 12:29
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 14-05-2012 13:40
Caro Cher,
l'una porta all'altra, e viceversa.
La fame porta alla follia e la follia alla fame.
E' un continuo mordersi la coda in un vizioso cerchio, a mio avviso, troppo gioioso come la girandola di festa paesana.
E' gioioso perchè incosciente, è gioioso perchè ci sono le droghe a mitigarne i morsi e le inconcluenze; vi è lo sport, il comico, il gioco d'azzardo, i fumi ed il fumo, le illusioni d'una promessa, la religione, i politicanti e le chiacchiere.
Importante intanto è stabilire con esattezza chi affama e chi ti spinge alla follia.
Vorrei poter chiedere ai personaggi del tuo confronto storico se sono mai stati affamati più di quanto si sforzino d'apparire folli.
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 14-05-2012 14:34
Caro Cher,
l'una porta all'altra, e viceversa.
La fame porta alla follia e la follia alla fame.
E' un continuo mordersi la coda in un vizioso cerchio, a mio avviso, troppo gioioso come la girandola di festa paesana.
E' gioioso perchè incosciente, è gioioso perchè ci sono le droghe a mitigarne i morsi e le inconcluenze; vi è lo sport, il comico, il gioco d'azzardo, i fumi ed il fumo, le illusioni d'una promessa, la religione, i politicanti e le chiacchiere.
Importante intanto è stabilire con esattezza chi affama e chi ti spinge alla follia.
Vorrei poter chiedere ai personaggi del tuo confronto storico se sono mai stati affamati più di quanto si sforzino d'apparire folli.
Michele Greco
Steven Paul Jobs, noto semplicemente come Steve Jobs (San Francisco, 24 febbraio 1955 – Palo Alto, 5 ottobre 2011), è stato un imprenditore, informatico e inventore statunitense[1] È considerato fra i primi pionieri dell'informatica assieme a Steve Wozniak, Bill Gates e Adriano Olivetti, nonché inventore del moderno computer desktop e delle successive versioni compatte, tablet, smartphone e affini.
Cofondatore di Apple Inc., ne è stato amministratore delegato fino al 24 agosto 2011, quando si è dimesso per motivi di salute (assumendo la carica di Presidente del consiglio di amministrazione). Ha fondato anche la società NeXT Computer. È stato inoltre amministratore delegato di Pixar Animation Studios prima dell'acquisto da parte della Walt Disney Company, della quale era inoltre membro del consiglio di amministrazione oltre che maggior azionista. È noto per aver introdotto al grande pubblico il primo personal computer con il mouse (Apple Lisa) e per prodotti di successo come Macintosh, iMac, iPod, iPhone e iPad. È stato tra i primi a intuire la potenzialità del mouse e dell'interfaccia a icone[2] presenti sullo Xerox Star creando il Macintosh. Jobs venne classificato primo tra i 25 uomini d'affari più potenti per il 2007 da Fortune[3] e persona dell'anno 2010 dal Financial Times[4].
Ha incominciato a costruire i suoi primi lavori nel garage dei genitori quando aveva appena 20 anni, da come afferma nel discorso fatto ai neolaureati di Stanford[5].
Nato da madre americana (Joanne Carole Schieble) e da padre siriano (Abdulfattah "John" Jandali, uno studente che sarebbe diventato più tardi professore di scienze politiche), Steve non fu educato dai suoi genitori naturali, ma fu dato in adozione appena nato. Fu adottato da Paul e Clara Jobs, residenti a Mountain View, nella contea di Santa Clara, in California. Steve ha una sorella biologica più giovane, Mona Simpson, scrittrice di successo.[6] Nel 1972 Jobs si diplomò all'istituto Homestead di Cupertino, in California, iscrivendosi al Reed College di Portland, nell'Oregon, ma abbandonò l'università dopo solo un semestre per andare a lavorare.
--------------------------------------------
Mario Monti (Varese, 19 marzo 1943) è un economista, accademico e politico italiano.
È senatore a vita dal 9 novembre 2011[1] e dal successivo 16 novembre assume, per la prima volta, l'incarico di Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana e allo stesso tempo di Ministro dell'Economia e delle Finanze dello stesso governo[2].
Presidente dell'Università Bocconi dal 1994, Monti è stato commissario europeo per il Mercato Interno tra il 1995 e il 1999 nella Commissione Santer; sotto la Commissione Prodi ha rivestito il ruolo di commissario europeo per la concorrenza fino al 2004.
Mario Monti si diploma all'Istituto Leone XIII di Milano. Nel 1965 consegue la laurea in economia presso l'Università Commerciale Luigi Bocconi di Milano e trascorre un anno all'Università di Yale (Stati Uniti), con una borsa di studio[3], avendo come professore James Tobin, Premio Nobel per l'economia nel 1981.[4] Nel 1969 è professore ordinario presso l'Università degli Studi di Trento.
Dal 1970 insegna presso l'Università degli Studi di Torino[5], che lascia nel 1985 per diventare professore di economia politica presso l'Università Bocconi di Milano, dove diventa direttore dell'Istituto di Economia Politica e dove dal 1985 al 1995 è anche direttore del Giornale degli economisti e Annali di economia.
Monti è chiamato a rivestire incarichi di rilievo in commissioni governative e parlamentari: è relatore della commissione sulla difesa del risparmio finanziario dall'inflazione (1981), presidente della commissione sul sistema creditizio e finanziario (1981-1982), membro della Commissione Sarcinelli (1986-1987) .
Nel 1988 viene nominato dal Governo De Mita e dal Ministro del Tesoro Giuliano Amato membro del Comitato Spaventa sul debito pubblico (1988-1989)[6],[7].
Nel medesimo 1988 viene designato a membro del consiglio di amministratore della Fiat Auto S.p.A. e della Banca Commerciale Italiana [8],[9].
Sempre alla Bocconi assume la carica di rettore (1989-1994) e successivamente quella di presidente (1994), alla morte di Giovanni Spadolini. Dal novembre 2011 a seguito della nomina alla Presidenza del Consiglio, ha richiesto la sospensione temporanea, tra le altre, anche dalla carica di presidente dell'Università, carica che, nelle more, è stata ricoperta dal professor Luigi Guatri[10].
Monti, allora rettore della Bocconi, è indicato come candidato italiano per la nomina a commissario europeo nel 1994 dal governo Berlusconi I, assieme alla radicale Emma Bonino. Jacques Santer, presidente della commissione, gli assegna le deleghe a Mercato Interno, Servizi Finanziari e Integrazione Finanziaria, Fiscalità ed Unione Doganale.
Nel 1999 la Commissione Santer si dimette in blocco, a causa di uno scandalo legato a cattive pratiche di gestione ed amministrazione da parte di alcuni commissari ma non coinvolge Mario Monti[11].
Nel 1999 Monti viene confermato commissario europeo dal governo D'Alema I, che indica Romano Prodi come secondo rappresentante per la Commissione UE, di cui lo stesso Prodi diviene presidente, e riceve la delega alla Concorrenza.
Sotto la sua guida la Commissione Europea approfondisce il ruolo di controllo della concorrenza, inaugurando il procedimento contro la Microsoft (tuttora in corso) e bloccando nel 2001 la proposta di fusione tra General Electric e Honeywell, considerata contraria alle normative antitrust.
Nel 2010, su incarico del presidente della Commissione Europea Barroso, ha redatto un libro bianco (Rapporto sul futuro del mercato unico) contenente misure considerate necessarie per il completamento del mercato unico europeo[12].
Uno dei risultati più importanti della sua attività di ricerca in campo economico è il modello di Klein-Monti che descrive il comportamento di una banca in regime di monopolio, risultato degli studi paralleli di Monti e del premio Nobel Lawrence Klein.
Monti ricopre la carica di presidente dell'Università Bocconi, incarico dal quale si è autosospeso il 24 novembre 2011, a seguito della nomina a presidente del Consiglio[13].
È stato, tra il 2005 ed il 2008, il primo presidente del Bruegel[14], un comitato di analisi delle politiche economiche (think-tank), nato a Bruxelles nel 2005.
Nel 2010 è inoltre divenuto presidente europeo della Commissione Trilaterale, un gruppo di interesse di orientamento neoliberista fondato nel 1973 da David Rockefeller[15] e membro del comitato direttivo del Gruppo Bilderberg[16].
Da questi incarichi si è dimesso il 24 novembre 2011, a seguito della nomina a presidente del Consiglio[13].
Tra il 2005 e il 2011 è stato international advisor per Goldman Sachs e precisamente membro del Research Advisory Council del Goldman Sachs Global Market Institute[17][18], presieduto dalla economista statunitense Abby Joseph Cohen.
È stato inoltre advisor della Coca Cola Company[18], membro del "Senior European Advisory Council" di Moody's[19] ed è uno dei presidenti del "Business and Economics Advisors Group" dell'Atlantic Council[20].
È editorialista de Il Corriere della Sera e autore di numerose pubblicazioni.
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 14-05-2012 15:34
Non vedo la necessità di riportare vita, morte e miracoli di Jobs e Monti.
Chi ne fosse digiuno, ma comunque interessato, troverebbe queste biografie con facilità su Google.
Chi non lo fosse, non perderebbe il suo "prezioso tempo" leggendo le tue informazioni.
Vorrei comunque capire la chiave di lettura del tuo invitante parallelismo, anche perchè, non capisco che senso va attribuito ad "affamato" e, soprattutto a "folle".
Forse l'invito di Jobs, che ha dimostrato di essere ben altro che folle, va diretto a Monti.
Forse, se Monti, si lasciasse un po' andare alla "follia", troverebbe soluzioni più convincenti alla crisi che sta affrontando.
Intanto la follia, quando è generata e voluta da una volontà individuale, può essere positiva e non va confusa con la pazzia che è una chiara patologia neurologica.
La differenza è nella consapevolezza dell'una e nell'inconsapevolezza dell'altra, anche se qualcuno osserva che:
Folle è colui che crede di sapere senza conoscere, pazzo è colui che lo ascolta e gli crede senza sapere.
L'italiano medio oggi, non si è capito bene, se è posseduto sia dalla follia che dalla pazzia, perchè crede di sapere attraverso la conoscenza degli altri per lo più opportunisti e manipolatori.
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 15-05-2012 10:17
Attualità delle idi di Maggio
Oppure semplici "sguardi" dall'isola Tiberina nella terra di "Eurabia"..... " Islam -Miseria - Antinulearismo e non è un racconto di fantasia!
In onda sulla tv italiana i telepredicatori islamici
http://www.ilgiornale.it/interni/in_onda...comments=1
di Cristina Bassi - 14 maggio 2012, 21:19
Una Al-Jazeera all'italiana? Non proprio. Il primo programma di telepredicatori islamici della tv italiana va in onda da un paio di settimane su un'emittente locale bresciana.
Non si tratta però di una televisione di notizie e approfondimenti come quella del Qatar, ma di un pulpito via satellite rivolto ai musulmani che vivono nei paesi occidentali.
La trasmissione si chiama Dall'interno della terra dei romani (tradotto: Min Dakhil al-Rumia),................
........................Ma l'obiettivo è, continua l'imam, "dare vita a breve a una vera e propria televisione islamica, la prima in Italia. Abbiamo già ottenuto finanziamenti dai paesi arabi del Golfo e stiamo aspettando di riceverne altri per partire. Le prossime puntate saranno inoltre sponsorizzate da aziende italiane. .............. Uno dei miei ospiti fissi è l'imam marocchino Abdel Bari al-Zamzami, molto amico dello sceicco Yusuf Qaradawi, noto telepredicatore di Al-Jazeera, che nella seconda puntata della serie ha parlato della sua ultima fatwa (editto religioso, ndr) che ha scatenato forti polemiche nel mondo arabo e in particolare in Egitto". Il riferimento è alla discussa vicenda di fine aprile sul cosiddetto "rapporto dell'addio". Il Parlamento del Cairo ha discusso se approvare o meno un disegno di legge basato proprio sulla fatwa di al-Zamzami che permetteva a un marito vedovo di avere rapporti sessuali con la moglie anche alcune ore dopo la morte della donna.
***************************************
http://www.ilgiornale.it/interni/pension...comments=1
Pensionati impoveriti e immigrati cercano cibo tra i rifiuti con i trolley rubati nei supermarket
Redazione - 15 maggio 2012, 08:00
«Sembrava un vecchio di 80 anni: mi ha chiesto un euro d'elemosina. Era la quarta persona che l'ha fatto ieri, mentre tornavo a casa da piazza Omonia al mio quartiere di Exarchia, dietro il Museo archeologico nazionale, una passeggiata di dieci minuti nel centro di Atene - racconta al Giornale Nassos Vaghenas, uno dei più raffinati poeti greci e docente di Letteratura all'università ateniese-.
Quattro persone: una “statistica quotidiana dei mendicanti” ormai abituale quando cammino nella mia città. Non sono zingari o drogati, ma persone dall'aspetto normale: un 50enne che ha perso il lavoro, due giovani che forse non l'hanno ancora trovato, visto che qui 54 ragazzi su cento sotto i trent'anni sono disoccupati. Ma quel vecchio l'ho guardato meglio e l'ho riconosciuto: era il mio compagno di banco al liceo! Aveva un negozio di fotografia, la sua passione, che ha chiuso a causa della crisi, come quasi la metà dei negozi ateniesi. È un mio coetaneo, 67 anni, ma ne dimostra dieci di più. Da un anno vaga per le strade a chiedere un aiuto al prossimo: che lavoro può ritrovare, alla sua età?»
Se Vaghenas dovesse scrivere un libro sull'Atene dell'anno di disgrazia 2012, comincerebbe certo da questo triste ritrovarsi. Ma anche dalla processione di carrelli rubati ai supermercati che sfilano ogni notte ad Atene: «Li vedo dalla mia finestra, ma so che hanno invaso anche le periferie. Sono trainati da immigrati, ma anche da tanti pensionati affamati: rovistano metodicamente nei rifiuti, alla ricerca di avanzi di cibo ancora commestibile, oppure di qualsiasi cosa sia rivendibile in centri di raccolta improvvisati da una rete di "padroncini del riciclaggio": una allucinante raccolta differenziata».
Scene di ordinaria povertà.
Anche se accanto a questi nuovi poveri, c'è anche l'Atene non intaccata dalla bancarotta. La puoi incontrare nei bar all'aperto nel quartiere chic di Kolonaki, alle pendici della collina del Licabetto, da sempre il ritrovo della jeunesse dor´e ateniese. Bar tuttora pieni zeppi, anche se persino qui molti caffè hanno chiuso. L'ateniese medio, invece, quello a cui hanno tagliato circa un terzo dello stipendio (un'insegnante liceale di ruolo da 15 anni, ad esempio, nel 2009 guadagnava 1600 euro netti al mese, ora se ne ritrova 960 in busta paga) al ristorante o a bere un bicchierone di frappè nazionale, ossia di caffè in polvere shakerato con ghiaccio e un goccio di latte, non ci va quasi più.
«Io e mio marito siamo entrambi docenti universitari - ci racconta Antigoni Liberaki, economista all'ateneo della capitale -. Prima della crisi uscivamo due o tre volte la settimana a cena, ora non più di una volta, quando capita, fra i tagli agli stipendi e l'aumento delle tasse». Il Comune di Atene, per rianimare le sere di questa città che un tempo viveva 24 ore su 24 e ora serra invece porte e finestre dopo le nove di sera - anche per proteggersi dalla crescente microcriminalità - ha lanciato un'iniziativa in prova per le prossime quattro settimane: «Oggi si esce», nel senso che si va fuori a cena o a godersi il fresco in un caffè all'aperto: i ristoratori che hanno aderito offriranno ogni martedì un menu per dieci euro, un caffè per due euro, un cocktail per cinque: se l'iniziativa avrà successo, continuerà per tutta l'estate.
«Certo, il clima psicologico ad Atene è fra l'ansioso e il rassegnato- continua Liberaki- Noi abitiamo a Pangrati, un quartiere multietnico nè centrale nè periferico, ci abitano persone del ceto medio ma anche molti immigrati storici, con famiglie. Sono i più intimoriti qui ad Atene anche perchè sono diventati il capro espiatorio della rabbia di molti greci, soprattutto dei pestaggi organizzati dal movimento neonazista “Chrysi Avghì”, purtroppo appena entrato nel Parlamento con il 7 per cento dei voti.
Molti stranieri tornano nei Paesi d'origine. Esattamente come tornano a vivere nella casa paterna, in provincia, molti giovani greci che hanno perso il lavoro qui in città».
Su Atene cala la sera, la processione dei carrelli ricomincia il suo girone infernale. Ma ieri, almeno, si è festeggiato per le strade: l'Olympiakos ha vinto gli Europei di pallacanestro. Un segno di speranza.
**************************************
http://www.ilgiornale.it/interni/agguati...comments=1
Agguati, bersagli, proclami: così hanno alzato il tiro le cellule armate "nucleari"
Gian Marco Chiocci - 15 maggio 2012, 08:00
«Oggi Ansaldo Nucleare, domani un altro dei suoi tentacoli, invitiamo i gruppi e singoli Fai a colpire tale mostruosità con ogni mezzo necessario». Nella rivendicazione dell’attentato al dirigente dell’Ansaldo è quel riferimento al nucleare a costringere a notti insonni gli specialisti dell’Antiterrorismo.
Le parole sul manager Roberto Adinolfi «azzoppato» a Genova, definito «stregone dell’atomo dall’anima candida e dalla coscienza pulita», proverrebbero da chi, lungo l’asse Roma-Atene, ha imposto come direttrice del nuovo spontaneismo armato l’«energia atomica» di cui l’azienda di Finmeccanica è leader nella costruzione di centrali in Ucraina, Slovenia, Inghilterra, Romania, Estonia e Russia.
I riferimenti a un’azienda che «con le sue tombe nucleari» produce «morte, sfruttamento e nuove frontiere del capitalismo italiano» rimanda a quella «strategia tematica» abbracciata recentemente da organizzazioni insurrezionaliste europee e sudamericane concordi anche sul salto di qualità da compiere senza se e senza ma.
Da quando, a novembre scorso, gli anarchici di mezzo mondo hanno abbracciato idealmente la lotta contro la mafia nucleare di due vecchie e malate icone del ribellismo tedesco come Christian Gauger (70 anni) e Sonia Suder (78 anni) - fondatori delle Cellule Rivoluzionarie, prossimamente a processo a Francoforte - in certi ambienti l’aria s’è fatta irrespirabile come a Fukushima. Sarebbero infatti continui i riferimenti all’azione diretta sul modello di quelli compiuti anni prima dal duo Suder-Gauger contro le compagnie tedesche Man (esportava compressori per l’arricchimento dell’uranio) e Ksb (costruiva pompe per impianti nucleari).
E al loro modus operandi si sarebbero ispirati i bombaroli italiani della Fai, probabilmente gli stessi della gambizzazione di Genova, autori del rumoroso attentato di Olten, in Svizzera, nel quale rimasero feriti due impiegati.
L’obiettivo (centrato) era quello degli uffici di SwissNuclear, anche se nel documento di rivendicazione scritto in italiano si menzionavano espressamente tre anarchici (italiani) detenuti in Svizzera per l’attacco esplosivo all’Imb di Rueschlikon, vicino Zurigo. Lo stesso giorno della bomba di Olten, giusto per restare alle analogie elleniche con Genova, una plico dinamitardo veniva recapitato al direttore del carcere di Koridallos dove alloggiano numerosi militanti delle Ccf (Cospirazioni cellule di fuoco) alla cui leader, Olga Ikonomidou, si ispira la colonna genovese delle Fai che ha gambizzato Adinolfi. La triangolazione greco-italo-elvetica s’è ricompattata una volta di più a Bellinzona, l’estate scorsa, per lasciare il segno dopo le pesanti condanne inflitte ai compagni anarchici nostrani «Silvia, Billy e Costa», ovvero Silvia Guerini, Luca Bernasconi e Costantino Ragusa arrestati nel 2010 per il progetto di attentato a una multinazionale: assaltate a pietre e bastoni sia la Axpo Holding di Zurigo, impegnata nella costruzione di nuove centrali nucleari, che la Alpiq, una partecipata SwissNuclear.
Proprio la Guerini, in un documento inviato dal carcere di Biel a proposito del summit sui cambiamenti climatici a Cancun, scriveva: «In Italia dietro le pressioni per un ritorno al nucleare scorgiamo la lobby dell’atomo come Ansaldo ed Enel. Nucleare comunque mai scomparso, ma sempre presente nelle applicazioni militari, nei siti di stoccaggio, nei reattori, nei centri di ricerca pubblici e privati che hanno continuato le ricerche in campo militare e civile (...). Le reali soluzioni vanno cercate fuori dai tracciati segnati da questo sistema. Tracciamo nuovi sentieri per aprire orizzonti di lotta attraverso la fitta coltre dell’indifferenza, dell’immobilismo, delle attese, delle incertezze... Uno strappo forte, attraverso questa coltre. Il sole scende all’orizzonte, si tinge di rosso il fuoco e diventa sangue, sangue dalle vene della terra».
All’affannosa ricerca di segnali e di riscontri incrociati sul nucleare che possano dare un volto al gruppo di fuoco di Genova, l’Antiterrorismo ricorda che mentre a Ostkreuz, in Germania, sul finire del maggio scorso veniva sabotata la linea ferroviaria in chiave antinucleare (sulla falsariga di quanto avvenuto lungo la ferrovia Torino-Modane per bloccare i vagoni con le scorie nucleari dal deposito Avogadro di Vercelli a quello di La Hague in Francia) a Catania un incessante tam tam annunciava un sit-in anarchico incentrato sulle nuove battaglie a vent’anni dall’inutile referendum «che ha permesso la perpetrazione dell’apparato nucleare sotto altre forme».
E in quella circostanza si citava giust’appunto l’Ansaldo e «le altre grandi aziende come Finmeccanica, Enel ed Eni dispensatrici di morte in giro per il mondo, a cercare profitti grazie alla costruzione e allo sfruttamento delle future centrali atomiche». Per poi concludere: «Bisogna scegliere di agire adesso, mediante l’azione diretta».
***************************************
Uno dei tanti modi per "comprendere" le idi di Maggio:
Tre questioni e tre suggerimenti.........
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 15-05-2012 15:06
Caro Cher,
in un modo o nell'altro, stiamo diventando i "commentatori" del quotidiano "Il Giornale".
Le notizie che riporti e che non aggiungono nè tolgono nulla ad una realtà ben compresa e ben pubblicizzata, sono tutte riportate da "Il Giornale".
Che tu sia un lettore affezionato, sono affari tuoi, ma ciò non può elevare questa o quella notizia all'originalità o alla novità in assoluto.
Ci vorrebbe un confronto, un parallelismo con altra testata giornalistica.
Ma prendiamo per buono il tutto, nonostante non condivida la discussione di certi argomenti, che si sovrappongono tra loro, in un momento in cui a tutti preme la salute del Paese.
Riporti tre articoli:
In onda sulla tv italiana i telepredicatori islamici
Pensionati impoveriti e immigrati cercano cibo tra i rifiuti con i trolley rubati nei supermarket
Agguati, bersagli, proclami: così hanno alzato il tiro le cellule armate "nucleari"
La prima notizia meriterebbe essere discussa in un capitolo a parte se ve ne fosse interesse, considerando però, che, personalmente, sono aperto alla libertà d'espressione religiosa purchè questa rispetta le altre similari e le leggi del paese che l'accoglie. In quanto ai contenuti, se si ledono le leggittimità civiche, provvederà la magistratura a punire i trasgressori.
Per il secondo, non c'è bisogno di andare in Grecia per vedere rovistare tra l'immondizia in cerca di cibo come fanno i cani randagi ed i gatti. Anche noi abbiamo storie allarmanti su questo fenomeno al quale io assisto purtroppo da troppi anni anche se, obbiettivamente, oggi si è allargato a macchia d'olio ed è, più evidente, perchè ci stanno togliendo anche la dignità ed il decoro.
Il suicidio è anche di chi non può rinunciare a queste due "virtù" conviviali.
La terza notizia mi fa rilevare come questa rabbia contro il nucleare sia scoppiata anacronisticamente in un tempo sbagliato anche se l'errore è, non tanto nei tempi, quanto nel fatto delinquenziale in sè. Se fosse successo una quindicina di mesi fà si poteva, non dico giustificarlo, ma trovarlo in vergognosa sintonia con gli accadimenti di quel tempo.
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 21-05-2012 14:28
http://www.loccidentale.it/node/116289
Controtendenza
La libertà senza solidarietà sociale è destinata a eclissarsi
Dino Cofrancesco 20 Maggio 2012
Il liberalismo, lungi dall’essere una pratica egoistica - come appare a Tzvetan Todorov, (autore di un recente saggio Les ennemis intimes de la démocratie Ed. Laffont 2012), in cui il brillante storico e saggista franco-bulgaro riprende tutti i luoghi comuni dell’antiliberalismo d’oltralpe - è fautore di una socialità genuina, spontanea e volontaria, che «non getta sull'autorità sociale che uno sguardo diffidente e inquieto, e ricorre al suo poteri solo quando non può farne a meno». La divisione del mondo tra pubblico - lo Stato che si fa carico del bene comune - e privato - gli individui egoistici che pensano solo al proprio ‘particulare’e…a non pagare le tasse - è un parto della fantasia democratica (nel senso rousseauiano e non liberale) ma non corrisponde affatto al mondo che avevano in mente Thomas Jefferson, Benjamin Constant, Alexis de Tocqueville.
La vera alternativa non è tra dirigismo e ‘legge della giungla’ e se la soluzione non sta nell’ingerenza dello stato nell’economia (come riconoscono quanti un tempo vedevano nelle ‘nazionalizzazioni’ il toccasana di tutti i mali generati dalle crisi di produzione) non sta neppure nelle ibride ed equivoche ‘terze vie’ che riescono solo a combinare gli inconvenienti dei vecchi modelli di politica sociale ed economica che si proponevano come alternativi.
C’è liberalismo quando, nella società civile, sono all’opera forze di ‘ricomposizione’della conflittualità sociale, riflessi innati cooperativistici che non vivono all’ombra della protezione statale, sentimenti diffusi di solidarietà che possono fondarsi tanto su etiche laiche quanto su etiche religiose (com’è più probabile). Liberalismo non significa l’obbligo di aiutare gli altri imposto dalle autorità e ottenuto forzosamente col prelievo fiscale.
Lo Stato, per i seguaci di Kant e di Humboldt, non è il buon brigante della foresta di Sherwood, che toglie ai ricchi per dare ai poveri e da anni ormai sul Welfare State incombe il sospetto di un travaso arbitrario di risorse da alcune categorie sociali ad altre, in base a logiche che, lungi dal realizzare la giustizia e l’eguaglianza, privilegiano i più forti e i meglio organizzati.
Purtroppo, però, la divisione vetero-democratica del mondo tra Stato/altruismo, da un lato, e individui/egoismo, dall’altro, sembra essere diventata ‘senso comune’ sicché il terreno delle relazioni interindividuali si è inaridito e la pianta della solidarietà non viene alimentata da etiche e valori altruistici praticati e apprezzati. Alla sfera pubblica, in questa perversa ‘grande divisione’, compete il potere di riconoscere e far valere i diritti dei cittadini, mentre ai privati si concede soltanto un soccorso caritatevole che finisce per essere parente stretto dell’«elemosina».
Si perde di vista, in tal modo,che nella quotidianità possono presentarsi, invece, casi in cui la solidarietà che nasce dai ‘privati’ potrebbe evitare, senza l’intervento delle leggi e delle autorità, tragedie irreparabili.
Riportano le cronache dei giornali che un portinaio napoletano s’è ammazzato dopo aver ricevuto la lettera di licenziamento. Il caso è emblematico e merita una riflessione. Può darsi che quel povero ‘guardapurtone’ non riuscisse a svolgere il proprio lavoro per limiti di età o per sopravvenuta invalidità; può darsi che lo stabile, affidato alle sue cure, fosse così povero da non potersi più permettere un custode e la concessione gratuita del suo alloggio. Sono ipotesi che non si possono escludere ma quanti vivono in palazzi di piccola e media borghesia sanno bene che, nella media dei casi, gli inquilini-proprietari non sono mai così indigenti da non poter mantenere un portinaio.
Certo il servizio non è gratuito e, specie in tempi di recessione, fa aumentare le spese di amministrazione: e allora quid agendum? Un governo giacobino, forse, inquadrerebbe tutti i portieri in una categoria professionale dipendente dall’Assessorato all’Urbanistica o dall’Ufficio del Lavoro e li assegnerebbe d’imperio ai vari stabili obbligando questi ultimi a versare al fisco le somme destinate ad alimentare la cassa dei prestatori d’opera. Una soluzione, questa, destinata sicuramente a non piacere ai liberali: se questi, però, leggessero realmente e meditassero i loro classici, non potrebbero rimanere indifferenti al licenziamento del portinaio «perché costa troppo» né ripetere le parole dette dal cinico signore in carrozza al suo cocchiere, che ha appena travolto un passante ed è tentato di prestargli soccorso, «avanti alò, chi more, more»(è il tema del terribile sonetto di Giuseppe Gioacchino Belli, Chi va la notte, va a la morte).
I condomini che intendano far parte di comunità che si rispetti e che conservino il ricordo di un ethos antico (appreso nelle scuole, nelle chiese, nei partiti di una volta), dovrebbero tenersi il servizio di portineria e, semmai, rinunciare ai dieci giorni di vacanza a Ischia e farne, la prossima volta, soltanto nove. La loro scelta non obbedirebbe, in tal caso, agli ‘imperativi finanziari’ fatti valere dall’amministratore del condominio ma rientrerebbe nella sfera etica che, nell’universo liberale, non si lascia assorbire dall’economia, come non si lascia assorbire dalla politica, dalla scienza, dalla religione etc. Si è liberali perché si è capaci di suonare su diverse tastiere e, in ciascuno, di attenersi ai codici specifici. Non c’è soltanto il ‘mercato economico’: ci sono tanti ‘mercati’e quindi tante ‘regole di condotta’ e tante forme della libertà.
Si è liberi di dilapidare il proprio denaro ai tavoli da gioco o di spenderlo dietro costosissime escort; si può convertire una pingue eredità in un quadro di Caravaggio che dà al suo possessore gioia ma non reddito; si può perfino distruggere la propria vita tra eccessi di cibo e di bevande. Ma se nessuno può essere interdetto perché ‘spende male’ ciò di cui non deve render conto ad alcuno (socio o congiunto che sia) e se non si può pensare oggi di «porre la virtù all’ordine del giorno», va pur ricordato che i liberali dell’Ottocento sapevano bene che una libertà non accompagnata dalla solidarietà sociale era destinata a eclissarsi. La ‘razionalità dello scambio, lo aveva compreso Edmund Burke, poggia su palafitte irrazionali - sotto il profilo del vecchio calcolo utilitario - costruite da scelte non finalizzate (sempre e comunque) all’incremento dei capitali.
Il liberalismo contemporaneo, scrive Todorov, passa, senza avvedersene, dall’«idea che ‘la concorrenza giova all’economia’ al principio che ‘ciò che è buono per l’economia basta alla felicità degli esseri umani’. In tal modo»,les partisans du néolibéralisme «nascondono una parte immensa dell’esistenza umana, quella che designa sommariamente l’espressione ‘vita sociale’.Ora, con ogni evidenza, è impossibile postulare una ‘natura umana’ asociale, o un individuo che, come un animale inferiore, sarebbe ridotto ai suoi soli bisogni vitali».
Eppure, secondo il nuovo medico accorso al capezzale della «démocratie malade», i liberali classici, Locke, Montesquieu, Adam Smith, Benjamin Constant «non ignoravano che l’interumano fonda l’umano.
L’umanesimo, che è la grande tradizione intellettuale europea, si oppone, proprio su questo punto, all’individualismo con il suo richiamo alla natura pervasivamente sociale degli uomini: la relazione tra gli uomini precede la costruzione del sé, l’essere umano non può realizzarsi senza il riconoscimento che trova nello sguardo degli altri attorno a lui.
L’umanesimo pertanto impone all’autonomia di ciascuno restrizioni in nome della nostra vita che si svolge necessariamente in comune: l’individuo non è solo l’inizio dell’azione, deve esserne anche il fine; l’esigenza di universalità limita a sua volta l’esercizio della libertà. I principi di eguaglianza e di fraternità non sono meno indispensabili della libertà per fondare la democrazia: se li si ignora, l’ambizione di assicurare a tutti la libertà è condannata allo scacco».
Todorov rileva ancora che, per pensatori come Hayek, nozioni come ‘bene comune’, ‘interesse generale’,’giustizia sociale’ sono astrazioni sennonché cosa c’è di più astratto dell’individuo sradicato dalla storia e dalla società?
«La società che immaginano i neo-liberali somiglia a un club di soci che potrebbero disdire l’abbonamento sentendosi autosufficienti. Il riferimento a un’appartenenza sociale e culturale è soppressa, il bisogno di riconoscimento da parte di coloro tra i quali si vive è ignorato, la ricerca del bene collettivo abbandonata - nel timore che tutto ciò porti al totalitarismo. L’elogio illimitato della libertà individuale finisce per creare un essere puramente immaginario, come se il fine ultimo dell’esistenza fosse quello di liberarsi, come un Robison sulla sua isola selvaggia, di qualsiasi legame e di qualsiasi dipendenza piuttosto che trovarsi dentro la densa rete di rapporti sociali, fatta di amicizie e di amori».
Ma davvero le cose stanno così?
In realtà, come ho scritto tante volte, ciò che distingue i liberali - non solo quelli néo ma altresì quelli dell’Ottocento - non è la soppressione della fabbrica dei ‘valori’ che tengono insieme le società umane, ma la sua collocazione in basso, nello scambio quotidiano di beni e di servizi, nell’«immensa transazione» - che, per il grande Cattaneo, definiva il mondo moderno;i loro avversari ideologici, invece, collocano la fabbrica dei valori in alto, dalle parti dello Stato, che provvede a definire e a realizzare ‘bene comune’, ‘interesse generale’,’giustizia sociale’, limitando le libertà, calpestando i diritti individuali, sottraendo al mercato ogni controllo della mobilità sociale - sono i governi a decidere chi deve arricchirsi e chi, invece, può perdere status e proprietà non la ‘legge della giungla’ cui si attiene il ‘mercatismo’.
A confrontarsi non sono ‘altruismo’, da un lato, ed ‘egoismo’, dall’altro, ma l’altruismo imposto per legge dai ‘governi - Robin Hood’, da un lato, e l’altruismo che nasce da caldi tessuti comunitari (dove la comunità è definita, in senso debole, come l’insieme di rapporti interindividuali non determinati, al 100%, dal principio di prestazione, do ut des), dall’altro.
Rispetto delle sfere esistenziali, nelle quali si articola la moderna ‘società degli individui’, significa che non si può imporre a un imprenditore di continuare a tenere in vita la sua fabbrica anche se non ne ricava quasi alcun profitto - in nome, semmai, dell’«economia sociale di mercato» - ma neppure si può costringerlo, nel caso di un’azienda prospera e in attivo, a destinare la parte di utili a lui assegnata ad allargare ulteriormente il suo patrimonio ‘privato’ e a non dissiparlo a sostegno di iniziative umanitarie e culturali «inutili». Farlo o non farlo dipende da lui ma un collettività di egoisti integrali non è più una collettività, come invece erano gli Stati Uniti di Tocqueville che avevano così bene imparato l’«arte dell’associazione».
Nell’etica liberale, convivono Pietro Bernardone e suo figlio Francesco: il secondo è libero di distribuire ai poveri i beni ereditati dal primo ma quei beni non si sarebbero trovati a sua disposizione se non fossero stati acquisiti dall’attività mercantile di Pietro. Con i pater noster, non si fa politica, come ammoniva Cosimo il Vecchio ma non si fa neppure economia e come il carburante della politica è il potere così il carburante dell’economia è il profitto.
Che le trame di solidarietà che si formano ‘dal basso’, in certi periodi storici e in certe società diffidenti nei riguardi di troppo ampi ventagli di libertà individuale, non bastino è ben possibile - lo faceva rilevare a chiare lettere anche l’antidirigista Tocqueville - ma occorre tener conto di due considerazioni:
- i rimedi che vengono proposti per ridurre l’impoverimento (congiunturale) di vasti strati sociali vanno valutati non in base alla filosofia buonista che li ispira - intenzionata a salvare la capra della libertà e i cavoli dell’eguaglianza intesa come giustizia sociale - ma in base alla loro efficacia pratica;
- quei rimedi possono ‘costare lagrime e sangue’ ma si deve impedire che la limitazione - e finanche la sospensione temporanea - dei diritti ne comporti de facto l’azzeramento, come avviene del diritto di proprietà quando i carichi fiscali superano certe soglie.
-----------------------------------
Quando si fermerà questo massacro?
http://www.ilgiornale.it/cronache/bresci...comments=1
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 24-05-2012 10:33
La mano dei governi sull'economia
Arriva il 'bail-in', la statalizzazione del credito. E' il capitalismo di Stato, baby!
Edoardo Ferrazzan i23 Maggio 2012
La tenuta del sistema bancario europeo torna a preoccupare l’Europa della crisi fiscale e monetaria. Accade dopo la corsa agli sportelli in Grecia due lunedì fa – 700 mln di euro in un solo giorno - e qualche recente simile fenomeno in Spagna sul caso Bankia.
Su tutti i giornali economici dell'Occidente, dal Financial Times al Wall Street Journal, è un proliferare d'indiscrezioni che vogliono che per le cancellerie d’Europa girino un bel po' di piani di contingenza qualora dal voto greco del prossimo Giugno dovessero emergere risultati elettorali tali da spingere alla formazione di un governo che traghetti Atene fuori dalla zona euro. Il premier Monti, così come Mario Draghi governatore della Bce, sostengono che la Grecia rimarrà nell’Euro. Chi può sapere?
E’ notizia di ieri che il partito conservatore greco ‘Nuova Democrazia’ stia riconquistando intenzione di voto in più, dopo il deludente 18% delle ultime consultazioni, anche grazie all’accordo di ricongiungimento con il partito ‘Alleanza Democratica’ di Dora Bakoyannis; maggiore cautela anche dal leader del partito di sinistra radicale, ‘Syriza’, il quale starebbe muovendo a più miti consigli sulle misure d'austerità della troika Fmi-Ue-Bce.
Comunque sia, l'incognita Grecia rimane, e allora si ragiona sui costi economici che l'Europa dovrebbe sostenere qualora uscisse dall'euro. Negli scorsi giorni un analista di JP Morgan ha stimato in circa 400 mld di euro il costo per l’intera Eurozona del Grexit (crasi tra Greece ed exit), partendo dalla Banca centrale europea esposta per 125 mld di euro, di cui 80 in linee di credito concesse alle banche greche e 45 mld di euro in titoli di debito greco. Altri 240 mld persi da Fmi e UE. E poi 25 mld in perdite per le banche europee, francesi e tedesche in primis.
Ora, nonostante qualche buona notizia dal lato dei partiti greci, in Europa e in America ha presto il sopravvento la ‘legge di Murphy’ – “tutto ciò che può andar male, andrà male” – e per questo si corre ai ripari. La scottatura del crollo di Lehman Brothers nel 2008 fa ancora male. V'è la fondata paura che, uscendo dall’euro, la Grecia finisca per travolgere non solo gli anelli fiscali deboli dell’Europa monetaria, Italia e Spagna, ma anche le banche del resto del Continente.
In sostanza si vuole evitare che, alla doppia recessione nella quale il Vecchio Continente è già impigliata, si aggiunga pure un crollo creditizio, uno scenario che rischierebbe di gettare l’intera economia dell’Eurozona in una recessione lunga almeno dieci anni.
Per correre ai ripari, dunque, tanto le cancellerie europee quanto i regolatori statunitensi, le agenzie di controllo borsistiche delle due sponde atlantiche, le banche centrali europee, banche private soprattutto britanniche e americane, hanno coniato un nuovo meccanismo dal nome complicato: “top-down bail-in”. Al posto del 'bail-out', il salvataggio, arriva ora il 'bail-in', la presa di controllo.
La nuova formula - che in sostanza non è altro che una velata statalizzazione delle banche - prescrive che qualora una banca fosse non più in grado d’operare, il governo prende le redini dell'istituto e dispone direttamente delle risorse interne. Le autorità pubbliche sarebbero messe in condizione di ristrutturare il debito delle banche e dichiarare l’irrecuperabilità (temporanea?) dei debiti della banca.
L’idea che vi soggiace è evitare che i contribuenti – tramite l’azione del governo - sborsino ingenti somme di denaro, senza aver diretto controllo delle operazioni della banca oggetto del salvataggio. La finalità di tutto questo meccanismo è quella d'evitare che vi sia contagio tra i vari istituti di credito internazionali.
A pensar male (ed è il caso di farlo di questi tempi visto che ci si azzecca sempre), il bail-in è forse solo un altro modo per riportare sotto controllo statale pezzi fondamentali dell'economia: le banche. D’altronde lo spirito del tempo è sempre più a favore del capitalismo di Stato. Quel giggione di Niall Ferguson, lo storico scozzese autore di best-seller, dalle colonne di Foreign Policy, la rivista progressista bimestrale, lo aveva detto: “Siamo diventati tutti capitalisti di Stato”.
Chi vuole vivere nel presente s'adegui all'ennesima perdita di libertà (economica). Si preferisce privare le comunità di libertà piuttosto che far fallire le banche. In un sistema capitalistico sano, gli istituti di credito insolventi dovrebbero fallire. Così come gli Stati.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 30-05-2012 10:52
Napolitano: "Celebreremo il 2 giugno sobriamente"(circa 3 milioni di euro)
Luca Romano - 30 maggio 2012, 08:12
Su Facebook e Twitter il coro è quasi unanime: "Cancellare la parata per la festa della Repubblica". Il Colle: "Celebreremo il 2 giugno sobriamente e dedicheremo le celebrazioni alle popolazioni colpite dal terremoto
No alla parata militare del 2 giugno. Lo chiedono in tanti: dai cittadini ai politici. Dopo le scosse di terremoto che hanno colpito l'Emilia e il Nord Italia, su Facebook e su Twitter gli utenti hanno cominciato a chiedere che la parata per la festa della Repubblica venisse annullata.
Al coro si sono aggiunti anche esponenti politici.
Il leader di Sel, Nichi Vendola ha definito la manifestazione "inopportuna" e ne ha chiesto la cancellazione.
Per Antonio Di Pietro "è una follia sperperare tanti soldi per la parata militare del 2 giugno. In un momento così difficile per il nostro Paese, colpito da una gravissima crisi economica e flagellato in queste ore dal terremoto, è opportuno utilizzare quei fondi per fini sociali e di solidarietà".
Il sindaco di Roma, Gianni Alemmano si è mostrato più scettico: "Il quesito che viene posto va rispettato, ma credo che debba essere solo il presidente della Repubblica a decidere. Il 2 giugno è la festa della Repubblica e la parata militare non è uno sfoggio di potenza o di forza, ma il ricordo delle persone cadute e di chi oggi si sacrifica nelle missioni militari di pace. Il 2 giugno non è unafesta che può essere cancellata o messa in secondo piano è un momento celebrativo molto importante per la nostra Repubblica".
Ancora più dubbioso il ministro dell'Ambiente, Corrado Clini: "Non so se la soppressione della parata può avere un effetto positivo. Credo dobbiamo immaginare interventi un po' più radicali e strutturali". Infine c’è anche chi è contrario ad annullare l’evento perché "non costa miliardi" e perché, secondo alcuni, "i soldi sono ormai già stati stanziati".
Alla fine il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano ha deciso: "Celebreremo il 2 giugno sobriamente e dedicheremo le celebrazioni alle popolazioni colpite dal terremoto".Tutto questo perché, secondo il capo dello Stato, "la Repubblica deve dare conferma della sua vitalità e della sua forza democratica".
--------------------------------------
Un commento di un lettore pescato a caso.........
#46 emailbm (3) - lettore
il 30.05.12 alle ore 9:43 scrive:
E' vergognoso il comportamento di Napolitano, si comporta come fosse una repubblica presidenziale solo che lui è fermo alle parate comuniste affacciato al Cremlino, vergogna vergogna. Buttare i soldi per una parata insulsa è da irresponsabili, ha festeggiato per più di un anno l'unità d'Italia e non vuole certo smettere, solo mandandolo a casa la faremo finita con questo parassita.
Napolitano a Porzûs riconosce gli orrori dei partigiani di Tito
Fausto Biloslavo - 30 maggio 2012, 08:30
Faedis (Udine) «La grande storia della Resistenza ha avuto anche ombre, macchie e la più grande è l’eccidio di Porzûs». Non ha peli sulla lingua Giorgio Napolitano e fin dalle prime ore della sua visita in Friuli-Venezia Giulia tira fuori dall’armadio uno degli scheletri più ingombranti del comunismo nostrano.
-----------------------------------------
Il parroco ritrovato sotto i calcinacci e l’ingegnere che ha previsto la propria fine
Stefano Zurlo - 30 maggio 2012, 08:00
L'ingegnere, gli operai, il prete. Gli imprenditori. Le formiche del biomedicale che le stavano provando tutte per far ripartire le loro aziende. Sono morti senza arrendersi: portavano via le macerie del terremoto precedente e il drago maligno li ha sorpresi. Gianni Bignardi, 62 anni, da giorni era in giro in questo fazzoletto di terra martoriata: controlli, verifiche, perizie volanti. L'elmetto in testa, come un soldato. Una corsa contro il tempo perch´ gli uomini da queste parti non vogliono rimanere con le mani in mano.
Check up gratuiti degli stabilimenti, con orari massacranti: lui, il figlio, pure ingegnere, tanti altri tecnici, geometri, architetti, pure prestati all'emergenza.
Una sfida alla natura che Bignardi aveva accettato come si corre il rischio di un pallottola in guerra. E in una drammatica intervista aveva descritto quel proiettile, in agguato: «I capannoni sono un problema - aveva spiegato a Jacopo Della Porta di ModenaQui - se si spostano le travi può crollare tutto». Previsione purtroppo azzeccata. Come una profezia nera. Ieri mattina era alla Meta di San Felice sul Panaro, una reputazione da difendere nelle macchine di precisione. È venuto giù tutto. Sono morti in tre. Con lui due operai, due formiche di un'economia sempre più multietnica che provava a rialzare la testa.
Sotto i calcinacci sono rimasti un marocchino e un indiano, Kumar, 27 anni, originario del Punjab. Pochi minuti dopo i suoi compagni sikh si sono ritrovati davanti ai cancelli della Meta per pregare. E ora il rappresentante della comunità Singh Jetrindra riassume una tragedia tutta emiliana: «Kumar era stato chiamato dal proprietario perch´ la ditta doveva andare avanti. E lui non aveva avuto alternative. Si era presentato perch´ non poteva perdere il posto».
Ma non si pensi ad una visione dickensiana del lavoro, ad una condizione ottocentesca della fabbrica. Sono morti tutti così, ai loro posti di combattimento. I padroni e gli operai. Le formiche della pianura non sapevano che la terra le avrebbe inghiottite. Enea Grilli aveva fondato nel '73 la BBg, specializzata nei macchinari per il biomedicale. Come tutti aveva vissuto giorni di trambusto, poi, con la rapidità che solo uno sprovveduto avrebbe definito giapponese o cinese, aveva messo sul sito della società di cui era uno dei tre soci la lieta notizia: «Ripartiamo, siamo felici di comunicarvi che il lavoro da oggi riprende». Lunedì la BBg, ferita dal sisma, era di nuovo in piedi. Troppo veloce, troppo in fretta. Troppo tutto. La vendetta è arrivata ieri mattina e ha spazzato via la trincea di San Giacomo Roncole, frazione di Mirandola. Un ruggito e, poi, la polvere.
E lo stesso destino è toccato a Mauro Mantovani, il titolare della Aries di Mirandola, sempre nel distretto del biomedicale che vale, a spanne, 800 milioni di euro e cinquemila posti di lavoro. Il 24 maggio aveva dichiarato al Sole 24 ore: «È da giorni che corro su e giù per la Bassa alla ricerca di un nuovo capannone». L'aveva trovato, pure lui era stato un fulmine. Pure lui è stato così veloce da arrivare prima della coda del terremoto. Ma ieri era tornato nella sede vecchia per completare il trasloco e per fare prima si era fatto accompagnare dal figlio e per essere più sicuro si era fatto scortare da due vigili del fuoco. Gli altri si sono salvati, lui è rimasto sotto le macerie. E ora, come l'ingegnere volontario, passa direttamente dalle pagine della cronaca a quelle del lutto.
Sono morti ai loro posti. Tutti. Anche don Ivan Martini, 65 anni, da nove parroco di Rovereto, un puntino nella Bassa presa a morsi. La sua chiesa, Santa Caterina, era stata danneggiata dalla precedente botta. Ma anche lui non era certo rimasto a contemplare il dolore.
Ieri, come i colletti bianchi che da queste parti sono sporchi di fango e di terra era rientrato sotto le volte della sua casa spirituale. Fragile come quelle degli uomini, esposta al dolore e alla sofferenza patiti dal Cristo. Voleva recuperare alcuni arredi, don Ivan, in particolare una statua della Madonna cui tutti in paese tenevano molto. Perchè da queste parti il culto dell'officina va di pari passo con il buon cibo e con la devozione che nemmeno il comunismo - e basta leggere don Camillo per capirlo - ha sradicato. Con lui c'erano due vigili del fuoco che l'hanno scampata. Lui no, è morto sul colpo. Come i due frati di Assisi sepolti il 26 settembre 1997 dagli affreschi di Giotto.
Sì, erano tutti ai loro posti. Anche Sergio Cobellini, 68 anni, di Concordia. Era pensionato, era uscito per andare a prendere un caffè, indugiava, lui che adesso poteva, davanti alla tazzina fumante. Un comignolo l'ha centrato. Millimetrico come un cecchino.
................................................
http://it.euronews.com/2012/05/30/emilia...r-16-mila/
Notte all’aperto e di paura per quasi 16 mila sfollati. Agli oltre 7 mila del 20 maggio si sono aggiunti gli 8 mila del 29. Il modenese Sedici i morti, un disperso. Sono crollate case, fabbriche, chiese, edifici storici.
Le località più colpite tutte nel modenese, ma si sono registrati danni anche in Veneto e Lombardia.
E, soprattutto, la terra non smette di tremare. Lo sciame sismico prosegue e terrorizza le popolazioni.
“Abbiamo paura. L’appartamento non è disastrato, non ha avuto dei danni, però abbiamo paura. Quindi siamo scesi, abbiamo le tende. Mio figlio sta gonfiando i materassini”.
Molti si erano già rimboccati le maniche per riavviare le attività. Nonostante i sismologi avessero avvertito che il peggio poteva ancora dover arrivare. Per qualcuno è stata una scelta fatale.
Un amico di uno degli operai rimasti schiacciati dal crollo di un capannone ha commentato così la vicenda: “penso fosse stato avvisato che era agibile di conseguenza, come gli altri, è venuto a lavorare. Nel momento in cui ci viene data l’agibilità noi siamo tranquilli. Sono gli esperti che fanno questi controlli. Sono loro a dirci ‘va bene, è a posto’”.
Il governo ha assicurato rapidi interventi. Il popolo del web e alcuni esponenti politici chiedono un primo segnale: l’annullamento della parata del 2 giugno e il suo costo (circa 3 milioni di euro) devoluto alle popolazioni terremotate.
-----------------------------------
E il governo alza subito la benzina di 2 cent
............Anna Maria Cancellieri, ha detto che "i morti dell’Emilia sono morti sul lavoro e sono soprattutto imprenditori e operai". Poi, soffermandosi sui possibili rischi di infiltrazione nella ricostruzione, la responsabile del Viminale ha spiegato che "tutto si farà nel rispetto delle normative e verranno effettuati i controlli necessari. Sarà fatto un lavoro serio".
-----------
Domanda : questa gente qui ( membri del governo nominati dopo uno colpo di stato ma a norma costituzionale) devono sempre aggiungere il termine "SERIO" ogni qualvolta che dicono delle banalità che puntualmente non mantengono e che di fatto se ne fregano di quello che sta succedendo?
Cher
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 02-06-2012 10:39
Terremoto in Emilia, fuggono gli stranieri che lavorano Tendopoli invase da disperati
Gianpaolo Iacobini - 02 giugno 2012, 09:14
http://www.ilgiornale.it/cronache/terrem...comments=1
E dopo il terremoto, è emergenza migranti: gli operai extracomunitari delle fabbriche emiliane tornano nei Paesi d'origine. Al loro posto, arrivano stranieri disperati. Che occupano le tendopoli e lasciano senza brande né pasti gli abitanti del luogo............
................. «Qui a Medolla», testimonia una veterinaria in cambio dell'anonimato, «l'80% delle tendopoli è occupato da extracomunitari. Per carità: molti sono d'aiuto, ma specie tra i musulmani ve ne sono tanti che protestano persino per il cibo, perché nel ragù c'è carne di maiale ». Ma c'è dell' altro: «C'è gente che ha chiamato i parenti da altre parti d'Italia, come fosse una festa alla quale invitare ospiti. Il risultato? Molti cavezzesi si vedono dare 3 euro al dì e non hanno neppure dove dormire. E pensare che lo Stato ne spende 35 al giorno per quelli che sbarcano a Lampedusa. Non chiediamo di essere trattati meglio di loro, ma che ci trattino allo stesso modo». E mentre nel comprensorio si diffondono voci di casi di scabbia e di tubercolosi, l'indignazione trova riscontro qualche chilometro più in là. A Mirandola e a Finale Emilia i Carabinieri sono dovuti intervenire in più di un'occasione per riportare la calma. «La tensione è palpabile», racconta a un posto di blocco il capitano dell'Arma Giorgio Feola, coi suoi uomini impegnato nelle attività antisciacallaggio. «Posti letto e servizio mensa sono i momenti critici della giornata: le lunghe fila che si formano spesso sono animate da liti e scontri innescati dalla massiccia presenza di extracomunitari provenienti da altri paesi ».Il fenomeno,già segnalato dalle cronache locali, è stato ieri ufficialmente denunciato dalla Lega.
Cancellieri in visita a sorpresa tra i foulard di Venaria Reale
Visita fuori programma per il ministro Annamaria Cancellieri che dopo la riunione in prefettura a Torino, ha chiesto di poter ammirare la residenza sabauda, con i suoi giardini e le opere d'arte custodite all'interno. «È tutto magnifico» ha esclamato più volte il ministro dell'Interno, che si è mescolata - insieme alla sua inseparabile scorta- agli altri visitatori, stupiti nel vedere quella strana comitiva aggirarsi per i grandi saloni della Reggia. Nessuno ha osato disturbare la sua passeggiata, neppure per un saluto o una foto ricordo. Incantata dai quadri e dai giardini in fiore, il ministro ha ascoltato con grande interesse la storia della dimora storica piemontese, ponendo anche molte domande. Alla fine si è soffermata a lungo nel reparto dei souvenir (nella foto proprio durante il fuoriprogramma) e la scintilla è scoccata per un bellissimo foulard con alcune immagini della Reggia, che le è poi stato donato in ricordo della visita. NaMur
Il 2 Giugno la parata degli Italiani
https://www.youtube.com/watch?feature=pl...AnL6uB-0zs
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 03-06-2012 16:27
Mi sono concesso un breve tempo di pausa, sufficiente alla riflessione ed al poter volgere, con un po’ di autocritica, lo sguardo della memoria al mio recente passato; ripensamenti, dubbi, forse qualche pentimento per cose possibili ma non fatte.
In questi giorni, sto vivendo in un camper con i miei due cani. Queste esperienze vanno pur fatte anche se con molto ritardo.
Questa condizione, non dico estrema, ma sicuramente precaria, mi ha spinto alle riflessioni che in sintesi vi pongo.
Il camper è restato fermo per lungo tempo per cui la frizione, importante organo motorio, mi ha bloccato la retromarcia; posso solo andare all’indietro.
Conclusione: sono fermo in un giardino pubblico di Roma, sacrificando così la fedeltà e l’innocenza dei miei due cani.
Ma, anche se mi potessi muovere, dove potrei andare e quanto lontano, visto il costo della benzina?
La crisi italiana è il risultato di una macchina ferma da tempo che non riesce più a muoversi se non all’indietro, nel regresso sociale, morale, civile e politico.
La frizione, che io paragono ai recenti governi, non riesce a ingranare la prima per andare avanti.
Sono arrivati i tecnici, meccanico, elettrauto ecc. ecc., ma il danno è talmente annoso e costoso che si prevede un lungo periodo di lavoro senza alcuna garanzia.
Il meccanico che ho chiamato mi ha avvertito che bisogna cambiare un po’ tutto perché anche gli altri pezzi del camper si sono logorati per il tempo inattivo.
Conviene riparare o cambiare l’intera vettura? E pensare che desideravo passare dai Mari ai Monti a mio piacimento!
Intanto i miei cani soffrono perché lo spazio e la loro libertà si è ridotta.
Anche gli italiani soffrono e, non essendo cani fedeli ed innocenti, esseri umani con qualche Grillo nella testa Di Pietra, non si adattano, non comprendono, protestano contro questo maldestro “padrone di casa”.
Nel nostro paese non vi è più un lavoro sicuro, l’unico è quello del furto che impiega, a tutti i livelli, troppi concittadini, liberi di evadere le tasse.
Un’ultima curiosità:
Questa mattina alle 7 circa, si è fermata un’auto dei carabinieri e l’appuntato doverosamente mi ha chiesto i documenti.
Dopo aver capito che ero un giornalista e non uno zingaro (a cinquanta metri da me vi sono tre vetture di nomadi) mi hanno chiesto scusa ed hanno riso quando ho affermato : “..non ci vuole poi tanto per essere scambiati per zingari, io ce la sto mettendo tutta…”
Quanto vi ho scritto è pura verità.
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 04-06-2012 14:02
Salva Italia, l'Adusbef: multa per antiriciclaggio a nipoti e affittuari
Laura Muzzi - 04 giugno 2012, 12:19
Siete titolari di libretti di risparmio al portatore? Attenzione al saldo o potreste vedervi recapitare una multa di 3mila euro per antiriciclaggio. Il monito arriva dall’ Associazione Difesa Utenti Servizi Bancari E Finanziari (Adusbef) che ha riscontrato una vera anomalia creatasi con il recente decreto "Salva Italia".
"I titolari di libretti di risparmio al portatore – ha spiegato Lucio Golino, legale Adusbef - si stanno infatti vedendo recapitare da parte degli uffici antiriciclaggio del Ministero delle Finanze dei provvedimenti sanzionatori dell’ammontare della cospicua somma di 3 mila euro. Motivo? Il loro saldo era superiore al minimo consentito (mille euro). Ora qual è la stranezza di questa situazione? - Il Decreto antiriciclaggio del 2007 – continua Golino - aveva stabilito una soglia consentita di 12.500 euro. Recentemente con vari provvedimenti la soglia di legittimità è stata abbassata ma molte persone non sono state messe al corrente di questa riduzione e quindi si sono ritrovati nel libretto una somma superiore al consentito, senza aver fatto nulla, semplicemente per aver messo sul conto dei soldi, il cui saldo era assolutamente lecito al momento del deposito".
"La legge non ammette ignoranza", potrebbe commentare qualcuno. E a quanto si legge nell’interrogazione parlamentare presentata dall’On. Elio Lannutti, presidente Adusbef, sembra proprio che anche l’Ufficio antiriciclaggio della Ragioneria territoriale dello Stato di Roma del Ministero dell'Eeonomia e delle finanze la pensi così. Molti titolari di libretti che hanno chiamato in sede, infatti, si sono sentiti rispondere: "ignorantia legis non excusat". C’è un piccolo particolare: la stessa legge antiriciclaggio prevedeva l’obbligo di una preventiva corretta informazione al consumatore. "Banche , poste e assicurazioni – spiega Golino - erano tenute ad informare del fatto che c’era un limite alla soglia di disponibilità, cosa che non è avvenuta. E il Ministero delle Finanze cosa ha fatto? Ha immediatamente mandato i provvedimenti sanzionatori che sono del tutto illegittimi. E’ una cosa veramente indecente, in nome dell’antiterrorismo e dell’antiriciclaggio si colpisce la gente comune". Si, perché a farne le spese e a rivolgersi con preoccupazione all’associazione dei consumatori sono stati per lo più i nipoti cui i nonni hanno aperto un libretto di risparmio come nella più antica tradizione italiana. Anche gli affittuari di case, i conduttori, si sono visti recapitare multe da tremila euro perché i libretti che avevano aperto su disposizione del proprietario della casa, per pagare caparra e pigioni, oggi superano la soglia consentita.
"Ora – conclude Golino - noi abbiamo già fatto una diffida in base alla legge sulla class action alla Pubblica Amministrazione, alla stessa amministrazione delle finanze per bloccare la diffusione, la combinazione di queste sanzioni e stiamo predisponendo un modello di ricorso al giudice di pace. Non è possibile che una legge antiriciclaggio e antiterrorismo finisca per colpire la gente comune che non ha nulla a che fare con il terrorismo o l’antiriciclaggio, nonostante la legge preveda precisi obblighi a carico di Banche e assicurazioni che sono stati del tutto violati".
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 07-06-2012 21:06
Alla faccia degli sprechi Il governo (per risparmiare) si stampa 130mila mail
di Clarissa Gigante - 07 giugno 2012, 17:28
Con un'età media di 64 anni, quello in carica ora in Italia è il governo più vecchio d'Europa secondo uno studio di Coldiretti.
Eppure in questi mesi a Palazzo Chigi i Prof hanno provato, almeno nei modi, a dimostrarsi all'altezza del XXI secolo, a dialogare anche con i più giovani, a utilizzare le nuove tecnologie. L'esempio migliore in questo senso è stata l'iniziativa sulla spending review. Per identificare gli sprechi della pubblica amministrazione, infatti, l'esecutivo aveva pensato bene di chiedere ai cittadini di segnalare, attraverso un form sul sito del governo, i tagli da effettuare.
Nell'ottica del dialogo con gli italiani, una proposta virtuosa, non c'è che dire. Tanto che la risposta del Belpaese è stata più che gratificante: in un mese sono arrivate oltre 130mila email. Eppure a vedere il servizio pubblicato su Oggi la settimana scorsa qualcosa stona. Il settimanale ha infatti dedicato un ampio articolo al lavoro dei funzionari incaricati di smistare e selezionare le proposte. Nelle foto appaiono intenti a leggere le lettere dei cittadini. Tutte rigorosamente stampate. Centinaia di fogli di carta e dieci persone pagate per leggerli tutti. Non sarebbe stato meglio catalogarle direttamente sul pc? L'iniziativa non doveva servire a tagliare gli sprechi?
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 12-06-2012 13:51
http://blog.ilgiornale.it/filippi/2012/0...rno-monti/
Grande notizia: Mario Monti prova qualche sentimento. Uno solo, per il momento: il nervosismo. Abituati alla monotonia della sua voce, immutabile quando parla agli squali della finanza come agli sfollati del terremoto, siamo colpiti nel vederlo in videoconferenza stirare la bocca in un’espressione infastidita. È nervoso per avere perduto il sostegno dei poteri forti. Nell’ordine: il Corriere della Sera e Confindustria.
Il Corriere ha ospitato per anni gli articoli del Professore che spiegava alla serva Italia come uscire dalla crisi, mentre adesso preferisce le scudisciate di economisti come Alesina e Giavazzi: Monti aveva tentato di neutralizzarli cooptando uno di loro come consulente del governo, una sorta di «ministri ombra» assieme a Enrico Bondi e Giuliano Amato. Tentativo velleitario, privo di effetti, che già denotava una forte difficoltà.
Confindustria doveva essere il grande alleato per dare la spallata al sistema irriformabile: pensioni, welfare, lavoro, fisco. Un alleato naturale, visto che Monti è il numero uno della Bocconi, la fucina che dovrebbe forgiare il nostro mondo imprenditoriale. In realtà, questa alleanza è tutt’altro che scontata. La Bocconi non forma imprenditori, ma esperti di finanza, e la finanza – non l’economia reale – è l’orizzonte del premier.
Monti è l’uomo della finanza, delle banche, non della produzione, della manifattura, degli scambi reali di beni. Pensare di avere Confindustria a fianco soltanto in virtù di una contiguità lobbistica è stata una grande ingenuità, e il nodo è venuto al pettine. Le imprese hanno visto svanire anche il decreto sviluppo, e ci si chiede che cosa ci stia a fare al governo un ministro allo Sviluppo (e che tra l’altro viene proprio dal mondo bancario).
Ora Monti è l’ennesimo premier della storia d’Italia che tira a campare. La sua prospettiva è arrivare a ottobre, all’apertura del semestre bianco quando le Camere non possono più essere sciolte, e attendere che il prossimo Parlamento – verosimilmente a maggioranza di centrosinistra – lo elegga successore di Napolitano come «presidente di garanzia».
Monti ha fallito. Lo spread è a livelli «berlusconiani». Il Paese è stremato. Le previsioni sul bilancio pubblico sono sballate. La lotta all’evasione una chimera. La Rai non si tocca, al pari dell’assetto istituzionale, del sistema elettorale, del finanziamento ai partiti. Nelle prime settimane a Palazzo Chigi, Monti batteva i pugni sul tavolo, diceva «il premier sono io» e distribuiva tasse, tagli alle pensioni, recessione mettendo in riga ministri e partiti. Ora non lo fa più e il governo è diventato un campo di battaglia dove i ministri litigano un giorno sì e l’altro pure.
Monti è nervoso. Il Paese lo è da tempo.
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 12-06-2012 15:41
La solita menata, le solite opinioni infondate, il solito bla,bla,bla all'italiana.
E' già stato detto troppo se non tutto, per me l'atteggiamento critico non può produrre nulla se non ennesime ripetizioni che non cotruiscono nulla, nè destano più alcun interesse.
Le profezie lasciamole a chi non ha capacità obiettive di leggere la realtà nel suo manifestarsi. Forse un disinteressato consiglio potrebbe essere ancora ben accetto.
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 14-06-2012 18:49
E' abbastanza disinteressato come consiglio?
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 15-06-2012 10:00
Visto che il "consiglio" è chiaro, ora voglio "motivarlo"
Follia cacciare chi ha salvato l’Inps
15 giugno 2012, 08:00 di Stefano Lorenzetto
Se in una città fra le più industriose del Nordest un noto editorialista della Repubblica, un professore universitario prudente e preparato, incontra per strada il direttore del quotidiano locale e gli dice che Elsa Fornero è il peggior ministro del Lavoro nella storia d'Italia, la più incompetente nella sua smisurata presunzione, «un'autentica calamità per questo nostro Paese», forse è il caso che il premier Mario Monti cominci a considerare l'ipotesi d'essersi sbagliato. A parte piangere in pubblico (non la biasimo: capita anche a me) e farsi riprendere dai telegiornali in circostanze ufficiali col marito, l'economista Mario Deaglio, che le trotterella al fianco scodinzolante (non sta bene: legittima il sospetto che ne sia la ventriloqua), finora la tagliatrice di teste sabauda s'è segnalata solo per i pasticci che ha combinato, peraltro annunciati con un tono professorale e declamatorio che la rende insopportabile.
Per salvarsi dall'ultimo, quello dei 390.000 «esodati» che con la riforma Fornero sull'età pensionabile si ritrovano senza lavoro, senza stipendio e senza ammortizzatori sociali in attesa di un vitalizio che arriverà fra due o tre anni, il ministro pretende a gran voce la decapitazione di Antonio Mastrapasqua, presidente dell'Inps. In altre parole vorrebbe privare l'istituto della persona che l'ha fatto funzionare al meglio.
Un'aquila, questa donna. Per stare alla folgorante conclusione dell'ex ministro Renato Brunetta, «è come se la Fornero chiedesse le dimissioni della bilancia perch´ il suo peso non le piace».
Far dimettere il responsabile del più importante ente previdenziale d'Europa (24,5 milioni di iscritti e 35.000 dipendenti) ha più a che vedere con l'allergologia che con l'economia. Non so se avete presente chi erano i presidenti dell'Inps nel passato. C'è stato Massimo Paci, che arrivò al punto di sfiduciare il governo al quale doveva rispondere. C'è stato Gianni Billia, costretto a rassicurare gli italiani dai microfoni di Radio 3: «Non porteremo i libri in tribunale». Ci andò vicino. Del resto era l'Inps di Affittopoli, delle case concesse a prezzi di saldo a politici e sindacalisti. Mastrapasqua lo ebbe in consegna nel 2008, primo presidente nominato all'unanimità da Camera e Senato col consenso di Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Confindustria, Confcommercio, Confartigianato, Confagricoltura. Come l'ha gestito finora?
Qualcosa credo d'aver visto il giorno in cui il presidente mi diede appuntamento nel palazzo dell'Eur alle 8, che nel fuso orario di Roma corrispondono alle 5 del mattino di Milano. Questo manager di 52 anni, costretto a vivere sotto scorta, era già arrivato in ufficio alle 7.15, come ogni giorno, in tempo per convocare un quarto d'ora dopo i direttori dei vari dipartimenti. A quella data, dicembre 2010, aveva messo in cascina, dopo anni di passivi da brivido, un attivo di 22 miliardi di euro, oggi saliti a 23 con un patrimonio netto di quasi 41 miliardi depositati presso la Tesoreria dello Stato. Il tutto a fronte di uscite annue pari a 195,8 miliardi, che salgono a 260,8 se si conteggiano le pensioni di Inpdap ed Enpals. Pochi sanno che l'Inps eroga qualcosa come 300 servizi diversi, tanto che il suo bilancio (entrate più uscite) di 574 miliardi (750 se si comprendono anche Inpdap ed Enpals) è il secondo dopo quello dello Stato, con un'incidenza sul Pil pari al 18 per cento per il solo Inps e del 24 per cento includendo le altre due sigle previdenziali. «Si può chiudere un municipio, ma non una sede dell'Inps», mi disse Mastrapasqua in quell'occasione. «Se salta il nostro istituto, va a fuoco l'Italia. A Terzigno, provincia di Napoli, 52 abitanti su 100 sono assistiti da noi».
A me sembra che Mastrapasqua ami più di qualsiasi altro presidente del passato quello che un tempo veniva definito «carrozzone». Questione di imprinting: da bambino già faceva pazientemente la coda agli sportelli dell'Inps. I suoi genitori, Loreto e Rosanna, consulenti del lavoro, se lo portavano appresso negli uffici non potendo permettersi una baby sitter. Laureato in economia e commercio con una tesi sui fondi pensione, il presidente della Previdenza sociale è nato come commercialista esperto nel risanamento di aziende decotte, specialmente romane. Ha riportato in auge il pastificio Pantanella. Ha salvato la clinica Annunziatella. Se nel 1998 l'allora presidente della Comunità ebraica della capitale, Sandro Di Castro, e il rabbino capo Elio Toaff decisero che bisognava fare uno strappo alle tradizioni di cui sono gelosi custodi e affidarsi a lui - un goi, un estraneo - per salvare l'unico ospedale israelitico d'Europa, avranno avuto i loro buoni motivi. E infatti le tre cliniche fra l'Isola Tiberina e la Magliana, che stavano chiudendo strangolate dai debiti, con un anno di terapia Mastrapasqua sono rifiorite e oggi quelli con la stella di David vengono considerati fra i migliori istituti di cura convenzionati.
Mastrapasqua è il presidente che ha strappato alle Regioni e ai Comuni il potere di concessione delle pensioni d'invalidità, lasciando alle Asl solo la visita medica. Ha ordinato di passare ai telegiornali le immagini dei finti ciechi filmati dalle Fiamme gialle mentre leggono il giornale. Ha denunciato alla Corte dei conti, alle Procure e agli Ordini di appartenenza i medici colpevoli d'aver attestato patologie e infermità inesistenti, chiamandoli a risponderne in solido. In tal modo ha fatto diminuire del 20 per cento le domande di nuove pensioni e consentito la revoca di un altro 20 per cento di assegni indebitamente riscossi.
Mastrapasqua è il presidente che come capo dell'audit ha nominato un giovane generale della Guardia di finanza, Flavio Marica, andando a cercarselo a Bari, la regione dove si registra la maggior parte degli 1,2 milioni di cause contro l'Inps, circa il 20 per cento dei processi celebrati in Italia, un'abnormità che comporta un ulteriore esborso di 300 milioni l'anno per spese legali.
Mastrapasqua è il presidente che per primo ha avuto il coraggio di denunciare come nella sola Foggia sia pendente circa il 15 per cento dell'intero contenzioso nazionale dell'Inps e come tutti i 46.000 falsi braccianti iscritti nelle liste avessero fatto causa all'istituto. Di più: s'è recato di persona nel capoluogo pugliese a indagare e ha scoperto che l'ente previdenziale era costretto a difendersi da ricorsi presentati anche quattro o cinque volte da vari avvocati, o addirittura sempre dallo stesso legale, nell'interesse di un unico assistito e sempre per la medesima prestazione pensionistica. Risultato: su 122.000 cause, 25.000 sono state spontaneamente ritirate dalla mattina alla sera. Spesso gli avvocati le avevano avviate a nome di persone morte o inesistenti.
Se c'è un tecnico che avrebbe diritto a stare nel governo dei tecnici, questi è Mastrapasqua. Per sua fortuna, e per nostra disgrazia, dovremo tenerci la Fornero.
stefano.lorenzetto@ilgiornale.it
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 16-06-2012 10:58
Il dopo sisma può aspettare Errani finanzia le eco-feste
di Laura Cesaretti - 16 giugno 2012, 08:14
Roma - Posta messa in palio dalla Regione Emilia Romagna: 300mila euro. Domanda: fanno più comodo ai terremotati delle tendopoli di Finale e Ferrara o agli organizzatori di sagre dello gnocco fritto e di feste dell’Unità?
D’accordo, messa così la questione può avere un sapore demagogico. E senz’altro l’iniziativa del governatore Vasco Errani ha intenti assai lodevoli: ridurre la produzione di rifiuti non riciclabili e scoraggiare l’uso degli odiosi piatti di plastica usa-e-getta. Ma coi tempi che corrono, soprattutto in Emilia, era inevitabile che finisse nel mirino delle polemiche politiche. Già, perché il bando promosso dalla Regione prevede uno stanziamento di 300mila euro per la «trasformazione di manifestazioni ricreative, sportive, culturali e di valorizzazione territoriale con servizi di ristorazione in iniziative a basso impatto ambientale». Ogni organizzatore può incassare fino a 10mila euro ad evento. Come? Attraverso un sistema di valutazione che assegna punteggi a quelle associazioni promotrici che si impegnino ad usare piatti di coccio e bicchieri di vetro, ad allestire contenitori per la raccolta differenziata nei propri stand, a servire l’acqua del rubinetto in caraffa anziché la minerale in bottiglia di plastica, a servire cibi biologici e a girare a «canili e gattili» gli avanzi alimentari anziché buttarli nell’immondizia. Le associazioni promotrici di feste e sagre che otterranno il punteggio più alto incasseranno il contributo finanziario e potranno fregiarsi del marchio di «Ecofesta» attribuito dalla Regione.
Il termine per inoltrare le domande di partecipazione al bando era il 15 giugno, cioè ieri. Inevitabile che circoli il sospetto che i principali beneficiari della pioggia di contributi saranno il Pd locale e le sue feste estive, che in Emilia-Romagna per storica tradizione vengono organizzate praticamente in ogni comune. E che nei loro ristoranti hanno quasi sempre usato piatti e posate «ecologici», lavati a ciclo continuo dai volontari. «Questa delibera grida vergogna - insorge l’opposizione regionale, nella persona del consigliere Pdl Marco Lombardi - questi atteggiamenti ambientali virtuosi possono entrare a far parte del vivere comune senza la necessità di appositi finanziamenti. Mentre un ulteriore incremento di 300mila euro ai contributi per le popolazioni terremotate potrebbe essere molto più utile».
Qualche giorno fa, durante un question time in assemblea regionale, la consigliera Udc Silvia Noè aveva ufficialmente chiesto alla Giunta di destinare alla ricostruzione post-sisma i 300mila euro per le «ecofeste».
Ma dall’assessore regionale all’Ambiente, Sabina Freda, è arrivato un niet: «Proprio in questo momento di emergenza ridurre l’impatto dei rifiuti è di particolare rilevanza, perché ora l’impiantistica regionale è chiamata a gestire quantitativi aggiuntivi di rifiuti indifferenziati provenienti dalle zone più colpite dal sisma».
Le eco-feste dell’Unità sono salve.
------------------------------------------------------
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 26-06-2012 19:29
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 30-06-2012 10:54
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 01-07-2012 09:51
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 19-07-2012 09:18
http://www.ilgiornale.it/news/dai-30mila...dello.html
Dai 30mila forestali all’assegno per le orche: l’antologia dello spreco
Tutti i record negativi della Regione che adesso si ritrova sull’orlo del baratro: ai consiglieri uno stipendio da senatore con rimborsi doppi. Ecco i numeri della cuccagna siciliana
Gabriele Villa - Gio, 19/07/2012 - 08:20
Sono messi male, d’accordo. Così si sono persino inventati lo sprechino postumo, l’ultimo prima che la «loro»Sicilia venga messa in liquidazione, un contributo- benefit per il passaggio a miglior vita: 5mila euro per le spese funerarie che i loro parenti dovranno affrontare per seppellirli. Certo, nel caso degli amministratori della Sicilia, il termine «passare a miglior vita», corna e bicorna intese, si porta appresso un qualcosa di vagamente offensivo. Sarà mai possibile per loro passare a miglior vita dopo la migliore delle vite, tra agi, ozi e lussi che hanno portato la Trinacria alla bancarotta? Difficile dirlo, più facile ricordare gli sprechi.
Almeno alcuni dei troppi che hanno portato a un debito di 5 miliardi e 305 milioni, più altri 344 milioni rimborsati dallo Stato.
I CAMMINATORI
In aprile sono stati assegnati altri 300mila euro all’Aran, l’agenzia per la rappresentanza sindacale. Il governatore ha così potuto assumere: 157 nuovi autisti, 55 sorveglianti di musei (in una Regione dove se ne contano già 1.600) e 30 camminatori che poi sarebbero i «commessi di piano ». Che devono trasferire da un ufficio all’altro i documenti.E pensare che l’Ars conta oltre 16mila dipendenti oltre a 1.900 dirigenti.
AMBULANZE AFFOLLATE
Ma non per l’assistenza. Perché se è vero che in Sicilia ci sono 256 ambulanze del 118, per guidare questi mezzi sono stati assunti, negli ultimi due anni, 3.360 autisti. Il doppio dei dipendenti del 118 in tutte le altre Regioni.
IN CERCA DI GEOMETRIA
La Sicilia conta 3.500 geometri e ingegneri assunti 23anni fa per il disbrigo di pratiche di sanatoria che non sono mai state esaminate.
UN MILIONE PER 28 ANNI
Sono 31 gli enti inutili da tagliare ma che, al contrario, continuano a vivere, floridi.
Un esempio illuminante? Il Maac, il consorzio che da 28 anni cerca di costruire il mercato agro-alimentare di Catania. Fino a oggi è costato 28 milioni di euro ( quattro impiegati e cinque consiglieri di amministrazione).
PALAZZI E CUSTODI
Capolavoro dell’arte dello spreco è la Sicilia Patrimonio Immobiliare, guidata da un presidente che guadagna 105.794 euro l’anno, costituita nel 2006 per vendere palazzi dismessi della Regione ma che, fino a oggi, non ha effettuato alcuna transazione. Così come la Beni Culturali: 1.099 dipendenti per gestire i siti archeologici. Il solo Palazzo Mirto a Palermo conta 23 custodi.
QUANTO COSTA FORMAREL
a formazione professionale costa alla Regione 240 milioni l’anno. Peccato che siano in rosso 21 delle 34 società partecipate. Da pagare ci sono i dipendenti: 17.995, che con quelli delle controllate, delle sedi distaccate e dei contratti a tempo determinato arrivano a 28.796.
TUTTI GLI UOMINI DEL PRESIDENTE
Le persone che lavorano per la presidenza della Regione sono 1.385 e i dirigenti nei vari uffici sono 192. Un esercito irrobustito di quasi un terzo, l’anno scorso, con la stabilizzazione di 4 .857 precari.
PIÙ FORESTALI CHE FORESTE
Con 5 milioni di abitanti e due piccole catene montuose ( Madonie e Nebrodi-Peloritani), nonché qualche puntarella ( gli Iblei, gli Erei e il comprensorio del Sosio) la Sicilia vanta però un esercito di oltre 30mila forestali, mentre la Lombardia, con una popolazione doppia e l’arco alpino alle spalle ne ha appena 3mila. Un esempio? A Godrano, paesino di mille abitanti in provincia di Palermo, i forestali sono 190, più di quelli impiegati in tutto il Molise, dove però i cittadini sono 160mila e gli ettari a bosco sono 80 volte di più.
TROPPO CREDITO AL CREDITO
Fallimentare il credito alle piccole e medie imprese di cui si occupano l’Irfis e la Cape, azienda con 5 dipendenti e altrettanti amministratori. Ben 14 milioni investiti che, finora, non hanno sortito nulla.
LA CARICA DEI 25MILA
A Palermo sono 25mila gli stipendiati dal Comune, 10mila in più di quelli di Milano, città che però ha il doppio di abitanti. In Lombardia i dipendenti nel nuovo Pirellone sono poco più di 3mila.
MA LA BUSTA PAGA?
Ma quanto guadagnano, i 90 deputati del Parlamento siciliano? L’indennitàbase ammonta a 5.101,68 euro netti, record italiano. Ma in Sicilia, all’indennità vanno aggiunti i 3.500 euro di diaria. Poi altri 4.180 euro alla voce «spese sostenute per l’esercizio del mandato», prebende a collaboratori o portaborse.
LOMBARDO LAVORA PER TRE[/b
]Il presidente di giunta, Lombardo, considerate le indennità da governatore e da componente dell’assemblea, guadagna 15.683 euro mensili, primato italiano. Lui commenta: «Se dovessero rapportare il mio stipendio al lavoro che faccio, dovrebbero triplicarlo».
[b]IL RIMBORSO DEL RIMBORSO
I deputati del Parlamento siciliano si beccano altri 841 euro al mese (10.095,84 all’anno)come rimborso forfettario per le «spese di trasporto ». Basterebbe questo, invece c’è anche il rimborso del rimborso delle spese sostenute per arrivare in ufficio: 13.293 euro all’anno (1.107 al mese)se l’onorevole siciliano deve percorrere fino a 100 km per raggiungere la sede palermitana dell’assemblea, che diventano 15.979 all’anno (1.331 al mese) se i chilometri sono più di 100. E se invece abita proprio a Palermo s’intasca comunque 6.646 euro all’anno, 554 al mese. Queste cifre sommate a quelle precedenti portano a 14.521 euro netti al mese lo stipendio dei deputati dell’Ars. Cui per i presidenti di commissione, vanno aggiunti 2.984,55 euro lordi.
UNA TELEFONATA ALLUNGA IL DEBITO
Sprechino da 345 euro mensili (4.150 all’anno)anche per rifondere le spese telefoniche dei deputati Ars che però di recente erano stati pure omaggiati da Tim di 670 schede telefoniche che hanno subito allegramente distribuito a parenti, amici, amanti.
ORCHE A SECCO
E mentre si naufragava in una mare di debiti le uniche a stare a galla, coccolate e ben pagate sono state due orche marine islandesi, comprate per duecento milioni di lire nel 1984 dalla Regione e destinate a un parco acquatico da realizzare e mai realizzato sulla costa di Sciacca. Così le orche sono rimaste in Islanda, mantenute con un assegno «familiare » di sei milioni di lire al mese. Pare abbiano chiesto un giusto adeguamento al costo della vita.
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 19-07-2012 12:40
Nulla di nuovo sotto il cielo!
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 22-07-2012 14:23
Nulla di nuovo sotto il cielo!
Michele Greco
Figurati, manco si trova il fondo allo squallore .........!
http://www.ilgiornale.it/news/interni/co...-vita.html
"Così il luciferino Pannella è riuscito a rubarmi la vita"
Danilo Quinto si converte e subito viene trasformato in impostore: "Ho portato 45 milioni di euro in 10 anni: vi racconto come li sperperava"
Stefano Lorenzetto - Dom, 22/07/2012 - 10:31
Il re è nudo. Nudo come quella volta che ricevette un attonito Gaetano Quagliariello, facendosi trovare in ammollo nella vasca da bagno a piagnucolare: «Vorresti dimetterti proprio ora e lasciarmi così? Non ti rendi conto del dolore che mi dai?», e l'attuale senatore del Pdl non riuscì a dire nulla, «capii solo che dovevo sottrarmi e scappare», avrebbe confessato anni dopo. È devastante il ritratto di Marco Pannella che esce dalle 208 pagine del libro Da servo di Pannella a figlio libero di Dio, scritto da Danilo Quinto, per dieci anni tesoriere del Partito radicale, edito da Fede & Cultura e dedicato alla «più formidabile macchina mangiasoldi della partitocrazia italiana», così il sottotitolo, «una famiglia allargata dove tutto ciò che era privato diveniva anche pubblico, dove ci si accoppiava e ci si cornificava fra di noi, dove il massimo della gratificazione era salutare Pannella baciandolo sulle labbra quando si presentava alle riunioni mano nella mano con l'ultimo dei suoi fidanzati ventenni e lo imponeva come futuro dirigente o parlamentare».Anche Quinto a un certo punto della propria vita ha capito che doveva svincolarsi dall'abbraccio soffocante del suo attempato pigmalione e fuggire.
Alla fine c'è riuscito. Ma a che prezzo: «Tre gradi di giudizio nel tempo record di quattro anni, con una sentenza della Cassazione che, pur riducendomi la pena di oltre la metà e concedendomi il beneficio della non menzione, mi condanna a 10 mesi per appropriazione indebita, consentendo a Pannella di darmi pubblicamente dell'impostore, dell'estorsore e del millantatore. Peggio di Luigi Lusi, insomma».Il leader radicale dimentica di aggiungere che dev'essere anche un vero cretino, questo Quinto, che dal 1995 al 2005 ha procurato al partito finanziamenti per ben 45 milioni di euro, ne ha maneggiati 19.651.357 di entrate e 20.976.086 di uscite, eppure si sarebbe degnato di mettersi in tasca solo un misero 0,32% di questo fiume di denaro, cioè 206.089,23 euro, «spese effettuate con la carta di credito, facenti parte del mio stipendio, sulle quali ho persino pagato le tasse, tutte regolarmente contabilizzate, oggetto di ricevute e dichiarate nei bilanci approvati dai vari congressi», ma sulle quali la magistratura in primo grado ha evitato di ordinare una perizia nonostante l'imputato non si rifugiasse nella prescrizione, e sarebbe arrivato a sgraffignare l'astronomica somma di 2.151,77 euro nell'ultimo anno in cui era in carica, e oggi è costretto a vivere della sua povertà: «Non possiedo una casa e neppure un'auto, non ho un conto corrente, sono indebitato fino al collo, ho dovuto abbandonare Roma e rifugiarmi nella natia Bari, mantengo la famiglia con un contratto a progetto da 1.200 euro al mese che scadrà il 31 dicembre, non avrò mai diritto alla pensione».Peccato che Pannella si sia accorto solo dopo vent'anni che il suo collaboratore di fiducia era «un impostore dedito ad attività truffaldina», nonostante la conclamata bravura nel reperire tutti i mesi i soldi per pagare gli stipendi ai 150 dipendenti del Partito radicale. Una resipiscenza sopraggiunta peraltro solo il giorno in cui Quinto ha avviato una causa per vedersi riconosciuto dai giudici il dovuto, e cioè 6 milioni di euro, poi ridotti a 2: «Vent'anni di lavoro occasionale per 13-14 ore al giorno, senza contratto, senza contributi versati all'Inps, senza ferie, con presenza in sede anche il sabato, la domenica, a Natale, a Capodanno, a Pasqua. Aggiunga il mancato riconoscimento del rapporto subordinato, il mancato adeguamento dello stipendio al ruolo dirigenziale e la mancata corresponsione del Tfr». La causa è pendente davanti alla Corte d'appello di Roma.Quinto, 56 anni, giornalista, un esame mancante alla laurea in giurisprudenza, s'è persuaso che il re nudo sia la personificazione di Satana e assicura d'averne avuto una controprova il giorno in cui, dimessosi dall'incarico di tesoriere, andò a ritirare le sue poche cose nella storica sede romana dei radicali, in via di Torre Argentina, dove ha lavorato, ma sarebbe più esatto dire vissuto, dal 1987: «Mi ero fatto accompagnare da padre Francesco Rivera, un esorcista. All'uscita mi disse: Sai, Danilo, ho avvertito molto forte la presenza del diavolo in quelle stanze. Ringrazia Dio che ti ha salvato».La salvezza s'è presentata a Quinto con le sembianze di Lydia Tamburrino, un soprano originaria di Cassino cresciuta alla scuola di Franco Corelli, Placido Domingo e Montserrat Caballé, una credente dalla fede adamantina che l'allora tesoriere del Pr conobbe in una villa sull'Appia Antica, a una proiezione privata del film Diario di Matilde Manzoni di Lino Capolicchio, regista col quale la cantante lirica aveva esordito a Lucca in Bohème. «Fu un colpo di fulmine. Quando annunciai a Pannella che stavo per sposarmi, ammutolì. Come osavo? Non avevo chiesto il suo permesso! È una che conosciamo?, borbottò. Alla mia risposta, commentò con tono di scherno: Ah, allora potrà fare degli spettacoli per noi. Da quel despota che è, già considerava anche Lydia di sua proprietà. Non credo proprio, lo raffreddai. Lì cominciò la guerra per annientarmi».Profumo d'incenso e odore di zolfo, si sa, non vanno d'accordo. Forse Pannella aveva fiutato il pericolo che quella donna incarnava. Infatti sarebbe stata lei a convincere il marito che non doveva più lavorare per il Partito radicale, a farlo riaccostare alla confessione dopo 30 anni, a riportarlo a messa tutte le domeniche. «Al nostro matrimonio religioso non venne nessuno degli amici con i quali avevo condiviso un ventennio di vita, a parte l'ex segretario Sergio Stanzani, che si presentò all'aperitivo e solo per un quarto d'ora».Avrà temuto le ire del capo.«Sergio era succube di Pannella. Quando nel 1995 fu deciso che gli esponenti radicali dovevano denudarsi pubblicamente al teatro Flaiano di Roma, era terrorizzato: Se non lo faccio, Marco non mi candiderà alle prossime elezioni. Gli consigliai di andarsene in vacanza per evitare il ricatto. Ma il richiamo manipolativo del capo era troppo forte. Che tristezza vedere un uomo di 72 anni nudo in palcoscenico contro la sua volontà, con le mani sul pene, rannicchiato dietro un albero stilizzato. Se ci pensa bene, il corpo è al centro di tutta l'ideologia pannelliana, che vuole decidere come disporne e decretarne la morte, come garantirne la trasformazione nel corso della vita per assecondare le più disparate identità sessuali, come abusarne con sostanze che lo devastano. In una parola, non rispettarlo, consumarlo».I digiuni estremi bene non fanno.«Estremi ma furbi. Il suo medico di fiducia mi svelò che quando Pannella decise di bere la propria urina davanti alle telecamere del Tg2, la sera prima la fece bollire e conservare in frigo per attenuarne il sapore».In compenso nel 2002 persino il presidente della Repubblica si preoccupò delle condizioni di salute del guru e chiamò in diretta Buona domenica per indurlo a sospendere lo sciopero della sete.«Povero Carlo Azeglio Ciampi! Conservo il nastro di una riunione di partito - c'era questa mania di far registrare tutto, degna del Kgb - in cui Pannella gli dà della testa di cazzo. Un déjà vu. Marco è stato il grande elettore di Oscar Luigi Scalfaro al Quirinale, salvo definirlo don Rodrigo, eversore e fuorilegge quattro anni dopo, invitandolo a fare un passo indietro, fino al limite della galera».Se è per quello, costrinse con accuse false il povero Giovanni Leone alle dimissioni e poi andò a chiedergli scusa poco prima che morisse.«Ora coccola Giorgio Napolitano e ne loda la davvero straordinaria, quotidiana, pubblica, sapiente opera e fatica. Però negli ultimi giorni ha cambiato musica. Siccome, stando a Italia Oggi, il mio libro avrebbe stoppato la campagna per la sua nomina a senatore a vita, si lamenta a Radio Radicale perché il capo dello Stato non è un liberale, è un ex comunista di cultura togliattiana. Lui fa sempre così: quando vuole ottenere qualcosa, minaccia».Pannella è iscritto alla massoneria?«Non penso. Però mantiene con essa rapporti strettissimi. Del resto Giorgio Gaber nel monologo L'abitudine diceva: Io, se fossi Licio Gelli, mi presenterei nelle liste del Partito Radicale. Il capo della P2 fu sul punto d'essere candidato dal Pr come una qualsiasi Cicciolina. A questo scopo suo figlio Maurizio ebbe una serie d'incontri con Pannella in un albergo romano di via Veneto. Posso testimoniare che Gelli junior è stato un grande finanziatore del partito».Che altro può testimoniare?«Che Radio Radicale ripianava i debiti della Lista Pannella col denaro ricevuto dallo Stato. Non poteva farlo, era contro la legge. Con una convenzione ad hoc e senza gara d'appalto, Radio Radicale dal 1998 incassa 10 milioni di euro l'anno per mandare in onda le sedute parlamentari che potrebbero essere trasmesse gratis dalla Rai. In più la legge sull'editoria le garantisce altri 4,3 milioni di euro in quanto organo della Lista Pannella, che peraltro non ha eletti in Parlamento. Ho denunciato tutto questo allo stesso procuratore della Repubblica che mi ha rinviato a giudizio. A tutt'oggi non mi è stata neppure comunicata l'archiviazione dell'esposto. Come se non l'avessi mai presentato».Perché i radicali erano indebitati?«Pannella spende patrimoni per le sue carnevalate. La sola campagna Emma for president del 1999 per candidare la Bonino al Quirinale ci costò 1,5 miliardi di lire. All'annuncio che Marco voleva la sua cocca sul Colle, lei svenne o fece finta di svenire, non s'è mai capito bene, durante una riunione notturna in un albergo di Monastier, nel Veneto. Ha sperperato un mare di quattrini nel disegno megalomane e fallimentare del Partito Transnazionale, che aveva 20 sedi nel mondo, da Baku, nell'Azerbaigian, a New York, dove mi spedì a lavorare per sei mesi. Fu lì che vidi i solidissimi rapporti esistenti fra la Bonino, frequentatrice con Mario Monti del Gruppo Bilderberg, e lo spregiudicato finanziere George Soros, il quale nel 1999 prestò un miliardo di lire ai radicali. E fu lì che lessi il fax inviato da Pannella alla stessa Bonino quando la fece nominare commissaria europea nel 1994: Cara principessa, ora tutti s'inchineranno ai tuoi piedi».Oltre che spendaccione, che tipo è Pannella?«Un pusillanime. Nell'ultimo colloquio che abbiamo avuto, teneva gli occhi bassi. Riaffermando la mia fede cristiana, riconquistavo la libertà, e questo gli metteva paura. Pur sapendo quale vendetta mi attendeva, ho provato molta pena per lui. Qualche tempo dopo Lydia lo ha incontrato per strada nei pressi di via del Tritone. Pannella le ha voltato le spalle fingendo di guardare le vetrine d'un negozio di strumenti d'acconciatura per donna. E dire che allora non portava la fluente coda di capelli bianchi che oggi tiene annodata lungo la schiena. Non ha avuto il coraggio di girarsi neppure quando mia moglie ha recitato ad alta voce, perché lui sentisse, il Padre nostro e l'Ave Maria».Solo pusillanime?«Intelligente. Grande manipolatore. Ha attraversato 50 anni di politica italiana stando sempre nel ventre caldo della vacca, la partitocrazia, fingendo d'esserne fuori e di combatterla. La sede vera del Partito radicale è casa sua, in via della Panetteria, vicino alla Fontana di Trevi, frequentata assiduamente dai tre o quattro uomini che ha amato nel corso della sua vita. L'approvazione e l'esaltazione dell'omosessualità e della bisessualità non solo è connaturata al mondo radicale, ma rappresenta lo strumento attraverso il quale si formano le carriere politiche».Eppure cita in continuazione le Sacre Scritture.«E che cosa sa fare il diavolo, se non cercare malamente d'imitare Dio? Da anni usa una sua foto, scattata durante un incontro con Papa Wojtyla al quale partecipavano il dc Flaminio Piccoli e molti altri parlamentari, per vantarsi d'aver avuto un filo diretto con Giovanni Paolo II. Sostiene persino che il Pontefice ascoltava le sue concioni a Teleroma 56. Mi dispiace che Giovanni Maria Vian, direttore dell'Osservatore Romano, sia andato a farsi intervistare da Radio Radicale per confermare quest'amicizia inesistente. Fa il paio con la stoltezza di don Gianni Baget Bozzo, pace all'anima sua, che lo venerava e diceva di lui: Pannella in realtà è una figura interna alla cristianità italiana, non è un politico: è un profeta».Lei sta demolendo la persona alla quale ha consacrato metà della sua vita.«Lo so, e mi considero per questo un grande peccatore, che ha alimentato l'opera di devastazione che Pannella ha compiuto sull'identità cristiana di questo Paese. Ha confuso la libertà col desiderio. Ha portato l'Italia a non distinguere più il bene dal male. Ha distrutto milioni di vite umane con l'ideologia abortista. Per questa ragione combatte la Chiesa. Nella sua intelligenza luciferina, sa che gli sopravviverà».Questo è sicuro.«Prigioniero di un delirio d'onnipotenza, a 82 anni sta evitando i conti con una categoria che non gli appartiene: la morte. Dovrebbe pregare, come fa mio figlio che di anni ne ha appena 7».(605. Continua)stefano.lorenzetto@ilgiornale.it
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 23-07-2012 13:03
"Non prendo ordini da una donna": facchino musulmano si licenzia
La vicenda, raccontata dal Gazzettino, è successa al famoso hotel Danieli. L'uomo non sopportava che il suo capo fosse una donna. Dopo le dimissioni, è tornato a lavoro e ha ottenuto pure una mediazione
Nico Di Giuseppe - Lun, 23/07/2012 - 10:40
Prendere ordini da una donna? Insopportabile. Una situazione insostenibile per un facchino dell'hotel Danieli di Venezia, uno degli alberghi più famosi del mondo frequentato da personaggi illustri, capi di Stato e celebrità dello spettacolo.
E così, come raccontato da Il Gazzettino, l'uomo egiziano non ha retto il peso della subordinazione nei confronti della governante, suo diretto superiore e ha preso carta e penna rassegnando le dimissioni.
La direzione dell'hotel ha provato a spiegare al musulmano come fosse difficile cambiare la situazione dal momento che la sua capa lavorava lì da anni. Ma il facchino non ha voluto sentirne e ha lasciato il suo posto di lavoro.
Non contento, complice la crisi economica, il "ribelle" è tornato sui suoi passi, dopo una vana ricerca di un altro impiego. E fortuna ha voluto che l'albergo lo riaccogliesse a braccia aperte trovando pure una mediazione. Quale? Durante i suoi turni di lavoro, oltre alla governante, sarà presente un collega maschio che farà da "collegamento", comunicando all'egiziano le mansioni da svolgere. Insomma, una sorta di filtro umano.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 02-08-2012 14:32
http://www.loccidentale.it/node/117953
Bufale "storiche" dalle Olimpiadi passate
Alle Olimpiadi di Berlino davvero Hitler si rifiutò di dare la mano a Owens?
di Giovanni Marizza 30 Luglio 2012
È tempo di Olimpiadi e con esse tornano a galla anche certe ben riuscite bufale. Ad esempio le Olimpiadi di Berlino, svoltesi nella prima metà di agosto del 1936, sono nell’immaginario collettivo quelle di Jesse Owens, l’atleta statunitense di colore a cui Hitler si rifiutò di stringere la mano. Nulla di più falso.
Adolf Hitler, inizialmente, non era entusiasta di ospitare a Berlino le Olimpiadi, “quell’indegno festival organizzato dagli ebrei”, ma poi cambiò idea quando i suoi collaboratori gli fecero notare che l’occasione poteva essere propizia per propagandare la grandezza della Germania e la modernità e superiorità del nazionalsocialismo, soprattutto se Leni Riefenstahl, una delle migliori registe cinematografiche del Reich, avesse immortalato i Giochi sulla pellicola di celluloide. Per ottenere questi risultati era necessaria un’organizzazione capillare, scenari grandiosi e cerimoniali suggestivi, cose che vennero realizzate con grande maestria.
Negli Stati Uniti molti erano perplessi a causa dell’opportunità propagandistica che veniva offerta alla Germania e si sviluppò anche un movimento di boicottaggio ai Giochi olimpici. Lo stesso Presidente Roosevelt era favorevole a questo movimento e per meglio rendersi conto della situazione mandò a Berlino un suo inviato, il miliardario ultraconservatore Avery Brundage, che in futuro sarebbe diventato il presidente del CIO, il Comitato Internazionale Olimpico. Ma Brundage, con grande scorno di Roosevelt, tornò in patria entusiasta dell’operato dei tedeschi.
Hitler non badò a spese: fece costruire uno stadio della capienza di 100.000 spettatori vicino ad un campo di parata dove si potevano riunire addirittura mezzo milione di persone. La cerimonia di inaugurazione si tenne il 1° agosto, in un tripudio di svastiche, con 120.000 persone che gridavano freneticamente “Heil Hitler!”
Il solenne cerimoniale culminò con l’ingresso nello stadio del tedoforo che portava la fiaccola olimpica, l’ultimo dei 3.075 staffettisti che si erano dati il cambio ogni mille metri lungo i 3.075 chilometri fra Atene e Berlino. Da allora, quella procedura si sarebbe ripetuta ad ogni Olimpiade. Ma questo non fu l’unico “primato” organizzativo. Le undicesime Olimpiadi passarono anche alla storia perché furono le prime riprese dalla televisione e per il bollettino “Olympia Zeitung” stampato in 14 lingue con una tiratura quotidiana di 300.000 copie. Il numero dei partecipanti superò ogni precedente cifra: 4.066 di cui 328 donne in rappresentanza di 49 nazioni. Un altro fatto nuovo fu l’eccezionale flusso turistico alimentato dai Giochi: più di 2.000 treni speciali portarono a Berlino centinaia di migliaia di stranieri e dai locali pubblici sparirono i cartelli con la scritta “gli ebrei sono indesiderati”.
Particolare cura fu dedicata alla preparazione tecnica degli atleti tedeschi, che il regime voleva che prevalessero su tutte le altre nazioni, per completare anche dal punto di vista sportivo il trionfo delle Olimpiadi berlinesi. E così tutti gli atleti della rappresentativa tedesca andarono in ritiro per tre mesi nella Selva Nera, per prepararsi degnamente.
E i risultati furono aderenti alle aspettative del Terzo Reich: la Germania si classificò prima vincendo 88 medaglie, di cui 33 d’oro, 26 d’argento e 29 di bronzo. Gli USA si dovettero accontentare del secondo posto con un numero complessivo di 56 medaglie (24 d’oro, 20 d’argento e 12 di bronzo). Al terzo posto l’Italia con 22 medaglie, di cui 8 ori, 9 argenti e 5 bronzi, anche se il terzo posto, in base agli odierni criteri di classificazione, spetterebbe all’Ungheria che guadagnò un numero complessivamente minore di medaglie rispetto all’Italia (16) ma 11 di queste erano d’oro. Seguivano la Svezia con 20 medaglie, Finlandia e Francia con 19 ciascuna, Giappone con 18, Olanda con 17, Svizzera con 15, Gran Bretagna con 14, Austria con 13, fino a concludere con Filippine e Portogallo con una sola medaglia di bronzo a testa. Le potenze di quello che da lì a quattro anni sarebbe diventato l’Asse, dunque, si aggiudicarono oltre il 40% del medagliere complessivo.
Ma veniamo alle medaglie che più ci interessano, quelle di Jesse (diminutivo di James) Cleveland Owens. Il nostro era un atleta di colore, nato il 12 settembre 1913 a Oakville in Alabama, da Henry e Emma Owens, ultimo di dieci figli. Alle Olimpiadi del ’36 vinse quattro medaglie d’oro: nei 100 e 200 metri piani, nel salto in lungo e nella staffetta 4x100.
Nella gara del salto in lungo chi si classificò quarto con la misura di 7,73 e mancò il podio di un soffio fu l’italiano Arturo Maffei, un grande dell’atletica italiana, nato a Viareggio il 9 novembre 1909, che iniziò la sua brillante carriera sportiva nel 1926 nel calcio, come portiere di una squadra parrocchiale di Peretola. Maffei vinse otto titoli di campione d’Italia fra il 1930 e il 1940, vestì per 25 volte la maglia della nazionale e partecipò due volte ai campionati europei. Quando ottenne il quarto posto a Berlino fu proprio Jesse Owens a congratularsi con lui e a definirlo il “miglior stilista” della competizione.
Ed è proprio Maffei a smascherare la diceria delle presunte mancate congratulazioni di Hitler a Owens.
Maffei, infatti è stato testimone oculare dell’episodio e ci racconta nei minimi dettagli come si svolse la faccenda della stretta di mano. Le cose andarono esattamente così. Alla fine della gara del salto in lungo Hitler volle congratularsi personalmente con gli atleti; scese dalla tribuna e si presentò al cospetto di Owens, a meno di un metro da lui. Il fatto stesso che Hitler scese dalla tribuna per incontrare Owens fa di per sé giustizia della diceria secondo la quale il dittatore “non volle salutare un negro”. Se non avesse voluto farlo, avrebbe abbandonato lo stadio senza incontrare gli atleti, o semplicemente sarebbe rimasto in tribuna.
Ma c’è dell’altro. Hitler, dunque, arrivato davanti a Owens lo salutò per primo, alzando il braccio destro nel saluto nazista. Owens non poteva certo rispondere con il braccio teso e perciò allungò la mano verso Hitler. Costui, vedendo che Owens gli allungava la mano, abbassò il braccio teso e allungò a sua volta la sua mano verso quella dell’atleta, per stringergliela. Ma proprio in quell’attimo Owens, forse ricordandosi di essere un militare, portò la mano destra alla fronte salutando Hitler con il classico saluto militare mentre il dittatore tedesco rimase per un attimo con la mano tesa. “A questo punto, decidete voi chi non diede la mano a chi”, conclude Maffei.
Ma se c’è una testimonianza che toglie ogni dubbio, è quella dello stesso Owens, che descrive nelle sue memorie anche ciò che accadde dopo la premiazione: “Dopo essere sceso dal podio del vincitore, passai davanti alla tribuna d’onore per rientrare negli spogliatoi. Il Cancelliere tedesco mi fissò, si alzò e mi salutò agitando la mano. Io feci altrettanto, rispondendo al saluto. Penso che giornalisti e scrittori mostrarono cattivo gusto inventando poi un’ostilità che non ci fu affatto. E ancora: “Hitler non mi snobbò affatto, fu piuttosto Franklin Delano Roosevelt che evitò di incontrami. Il presidente non mi inviò nemmeno un telegramma”.
Owens e Hitler, dunque, si incontrarono, si salutarono, scambiarono anche qualche parola e vollero pure stringersi le mani. Se quelle due mani non si incontrarono materialmente, ciò non è dovuto al fatto che una era bianca e l’altra era nera, ma fu dovuto semplicemente al caso, ai diversi modi di salutare tipici dei due. L’episodio in sé, pertanto, è un episodio assolutamente normale, banale, banalissimo per non dire insignificante, e oggi nessuno ne parlerebbe se nel frattempo non fosse scoppiata un’altra guerra mondiale.
Cinque anni e mezzo dopo le Olimpiadi di Berlino, infatti, con l’attacco giapponese a Pearl Harbor, USA e Germania entravano in guerra fra di loro. A quel punto si poteva già fare una previsione: con la vittoria degli USA, Hitler sarebbe passato alla storia (fra le tante altre cose) come quel razzista che si rifiutò di dare la mano a Owens; con la vittoria della Germania, invece, Owens sarebbe stato ricordato da tutti come quello screanzato che non volle dare la mano a Hitler. Come noto, l’ipotesi che si verificò fu la prima e oggi tanti sono convinti, a torto, che Hitler si rifiutò di incontrare Owens, un “povero negro” che veniva dal paese della democrazia.
Democrazia? Quanto la democrazia americana fosse razzista, Jesse Owens lo sapeva meglio di chiunque altro. Lo sapeva fin dal 1922, quando frequentava la Fairmont Junior High School di Cleveland, naturalmente in una classe di bambini di colore, perché negli USA c’era la segregazione razziale. Lo sapeva fin dal 1930, quando frequentava la East Technical School, naturalmente in una classe di ragazzi di colore, perché negli USA c’era la segregazione razziale. Lo sapeva fin da quando frequentava la Ohio State University, naturalmente in una classe di studenti di colore, perché negli USA c’era la segregazione razziale. Lo sapeva fin da quando si allenava nell’atletica leggera. Poco prima di attraversare l’Atlantico per partecipare alle Olimpiadi di Berlino sperimentò a sue spese cos’era il razzismo, quella volta che in un ristorante solo gli atleti bianchi poterono mangiare, mentre a Jesse e agli altri atleti di colore il cibo fu negato “perché erano negri”, perché negli USA c’era la segregazione razziale.
Da notare, poi, che mentre a Berlino venivano celebrate le Olimpiadi, in Spagna aveva luogo la guerra civile, con folta partecipazione straniera, sia dalla parte dei repubblicani che dei nazionalisti. Fra i 40.000 stranieri provenienti da 39 nazioni che combatterono nelle brigate internazionali contro le truppe regolari di Franco, c’erano anche parecchi americani, tutti democratici, tutti antifascisti, tutti libertari. Eppure, gli statunitensi di pelle bianca erano inquadrati nei battaglioni “Lincoln” e “Washington”, mentre quelli di colore erano inquadrati in un battaglione a parte. Da notare anche che dopo lo sbarco americano a Nettuno le tombe del cimitero statunitense vennero fatte scavare ai soldati di colore.
E dopo la seconda guerra mondiale Jesse vide l’abolizione della segregazione razziale nelle forze armate americane solo nel 1948, dodici anni dopo che Hitler gli tese la mano, ma non ancora sugli autobus, perché nel 1955 Rosa Parks, una donna nera, osò salire su un autobus per bianchi a Montgomery in Alabama e fu arrestata. Diciannove anni dopo che Hitler gli tese la mano.
E Jesse riuscì a vedere dichiarata incostituzionale la segregazione razziale nelle scuole americane solo nel 1954, ma soltanto sulla carta, perché tre anni dopo il presidente Eisenhower dovette mandare mille soldati a Little Rock in Arkansas per consentire a nove studenti neri di entrare a scuola. Era il 1957, ventuno anni dopo che Hitler gli tese la mano. E Jesse riuscì a vedere il primo “studente negro” entrare in un’università americana solo nel 1962; quello studente era uno che si chiamava James come lui, era James Meredith, che entrava nella scuola non da solo ma accompagnato da trecento poliziotti, mentre veniva accolto a sputi e con un lancio di pietre da parte degli studenti bianchi. Questo accadeva ventisei anni dopo che Hitler gli tese la mano. E per potere esercitare il diritto di voto per la prima volta Jesse Owens dovette aspettare il 1968, dopo 55 anni di vita, 192 anni dopo l’adozione della Costituzione americana, 12 anni prima di morire, 32 anni dopo che Hitler gli tese la mano.
Ma noi restiamo convinti che fosse una bufala quella della stretta di mano rifiutata.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 03-08-2012 10:18
http://www.ilgiornale.it/news/interni/co...27466.html
Così l'Italia frena i turisti cinesi
Sono innamorati del Belpaese, possono spendere molto, ma burocrazia e inefficienza li tengono lontano
Gian Micalessin - Ven, 03/08/2012 - 08:50
Più dei cinesi per ora si lamentano i ticinesi. «I torpedoni con a bordo turisti cinesi che entrano in Italia dal Canton Ticino vengono bloccati e gli occupanti perquisiti. La Guardia di Finanza cerca oggetti di valore acquistati in Svizzera, su cui far pagare l'Iva al 21%. Agli sbigottiti turisti viene fornita l'indicazione di farsi rimborsare in aeroporto: una prassi che notoriamente non funziona mai». Così Lorenzo Valla, deputato svizzero della Lega Ticinese, denunciava due settimane fa il trattamento riservato dall'Italia a un turismo che la Svizzera e altri paesi considerano assai ghiotto.Secondo Giancarlo Dall'Ara - docente di marketing del turismo e autore del libro Come accogliere i turisti cinesi in Italia - le forche caudine di Chiasso sono solo l'estremo affronto riservato dal nostro Paese a un turismo dalle smisurate potenzialità: «L'Italia scoraggia già alla fonte i turisti di Pechino imponendo complesse procedure per la concessione del visto - spiega Dall'Ara a Il Giornale.
Vittoria Mancini, presidente dell'associazione Italia-Cina, è sulla stessa linea: «I turisti cinesi continuano a essere molto attratti dall'Italia, ma raccontano di procedure per ottenere i visti assai intricate, che non facilitano l'impresa». Problemi confermati da Valeria Luo una cinese cresciuta in Italia, collaboratrice dei principali tour operator di Shangai. «Qui - racconta Valeria - ci sono troppe domande di turisti per l'Italia e troppo poco personale al consolato per sbrigare tante richieste, quindi bisogna presentare le domande almeno due mesi prima della data di partenza». «Queste osservazioni non sono soltanto esagerate, ma false - insorge da Pechino il primo segretario dell'Ambasciata Italiana Sergio Maffettone. Nel 2011 - spiega a Il Giornale - i nostri consolati hanno rilasciato un quarto di tutti i visti Schengen emessi in Cina. E quest'anno le cifre sono in aumento». Parole confermate dalla Farnesina secondo cui i tempi «dall'appuntamento al rilascio del visto per turismo» sono «in media una settimana» senza «significative differenze tra i visti di gruppo (ADS) e i visti individuali». Secondo il ministero degli Esteri, insomma, i tempi dei nostri consolati sono ormai identici a quelli degli altri Paesi europei «perché legati a procedure standard previste dal sistema Schengen».Dall'Ara, forte della sua esperienza di studioso del fenomeno, sfodera però altri dati: «Un cinese per venire in Italia deve scegliere se attendere due mesi un visto collettivo attraverso un tour operator oppure chiedere un visto individuale. La seconda opzione attira soprattutto i viaggiatori con buona capacità di spesa, ma i nostri consolati impiegano anche tre mesi per accontentarli. Per questo i cinesi si rivolgono alla Germania e poi utilizzano il visto Schengen per venire in Italia. Ma a quel punto hanno già speso gran parte dei soldi. Questo è uno spreco, vista la loro propensione alla spesa».I ragionamenti di Dall'Ara si basano sui numeri. Oggi l'Europa attira circa 3 milioni di viaggiatori asiatici, destinati a diventare 5 milioni nel 2020. Secondo un identikit della Camera di commercio italiana in Cina, hanno tra i 25 e i 54 anni, livello di istruzione elevato e arrivano dalle aree urbanizzate dove si concentra la crescita economica. Hanno insomma portafogli gonfi e sarebbero pronti a svuotarli nel Belpaese «perché - ricorda Dall'Ara - l'Italia è la meta più sognata nell'immaginario del viaggiatore cinese». A conti fatti restiamo però, la terza meta dopo Francia e Germania. La preferenza è anche questione di voli. Alitalia ha cinque voli alla settimana da Pechino a Roma, ma nessun volo diretto su Milano, servita solo da Air China. Quindi per un turista cinese è molto più conveniente arrivare nel nord Italia sfruttando la varietà di scelte offerte in termini di costi e orari degli aeroporti di Francoforte, Monaco e Parigi. «Ma così rinunciamo a un sacco di entrate - sottolinea Dall'Ara -. I 2.800 manager spediti in viaggio premio a Milano in maggio dalla Perfect China, un azienda del Guangdong, hanno speso 4.000 euro a testa di shopping oltre ai 18 milioni di euro pagati dall'azienda». A queste argomentazioni il nostro ministero degli Esteri ribatte ricordando «i circa 130mila visti rilasciati nel primo semestre 2012, con un aumento intorno al 25% rispetto allo stesso periodo del 2011, con punte che a Pechino hanno raggiunto circa il 40%». Questi passi avanti sono per il primo segretario Maffettone «la conseguenza delle modifiche introdotte nel 2010 con l'arrivo dell'ambasciatore Massimo Iannucci, quando la raccolta della documentazione per le richieste di visto è stata affidata, in linea con gli altri Paesi europei, a due agenzie esterne riservando dell'ambasciata solo la fase decisionale».Anche qui non manca la polemica. Nell'innovazione qualcuno individua un possibile conflitto d'interessi in quanto la fondazione Italia-Cina di Cesare Romiti, una delle due vincitrici dell'appalto, ha tra i propri «consiglieri strategici» proprio l'ambasciatore Massimo Iannucci. La Fondazione chiusa per ferie non fornisce chiarimenti. La Farnesina, sentita da Il Giornale, preferisce guardare al sodo e ricorda come i dati «confermano chiaramente che la Fondazione Italia Cina, selezionata secondo le procedure previste dalla normativa vigente, stia facendo un ottimo lavoro». Maffettone, invece, evidenzia da Pechino i risultati economici dell'outsourcing: «Se ogni visto genera affari per 3.000 euro, il nostro lavoro garantisce oggi circa un miliardo di euro d'entrate. Senza considerare i 70 euro a visto che producono 15 milioni di euro all'anno. Quindi le nostre scelte funzionano e generano redditi». Dall'Ara replica ricordando il caso degli Usa, dove le previsioni attribuiscono al nuovo turismo in arrivo da Cina e Brasile la capacità di garantire entro il 2020 850 miliardi di dollari d'entrate e un milione e 300mila nuovi posti di lavoro: «A gennaio Obama, dopo aver visto quelle cifre, intimò di abbassare da tre mesi a tre settimane i tempi dei visti per brasiliani e cinesi. I consolati americani si sono adeguati all'ordine in due mesi. E senza ricorrere ad agenzie esterne».
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 04-08-2012 10:41
Lo "Spettacolo" continua, le repliche sono puntuali ed "inesorabili".Lo spettacolo che va in scena, ormai da più di un anno, sui palcoscenici di tutta Europa e, in ripresa diretta, di tutto il mondo, pur registrando un continuo calo di spettatori, continua inesorabilmente.
La regia è sempre la stessa, gli attori gli stessi, il testo lo stesso, gli spettatori gli stessi.
"La Crisi Europea", titolo altisonante, un po' vicino alla favola di Pinocchio, alla sue bugie, al suo naso incredibile, non è soltanto la crisi dell'economia ma è, aggiungerei soprattutto, la crisi della identità e del pensiero sia esso umanistico che scientifico.
Lo spettacolo inscenato dalla politica economica di chi "può", è diventato noioso e ripetitivo, direi prevedibile.
Geppetto di turno, il burattinaio, la Merkel: inesauribile giocoliera che muove i fili di tanti burattini alla ricerca dello "zecchino d'oro".Oramai, attaccati alla televisione col naso all'insù, gli italiani sono trascinati, ora dalle deludenti olimpiadi, ora dall'enfasi della farsa spettacolare d'una commedia europea che ignora la fine, pur essendo annunciata di giorno in giorno.
Un incubo, una frustrazione disarmante.
Stiamo diventando dei perfetti handicappati muniti di protesi elettronica e di sciacquacessi musicali.E la crisi? Finchè ci sarà il calciomercato e l'Olimpiade del muscolo, la crisi può aspettare.
Intando la Merkel, fedele al Dna del suo popolo, "sempre primo della classe, conquistatore, costi quel che costi (agli altri), inflessibile e insensibile ai problemi umanistici della convivenza sociale", si prepara a non farsi sfuggire l'acquisto di "gioielli" economici di quei paesi in evidente crisi; affare che risulterebbe impossibile se questi paesi fossero aiutati a risollevarsi e non essere costrelli a eventuali svendite.
La Germania chiede all'Europa servilismo in una Europa che stenda ad essere unita anche sulle carte geografiche.
Intanto alla crisi economica fa eco la crisi del pensiero e delle identità.
In un altra parte del mondo, dove la storia segnò i confini tra la cultura orientale e quella occidentale, a Matera, si è cercato d'analizzare la crsi del pensiero ed i suoi danni: l'indifferenza, la delusione, l'apatia, la stanchezza, la mancanza di creatività e d'idee, con l'organizzare le "Olimpiadi del Pensiero" che, da come è stato segnalato e spiegato dalla stampa ufficiale, non solo non si è ancora conclusa, ma continua a suscitare interesse, attenzione e qualche polemica di chiara incomprensione ancora oggi.
Voluta dalla Stampa Federale Europea, le Olimpiadi del Pensiero, col suo suggestivo sottotitolo Vite Parallele è nata nella elaboriosa Masseria del Pantaleone che, per l'occorrenza ha aperto una Sala Multimediale destinata ad una sezione rappresentativa della Basilicata della Stampa Federale Europea.
Già è stata allestita una mostra d'arte contemporanea del noto pittore Tommaso Cascella e nel calendario futuro leggiamo nomi come Agostino Bonalumi, Walter Valentini, Matteo Basilè, Bruno Ceccobelli. E' previsto un ampio programma musicale e di teatro abbinato a tavole rotonde e confronti sui temi più scottanti delle attualità scentico-umanistiche del nostro paese oltre all'attivazione d'un laboratorio didattico scientifico volto al progresso delle scienze e dell'arte.
Intanto Angelo Loperfido che ha messo a disposizione la sua azienza "Masseria del Pantaleone" perchè vi sia un rapporto continuo della sua terra con i problemi salienti del paese, si augura che si approda a qualche soluzione o al risveglio dell'entusiasmo e della "curiosità" giovanile, assopiti dalla delusione e dalla indifferenza .
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 04-08-2012 11:18
Lo "Spettacolo" continua, le repliche sono puntuali ed "inesorabili".Lo spettacolo che va in scena, ormai da più di un anno, sui palcoscenici di tutta Europa e, in ripresa diretta, di tutto il mondo, pur registrando un continuo calo di spettatori, continua inesorabilmente.
La regia è sempre la stessa, gli attori gli stessi, il testo lo stesso, gli spettatori gli stessi.
"La Crisi Europea", titolo altisonante, un po' vicino alla favola di Pinocchio, alla sue bugie, al suo naso incredibile, non è soltanto la crisi dell'economia ma è, aggiungerei soprattutto, la crisi della identità e del pensiero sia esso umanistico che scientifico.
Lo spettacolo inscenato dalla politica economica di chi "può", è diventato noioso e ripetitivo, direi prevedibile.
Geppetto di turno, il burattinaio, la Merkel: inesauribile giocoliera che muove i fili di tanti burattini alla ricerca dello "zecchino d'oro".Oramai, attaccati alla televisione col naso all'insù, gli italiani sono trascinati, ora dalle deludenti olimpiadi, ora dall'enfasi della farsa spettacolare d'una commedia europea che ignora la fine, pur essendo annunciata di giorno in giorno.
Un incubo, una frustrazione disarmante.
Stiamo diventando dei perfetti handicappati muniti di protesi elettronica e di sciacquacessi musicali.E la crisi? Finchè ci sarà il calciomercato e l'Olimpiade del muscolo, la crisi può aspettare.
Intando la Merkel, fedele al Dna del suo popolo, "sempre primo della classe, conquistatore, costi quel che costi (agli altri), inflessibile e insensibile ai problemi umanistici della convivenza sociale", si prepara a non farsi sfuggire l'acquisto di "gioielli" economici di quei paesi in evidente crisi; affare che risulterebbe impossibile se questi paesi fossero aiutati a risollevarsi e non essere costrelli a eventuali svendite.
La Germania chiede all'Europa servilismo in una Europa che stenda ad essere unita anche sulle carte geografiche.
Intanto alla crisi economica fa eco la crisi del pensiero e delle identità.
In un altra parte del mondo, dove la storia segnò i confini tra la cultura orientale e quella occidentale, a Matera, si è cercato d'analizzare la crsi del pensiero ed i suoi danni: l'indifferenza, la delusione, l'apatia, la stanchezza, la mancanza di creatività e d'idee, con l'organizzare le "Olimpiadi del Pensiero" che, da come è stato segnalato e spiegato dalla stampa ufficiale, non solo non si è ancora conclusa, ma continua a suscitare interesse, attenzione e qualche polemica di chiara incomprensione ancora oggi.
Voluta dalla Stampa Federale Europea, le Olimpiadi del Pensiero, col suo suggestivo sottotitolo Vite Parallele è nata nella elaboriosa Masseria del Pantaleone che, per l'occorrenza ha aperto una Sala Multimediale destinata ad una sezione rappresentativa della Basilicata della Stampa Federale Europea.
Già è stata allestita una mostra d'arte contemporanea del noto pittore Tommaso Cascella e nel calendario futuro leggiamo nomi come Agostino Bonalumi, Walter Valentini, Matteo Basilè, Bruno Ceccobelli. E' previsto un ampio programma musicale e di teatro abbinato a tavole rotonde e confronti sui temi più scottanti delle attualità scentico-umanistiche del nostro paese oltre all'attivazione d'un laboratorio didattico scientifico volto al progresso delle scienze e dell'arte.
Intanto Angelo Loperfido che ha messo a disposizione la sua azienza "Masseria del Pantaleone" perchè vi sia un rapporto continuo della sua terra con i problemi salienti del paese, si augura che si approda a qualche soluzione o al risveglio dell'entusiasmo e della "curiosità" giovanile, assopiti dalla delusione e dalla indifferenza .
Michele Greco
forse dovevi postarlo qui:
http://www.nuclearmeeting.com/forum/show...hp?tid=380
o più semplicemente nel settore o thread dedicato : Laboratorio di Idee
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 06-08-2012 11:22
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/c...27812.html
"Così la Sardegna fa fuggire i turisti"
Il lettore (con barca) scappa in Corsica dove c'è gasolio meno caro, porti economici e cani in libertà
Massimiliano Spina - Lun, 06/08/2012 - 09:17
Premetto di essere un amante della vacanza in barca, frequento da molti anni la Sardegna che amo, sostengo e promuovo tra i miei conoscenti, soprattutto il suo nord, la Gallura, l'Asinara, la Costa Smeralda, l'arcipelago de La Maddalena. Sono anche molto nazionalista e poco incline all'esterofilia. Quest'anno però con la mia barca a motore di 15 metri la vacanza l'ho passata per i primi quindici giorni nel sud della Corsica, tra Porto Vecchio e Bonifacio e le sue numerose anse e isolette, prima di spostarmi in Sardegna, dove ora mi trovo.
Purtroppo la differenza è schiacciante. Cominciamo col dire che in Corsica il gasolio costa 1,45 euro al litro, contro l’1,85 della Sardegna: 40 centesimi in più significa 4 euro in più ogni 10 litri. Considerando che imbarco 2000 litri la spesa è di 800 euro ogni pieno!!! Avrò anche la barca, ma mica trovo i soldi per strada... A Porto Vecchio ho pagato 70 euro a notte, a Bonifacio, tra i posti più chic della Corsica, 104. In Italia mi hanno chiesto 187 euro a Porto Ottiolu, (un porticciolo poco frequentato, 50 chilometria sud di Olbia) 208 euro a Marina di Puntaldia, davanti Tavolara, 380 euro a Porto Rotondo:non oso pensare quanto mi avrebbero chiesto a Porto Cervo... Ma dico io, passi per Porto Rotondo e Porto Cervo, che sopravvivono, mezzi vuoti, grazie a russi, arabi e ai sempre più rari ricchi nostrani, ma come può permettersi un Porto Ottiolu semisconosciuto, carino quanto vuoi, a chiedere quasi il triplo di un porto còrso? I risultati sono evidenti: i nostri porti sono semivuoti, gli operatori dell'indotto si lamentano, i cartelli vendesi/affittasi non si contano. Bisogna tenere presente che una barca lascia una scia di denaro proporzionale alla sua dimensione (ormeggio, gasolio, manutenzione, spesa, shopping, ristoranti, escursioni, biglietti aerei, nave), ed è quindi un tesoretto da non lasciarsi sfuggire.
Si lamentano ma non fanno nulla: i prezzi sono gli stessi di due o tre anni fa, quando l'economia ancora correva, neanche un centesimo di sconto. Mia moglie ha bisogno del centro estetico a La Maddalena? Il sabato pomeriggio è chiuso. Lavoreranno tanto d'inverno?... In Corsica c'è il Parco Marino delle Bocche di Bonifacio, zona soggetta a restrizionidipescaeadivietidiinquinamento assortiti, ma si va dappertutto. Gratis. Qui abbiamo il Parco de La Maddalena a pagamento: o meglio dopo aver pagato l'ormeggio la notte devo ripagare per farmi il bagno di giorno circa 30 euro senza nulla in cambio. I gavitelli per l'ormeggio gratuiti sono pochissimi, quindi o calo la mia ancora («rovinando» il fondale, ma visto che pago posso...) o devo pagare ulteriormente i concessionari che hanno messo le loro boe. Così in un giorno pago tre volte: per la notte, per il Parco e per la boa. Per inciso il megaporto de La Maddalena realizzato in occasione del G8 è deserto. Poveri soldi nostri...
Aggiungiamopoicheilsottoscritto è unità cinofila della Scuola ItalianaCanidaSalvataggio, quelladelcane di Totti, e volontario della Protezione civile, quindi mai andrei in vacanza senza il mio cane. Le spiagge dellaSardegnasonoovunquevietate ai cani, salvo una piccola spiaggia a Caprera, ovviamente a pagamento. In barba alla normativa generale che lascia la possibilità ai comuni di riservare tratti di spiaggia ai nostri piccoli amici. In Corsica TUTTE le spiagge sono aperte ai cani, eppure non troverete un solo escremento sulla sabbia (proprio come sui nostri marciapiedi italiani...). Lasciamo perdere il lato affettivo della cosa: non pretendo che tutti amino i cani, ma guardiamo il business? Aprire le spiagge, o parti di esse, ai cani, richiamerebbe i loro padroni che sono tanti. E invece sapete dove vanno? In Corsica. Addirittura nei bar còrsi quando mi siedo al tavolino mi portano, senza che io l’abbia richiesta, una ciotola con l'acqua. A Budoni, quattro case sperdute lungo la provinciale sarda, sono entrato dal barbiere per tagliarmi i capelli. Dentro non c'era nessuno, ma non mi hanno fatto entrare lo stesso perchè avevo il cane (forse avevano pauracheperdesseilpelo?...). Ilbarbiere ha rinunciato così al guadagno, per poi lamentarsi magari di non avere clienti. Libero di farlo, ma anche io sono libero di portare i miei soldi altrove.Per concludere e a proposito di sprechi vorrei fare un accenno ai mezzi navali che incontro massicciamente in Sardegna, ma non solo: Guardia Costiera, Finanza, Polizia, Carabinieri, Vigili del Fuoco, PoliziaProvincialeeperfinoCorpoForestale, che è come trovare la Capitaneria di Porto a Vipiteno. Tutti costi moltiplicati. In Corsica incontro, e solo quando serve, unicamente i mezzidellaSnsm(SocietàNazionale di Salvataggio in Mare).
Ecosìsonoinpartenza. Imieiultimi dieci giorni di vacanza tornerò a passarli in Corsica, spenderò molto menoeilmiocanecorreràfelicesulla spiaggia. E mi taglierò finalmente i capelli. Con l'amaro in bocca...
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 10-08-2012 12:07
http://it.euronews.com/2012/08/08/spagna...-alimenti/
Spagna: cassonetti sigillati a Girona per impedire recupero alimenti
08/08 14:54 CET
La Spagna in crisi sigilla i cassonetti. Accade a Girona, vicino Barcellona, dove l’amministrazione comunale ha deciso di mettere i lucchetti ai bidoni dei rifiuti nei pressi dei supermercati. Perché un fenomeno prima riservato ai senza fissa dimora – quello di frugare tra i rifiuti per trovare da mangiare – si è allargato anche ai nuovi poveri: famiglie monoreddito e anziani.
“Tanti prodotti deperibili vengono gettati via anche se possono essere consumati ed essere di grande aiuto. Questi prodotti sono quello che queste persone cercano. Tuttavia, il governo regionale e la Caritas e tutti gli agenti sociali spesso li rifiutano”.
La polizia municipale avrà il compito di censire i nuovi poveri e, in collaborazione con i grandi distributori, fornire un pacco di aiuti alimentari.
La municipalità ha attivato contemporaneamente un servizio di informazione pubblica per indirizzare coloro che ne hanno bisogno verso le mense pubbliche.
In Spagna, con la disoccupazione vicina al 25%, la classe media è piombata nella povertà e il Paese affronta il secondo periodo di recessione degli ultimi quattro anni.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 10-08-2012 12:53
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/c...28780.html
Il capo degli esattori? Non pagava multe e tasse
La difesa del dirigente: "Pignorato da Equitalia? Dimostra che sono corretto"
Fausto Biloslavo - Ven, 10/08/2012 - 09:03
A Trieste il direttore dell'agenzia delle imposte comunali non ha pagato le tasse, a tal punto che gli è stato pignorato lo stipendio.
Non solo: è riuscito, grazie a dei cavilli, a evitare fino all'ultimo pure le multe, che prendeva al volante della macchina messa a disposizione come benefit dalla società di riscossione. Con la mannaia di Equitalia sulla testa degli italiani nulla di nuovo sotto il sole, se non fosse che Paolo Cavazzoni firma la riscossione delle multe e dei tributi comunali richiesti ai cittadini di Trieste.
«Mi rendo conto che la storia fa notizia, ma approfondendo salta fuori la mia correttezza» si difende con il Giornale il direttore di Esatto spa, l'agenzia delle imposte comunali del capoluogo giuliano. Il Piccolo , quotidiano di Trieste, ha tirato fuori per primo la vicenda paradossale delle multe. Quando le prende qualsiasi triestino ti arrivano a casa con la firma di Cavazzoni per la riscossione. Il direttore aveva a disposizione, come benefit, un'Audi station wagon grigia targata DJ036ML. E poteva utilizzarla sia per lavoro, che privatamente, tutto l'anno. Oggi è al volante di una Volkswagen Tiguan, sempre intestata all'agenzia Esatto. Nel 2008, a Gorizia, corre troppo e si becca una multa per eccesso di velocità.
La contravvenzione non viene pagata. «Non lo sapevo la multa è arrivata in Comune» spiega Cavazzoni. In pratica la sede legale dell'agenzia è presso il municipio, ma quella operativa da un'altra parte e incredibilmente, anche se tutti sanno cosa sia Esatto, la multa torna indietro. Alla fine, un anno dopo, Equitalia intima all'agenzia diretta da Cavazzoni il pagamento forzato. Non solo: minaccia di mettere le ganasce a un motorino di Esatto. A questo punto il direttore è con le spalle al muro e la multa, che è lievitata a 566,31€, viene pagata e trattenuta dal suo stipendio. «Dimostra la mia correttezza. Ho dovuto sborsare una cifra maggiorata», sostiene Cavazzoni. Peccato che per gran parte delle multe dei 22 mezzi dell'agenzia, prese dei dipendenti, non risultano«inghippi»simili. E tantomeno per un altro funzionario che ha il benefit della macchina. La seconda contravvenzione garibaldina del direttore è stata presa a Modena perché «il veicolo accedeva abusivamente nella zona a traffico limitato senza autorizzazione», si legge nel verbale pubblicato dal Piccolo .
Solita storia sulle difficoltà di notifica e alla fine lo stesso direttore scrive su carta intestata di Esatto per chiedere l'annullamento. E si appella, ovviamente, al superamento dei termini di notifica di 90 giorni. Peccato che la multa da 76 aumenti a 170 €, perché non è stata pagata subito e arrivi a casa del rappresentante legale della società. Cavazzoni, che fa riscuotere le multe, non ha alcuna intenzione di pagarla. «In questo caso non c'è il rischio di una riscossione coattiva perché è stato presentato riscorso- spiega al Piccolo - Noi applichiamo la legge su noi stessi come sugli altri». Il Giornale , però, scopre, che il preciso direttore dell' agenzia delle imposte comunali, due anni fa, si è ritrovato con lo stipendio pignorato per non aver pagato delle imposte. Nell'ottobre 2010 Equitalia chiede il pignoramento a Esatto perché Cavazzoni «è debitore per imposte, tasse ed accessori, regolarmente iscritte nei ruoli resi esecutivi della somma di euro 5650,90». Alla richiesta di spiegazioni il direttore rimane per un attimo interdetto, ma poi spiega: «Si trattava di un'imposta di registro sull'eredità di mio padre, che poi ho pagato ». Peccato che prima di arrivare al pignoramento dello stipendio, proprio lui che notifica multe e tasse, non abbia saldato le cartelle esattoriali di Equitalia.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 11-08-2012 11:00
http://it.euronews.com/2012/08/10/faogli...limentare/
Fao:gli Usa sospendano produzione di bio- etanolo per evitare crisi alimentare.
10/08 18:50 CET
Gli Stati Uniti dovrebbero sospendere la produzione di etanolo per scongiurare una nuova crisi alimentare dopo quella del 2007-08 a fronte del rialzo dei prezzi dei generi alimentari registrato nelle ultime settimane.
L’impennata del costo delle materie prime agricole ha causato in luglio un aumento dell’indice mondiale dei prezzi alimentari salito del sei per cento secondo le cifre diffuse dalla Fao.
La brusca impennata di deve al rialzo dei prezzi in particolare dei cereali, sia in Europa che alla Borsa di Chicago.
In piu’ l’utilizzo delle materie prime agricole è diversificato, non sono destinate solo all’alimentazione ma anche alla produzione di biocarburanti. Sotto accusa è il granoturco che sta facendo crescere anche il costo dell’olio di semi di mais.
Alla Borsa di Chicago in due mesi il prezzo del grano è cresciuto del 25,8 per cento, il mais del 19,5 e il riso del 7,7 .
La quotazione dei cereali è aumentate addirittura del 40 per cento.
Negli Stati Uniti la previsione di raccolto si è molto ridotta per il clima torrido e la prolungata siccità. E’ l’estate pui’ calda da oltre un secolo. Altre aree del pianeta sono in emergenza per altri sconvolgimenti climatici come le inondazioni.
E quando gli imprevisti gravano sulla maggioranza dei grandi produttori si sottraggono tonnellate di derrate a disposizione della sicurezza alimentare mondiale.
Anche gli allevatori sono in difficoltà.
il 36 per cento
Copyright © 2012 euronews
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 14-08-2012 12:59
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/b...29801.html
Benzinai, controlli della Gdf. 15% irregolari
Controlli della Guardia di finanza hanno portato a numerose denunce e al sequestro di impianti manomessi per erogare meno carburante
Luca Romano - Mar, 14/08/2012 - 10:38
356 irregolarità su un totale di 2400 distributori controllati dalla Guardia di Finanza nelle ultime due settimane.
I controlli a tappeto della Gdf hanno portato denunce per 23 gestori, accusati di frode in commercio e al seguestro di 53 colonnine e pistole erogatrici, tarate per erogare meno carburante di quanto segnato sull'indicatore.
A Palermo due gestori vendevano gasolio annacquato con sostanze chimiche di scarsa qualità. In Liguria e Sicilia sono stati sequestrati 21.079 litri di prodotti petroliferi e i distributori che li erogavano. Anche in questo caso erano stati manomessi i contatori delle colonnine.
Altri 132 gestori sono stati sanzionati per violazione alla disciplina dei prezzi, 18 per la rimozione dei sigilli che assicurano il funzionamento degli impianti. In 197 casi si è avviata la procedura per la revisione degli erogatori e si dovranno tarare nuovamente gli impianti.
Le frodi sul carburante toccano tanto gli utenti delle pompe, quanto lo Stato, creando - con l'annacquamento del prodotto - delle riserve occulte, che vengono poi utilizzate altrimenti. Le fiamme gialle hanno scoperto 56 aziende di Lombardia e Piemonte che contrabbandavano gasolio installando serbatoi supplementari sui propri camion. Due pregiudicati avevano aperto a Palermo un distributore illegale, in un'area recintata
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 14-08-2012 14:21
http://www.ilgiornale.it/news/economia/t...29809.html
Uno studio realizzato dalla Cgia di Mestre rivela i dati decennali relativi all'aumento delle spese per le tariffe pubbliche. È boom delle bollette: acqua +69,8%, gas +56,7%, raccolta rifiuti +54,5%
Luca Romano - Mar, 14/08/2012 - 13:10
Negli ultimi 10 anni le tariffe pubbliche hanno fatto segnate un aumento nettissimo.
Il costo della vita è aumentato del 24%. Non così le bollette. L'incidenza di acqua, luce e gas sulle tasche degli italiani ha conosciuto un rialzo praticamente triplo rispetto a quello del costo della vita.
La bolletta dell'acqua è aumentata del 69,8%, quella del gas del 56,7%, quelle relative alla raccolta rifiuti del 54,5%. I risultati emergono da un'analisi dell'Ufficio studi della Cgia di Mestre, che ha analizzato i prezzi nel decennio 2002-2012.
Aumenti notevoli si sono registrati non soltanto sulle spese per le utenze, ma pure per i biglietti ferroviari, in rialzo del 49,8%. Così come per i pedaggi autostradali, su del 47,5%, per l'energia elettrica, del 28,2% e per i servizi postali, del 28,7%. Un decremento del presso si è fatto sentire invece sulle spese per la telefonia.
"L'introduzione dell'euro centra relativamente poco - commenta Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre -. Questa impennata dei prezzi, almeno per alcune delle voci analizzate, va ricondotta al costo sempre più crescente registrato dalle materie prime, in particolar modo dal gas e dal petrolio, dall`incidenza delle tasse e dei cosiddetti oneri impropri, che gonfiano enormemente le nostre bollette, e ai modestissimi risultati ottenuti con le liberalizzazioni".
--------------------------------------------------
http://it.euronews.com/2012/08/13/eon-ch...riplicati/
E.On chiude i conti semestrali con utili triplicati
13/08 19:14 CET
E.On, primo produttore tedesco di energia, ha reso noto i dati relativi al primo semestre del 2012: un risultato molto positivo grazie all’accordo con Gazprom.
Nel periodo in esame l’utile netto è triplicato passando dai 948 milioni di euro contabilizzati nel primo semestre del 2011 agli attuali 3, 13 miliardi di euro.
Il motivo della crescita è dovuto a numerosi fattori. Prima di tutto gli effetti allo stop al nuclere che avevano pesato sullo stesso periodo dello scorso periodo dello scorso anno.
La seconda, e la piu’ importante, è l’intesa siglata con il colosso russo Gazprom.
A fine luglio, E.On aveva annunciato la chiusura di un nuovo accordo sul prezzo del metano in arrivo dai campi della Siberia: grazie all’effetto retroattivo, il risparmio per l’azienda si aggira attorno al miliardo di euro all’anno.
E.On è ottimistica sul suo futuro. L’utile netto sull’intero anno dovrebbe essere compreso in una forchetta compresa tra 1 4,1 e i 4,5 miliardi di euro.
Un contesto favorevole cui si aggiunge il drastico piano di taglio dei costi senza dimenticare la domanda in calo dell’elettricità in Europa.
I risultati semestrali non sono dunque una sorpesa in quanto un’anticipazione era stata data la settimana scorsa. A Francoforte il titolo dopo avere guadagnato piu’ del 2% chiude con un calo dello 0,90%
More about: Germania, Settore dell’elettricità
Copyright © 2012 euronews
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 15-08-2012 12:14
Vorrei lasciare alcune considerazioni sull'attualissimo problema dell'ILVA di Taranto.
Quello dell’ILVA è un problema serio.
Un problema che si trascina da troppi anni e che desta stupore per essere stato sollevato solo oggi con apparenti soluzioni drammatiche e contrastanti.
Tra le “bufere” scatenate dal governo Monti, questa che si è abbattuta su Taranto, non ha fatto altro che rinnovare l’annosa rivalità tra politica e magistratura che con Berlusconi era, sembrava, in una fase stagnante se non ridicola.
Dopo “mani pulite” ci sembra ancor più drammatica ed inconcludente la “moratoria” dell’attuale governo Monti.
Un Governo che vuole offrire una “carezza” ai lavoratori di Taranto dopo aver schiaffeggiato quelli dell’intera penisola.
Non si può non dar ragione alla Magistratura quando è in gioco la vita di migliaia di cittadini, né il governo Monti può permettersi di difendere i posti dei lavoratori dell’ILVA quando non ha avuto sensibilità e capacità di risolvere, almeno in parte, il problema della grande disoccupazione crescente nel nostro paese e la sua imperante crisi.
Anche negli aspetti più importanti e delicati del nostro paese si è evidenziato il separatismo caratteriale dell’italiano e di quanti lo rappresentano ai vertici politici e istituzionali.
L’italiano è stanco ed il suo cammino politico assume sempre di più il bianco colore dell’astensionismo, se non quello più negativo ed amorfo dell’anarchismo.
E’ possibile che l’Italia, paese del compromesso e di “stravaganti” soluzioni dell’ultima ora, non sappia trovare un verbo al positivo che, congiuntamente, possa essere coniugato da Politica e Magistratura?Viene naturale osservare e considerare, infine, che lo sviluppo progressivo e tenace d’una società, cammini pari passo con le alienazioni sociali, con il consumismo, con la simulazione, con l’inquinamento del pianeta, con il progressivo addomesticamento dell’individuo ridotto ormai, nella sua vita privata, come in quella lavorativa, a non essere altro che un’appendice di una iperrealtà elettronica.
La raffinatezza dei suoi modellati (auto, aerei, telefonini, design architettonici ecc.ecc.) trova contrasto con la rudezza della vita sociale, troppo superficiale ed egoistica.
La storia cancella le emozioni, le lacrime, le speranze, ma non cancella se stessa; resta con ciò che rimane dell’uomo, resta con la sua formalità cambiata dalla morte e dal tempo.
In molti di noi resta perenne l’inganno del tempo sociale; resta l’ asincronia tra il nostro tempo ed il tempo stesso, gestito dal ritmo immutevole della natura alterato da quello regolato dall’uomo sociale.
I valori primari del nostro convivio terreno sono a rischio, sono dimenticati se non allontanati per sempre.
Questi valori definiscono il concetto di libertà, che non si apprende tra i banchi della scuola, tanto meno nei laboratori delle accademie; la libertà, principio della vita innato in noi, si coltiva in silenzio nel proprio animo che si confronta, giorno dopo giorno, con le vicissitudini del quotidiano e col pensiero contemplativo di quanto intorno persiste nel vivere e nell’essere.
Chi ha diritto di decidere del lavoro e chi della vita?
Chi ritiene giusto l’uno a danno dell’altro e viceversa?
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 18-08-2012 11:45
http://www.ilgiornale.it/news/interni/co...30182.html
Così i laureati italiani diventano motore dell'industria tedesca
Cervelli in fuga ma anche grandi opportunità. Ecco l’iniziativa di un pool di università per i nostri giovani più brillanti
Vincenzo Pricolo - Sab, 18/08/2012 - 07:40
Favoreggiamento della fuga dei cervelli? Incitamento all'espatrio clandestino? Concorso esterno in esportazione di risorse strategiche? Oppure un aiuto a chi vuol cercare fortuna in un Paese che appare immune dalla crisi e, dal quale, avremo sempre da imparare in fatto di capacità organizzativa e rigore professionale?Scherzi a parte, la campagna per il lavoro italiano promossa in Germania da Alma Laurea, il consorzio che unisce 64 università italiane, si può vedere da almeno due angolazioni.
La si può giudicare negativamente, se si mette l'accento sul fatto che «i tedeschi si comprano i nostri laureati migliori». Ma la si può giudicare positivamente se, invece, si considera che «i nostri giovani avranno una chance e, anche se non dovessero tornare, saranno sempre ambasciatori del made in Italy». Il classico bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno.
Fatto sta che Alma Laurea - insieme con la nostra Ambasciata a Berlino, i Consolati, le Camere di commercio italo-tedesche e gli uffici dell'ex Istituto per il commercio con l'estero - ha lanciato un'offensiva promozionale dei neolaureati nell'ambito della quale sono state già contattate seimila grandi aziende tedesche o presenti in Germania, tra le quali Deutsche Bank, Bayer, Vishay, Schneider Electric, Bridgestone, Volkswagen, Paulaner, Bosch e Renault. Per ricordare ai potenziali interessati che tra i curricula della sua banca dati - un milione e 670mila tra neolaureati e laureati e diplomati con esperienza - ci sono anche quelli dei 28.500 laureati italiani che conoscono il tedesco a livello ottimo e dei 15mila che parlano ad alto livello sia il tedesco sia l'inglese. Tra i primi, quasi cinquemila sono madrelingua e altri duemila hanno doppia cittadinanza, italiana e tedesca. Ma nella banca dati di Alma Laurea ci sono anche i curricula di giovani italiani laureati col massimo dei voti che parlano francese, arabo e cinese e che hanno alle spalle esperienze di studio all'estero e di stage: 250mila sono ingegneri, 299mila economisti e statistici, 212mila sono laureati in giurisprudenza; e poi quasi 130mila laureati nell'area scientifica e 107mila architetti. Insomma, la meglio gioventù degli anni '10 che in mancanza di occasioni nel cosiddetto Bel Paese è disposta a cercare fortuna altrove.«Siamo convinti - spiega Andrea Cammelli, professore di Statistica dell'Università di Bologna e direttore di Alma Laurea - che mettere un laureato o diplomato capace e formato nel motore della propria azienda serva a vincere la sfida europea dello sviluppo. Sappiamo bene che nelle situazioni di carestia il contadino taglia su tutto, ma non sulla semina. E Paesi come la Germania lo hanno dimostrato». Alma Laurea offre, senza alcun onere, a imprese, enti pubblici e studi professionali, i servizi di ricerca e di selezione del personale, oltre che la pubblicazione delle offerte di lavoro.
E ad aver colto, con soddisfazione, l'opportunità di un'esperienza formativa e professionale in Germania sono già molti. Denise Ascione, 27enne romana, di madre tedesca, si è laureata in architettura alla Sapienza nel 2008, ha poi conseguito l'International master in Landscape architecture (Imla), per ottenere il quale ha studiato in Svizzera e in Germania (con frequenti escursioni nel resto d'Europa) e ha fatto tirocinio (pagato) in uno studio tedesco. Paolo Bettoli, genovese, ha 29 anni, e una laurea specialistica in scienze economiche conseguita dopo esperienze Erasmus in Austria e in Germania, dove ora vive da tre anni. «In alcuni settori - dice - la lingua può essere un ostacolo, mentre in altri può bastare l'inglese, ma deve essere ottimo. E poi in Germania sanno riconoscere la motivazione, la passione e le competenze». Terzo esempio, tra i tanti, quello di Alba Gjermeni, 26 anni, e una laurea con lode in relazioni internazionali. In Germania c'è stata prima con l'Erasmus, poi per la tesi presso l'Università di Tubinga e, quindi, a Berlino, dove vive ancora oggi, per un tirocinio all'Istituto nazionale per il commercio estero. «In Germania - fa notare - quello che conta è la bravura e vige la meritocrazia. In Italia, purtroppo, non è sempre così».
----------------------------------------
http://digilander.libero.it/lacorsainfin...rmania.htm
Un generale Inglese “ Quando noi davamo un ordine ai nostri reparti poteva succedere qualche cosa o non succedeva niente. Quando Rommel dava un ordine ai suoi reparti qualche cosa succedeva sempre, e soprattutto succedeva subito “
Così dal - Corriere della Sera - Fertilio Dario pag. 29 (18 marzo 2001)
… Scorrere oggi l' elenco delle imprese che si consorziarono nel marzo del 1942 nel «Gruppo italiano» dà uno strano senso di «orrore da normalità»: ci sono tre ingegneri romani, Rodolfo Stoelcker, Ugo Martini e Romualdo Palermo; c' è il signor Giovanni Beotti, di Piacenza; c' è l' Impresa anonima edile stradale della capitale. Nulla di veramente nuovo sotto il cielo, dal momento che fra il ‘38 e il '43, in seguito a una serie di accordi stipulati fra Roma e Berlino, si calcola che non meno di 500 mila italiani si siano trasferiti per lavoro nel Reich. In genere, però, si trattava di braccianti, operai industriali, minatori, edili. Mai prima, come avvenne invece per Auschwitz, erano state coinvolte direttamente aziende italiane.....L' intesa riguardava vari lavori di costruzione, dalla pavimentazione delle strade alla posa dei binari, dalle gettate di calcestruzzo all' edificazione di solai, dalla preparazione degli intonaci all' installazione di grondaie e docce... A dire il vero, l' accordo non parlava soltanto di Auschwitz, e riguardava 1196 operai, per la maggior parte qualificati. Durata del contratto rinnovabile per tutti: otto mesi. Compensi: dalle 228 alle 304 lire la settimana oltre alle indennità (parecchio di più delle normali paghe italiane). Unico problema, il moltiplicarsi delle fughe: molti si dileguavano e non venivano più ritrovati, oppure varcavano le Alpi e tornavano a casa. Perché scappavano? Naturalmente, per lo choc provocato da quell' «orrore della normalità».
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 19-08-2012 12:55
http://it.euronews.com/2012/07/11/napoli...atte-rosse
Napoli: non si arresta l’emergenza blatte rosse
Continua l’invasione delle blatte rosse a Napoli, tra conferme e smentite di rischi per la salute.
La delibera per le forniture di nuovo veleno insetticida è stata firmata, ma la distribuzione va a rilento.
Infuriano le polemiche.
Bagnoli e Fuorigrotta i quartieri più colpiti.
Slittata al prossimo autunno una disinfestazione completa preventiva.
-------------------------------
Un generale Inglese “ Quando noi davamo un ordine ai nostri reparti poteva succedere qualche cosa o non succedeva niente. Quando Rommel dava un ordine ai suoi reparti qualche cosa succedeva sempre, e soprattutto succedeva subito “
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 24-08-2012 13:12
http://www.ilgiornale.it/news/interni/na...31632.html
A Napoli sono abusivi perfino i cimiteri: 500 loculi fuorilegge
Un business da due milioni e mezzo di euro Denunciati tesoriere e imprenditore della banda
Massimo Malpica - Ven, 24/08/2012 - 09:16
L'ultima frontiera dell'abusivismo a Napoli e dintorni? Il cimitero. A completare l'improbabile mondo borderline che prospera sotto il Vesuvio, salta fuori la necropoli abusiva, nascosta all'interno dei confini del camposanto (quello «vero») di Torre Annunziata. Qui i carabinieri hanno scoperto 500 loculi, alcuni dei quali già assegnati in concessione, realizzati senza l'ombra d'autorizzazioni nell'area di un'arciconfraternita. Il tesoriere di quest'ultima è finito denunciato insieme all'imprenditore che ha costruito il manufatto. Il business mancato, che introduce il concetto di edilizia cimiteriale abusiva, avrebbe portato a introiti per due milioni e mezzo di euro.
Ma il camposanto aumm' aumm' chiude il cerchio di una tradizione partenopea, pittoresca ma non certo invidiabile: quella dell'abusivismo spalmato in ogni settore.
Prima di trovare riposo eterno nel sepolcro abusivo, un cittadino di questo mondo parallelo vive, naturalmente, in una casa altrettanto abusiva (nel quartiere di Pianura, per 58mila abitanti nel 2010 c'erano 70mila richieste di sanatoria), prende il caffé in un bar abusivo (a maggio a Pozzuoli ne è stato demolito uno a ridosso della Tangenziale), batte il caro carburanti facendo il pieno in un distributore abusivo (a gennaio vicino Caserta la finanza ne ha sequestrato uno con 9000 litri di gasolio mai denunciati), prende appuntamento col «dentista» abusivo (era settembre scorso quando le fiamme gialle hanno sorpreso un 39enne di Santa Maria Capua Vetere intento ad applicare una dentiera a una paziente: non aveva uno straccio di titolo).
E se la sera ha voglia di uscire, prenota il posteggio dell'auto spedendo un sms al parcheggiatore abusivo di fiducia, che provvederà a mantenere libero lo spazio per la macchina (se non finisce denunciato, come è capitato a un intraprendente 20enne lo scorso ottobre nel centralissimo quartiere Chiaia).
I suoi figli frequentano una scuola abusiva (a maggio la polizia municipale ne ha scoperta una in piazza Dante con 116 alunni, tutti stranieri), e sulla sua tavola non mancano pane, prodotto nel migliaio di forni abusivi legati alla camorra, vino, fatto con l'uva coltivata abusivamente nel terreno inutilmente confiscato al clan Nuvoletta (è successo a Chiaiano lo scorso febbraio), e cozze, allevate abusivamente nelle non limpidissime acque del porto (pochi giorni fa la polizia ne ha sequestrate 6 tonnellate tra Pozzuoli e Napoli).
A proposito di mare, in estate aprono anche tanti stabilimenti balneari attrezzati di lettini, docce, musica e bar, ovviamente del tutto abusivi (il 10 agosto a Bagnoli ne hanno chiusi due, con 80 lettini e 1400 metri quadri di spiaggia).
Qualcosa di più elitario? I posti barca abusivi nella cala di Marina Grande, a Capri (business costato una denuncia a un 34enne dell'isola). Ma il nostro uomo può anche far vacanza in stile villaggio: nel 2009, nell'hinterland napoletano, la finanza ha sequestrato un «parco turistico» - ovviamente abusivo - con 4 edifici, 161 case prefabbricate, piscine, campi da calcio e da tennis, laghi artificiali, bar, supermarket. Persino una chiesa. Manca solo il paradiso abusivo. Ma quello, a differenza delle tombe, può attendere.
---------------------------------------
............................ in fondo abbiamo un governo abusivo.............
50 secondi per comprendere dove l'uomo può arrivare...... su Marte!
http://www.youtube.com/watch?v=uvZhbz9Tg...embedded#!
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 26-08-2012 17:43
http://www.ilgiornale.it/news/interni/ci...32206.html
Ci fanno fare la fine dei greci
I professori fanno un'ondata di assunzioni a scuola anziché tagliare. Anche i bocconiani fanno campagna elettorale
Vittorio Feltri - Dom, 26/08/2012 - 07:00
Continuano a dirci che non siamo la Grecia, ma ci comportiamo come se lo fossimo.
La quale Grecia, un paio di mesi orsono, circa, nel pieno della buriana finanziaria che l'aveva stroncata, invece di abbassare la spesa pubblica, assunse 70mila statali, condannandosi a morte. Ecco, noi venerdì, grazie al governo Monti, abbiamo fatto la stessa identica cosa. Tagliare? Risparmiare? Non se ne parla neanche. Il Consiglio dei ministri, mescolando (per non dire imbrogliando) le carte, è riuscito nell'impresa di porre le basi per caricare sul groppone della pubblica amministrazione 50mila persone, cui sarà elargito regolare stipendio finché saranno in vita.
Bell'affare. Non proprio bello come quello greco, ma poco ci manca. Ne abbiamo dato notizia ieri con grande stupore nostro e, immaginiamo, del lettore che da anni sente predicare: purtroppo gli organici statali sono pletorici e andrebbero ridimensionati. Ora, anche uno sciocco sa che si può ridimensionare aggiungendo o togliendo. Dato che il governo italiano è costituito da professori coltissimi e intelligentissimi, ha pensato di annettere grasso al corpaccione già obeso della scuola e dell'università. Anziché ridurre il numero esorbitante dei docenti (e dei dirigenti) che campano di cattiva istruzione (tra le più scalcinate d'Europa), lo ha aumentato di (ripetiamo) 50mila soggetti.Se vi pare una buona idea... Confessiamo: siamo basiti e anche leggermente disgustati. È assurdo pensare che l'Italia sia in grado di salvarsi imitando (nel peggio) la Grecia. Ma tant'è. Ci tocca anche questa. Le statistiche dimostrano, comparando i nostri organici con quelli di altri Paesi più efficienti, che abbiamo più insegnanti rispetto agli altri europei e allora, non volendo rinunciare a questo deprimente primato, non ci lasciamo sfuggire l'occasione per reclutare nuovi maestri e nuovi professori, visto che qui, nella Penisola, nascono più docenti che discenti.
Da notare che scuola e università da noi costano più che altrove anche per altri motivi: nei vari istituti nazionali vi è un numero pazzesco di bidelli (superiore a quello dei carabinieri), i quali però da tempo non fanno i bidelli come una volta, cioè pulendo le aule, perché ciò non è dignitoso. Quindi che fanno? Guardano, sorvegliano, osservano che tutto sia in ordine. Alle pulizie provvedono aziende esterne ovviamente non gratis.
Capito l'antifona? I tecnici della spending review, quelli che abbiamo messo lì affinché i conti pubblici venissero risanati, rilanciassero l'economia e favorissero la crescita, non trovano nulla di più intelligente che immettere personale in un settore dove ce n'è già troppo.E chi paga? Inutile dirlo: noi, attraverso il versamento delle tasse più alte del mondo, altro record di cui non c'è mica tanto da menar vanto. Ci si domanda: perché? E la risposta è una sola: è cominciata la campagna elettorale (che si basa sull'intramontabile principio del do ut des) e, probabilmente, i signori bocconiani e affini sperano che i neoassunti, per gratitudine, ricambieranno la cortesia di aver ricevuto un posto votando coloro che glielo hanno dato. Serve del pelo; il vizio non si è mai perso.
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 30-08-2012 16:50
Caro Cher,
sai come è fatta una campana?
Se cerchi il suo significato trovi questa spiegazione:
"La campana è uno strumento musicale, appartenente alla classe degli idiofoni, famiglia degli idiofoni a percussione a battente; la percussione può essere diretta o indiretta. Per quanto riguarda lo strumento occidentale (introdotto in Europa dall'Impero romano d'Oriente poco prima dell'VIII-IX secolo d.C.), è solitamente in bronzo, utilizzato nel mondo cristiano soprattutto per scandire il tempo dai campanili delle chiese o come richiamo per funzioni, particolari ricorrenze od eventi riguardanti la comunità, e viene suonato dai campanari. Le campane si distinguono per il loro suono caratteristico, prodotto dalla percussione di un pendolo di ferro dolce detto batacchio sulle pareti interne della campana stessa."
Non trovi una certa similitudine con la politica?
C'è il campanaro che suona usando il batacchio che, urtando le pareti della campana, lascia propagare il suono.
La politica è fatta di tante campane, di tanti campanari e di tanti batacchi.
Io per esempio sono un batacchio; sono usato perchè la mia voce, per quanto modesta nel suo significare, venga propagata al "fedele" quanto a convincere l'infedele. Sono sbattuto da una parete all'altra, non importa se siano di bronzo, importante che rimandino, cambiata, addolcita, resa musicale, la mia voce.
Dico di me come potrei dire di te, di qualcuno sicuramente più influente di noi come lo fu Carlo Marx, Mao e, perchè no...Gesù Cristo.
Chiedo perdono per essermi seduto accanto a questi uomini, ma sono costretto a sedermi da qualche parte, perchè sono stanco di campane, batacchi e, soprattutto, di campanari.
Con questo tuo ultimo pezzo, sei passato egregiamente da batacchio a campanaro.....Lascia agli altri questo lavoro e siediti anche tu come pian piano stanno facendo tutti gli italiani.
Ah, dimenticavo, la campana è uno strumento musicale appartenente alla classe degli idiofoni.
Parametrando l'antico oggetto ad alcuni uomini politici, potremmo dire che dalla famiglia degli idiofoni è facile passare a quella degli idioti.
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 31-08-2012 14:52
x M-Greco .................e tu chiamalo idiota.......... ;-)
http://it.euronews.com/2012/07/26/beppe-...ncensored/
...............io sono già seduto, sulla riva del fiume e se mi concedi il proseguo con il tuo azzardo, lasciami citare qualche altro personaggio dimenticato tipo Florenskij o il più conosciuto D'Annunzio o il totalmente ignorato Ezra Pound......... come non leggere con rinnovato interesse i testi di Céline dove essere misantropi è l'unico spiraglio di logica....
Cher
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 31-08-2012 16:59
Il primo tuo rebus rimanda a Grillo, sostenendo ch'io lo abbia chiamato idiota.
Evidentemente hai avuto questo sospetto e mi auguro non solo di lui.
Comunque, per quanto mi riguarda, il Grillo parlante è la campana, il batacchio ed il campanaro. Se la canta e se la sona da solo!
In quanto a sottolineare la mia povertà culturale che mi consente citare soltanto Marx, Mao e Cristo, ti faccio notare che la storia è piena di grandi e piccoli nomi illuminanti che mi affascinano più di altri che hanno luce riflessa, quindi luminosi in apparenza.
Mi spiego: Marx non ha niente a che fare col tuo teologo russo, avrei preferito in ambito filosofico Gian Battista Vico e, più vicino a noi nel tempo, un Sartre, in quanto a Mao, ha avuto la sfortuna che prima di lui ci fosse stato un predicatore di nome Gesù Cristo. Comunque tutti e tre sfruttati dalla storia e dalla politica e giammai compresi. Hanno dato voce a molte campane stonate.
Poi mi parli di D'Annunzio e di Pound infelicemente accostati, ignorando altri come Carrieri, Ungaretti, Deledda, Quasimodo, Artaud, Bellezza, Pessoa, Luzzi e, perchè no, Riviello. Li conosci? L'elenco potrebbe non finir mai...
Io, dovevo fare dei nomi per la logica del mio "discorso" e tu hai risposto con altri nomi senza coscienza (conoscienza) letteraria e senza comprendere la mia logica.
Mi auguro che chi legge non ci veda su due sponde politicamente diverse, magari io, in camicia rossa e tu, in quella nera. Ho perso da tempo la nostalgia dei colori passati e sbiaditi.
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 31-08-2012 18:14
Il primo tuo rebus rimanda a Grillo, sostenendo ch'io lo abbia chiamato idiota.
Evidentemente hai avuto questo sospetto e mi auguro non solo di lui.
Comunque, per quanto mi riguarda, il Grillo parlante è la campana, il batacchio ed il campanaro. Se la canta e se la sona da solo!
In quanto a sottolineare la mia povertà culturale che mi consente citare soltanto Marx, Mao e Cristo, ti faccio notare che la storia è piena di grandi e piccoli nomi illuminanti che mi affascinano più di altri che hanno luce riflessa, quindi luminosi in apparenza.
Mi spiego: Marx non ha niente a che fare col tuo teologo russo, avrei preferito in ambito filosofico Gian Battista Vico e, più vicino a noi nel tempo, un Sartre, in quanto a Mao, ha avuto la sfortuna che prima di lui ci fosse stato un predicatore di nome Gesù Cristo. Comunque tutti e tre sfruttati dalla storia e dalla politica e giammai compresi. Hanno dato voce a molte campane stonate.
Poi mi parli di D'Annunzio e di Pound infelicemente accostati, ignorando altri come Carrieri, Ungaretti, Deledda, Quasimodo, Artaud, Bellezza, Pessoa, Luzzi e, perchè no, Riviello. Li conosci? L'elenco potrebbe non finir mai...
Io, dovevo fare dei nomi per la logica del mio "discorso" e tu hai risposto con altri nomi senza coscienza (conoscienza) letteraria e senza comprendere la mia logica.
Mi auguro che chi legge non ci veda su due sponde politicamente diverse, magari io, in camicia rossa e tu, in quella nera. Ho perso da tempo la nostalgia dei colori passati e sbiaditi.
Michele Greco
Il riferimento a Grillo nel termine " ......e tu chiamalo idioda...." era spiccatamente ironico nella misura che ascoltando quello che espone nella sua intervista è tutto ineccepibile e ( aimè) condivisibile cosa che si riallaccia alla tua definizione di campane/batocchi/campanari in riferimento alla politica la quale fallendo miseramente sia nei sui rappresentanti e le istituzioni che non hanno o non sono in grado di contrastare il populismo generato dal GrilloParlante
fine prima parte
Cher
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 01-09-2012 16:37
http://www.ilgiornale.it/news/interni/ra...33887.html
Le radio mangiasoldi dei partitini
Incassano fondi pubblici ma sono la voce di sigle-fantasia: l’emittente degli ex Verdi costa 3 milioni
Paolo Bracalini - Sab, 01/09/2012 - 15:37
E chi non conosce il movimento politico «A Viva voce »? E il famoso partito «Liga Veneta Repubblica»? Perché, invece, il popolare movimento ecologista «ComunicAmbiente» no?Mai sentito?Nemmeno l’arcinoto «Roma idee»? E il partito «Cittaperta » neppure? Peccato, perché gli giriamo ogni anno un bel po’ di milioncini pubblici. Come spiegò Italo Bocchino, esistono tre tipologie di giornali che godono dei contributi pubblici all’editoria di partito: «I giornali veri di partiti veri, i giornali veri di partiti finti, e i giornali finti di partiti finti ». Stesso discorso vale per le radio di partito, vero o finto che sia. Nell’ultima tabella da poco resa nota da Palazzo Chigi leggiamo l’ultimo«Contributo alle radio organi di partito» (erogato a copertura dell’anno 2010).
E lì troviamo i 503.349,87 euro donati alla radio Veneto Uno , edita dalla «TR. AD.sas» di Roberto Ghizzo, venetista e golfista (nella redazione compaiono due giovani colleghe che di cognome fanno Ghizzo). La sua domanda di contributo pubblico, approvata dal Dipartimento editoria di Palazzo Chigi, deriva dall’essere organo ufficiale del partito «Liga Fronte Veneto Nord-Est Europa». Partito che non ha eletti (né elettori) ma, grazie alla curiosa legge italiana, ha diritto al contributo statale purché qualche parlamentare garantisca di esserne il rappresentante tra Camera e Senato, e così è stato, nel caso di Veneto Uno , in virtù della firma della deputata del Pd, nonché sindaco di Roncade, Simonetta Rubinato.
Parecchio più consistente il finanziamento pubblico per Ecoradio : 3.001.133,29 euro. Organo de che? Ma del movimento politico «ComunicAmbiente »,rappresentato dall’editrice Ecomedia Spa di Marco Lamonica. Inizialmente era organo dei Verdi di Pecoraro Scanio, partito vero, poi il partito vero, garantito dalle firme dei deputati Cento e Lion, si è squagliato al sole (che ride), e si sono trovati altri nomi. Prima «Movimento politico Italia e libertà », poi appunto «ComunicAmbiente ». Il giochetto non funzionerebbe senza le famose firme di qualche parlamentare garante, e per fortuna che si sono adoperati in tanti, da Massimo Fundarò (Verdi) a Cinzia Dato (Ulivo), Mauro Libè (Udc) e Sandro Gozi (Pd). Così in sei anni Ecomedia Spa ha incassato più di 21 milioni di euro pubblici.Poi c’è Radio Galileo , di Terni, edita dalla Galileo scrl.Nell’ultimo anno ha ricevuto 412.456,82 euro, come organo del movimento politico «Cittaperta». Un altro regalo di un parlamentare che ha garantito.
Chi? Il medico chirurgo Leopoldo Di Girolamo, eletto in Senato col Pd nel 2008, e nel 2009 eletto sindaco di Terni. Quindi passiamo a Radio Città Futura , emittente di Roma. Il finanziamento pubblico per l’ultimo anno certificato da Palazzo Chigi è di 2.085.345,74 euro. Nata negli anni ’70 come radio libera della sinistra extraparlamentare (PdUP e Avanguardia Operaia), inizialmente finanziata da Renzo Rossellini jr, dal 2004 è finanziata dallo Stato, come organo del partito politico «Roma Idee». Chi c’è dietro? Due pezzi grossi del Pd, Goffredo Bettini (veltroniano senatore del Pd) e Nicola Zingaretti (già europarlamentare Pd, dal 2008 presidente della Provincia di Roma).
Quindi c’è Radiondaverde , emittente di Cremona, organo del movimento «A viva voce» grazie alle firme dei deputati del Pd Lucia Codurelli e Daniele Marantelli. Grazie all’ escamotage (assolutamente legale) la radio ha preso, nel 2009, 176.340 euro pubblici. Ma l’onorevole garante Marantelli fatica a ricordare: «Il movimento politico “A Viva voce?” Non ne ho la più vaga idea... Ah sì, me l’aveva chiesto (di firmare, ndr) il segretario regionale del partito».
Chiude Radio Radicale , che ha l’assegno più grosso, 3.511.906,92, ma è un caso diverso. I Radicali hanno una convenzione col governo per la copertura dei lavori parlamentari. E poi, malgrado i frequenti scioperi della fame, sono un movimento politico fisicamente esistente, non fittizio.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 02-09-2012 11:25
http://www.ilgiornale.it/news/esteri/pak...34075.html
Pakistan, arrestato l'imam che accusò di blasfemia una ragazzina cristiana
L'imam che accusò Rimsha Masih, affetta da sindrome Down, di aver bruciato alcune pagine del Corano è stato arrestato con l'accusa di aver manipolato le prove. Chiesta la liberazione della piccola
Luca Romano - Dom, 02/09/2012 - 08:50
Le autorità pakistane hanno arrestato Khalid Chishti Jadoon, l'imam che ha accusato di blasfemia Rimsha Masih, una ragazzina cristiana, per aver bruciato alcune pagine del Corano.
Il caso ha creato indignazione in tutto il mondo, anche perché, secondo alcune fonti, la ragazza sarebbe affetta da sindrome di Down.
Come ha riferito Munir Jaffery, ufficiale che si sta occupando del caso, l'imam è accusato di aver manipolato le prove, inserendo pagine del Corano in una borsa della spesa contenente carta bruciata e cenere che la ragazzina aveva con sé.
Il voltafaccia della vicenda potrebbe ora portare a un rilascio immediato della giovane. La piccola era stata fermata lo scorso 16 agosto, dopo che un gruppo di vicini l'aveva accerchiata accusandola di aver bruciato frammenti del libro sacro dell'islam. Successivamente l'imam aveva presentato una denuncia nei suoi confronti.
----------------------------
un commento meritevole di segnalazione
gibuizza
Dom, 02/09/2012 - 10:42
Pazzesco!! Per salvare la ragazzina hanno dovuto dichiarare che l'imam ha alterato le prove! Perché se invece le prove non fossero state alterate allora, per il "grande" stato Pakistan che siede all'ONU, andava bene lapidarla??? Ma noi dobbiamo integrare questi esseri?
----------------------------------
http://www.ilgiornale.it/news/esteri/int...34328.html
Intrigo islamico contro la bimba cristiana
Arrestato l’imam che aveva accusato falsamente la ragazzina down di aver bruciato il Corano
Magdi Cristiano Allam - Lun, 03/09/2012 - 09:14
La buona notizia è che Rimsha Masih, una bambina cristiana pachistana undicenne disabile con problemi mentali, che dallo scorso agosto è in carcere con l'accusa di blasfemia che comporta la condanna a morte, potrebbe forse oggi stesso essere rilasciata dietro cauzione dopo l'arresto del suo principale accusatore, l'imam Khalid Jadoon, denunciato dal religioso islamico Hafiz Mohammad Zubair perché ha falsificato le prove.
La cattiva notizia è che si tratta dell'ennesimo caso che evidenzia sembra ombra di dubbio che negli Stati a maggioranza islamica è in atto un vero e proprio sterminio dei cristiani, istituzionalizzato da leggi discriminatorie, legittimato da innumerevoli versetti del Corano e dall'esempio di Maometto che ordinano di uccidere i «trinitari », i «crociati» e tutti i non musulmani accumulati come «infedeli», trasmesso di generazione in generazione attraverso una cultura dell'intolleranza che esalta l'islam come l'unica «vera» religione, praticato dagli estremisti islamici che ormai sono al potere pressoché ovunque dal Marocco al Pakistan. Chiariamo subito che né il religioso islamico che ha denunciato l'imam di aver aggiunto pagine del Corano a quelle che sarebbero state bruciate dalla bambina cristiana, né il giudice che ha disposto il fermo dell'imam per 14 giorni di carcere giudiziario, hanno formalmente scagionato Rimsha dall'accusa di blasfemia. Per entrambi il reato di blasfemia sussiste ma s'impone un'indagine collaterale perché l'imam ha manipolato le prove. Il suo comportamento si spiegherebbe perché il testo che sarebbe stato bruciato dalla bambina è il Noorani Qaida, un manuale utilizzato per imparare le basi dell' arabo e del Corano, che è stato ritrovato nella spazzatura avvolto in un sacchetto di plastica. L'oggetto dell'oltraggio sarebbero quindi dei versetti del Corano menzionati in un manuale scolastico, che non è però qualificabile come testo sacro qual è il Corano che per i musulmani è della stessa sostanza di Allah, il loro dio «incartato». Il presidente del Consiglio degli ulema del Pakistan, Tahir Ashrafi, ha chiesto a tutti gli ulema (giureconsulti islamici) di collaborare per una giusta punizione dell' imam. Al tempo stesso, e qui sta la novità che ci fa sperare bene, ha sollecitato il capo dello Stato Asif Ali Zardari affinché faccia liberare subito Rimsha e ne garantisca la sicurezza. Per oggi è attesa la sentenza del tribunale. Ci auguriamo che la piccola Rimsha venga liberata e le sia restituito il diritto inalienabile alla vita. Ma non possiamo non prendere atto che anche questo eventuale atto riparatorio avviene nel contesto di una barbarie islamica che condanna i cristiani ad essere perennemente passibili della condanna a morte. Così non possiamo dimenticare che tutte le famiglie cristiane nel villaggio di Mehrabadi, dove risiede Rimsha alle porte di Islamabad, sono già state costrette ad abbandonare le loro case per prevenire le rappresaglie violente degli islamici che si abbattono indistintamente su tutti i cristiani. Viene del tutto meno il principio della responsabilità soggettiva, il cardine dello stato di diritto, sostituito dall'arbitrio della responsabilità collettiva: si viene discriminati, perseguitati e uccisi per il semplice fatto di essere cristiani. È quanto sta accadendo a Rable, l'ultima cittadina siriana prima del confine libanese, dove 12 mila abitanti cristiani sono da settimane assediati da migliaia di terroristi islamici pachistani, afghani, egiziani, tunisini e libici, rischiando di morire di fame. La denuncia ci è stata fatta da padre Nader Joubail, un coraggioso sacerdote libanese impegnato nel salvare centinaia di migliaia di cristiani che stanno fuggendo dalla Siria dalla cosiddetta «rivolta popolare» che dovrebbe tradursi nella democrazia. Padre Nader, come tutti coloro che vivono nei Paesi a maggioranza islamica, ha le idee molto chiare: «Democrazia e islam sono incompatibili. Nel Corano non vi è traccia né di democrazia né di libertà. Gli islamici al potere impongono la sharia, che è l'opposto della democrazia e della libertà». Eppure Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Germania e Italia sostengono pubblicamente e militarmente questi terroristi islamici, affiancati da Turchia, Arabia Saudita e Qatar. Siamo di fronte ad una strategia che deliberatamente persegue lo sterminio dei cristiani sopravvissuti all'islamizzazione forzata iniziata nel settimo secolo. E noi cristiani sulla sponda europea del Mediterraneo sosteniamo i carnefici islamici che contemporaneamente ci stanno invadendo diffondendo a macchia d'olio le moschee, le scuole coraniche, gli enti assistenziali, le banche islamiche, i tribunali shariatici. Siamo ciechi, sordi, pavidi, ignoranti, folli, suicidi, criminali. Se oggi, come auspichiamo, sarà rilasciata dietro cauzione Rimsha, non esultiamo come se si trattasse di una vittoria calcistica. Salviamo i cristiani!
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 04-09-2012 10:55
http://www.ilgiornale.it/news/interni/al...34399.html
Alle grandi banche un regalo da 2,5 miliardi
Il governo Monti perfeziona una norma varata da Tremonti che trasforma crediti inesigibili in moneta sonante
Laura Verlicchi - Mar, 04/09/2012 - 08:00
Milano - Compensare i debiti col fisco grazie ai crediti in sospeso: un sogno impossibile per centinaia di migliaia di contribuenti, soprattutto piccoli imprenditori e forzati della partita Iva, che da anni attendono rimborsi fiscali o sospirano invano i pagamenti dovuti da parte della pubblica amministrazione.
Per le banche, invece, il miracolo è a portata di mano: un affare da 2,5 miliardi di euro. Il calcolo si deve al sito Linkiesta.it, che ha acceso un faro sui vantaggi finanziari che deriveranno alle grandi banche italiane dalla «Trasformazione delle attività per imposte anticipate iscritte in bilancio in crediti di imposta». Più brevemente, il «comma 55», ovvero un codicillo dell'articolo 2 del Milleproroghe 2010 - era Tremonti, quindi - che solo ora, perfezionato dal governo Monti, comincia a mostrare i suoi effetti.
Apparentemente, il comma 55 è una possibilità aperta a tutte le imprese: si applica infatti alle «attività per imposte anticipate» (Dta) relative alle svalutazioni di crediti, all'avviamento e altre attività immateriali come marchi e brevetti, deducibili su più anni.
In realtà, le svalutazioni concernono solo gli enti creditizi e finanziari: gli altri contribuenti possono solo sfruttare gli ammortamenti. Che di fatto sono una voce di bilancio importante soprattutto per i gruppi bancari, usciti da anni di fusioni e costose acquisizioni. Non solo: l'unica condizione posta dal comma 55 è che il bilancio della società sia chiuso in perdita.
Esattamente quello che è accaduto a fine 2011 per tutte le grandi banche italiane. Sulla base di un calcolo prudenziale, Linkiesta stima che quest'anno solo per le cinque maggiori banche italiane il beneficio finanziario supera i 2,5 miliardi di euro. «Per Intesa Sanpaolo le Dta trasformate in crediti di imposta ammontano a circa 771 milioni. Anche Unicredit si è avvalsa della previsione normativa convertendo in credito d'imposta attività per circa 588 milioni. Nel caso di Ubi Banca il beneficio sfiora i 250 milioni, il Banco Popolare dovrebbe beneficiare di 484 milioni. Nella semestrale al 30 giugno 2012 del Monte dei Paschi di Siena, vengono evidenziati crediti d'imposta per 521 milioni di euro, non ancora utilizzati in compensazione».
Ma come funziona il sistema? Una banca svaluta crediti alla clientela quando ritiene che non recupererà per intero la somma prestata. Ai fini fiscali, però, queste svalutazioni non sono interamente deducibili nell'esercizio in cui avvengono, ma solo per una parte. Il resto, chiamato appunto «attività per imposte anticipate», può essere dedotto in quote costanti nei 18 esercizi successivi.
Nell'immediato, quindi, la banca paga imposte più alte di quelle che teoricamente dovrebbe pagare se le norme fiscali fossero allineate a quelle contabili, come del resto succede anche alle imprese. Ma se chiude il bilancio in rosso, più alta è l'incidenza delle perdite sul patrimonio, maggiore è il credito di imposta che si ottiene: una somma che la banca potrà utilizzare subito, e senza limiti di importo - a differenza dei contribuenti comuni - in compensazione dei debiti fiscali, rinunciando, naturalmente, a dedurre le attività trasformate negli esercizi successivi. Una norma su misura per le banche, alle prese con le strettoie di Basilea.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 09-09-2012 16:31
http://www.ilgiornale.it/news/interni/tu...36030.html
Tutti servi di Monti
Il club dei miliardari, riunito nei saloni del Grand Hotel Villa d’Este di Cernobbio ha deciso:il popolo ci ha rotto, bisogna tagliare le gambe a questa sua assurda pretesa di voler decidere il suo futuro. Qui comandiamo noi...
Alessandro Sallusti - Dom, 09/09/2012 - 15:23
Il club dei miliardari, riunito nei saloni del Grand Hotel Villa d’Este di Cernobbio ha deciso:il popolo ci ha rotto, bisogna tagliare le gambe a questa sua assurda pretesa di voler decidere il suo futuro.
Qui comandiamo noi,e chi non l’avesse capito presto si dovrà adeguare. Così Mario Monti in persona ha annunciato che presto convocherà un vertice a Roma con tutti i leader e capi di Stato europei per decidere la strategia contro il populismo, termine vago e discusso che nella sua accezione originale indica la protesta contro i poteri forti e organizzati.
Già me li vedo, la Merkel e Monti, varare misure eccezionali a difesa del super governo europeo, mai eletto ma che tutto decide. Mi chiedo quali misure verranno adottate contro parlamentari in odore di populismo, se la Lega verrà messa al bando e Grillo arrestato. E se per caso alle elezioni, ammesso che ce le facciano celebrare, vincesse un asse populista la Germania ci manderà contro i carri armati come settant’anni fa? Siamo al delirio di onnipotenza, sulla soglia di una dittatura di tecnocrati.
L’Europa e l’Euro non sono la soluzione del problema ma il problema. Ci hanno anestetizzato, invece che lo spray hanno usato lo spread, ma il risultato non cambia. Sono riusciti persino a evitare che nella costituzione europea si facesse riferimento alle origini cristiane dell’Europa. Hanno deciso quanti centimetri devono essere lunghi i nostri fagioli, come devono essere fatti i nostri vini e formaggi. Si stanno prendendo la sovranità del nostro parlamento e adesso vogliono anche la nostra libertà di dire che sono un branco di affaristi mai legittimati dagli elettori che per di più non ne azzeccano una. Populisti, a cuccia, dice Monti.
E Casini ubbidisce come un cagnolino fondando l'ennesimo partito («Italia») insieme alla Marcegaglia e (forse) a Fini da offrire in dono a Monti e ai suoi amici europei, quelli che il cristianesimo gli fa un po’ schifo. Un cattolico che non ha mai lavorato un giorno in vita sua (Casini), un fascista fallito (Fini), un sindacalista a tempo pieno (Bonanni), una imprenditrice a capo di una delle aziende più chiacchierate (Marcegaglia), un ministro al centro di un caso di maxi evasione fiscale (Passera) sono pronti a vendere l’Italia al club dei miliardari. In cambio della solita poltrona. Non ci siamo. Meglio una stagione da populista che una vita da servo.
RE: [OT] Attualità e Cultura - mi.greco - 09-09-2012 18:00
Carne-vale zero.
Quando è Carnevale tutti i giorni.
Il Carnevale cade più o meno intorno a febbraio di ogni anno ed è atteso ed accolto come un evento che sublima la libertà e la permissività. Il nostro paese è decisamente festaiolo; preferisce rinunciare a dieci giorni di paga piuttosto che ad uno di festa.
A mio avviso il Carnevale è un evento quotidiano che si manifesta tutti i giorni dell’anno privo di quella coscienza che viene “ritrovata” nei giorni di febbraio.
I suoi illusori “fumi” profumano i più o meno “variopinti” ambienti urbani. Così Menippo di Sagara, padre storico di questa antica tradizione, torna tra noi nelle sue molteplici finzioni confortandoci con l’illusione di farci vivere liberamente, anche se per poco, le permissività ludiche e scherzose del Carnevale.
In questi giorni, in questa Matera che “racconta” del suo antico ed illuminante passato, destando stupore ed ammirazione in chi si aggira tra i suoi famosi Sassi, ho sorpreso, alla Masseria del Pantaleone, un bel nutrito gruppo di giovanissimi, una cinquantina, che impara l’inglese con un metodo che trovo efficace ed intelligente.
Seguendo un “City Camps” organizzato dall’ACLE sotto la direzione di Betty Verrascina, i giovani, utilizzano il gioco, il teatro, l’arti plastiche, la musica ed il canto, nonché la normale conversazione, apprendendo così l’inglese e divertendosi, senza alterare la giovanile ludica istintività.
Ieri hanno offerto uno spettacolo con una collettiva mascherata preparatoria d’un piccolo spettacolo di teatro.
Ho “rivisto” così , attraverso la spensieratezza infantile, un po’ il carattere e l’aspetto altro della nostra vita sociale che, senza divertirsi, cambia la propria fisionomia tutti i giorni, raffinando la falsità e la menzogna.
Mi incuriosisce prevedere che maschera indosserà domani la politica; cosa si inventeranno gli uni contro gli altri, pur di apparire migliori ed incorruttibili.
Siamo giunti ad un punto di non ritorno dove la maschera indossata si è talmente radicata in noi da modificarne le fisionomie, adattandole al servilismo economico del potere laico o religioso che sia.
Avremmo voluto, che almeno quest’anno, che “qualcuno” ci avesse restituito una immagine leale e, diremmo, utopisticamente, vera ed innocente del nostro Paese; sarebbe stato più dignitoso togliersi la maschera e non più metterla, coscienti di convivere già con quella dell’ipocrisia che la società ci impone. Mettersi a nudo ci avrebbe restituito un po’ di chiarezza e di trasparenza.
Ma la tradizione va rispettata; la maschera va sovrapposta alla maschera, la finzione alla menzogna.
Però, ci rendiamo conto che il Carnevale Quotidiano di questi giorni, non è poi così fedele, nella sostanza, alla tradizione ed al suo passato.
Anni addietro, il nostro Carnevale attingeva i suoi aspetti imitativi dalle favole, dal mito e dalla satira politica, con maschere di Pinocchio, Biancaneve, Cappuccetto Rosso o personaggi della mitologia greca e romana, oggi, giustamente, attenendosi ai tempi che cambiano e che hanno vanificato persino la credibilità nei santi, nei martiri e negli eroi, si attinge dal falso “eroe”, dal super uomo emulatore di Dio, dal buono e dal cattivo con lo stesso interesse. Guardiamo alla “realtà televisiva” dei falsi miti e dei falsi eroi che ci fanno sognare cose impossibili, che non trovano riscontro nemmeno nei sogni più arditi. Così il Carnevale, reso quotidiano da certi politici di oggi, ci appare più ricco di forme e più povero di idee, comunque sempre più trasgressivo ed irriverente, sempre più radicato ad i tempi, quando questi esprimono convenienze ed interessi. D’altra parte è meglio essere utili, passivi idioti, davanti a uno schermo di tv o di computer, incatenati a un consumo inutile, piuttosto che liberamente “obbligati” a pensare ed a esprimerci. Poco importa se si perde il ritmo biologico del corpo, dell'amore, del rispetto altrui, se niente e nessuno é piú quello che é, se la libertá di espressione è spregiudicata e irriverente, soggetta alla mutevole condizione d’una informazione realistica priva di interesse educativo, fredda e insensibile.
“Togliere la carne” è il significato letterario del Carnevale. Ma di quale carne parliamo?
L’uso domestico e commerciale di quella animale si è ridotto, e per motivi già conosciuti, nocivi alla salute, e per il sacrificato portafoglio del consumatore.
Accontentiamoci allora della carne umana che va sempre più deprezzata e della quale i mercati di tutto il mondo abusano.
Ambedue carni sociali, ambedue soppesate dal profitto dell’inettitudine e della empia brama di potere dell’uomo. Carne-vale zero!
Vi siete mai chiesti, in questi giorni di mascherata spensieratezza, quanto vale la carne di un bimbo del terzo mondo (di quel terzo mondo che piano, piano, abbiamo sviluppato anche nel nostro paese) o quella di un bimbo lasciato morire di freddo e di fame alle soglie di una grande città occidentale?
Ma, al di là queste “piccole” considerazioni, che ci indicano fatti ”irrilevanti” e volutamente rilevati, è toccante pensare che la nostra società consuma, divora, distrugge piccoli mondi e deboli creature emarginate dalla miseria e dalla indifferenza. La politica vede una luce infondo al Tunnel!
Ci domandiamo se è possibile che oggi, alle soglie del terzo millennio, l’uomo che non è altro che uomo, debba chiedere ad altri, che gli sia riconosciuto un prezzo, un valore, la sua dignità.
Ho sempre pensato e scritto in altre occasioni che la vita è un vuoto a perdere, procede per sostituzioni progressive di mondi ed individui.
Questo “momento” che stiamo vivendo e soffrendo, è quel momento magico che ci indica questa solitaria strada che molti non vogliono percorrere per stare in pace con la propria coscienza; è quel momento della vita dove la verità, una volta avvertita, fa paura; non è una vetrina dove si può esporre ciò che gli altri sono obbligati a vedere. Questo è il nostro quotidiano, il nostro Carnevale straordinario, il cui valore è zero, dove si oppone alla propria sconosciuta identità quella di un altro che forse non è mai esistito, dove si espone falsità, gioiosa riproduzione infantile dei nostri sogni forse proibiti.
Quando il sogno non si concilia più con la realtà, in una unica possibile benefica utopia, è giusto temere il peggio, è giusto credere che stiamo sempre di più perdendo la coscienza della nostra reale dimensione e di questa il rispetto.
Michele Greco
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 11-09-2012 10:43
http://www.ilgiornale.it/news/interni/pr...36343.html
Prof fa scrivere all'alunno: "Sono un deficiente!". Quindici giorni in carcere
La Cassazione conferma la condanna a un'insegnante palermitana colpevole di aver "umiliato violentemente" uno studente bullo
Nino Materi - Mar, 11/09/2012 - 08:49
La Cassazione (confermando la condanna di una docente a 15 giorni di carcere) ribadisce un concetto che non avrebbe neppure bisogno di essere dibattuto: «Gli insegnanti non possono rispondere con metodi prepotenti agli atteggiamenti di bullismo degli allievi».
«Così facendo - ha argomentato la Suprema corte - la docente ha «finito per rafforzare il convincimento che i rapporti relazionali (scolastici o sociali) sono decisi dai rapporti di forza o di potere».
Tutto giusto, per carità. Anche se - confessiamo - dinanzi a certi bulletti strafottenti (se non peggio) la tentazione di usare metodi correttivi non precisamente ortodossi è assai forte. Ma se i genitori farebbero bene a optare per un bel ceffone, i prof no: loro è giusto che tengano le mani a posto, sempre. Va detto che l'insegnante «incriminata» non si era permessa di passare alle vie di fatto, limitandosi a una punizione «alternativa» attraverso quella frase reiterata (e sacrosanta nella sostanza) fatta mettere nero su bianco sul quaderno del bulletto: «sono un deficiente»; proprio come si vede fare al pestifero Burt davanti alla lavagna all'inizio della sigla dei Simpson. La sentenza in questione non ha però nulla a che fare con i cartoon di Matt Groening: l'insegnante «Giuseppa V.» è un personaggio in carne ed ossa, titolare di cattedra in una scuola media statale di Palermo. Lei, hanno sancito i giudici di Piazza Cavour, «è senz'altro colpevole di aver abusato dei mezzi di correzione e di disciplina ai danni dello studente G.C., per averlo mortificato nella dignità venendo così meno al processo educativo in cui è coinvolto un bambino». «Non può ritenersi lecito l'uso della violenza, fisica o psichica, distortamente finalizzata a scopi ritenuti educativi - prosegue la Cassazione -. E ciò sia per il primato attribuito alla dignità della persona del minore, ormai soggetto titolare di diritti e non più, come in passato, semplice oggetto di protezione da parte degli adulti; sia perché non può perseguirsi, quale meta educativa, un risultato di armonico sviluppo di personalità, utilizzando mezzi violenti che tali fini contraddicono». Insomma, la prof merita il carcere per aver punito in una maniera così «umiliante» l'allievo che, secondo lei, stava tenendo «un atteggiamento derisorio ed emarginante nei confronti di un compagno di classe». «Costituisce abuso punibile anche il comportamento doloso che - come in questo caso - umilia, svaluta, denigra o violenta psicologicamente un bambino, causandogli pericoli per la salute anche se è compiuto con una soggettiva intenzione educativa o di disciplina». Gli ermellini però hanno concesso alla docente uno sconto di pena (rispetto alla condanna d'appello pari a 30 giorni di reclusione), eliminando l'aggravante di aver provocato nell'adolescente un «disturbo del comportamento»: ipotesi avanzata dallo psicologo, ma non provata con certezza. La prof. Giuseppa V. - come diceva il Ferrini di Quelli della notte - commenta: «Non capisco, ma mi adeguo...».
Massacrò un carabiniere: arresti domiciliari
Matteo Gorelli, il 20enne che il 25 aprile 2011 insieme ad altri 3 amici pestò a sangue un carabiniere (morto dopo un anno) in un posto di blocco a Grosseto, ha ottenuto i domiciliari
Luisa De Montis - Lun, 10/09/2012 - 16:42
Arresti domiciliari, da scontare in una comunità Exodus in Lombardia, per Matteo Gorelli, il ventenne che il 25 aprile 2011, insieme ad altri tre giovani, aggredì due carabinieri in un posto di blocco a Sorano (Grosseto).
Per le gravi lesioni subite l'appuntato Antonio Santarelli (44 anni) entrò in coma ed è morto l'11 maggio scorso. Nell'aggressione fu ferito in modo grave anche un altro carabiniere, Domenico Marino, 34 anni. Il gip sabato ha firmato il provvedimento che consente a Gorelli di lasciare il carcere di Grosseto, dov'è stato rinchiuso dal giorno dell’aggressione, per essere trasferito nella comunità.
La richiesta era stata presentata dai difensori del giovane, gli avvocati Luca Tafi e Francesco Paolo Giambrone. Quest'ultimo ha spiegato che dall’inizio della carcerazione non era mai stata fatta richiesta di arresti domiciliari per il giovane che da tempo "ha iniziato un percorso di recupero di sé" e "il cui dolore per quanto accaduto non è mai cessato e si è acuito" con la morte di Santarelli. Il pm aveva espresso parere favorevole all’istanza per gli arresti domiciliari.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 14-09-2012 14:49
http://www.ilgiornale.it/news/cultura/po...37333.html
Pound, la «Carta da visita» straccia le banche usuraie
Tornano gli scritti filosofico-economici del poeta dei "Cantos". Una denuncia del capitale molto più forte della lotta di classe
Luca Gallesi - Ven, 14/09/2012 - 10:12
Lunedì, 17 settembre, uscirà Carta da visita di Ezra Pound, a cura di Luca Gallesi (Bietti, pagg. 106, euro 14).
Il libro fu scritto nel 1942 dall'autore direttamente in italiano, ed ebbe una seconda edizione (in sole in mille copie) per Scheiwiller nel 1974. Pubblichiamo parte dell'introduzione di Gallesi e alcuni brani di Pound.
«Socrate fu accusato di empietà e di voler sovvertire le leggi del suo paese; eppure non era né empio né sovversivo, e la storia successiva lo ha dimostrato. Io sono accusato di tradire il mio paese, che amo tanto quanto voi italiani amate il vostro. Ma chi, come me, agisce alla luce di una verità percepita e prevista interiormente, anticipa nel presente una realtà futura molto certa». In queste parole, tratte da un’intervista del 1955, quando era ancora detenuto con l’accusa di tradimento a Washington, nel manicomio criminale di St. Elizabeths, c’è tutta la tragica grandezza di Ezra Pound, poeta, profeta e, soprattutto, patriota americano.
Pound si è sempre considerato, infatti, un leale cittadino statunitense, fedele ai principi della Costituzione americana, che i suoi governanti avevano, invece, manipolato e sovvertito. Come era già accaduto in occasione del primo conflitto mondiale, anche nella Seconda guerra mondiale gli Usa erano stati trascinati in un conflitto non voluto, che avrebbe arricchito pochi speculatori sulla pelle di milioni di vittime.
Proprio l’inutile strage della Grande guerra, che aveva mietuto le vite di molti suoi amici artisti, spinge Ezra Pound ad abbandonare il ruolo di esteta distaccato che aveva ricoperto fino ad allora per dedicarsi allo studio delle cause delle guerre, che sono spesso legate alla speculazione:«si fanno le guerre - scriveva ancora nel 1944- per creare debiti». Così, accanto alla sua infaticabile attività di talent scout, che favorì, tra gli altri, Eliot, Joyce ed Hemingway, e mentre cerca di dare con i Cantos un poema epico nazionale all’America, Pound denuncia la «guerra perenne» tra oro e lavoro, tra chi specula e chi fatica, tra gli usurai e gli uomini liberi, e decide di schierarsi a fianco di questi ultimi, scelta mai rinnegata e di cui pagherà dignitosamente tutte le conseguenze fino alla «gabbia per gorilla» in cui fu rinchiuso nel carcere militare statunitense allestito vicino a Pisa.
Prima di giudicare qualcuno, come il poeta stesso amava ripetere, bisogna esaminare le sue idee una alla volta, e quindi è necessario avvicinarsi alle sue opere senza pregiudizi, collocandole nel contesto storico generale e in quello biografico particolare. Riproporre, oggi, la sua Cartadavisita , che Pound scrisse direttamente in italiano, è dunque, innanzitutto, un’occasione per conoscere direttamente il pensiero di Ezra Pound, e confermarne, eventualmente, la profetica attualità.
Nel 1942, quando Carta da visita viene pubblicato la prima volta, il mondo è dilaniato dalla più spaventosa guerra mai combattuta, una tragedia che Pound aveva ingenuamente cercato di evitare con tutti i mezzi, incluso un viaggio intercontinentale per incontrare il presidente Roosevelt e convincerlo dell’importanza della pace.
Oggi,l’Europa non è in guerra, ma la situazione generale non è meno drammatica; il colonialismo si è trasformato in «delocalizzazione », i signori dell’oro sono diventati operatori di Borsa, e i popoli sono sull’orlo di un tracollo economico disastroso, esattamente come Pound aveva immaginato: « Il nemico è Das Leihkapital - tuonava il 15 marzo 1942 dai microfoni di Radio Roma - . Il vostro nemico è Das Leihkapital , il Capitale preso a prestito, il capitale errante internazionale. [...] E sarebbe meglio per voi essere infettati dal tifo e dalla dissenteria e dalla nefrite, piuttosto che essere infettati da questa cecità che vi impedisce di capire QUANTO siate compromessi, quanto siate rovinati ».
Sicuramente, in quegli anni, quando molti intellettuali impegnati si baloccavano con il mito della lotta di classe, Pound doveva risultare quantomeno eccentrico, con il suo insistere nella guerra contro la speculazione finanziaria, ricordando che «[u]una nazione che non vuole indebitarsi fa rabbia agli usurai». Oggi, invece, il suo avvertimento contro «la banca che trae beneficio dall’interesse su tutta la moneta che crea dal nulla», come recita il Canto 46 , risulta ben più efficace del rimedio allora auspicato da molti, e cioè la «dittatura del proletariato ».
I brani -
La nazione non deve pagare l’affitto sul proprio credito
Abbiamo bisogno d’un mezzo di risparmio e d’un mezzo di scambio, ma non è legge eterna che ci dobbiamo servire dello stesso mezzo per queste due funzioni diverse. La moneta affrancabile (ovvero prescrittibile) si adoprerebbe come moneta ausiliaria, mai come moneta unica. La proporzione fra la moneta consueta, e l’affrancabile, se calcolata con perizia e saggezza, potrebbe mantenere un rapporto equo e quasi invariabile fra la quantità delle merci disponibili e desiderate, e la quantità della moneta della nazione, o almeno raggiungere una stabilità di rapporti sino al grado conciliabile. Bacon ha scritto: «moneta come concime, utile solamente quando sparsa». Jackson: «il luogo più sicuro di deposito: le braghe del popolo».
Sociale
Il credito è fenomeno sociale. Il credito della nazione appartiene alla nazione, e la nazione non ha necessità di pagare un affitto sul proprio credito. Non ha bisogno di prenderlo in affitto da privati. [...] La moneta è titolo e misura. Quando è metallica, viene saggiata affinché il metallo sia di finezza determinata, nonché di peso determinato. Adoprando una tale moneta siamo ancora nel dominio del baratto. Quando la moneta viene capita come titolo, sparisce il desiderio di barattare. Quando lo stato capisce il suo dovere e potere, non lascia la sua sovranità in balìa di privati irresponsabili ( o che assumono responsabilità non giustificate). È giusto dire che «la moneta lavoro» è «simbolo del lavoro». E ancor più è simbolo della collaborazione fra natura, stati e popolo che lavora. La bellezza delle immagini sulle monete antiche simboleggia, a ragione, la dignità della sovranità inerente nella responsabilità reale o imperiale. Collo sparire della bellezza numismatica coincide la corruzione dei governi.
Dichten=CondensareLa parola tedesca Dichtung significa poesia. Il verbo dichten = condensare. Per la vita, o se preferite per «la battaglia», intellettuale, abbiamo bisogno di fatti che lampeggino, e di autori che mettano gli oggetti in luce serena. L’amico Hulme ben disse: «Quello che un uomo ha veramente pensato (per sé) si scrive su un mezzo foglio. Il resto è spiegazione, dimostrazione, sviluppo». Chi non ha forti gusti non ama, e quindi non esiste.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 14-09-2012 17:50
La Cassazione (confermando la condanna di una docente a 15 giorni di carcere) ribadisce un concetto che non avrebbe neppure bisogno di essere dibattuto: «Gli insegnanti non possono rispondere con metodi prepotenti agli atteggiamenti di bullismo degli allievi».
«Così facendo - ha argomentato la Suprema corte - la docente ha «finito per rafforzare il convincimento che i rapporti relazionali (scolastici o sociali) sono decisi dai rapporti di forza o di potere».
........................."Vogliamo entrare al Gp di Monza". E la scorta del ministro Fornero mostra la pistola
Le guardie del corpo volevano entrare abusivamente alla griglia di partenza. Dopo le resistenze della sicurezza, hanno mostrato le pistole. E sono entrati insieme a una decina di persone
Luca Romano - Ven, 14/09/2012 - 13:07
Il potere logora chi non ce l'ha, diceva Charles Maurice de Talleyrand-Périgord. E la scorta del ministro Elsa Fornero ce l'ha e lo ha usato tutto. Dove? Al Gran Premio di Monza. Voleva assistere alla gara dalla griglia di partenza, un'area privilegiate, blindatissima e riservata agli ospiti della Fia (Federazione internazionale dell'automobilismo).
E così, due bodyguards del ministro, domenica scorsa, avrebbero prima tentato di forzare il blocco di sicurezza, poi avrebbero mostrato le pistole. Alla fine, non solo sono riusciti a entrare, ma hanno fatto entrare pure il resto dello staff del ministro e del sottosegretario Staffan De Mistura.
"Quando ieri (giovedì ndr) dall'Inghilterra mi hanno chiamato gli uomini di Bernie Ecclestone per lamentarsi dell'accaduto, ho provato un senso profondo di umiliazione. Non possiamo andare avanti così, ogni anno è sempre peggio. Ma la pistola è troppo. Per il futuro saremo costretti ad adottare il numero chiuso per i politici in griglia", ha detto a Repubblica il direttore del circuito, Enrico Ferrari. Una delle guardie del corpo del ministro Elsa Fornero ha tirato fuori la pistola. E non perché la maestrina fosse in pericolo, ma per entrare con prepotenza alla griglia di partenza dell’autodromo di Monza. Il fatto che è avvenuto domenica 9 settembre a Monza, è stato riportato da Repubblica.
--------------------------
..........un commento a caso..........
kellyann
Ven, 14/09/2012 - 13:29
ma come? nessun commento dei benpensanti maestrini che popolano questo sito? nessuna indignazione per questo atto che è insieme un sopruso ed un crimine? se l'avesse fatto la scorta di un qualunque ministro del governo Berlusconi le urla di sdegno si sarebbero sentite fino in Canada, sarebbero fioccate le interrogazioni parlamentari e le rochieste di sfiducia al ministro e almeno cinque procure avrebbero ritenuto obbligatorio aprire un'inchiesta. che schifo....
----------------------------
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 15-09-2012 09:24
Ecco il libro che cambiò la storia del mondo
I grandi snodi della Storia coincidono sempre con le guerre, le rivoluzioni, le scoperte geografiche. A volte, però, la svolta dipende da un "semplice" libro. E' il caso del "De rerum natura" di Lucrezio, scritto nel I sec. a.C e poi scomparso per secoli. Fino a quando l'umanista Poggio Bracciolini, nel '400, trovò l'unica copia superstite in un monastero tedesco... Il saggio di Stephen Greenblatt "Il manoscritto" (Rizzoli), premio Pulitzer 2012, è la storia di un libro pericoloso e magnifico che sconvolse i filosofi e spaventò la Chiesa. E cambiò la cultura europea...
Luigi Mascheroni - Ven, 14/09/2012 - 11:18
Qui la video recensione
http://www.youtube.com/watch?v=JVlL0rV2c...embedded#!
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 17-09-2012 12:38
http://blog.ilgiornale.it/locati/2012/09...stizia-si/
Il linfoma non è più un problema, la “giustizia” sì
Sette anni fa guarisce dal cancro, oggi i giudici decidono che deve restituire i soldi delle terapie: 41 mila 178 euro. Perchè la sua malattia ”non si poteva curare” come ha fatto lei e cioè con il metodo Di Bella.
Barbara Bartorelli, quarantenne bolognese, scopre undici anni fa di avere un linfoma di Hodgkin. Si affida alle cure tradizionali, affronta quattro cicli di chemioterapia ma, dopo pochi mesi, la malattia ritorna più aggressiva.
I medici le prospettano la soluzione del trapianto senza però garantirle la guarigione. La donna non vuole rischiare, non se la sente di “farsi ridurre a zero le difese immunitarie e di assumere grandi quantità di antibiotici”, decide di provare con il metodo Di Bella. Dopo pochi mesi migliora. E, piano piano, quei i benefici diventano stabili.
Per pagarsi la terapia, sui duemila euro al mese, chiede soldi ad amici e a parenti e c’è è anche chi, per racimolare la cifra, organizza per lei tornei di calcio. Passano altri mesi e, d’accordo con gli avvocati, Lorenzo Tomassini e Luca Labanti, Barbara fa causa alla Asl per ottenere il rimborso.
Due le pronunce a lei favorevoli, un decreto d’urgenza nel 2004 e una sentenza di merito nel 2006. I giudici constatano – grazie anche alle perizie di oncologici incaricati dai magistrati – che Barbara è guarita e che non ha un reddito tale da permetterle di pagarsi le cure. La Asl però impugna la decisione. E sei anni dopo, ossia a fine agosto di quest’anno, arriva il verdetto della corte d’appello.
Barbara non avrebbe potuto fare quella cura, perché, recita la sentenza ” una sperimentazione ministeriale stabilì che era inefficace”. Non solo. Poche righe più sotto si legge che ” la malattia di Barbara non era fra quelle oggetto di sperimentazione nel 1998″ ( infatti, non venne testato il suo linfoma, ma un altro, il non Hodgkin).
Non è finita. I tre magistrati, autori della sentenza d’appello, dichiarano che i loro colleghi non avrebbero dovuto affidarsi a esperti, a medici incaricati di esaminare le cartelle cliniche della paziente, visto che nel 1998 la sperimentazione ministeriale stabilì che la terapia Di Bella non era valida.
Testuale: ”All’autorità giudiziaria non compete di accertare, mediante l’ammissione di una consulenza tecnica di uffici, l’efficacia terapeutica del trattamento del prof Di Bella, in relazione alla patologia tumorale in coerenza con il principio dell’ordinamento secondo cui la legge ha attribuito ad appositi organi tecnici il potere di effettuare la sperimentazione…“.
L’avvocato Lorenzo Tomassini è stupefatto: “E’ assurdo, come si può stabilire per legge che è vietato indagare? Oserei dire: vietato guarire. Alla base del diritto civile c’è la possibilità di emettere provvedimenti d’urgenza per tutelare i casi limite. Lo stesso diritto civile prevede che si guardi all’obbiettività della situazione, la signora Bartorelli è guarita. Ha ottenuto un indubbio beneficio da quella terapia, invece non sappiamo quali risultati avrebbe avuto con un trapianto… com’è possibile che un giudice non si curi del fatto che un malato di tumore è guarito? Il diritto alla salute è sacro e inviolabile”.
E il diritto alla libertà di cura? Barbara Bartorelli annuncia un prossimo ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo: ”Perchè dobbiamo accettare che lo Stato sia tutore della nostra salute? Perchè la commissione del farmaco deve decidere come si deve curare un malato ? Se le terapie non funzionano, il nostro Stato - lo stesso che si interroga sull’opportunità del testamento biologico – ci lascia morire. E che colpa avrei io? Di non aver accettato di andare all’altro mondo a 32 anni? Chiedo la libertà di rivolgermi al medico che scelgo e che sia lui a decidere cosa è meglio per me, non un prontuario stabilito da una azienda farmaceutica!”
--------------------------------------
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 17-09-2012 19:07
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/c...38350.html
Cassazione: il saluto romano è reato
Confermata la condanna a un 50enne che, in una manifestazione del 2005 a Firenze, fece il saluto romano insieme a slogan inneggianti al razzismo e al regime
Luca Romano - Lun, 17/09/2012 - 18:45
Confermata, dalla Cassazione, la condanna nei confronti di un neofascista che in una riunione pubblica, insieme ad altri, faceva il saluto romano e scandiva slogan inneggianti al razzismo e al regime fascista.
La Suprema corte, infatti - con la sentenza 35549 -, ha dichiarato "inammissibile" il ricorso con il quale Lorenzo F. (di 50 anni) cercava di scrollarsi di dosso la pena inflittagli dalla Corte d’appello di Firenze il 3 novembre del 2010.
Proprio nel capoluogo toscano si era svolta la manifestazione del gruppo neofascista, il 23 aprile del 2005. L’imputato era noto dal 1990 alla Digos e alle questure della Toscana per cui, facilmente, erastato riconosciuto ed identificato anche se aveva il viso parzialmente coperto da una sciarpa.
L’uomo era pluripregiudicato e, dunque, secondo la Suprema corte in maniera corretta la Corte d’appello ha ritenuto legittimo il suo riconoscimento da parte di uno degli agenti di polizia chiamato a deporre in dibattimento.
Nelle fotografie, infatti, era raffigurato un uomo con il "capo coperto da un cappello, una sciarpa sul volto e un giubbotto imbottito": il riconoscimento dell’imputato si era basato sulla testimonianza di un poliziotto, che aveva dichiarato di conoscerlo "dal 1990".
La Cassazione, confermando la condanna, ha rilevato che "il giudice d’appello ha fondato il proprio convincimento sulla circostanza che gli imputati erano soggetti già noti alle forze di Polizia (in particolare alla Digos e alle Questure della Toscana) per la loro partecipazione ad altremanifestazioni del genere" e che il ricorrente "era pluripregiudicato e, perciò, anche sotto questo profilo, era noto alle forze di Polizia".
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 18-09-2012 10:12
Nel Mediterraneo nuota il futuro della nuova Europa
Il mondo nordico, tecnocratico, protestante e calvinista non può fare a meno del Medioriente. Che lo illumina da sempre
Marcello Veneziani - Lun, 17/09/2012 - 08:58
«Nulla mi ha più formato, impregnato, istruito - o costruito - di quelle ore rubate allo studio, distratte in apparenza, ma votate nel profondo al culto inconscio di tre o quattro divinità incontestabili: il Mare, il Cielo, il Sole.
Ritrovavo senza saperlo, non so quali stupori e quali esaltazioni primitive. Non vedo quale libro potrebbe valere, quale autore potrebbe creare in noi quegli stati di stupore fecondo, di contemplazione e di comunione che ho conosciuto nei miei primi anni. Meglio di qualunque lettura, meglio dei poeti, meglio dei filosofi, certi sguardi, lanciati senza pensiero definito né definibile, certe soste sui puri elementi della luce...»
Paul ValéryL'estate va finendo e nel congedo settembrino leggo in riva al mare le folgoranti Ispirazioni mediterranee di Paul Valéry (Mesogea, pagg. 67, euro 6). Risalgono al 1933 e sono un inno all'amor fati, cioè alla gratitudine di essere mediterranei: «Sono nato in uno di quei luoghi in cui avrei desiderato nascere». Leggo Valéry al sole, davanti al mare e al cielo, e ritrovo davanti il senso fluente e luminoso della mediterraneità. Nota Valéry che il pensiero nacque sulle rive del Mediterraneo perché qui sono riuniti tutti gli ingredienti sensibili, gli elementi e gli alimenti che lo generano: luce e spazio, libertà e ritmo, trasparenze e profondità. E in sintonia con le condizioni naturali emergono gli attributi della conoscenza: chiarezza, profondità, vastità, misura...Alla Fiera del Levante di Bari, che chiude i battenti, un imprevisto elogio del Mediterraneo è venuto da un uomo grigio-autunno e tutt'altro che mediterraneo, il Tecnico filotedesco Mario Monti che ha evocato il ruolo di battistrada del Mezzogiorno italiano nel Mediterraneo. Tesi antica, e poi ripresa nell'Italia unita da Crispi, Mussolini, Mattei e Craxi... Oggi invece è una tesi in prevalenza connotata dal «pensiero meridiano» di Franco Cassano e dal crocevia mediterraneo esaltato da Nichi Vendola.Ispirazioni mediterranee si intitola anche un altro libretto francese, di Jean Grenier, maestro di Albert Camus a sua volta ispiratore del pensiero meridiano e bigamo mediterraneo, metà di sponda algerina, metà di sponda francese. Per Grenier il Mediterraneo è «uno spazio breve che suggerisce l'infinito». Un vasto pensiero italico, dalla scuola pitagorica a Vico, poi nel secolo scorso unito a una copiosa letteratura, si ritrova nel grembo mediterraneo.A vederlo nel mappamondo, il Mediterraneo è una culla situata al centro del pianeta. E al centro di questo bacino, di questa culla, c'è la penisola italiana e le sue isole. La centralità dell'Italia nel Mediterraneo e del Mediterraneo nel mondo è davvero una realtà prima che un pensiero. Tre continenti si affacciano su questo balcone unico al mondo. La varietà è di casa nel Mediterraneo nei frutti come nelle civiltà. Come la mitezza del clima e il sapore d'anice.Sul piano storico il Mediterraneo, si sa, è il bacino da cui dipartirono le più significative civiltà, in cui presero corpo le religioni e le filosofie, i codici giuridici e i reggimenti politici, democrazia inclusa, le scoperte e le scienze che hanno pervaso il pianeta. «Giammai e in nessuna parte del mondo s'è potuto osservare in un'area così ristretta e in un così breve intervallo di tempo, un tale fermento di spiriti, una tale produzione di ricchezze» si legge in Valéry.Ma oggi il Mediterraneo cos'è? È il luogo dell'Europa tardiva, del meridione a rimorchio, dei Paesi indebitati, della Primavera Araba, della fratellanza islamica, del terrorismo, dei barconi di affamati. Questa l'immagine prevalente. Ma potrà mai immaginarsi un'Europa compiuta che rinneghi il Mediterraneo con le sue radici greche, romane, cristiane, oltre le contaminazioni arabe e giudaiche, turche e normanne? E potrà mai pensarsi l'integrazione europea come un puro adeguarsi al paradigma nordico, tecnico, finanziario, cancellando l'inevitabile dualità europea tra la civiltà mediterranea, cattolica e ortodossa, e la civiltà nordica, protestante e calvinista? Si potrà mai pensare l'equilibrio europeo e globale senza tentare di armonizzare i tre continenti, le tre religioni e le culture madri che si affacciano nel Mediterraneo? Oltre gli europei qui ci sono gli arabi, i turchi, gli egiziani, gli illirici e anche gli slavi del croato Pedrag Matvejevic, autore e fautore del Mediterraneo.Le principali allergie verso il Mediterraneo sorgono oggi tra i liberali e tra i tecnocratici, tra i mondialisti e tra i nordisti. È curioso pensare che il più lucido fautore della Repubblica mediterranea sia stato il principale teorico della Lega e della Padania, Gianfranco Miglio. Rifacendosi a Carl Schmitt e alla tradizione filosofico-giuridica italiana, Miglio ricordava che l'Italia, a differenza dei Paesi nordici e protestanti, in cui vige il comando impersonale della legge, è un Paese mediterraneo fondato sulla mediazione personale e comunitaria. Da qui l'idea di una repubblica mediterranea, basata su un rapporto fiduciario e diretto tra popolo e leader. Miglio riconosceva l'autonomia sovrana della politica e avversava il dominio delle oligarchie finanziarie e tecnocratiche. Non voleva neutralizzare la politica ma era un fautore del decisionismo su base popolare e partecipativa. Che si debba cercare nei fondali del Mediterraneo la risposta alla crisi economica, alle speculazioni finanziarie e all'asservimento da debito?L'Europa è un albero che dà frutti al nord, ma il tronco è italiano e le radici sono piantate nel Mediterraneo, da cui traggono linfa, luce e calore.Torno al geopensiero di Valéry, alla filosofia imbevuta di paesaggio, al suo occhio che «abbraccia insieme l'umano e l'inumano», ai porti mediterranei che descrive animati da un solo personaggio, la Luce. Quei porti dagli odori intensi che sono per lui un'enciclopedia o una sinfonia olfattiva; quel mare che per primo rende concepibile il possibile; quel pensiero che nasce dalla rarefazione del concreto, come un distillato della realtà, frutto soprannaturale della natura; quei puri elementi della luce che suggeriscono agli spiriti contemplativi le nozioni di infinito, di profondità, di universo; quel sole che introduce il modello di una potenza trascendente, di un signore unico; quell'uomo che misura tutte le cose nacque sulle sue sponde, qui diventa soggetto della polis e sviluppa come in nessun altro luogo il potere fascinoso della parola. Qui l'essere sopravanza il fare, il fato torreggia sulla tecnica, le cose valgono più dei mercati finanziari.Ispirazioni mediterranee per un pensiero che non si arrende all'economia.
http://it.wikipedia.org/wiki/Paul_Val%C3%A9ry
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 20-09-2012 12:00
Se la morte di un figlio vale solo 2mila euro
L'assegno ai genitori dell'operaio Cavicchi. L'Inail: non aveva una famiglia a carico
Cristiano Gatti - Gio, 20/09/2012 - 11:02
È una scossa che fa tremare più di un terremoto.
Non c'è scala Richter che possa misurarne l'entità. L'epicentro sta nel cuore di un padre, nel punto più profondo e più sensibile. Ma gli effetti si allargano a cerchi concentrici, raggiungendo tutte le coscienze d'Italia, almeno di quelle ancora accese, lasciando solo vergogna e incredulità.Bruno Cavicchi ha provato a scaricare un po' di sana rabbia davanti a Oreste Tofani, senatore e presidente della commissione d'inchiesta sugli infortuni del lavoro, in visita nelle terre emiliane sconvolte dal terremoto. Ha provato a dirgli presidente, senta che storia la mia, non ho più un figlio, tutto il bene che mi restava, quella mattina mi hanno avvertito che era rimasto sotto al capannone della Ceramica Sant'Agostino, a Ferrara, e per me la vita s'è spenta con lui, un dolore che non se ne andrà più fino al mio ultimo respiro, però mai avrei pensato che pure il dopo si sarebbe rivelato tanto crudele, tanto duro, tanto amaro, perché in questi giorni ho scoperto quanto valesse per lo Stato la vita del mio Nicola, un italiano bravo e per bene, che faceva il suo dovere, lo sa presidente a quanto ammonta il contributo dell'Inail, lo sa a quanto arriva la quotazione di Nicola, tutto il mio bene, una vita davanti e tante speranze ancora, davvero riesce a credermi se le dico che la cifra esatta è di 1936,80 euro?Sul momento nessuno ha trovato le parole giuste, perché nel vocabolario ancora non esistono parole in grado di spiegare a un padre che suo figlio valeva 1936,80 euro, non un centesimo di più. Poi, tempestivo e rigoroso, è intervenuto direttamente l'Inail, trovando subito le parole sue - dal superbo vocabolario della burocrazia - per spiegargli che è davvero tutto a posto, che ha avuto quanto gli spetta, che non esiste il minimo margine di un errore o di un'omissione. La spiegazione è un sublime esempio di quello che si intenda per incomunicabilità tra il gelo delle norme e l'anima delle persone: "La somma erogata non è il risarcimento per la perdita del figlio, ma il contributo alle spese per il funerale. Le prestazioni sono disciplinate dal Testo Unico del 1965. Il defunto Nicola Cavicchi non aveva una famiglia a carico. Dunque, l'Istituto non ha potuto erogare una rendita ai genitori. A loro spetta solo il contributo per le spese funerarie".Gli pagano il funerale, nemmeno tutto, nemmeno tanto bello. Altro, per il giovane Nicola, caduto sul lavoro, non è previsto. Suo padre può piangere fin che vuole, gli italiani possono indignarsi quanto vogliono, ma la norma è precisa e c'è poco da discutere. E per favore non buttiamola subito in stupida demagogia, raccontando in giro che la vita di Nicola vale meno di duemila euro. Non è vero, non è così. E' tutto in regola, il Testo Unico parla chiaro. In un estremo scatto di umanità, viene riconosciuto almeno come questo "Testo Unico sia una legge di quasi cinquant'anni fa, dunque da attualizzare, perché senza dubbio non può tenere conto di cambiamenti significativi intervenuti sia nel lavoro, sia nella famiglia
".Per fortuna il povero Nicola non può più sentire. Ovunque si trovi, la sua vita viene valutata in tutt'altra maniera. Tocca a noi, sopravissuti in questo strano luogo, ascoltare la dotta lezione di diritto e soffocare sul nascere le pulsioni peggiori, come pensare istintivamente alle aragoste e allo champagne che in certi consigli regionali si divorano in allegria, mettendo in conto alla collettività. Niente e nessuno però, nemmeno il sacro Testo Unico, può impedirci di provare vergogna e imbarazzo davanti a questo padre, sconfitto e vinto dalla morte del figlio, ma anche dall'umiliazione. Direbbero nei dibattiti intelligenti che questi 1936,80 euro sono indegni di un Paese civile. Difatti vanno benissimo per l'Italia.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 27-09-2012 10:53
I veri colpevoli? Sono tutti i politici
Per correggere il Codice penale bastano pochi minuti. Invece destra e sinistra si dimostrano liberali solo a parole
Vittorio Feltri - Gio, 27/09/2012 - 09:16
Scusate cari lettori, ma per scrivere questo articolo - lo ammetto - devo vincere il disgusto.
Alessandro Sallusti in galera per un articolo non scritto da lui, ma da Renato Farina, e nel quale neppure si cita il nome del diffamato, è un obbrobrio. Ciò, tuttavia, dal punto di vista giuridico credo non faccia una piega. I magistrati della Cassazione che hanno convalidato la sentenza di primo grado (14 mesi di reclusione) si sono limitati ad applicare con rigore una legge fascista, demenziale, che il ripugnante ceto politico italiano mantiene in vita da oltre mezzo secolo, infischiandosene della libertà di pensiero e di stampa, nonostante le disposizioni europee in materia.
Occorre ricordare in proposito che in nessun Paese occidentale i reati commessi a mezzo stampa vengono puniti con la detenzione. Ovvio. Una persona offesa da un giornalista pretende giustamente un congruo risarcimento e non ha interesse a mandarlo in prigione. Solamente nei regimi dispotici si tende a intimidire gli addetti all'informazione affinché non alzino troppo la cresta ed evitino di criticare i padroni del vapore.
Ecco perché non mi sogno neppure di attaccare i giudici, i quali usano gli strumenti a essi conferiti dal potere legislativo. Semmai mi scaglio contro chi ha esercitato questo potere nel peggiore dei modi. Sia la maggioranza di centrodestra sia quella di centrosinistra non sono state capaci di affrontare il problema. E lo hanno lasciato marcire, abbandonando i redattori, in particolare i direttori, al rischio di essere ingabbiati per qualsiasi inesattezza scritta (in fretta) su quotidiani o periodici.
La vicenda di Sallusti è addirittura grottesca nella sua drammaticità. Bisogna risalire a Giovannino Guareschi (anni Cinquanta) per trovare un precedente analogo: alcune vignette e un'inchiesta sgradite ai potenti e il direttore del Candido fu sbattuto dietro le sbarre a causa di sbagli per riparare i quali sarebbero bastate due smentite accompagnate da una somma di denaro quale indennizzo. Altri episodi simili sono numerosi, nessuno di essi però si è concluso così, con un verdetto tanto grave e non mitigato dalla condizionale.
Ora va detto che il procuratore di Milano, Edmondo Bruti Liberati, ha dichiarato: la pena va sospesa poiché il condannato non ha cumuli. Per cui il direttore del Giornale non andrà «dentro». Ciò non diminuisce il peso della sentenza e non allevia le preoccupazioni di chi fa il nostro mestiere. Fatico (fatichiamo) a non accusare i politici di insensibilità, menefreghismo e inettitudine. Per correggere il codice penale servono cinque minuti e una spesa di pochi euro: un decreto che trasferisca il giudizio dal penale al civile lo si verga con irrisoria facilità e lo si trasforma in legge, perfezionandolo, nel giro di tre mesi. Che si attende?
Fra tutti i politici, quelli del Pdl si sono rivelati i peggiori. Sedicenti liberali, in quasi vent'anni di attività parlamentare non hanno avuto la forza di dedicare un'oretta alla soluzione della vexata quaestio. E ieri, appresa la notizia della galera per Sallusti, alcuni hanno gioito (stavolta non a loro insaputa): chi perché odia la categoria cui non mi onoro di appartenere, chi perché finalmente pensa di aver individuato un tema efficace su cui impostare la campagna elettorale.
Sono indignato. E rimprovero Silvio Berlusconi di non essersi mai occupato, se non a chiacchiere, del caposaldo di ogni libertà: la libertà d'opinione. Il centrodestra merita di perdere le elezioni e il centrosinistra merita di non vincerle. Entrambi gli schieramenti vanno deplorati. È colpa loro se trionferà l'antipolitica. E voi, cari colleghi, sappiate che siamo tutti Sallusti.
------------------------------------------------------------------
L'articolo sotto accusa: duro, ma è un'opinione
Il magistrato che ha querelato Sallusti: "Diffamazione deliberata". Non è vero. Il commento, infatti, non citava il diffamato. Ora è su tutti i giornali
Stefano Zurlo - Gio, 27/09/2012 - 09:40
Oggi Alessandro Sallusti è a un passo dal carcere per un articolo pubblicato da Libero il 18 febbraio 2007. Più di cinque anni fa. In quei giorni le cronache raccontano la storia drammatica di una ragazzina torinese di 13 anni che si è rivolta al giudice tutelare per poter abortire. Il padre è contrario, la madre favorevole, certo a 13 anni non si può decidere da soli. Il magistrato, Giuseppe Cocilovo, dà l’ok alla richiesta e il corsivista di Libero si scaglia contro di lui con toni molto duri..Un giudice-argomenta l’autore del commento che si firma Dreyfus ha ascoltato le parti e ha applicato il diritto- il diritto- decretando: aborto coattivo». Poi Dreyfus si lancia in un’invettiva: «Qui ora esagero, ma prima domani di pentirmi, lo scrivo: se ci fosse la pena di morte, e se mai fosse applicabile in una circostanza, questo sarebbe il caso.
Per i genitori, il ginecologo, il giudice. Quattro adulti, contro due bambini. Uno assassinato, l’altro (in realtà) costretto alla follia». I toni, come si vede, sono senza sfumature ma va detto che l’autore-che certo non è Sallusti - voleva toccare le corde dell’anima,non si proponeva una nuda cronaca ma appunto una riflessione ustionante e controcorrente su una notizia che aveva scosso e diviso l’opinione pubblica. E su un tema controverso e scivoloso. Certo, come sottolinea la Cassazione in una nota pubblicata ieri sera, così come era presentata «la notizia era infondata».O meglio, non è che la ragazza fosse stata costretta ad abortire da tutte le persone che le stavano intorno. La madre, circostanza che Dreyfus evidentemente non conosceva, era a favore dell’interruzione di gravidanza.
Dreyfus nel suo affondo non conosce le mezze misure, le sfumature, i colori intermedi. Va a quello che per lui è il nocciolo del problema: una bambina, almeno per l’anagrafe, che per una decisione degli adulti che ne sanno più di lei e detengono il potere, è costretta a strapparsi di dosso la vita che si porta dentro. Si può essere d’accordo oppure no, ma il problema diventa un altro: la falsificazione di quel che era realmente accaduto. Come ha spiegato ieri sera, subito dopo la sentenza, Giuseppe Cocilovo ai microfoni del programma La zanzara di Radio 24: «L’unica cosa cui tenevo è che fosse ristabilita la verità dei fatti... Io non ho ordinato nessuna aborto e il quotidiano non ha pubblicato nulla per ripristinare la mia dignità personale». Cocilovo aggiunge che lui «la sua proposta per rimettere la querela l’aveva fatta: 20 mia euro da devolvere a Save the children, ma Sallusti ha rifiutato». Sallusti, come si sa,ha risposto in modo tranchant all’offerta: «La mia libertà non è in vendita».
Colpisce però un altro passaggio delle dichiarazioni di Cocilovo ed è quando parla di «diffamazione deliberata che ora diventa un attentato alla libertà di stampa ». Difficile obiettivamente andargli dietro e sia detto senza la retorica del martirologio corporativo; nell’articolo il suo nome non c’era.E i lettori del giornale lo ignoravano. Oggi Cocilovo è in pagina su tutti i quotidiani italiani.
-----------------------------------------------
Il saluto di Alessandro Sallusti ai lettori
Il saluto di Sallusti ai lettori: "Lascio perché vi rispetto e credo abbiate il diritto di leggere un giornale diretto da un uomo libero sia fisicamente che intellettualmente". Guarda il video in esclusiva e leggi l'editoriale: "Non voglio concedere nessuna via d'uscita a chi ha partecipato a questa porcata. Non ho accettato trattative private, non accetto ora di evitare la cella". Paolo Berlusconi: "Non posso accettare le dimissioni". La solidarietà della redazione: "Siamo tutti Sallusti"
Alessandro Sallusti - Gio, 27/09/2012 - 09:00
Fa un certo effetto sapere di dover andare in carcere.
Ma non è questo il problema, non il mio. In un Paese dove più che gli euro mancano le palle, non voglio concedere nessuna via d'uscita a chi ha partecipato a questa porcata. Non ho accettato trattative private con un magistrato (il querelante) che era disponibile a lasciarmi libero in cambio di un pugno di euro, prassi squallida e umiliante più per lui, custode di giustizia, che per me. Non accetto ora di evitare la cella chiedendo la pena alternativa dell'affidamento ai servizi sociali per sottopormi a un piano di rieducazione. Perché sono certo che mio padre e mia madre, gli unici titolati a educarmi, abbiano fatto un lavoro più che discreto e oggi, che purtroppo non ci sono più, sarebbero orgogliosi di me e di loro.
E ancora. Non chiederò la grazia a Napolitano perché, detto con rispetto, nel suo settennato nulla ha fatto di serio e concreto per arginare quella magistratura politicizzata che con odio e bava alla bocca si è scagliata contro chiunque passasse dalle parti del centrodestra e che ora, dopo avere ripassato i politici, vuole fare pulizia anche nei giornali non allineati alle loro tesi. Non voglio poi risolvere io il problema di Mario Monti, accademico di quella Bocconi che dovrebbe essere tempio e fucina delle libertà, che si trova al collo, complice il suo sostanziale silenzio e il suo immobilismo sul caso, la medaglia della sentenza più illiberale dell'Occidente. Così come il ministro della giustizia Paola Severino, definita da tutti come la più illuminata tra gli avvocati illuminati, dovrà ora chiedersi se per caso non è colma la misura della giustizia spettacolo degli Ingroia e dei suoi piccoli imitatori in cerca di fama.
Stamane scriverò al Prefetto di Milano, per annunciargli che rinuncio alla scorta (ragazzi meravigliosi e sottopagati che non finirò mai di ammirare) che da due anni mi protegge notte e giorno da concrete e reiterate minacce. Non posso accettare che una parte dello Stato, il ministero degli Interni, spenda soldi pubblici per tutelare una persona che un'altra parte dello Stato, la magistratura, considera in sentenza definitiva soggetto socialmente pericoloso.
E ultimo, ma primo in ordine di importanza, oggi mi dimetto, questo sì con enorme sofferenza, da direttore responsabile del Giornale, per rispetto ai lettori e ai colleghi. Il foglio delle libertà non può essere guidato da una persona non più libera di esprimere ogni giorno e fino in fondo il proprio pensiero perché fisicamente in carcere o sotto schiaffo da parte di persone intellettualmente disoneste che possono in ogni momento fare scattare le manette a loro piacimento.
Ringrazio tutti voi per la pazienza e l'affetto che mi avete dimostrato e vi chiedo scusa per i non pochi errori commessi. Ma non mi arrendo, questo mai. La battaglia per cambiare in meglio il Paese continua, e questo sopruso, sono convinto, può essere trasformato in una opportunità in più per tutti noi.
--------------------------------------
http://www.youtube.com/watch?v=VFQGBaIvB-k
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 30-09-2012 13:19
Album Morto Sven Hassel, autore di «Maledetti da Dio»
Redazione - Mer, 26/09/2012 - 07:35
Lo scrittore danese Sven Hassel, controverso autore di fortunati romanzi di guerra basati su esperienze pseudo-autobiografiche durante il secondo conflitto mondiale, è morto a 95 anni a Barcellona, dove viveva dal 1964.
Nel 1953 pubblicò il suo primo libro «Maledetti da Dio», a cui sono seguiti altri 13 titoli, tra cui «Germania Kaputt», «Gestapo», «General SS», «Commando Himmler». Tradotte in 18 lingue, le opere di Hassel raccontano le vicende del 27° Panzer Regiment, formato da criminali, «indesiderati» politici e da disertori.
---------------------------------------
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 02-10-2012 11:57
Casta sempre più trash: ora si fa fotografare seduta su un water
A Palazzo Ferrajuoli una festa dedicata agli escrementi. Altro che il toga-party organizzato da "Ulisse" de Romanis
Sergio Rame - Mar, 02/10/2012 - 11:20
È solo una foto, si dirà. E, in effetti, è soltanto uno scatto.
Uno dei tanti fatti alle innumerevoli feste pecorecce della Roma godereccia. Questa volta a finire immortalata da un obiettivo indiscreto è stata la giovane consigliera Pdl alla Regione Lazio Veronica Cappellaro a un "festino" dedicato alla merda. Noblesse oblige. Lei, la Cappellaro, che presiede anche la commissione Cultura alla Pisana, è stata "pizzicata" seduta su un water posizionato al centro di un salone di Palazzo Ferrajoli, a due passi da Palazzo Chigi dove risiede il sobrissimo presidente del Consiglio Mario Monti.
Non si tratta di fare la morale. È la Roma dei Trimalcione, del cafonal paparazzato (da sempre) da Dagospia, dei party ultra ristretti raccontati dalle riviste patinate. Dopo le immagini della festa di basso impero organizzata da Carlo De Romanis, il Portaborse (leggi l'articolo) pubblica quelle della collega di partito, Veronica Cappellaro, che ha partecipato alla festicciola dedicata agli escrementi. Da strabuzzare gli occhi, da storcere il naso, da scuotere la testa. Eppure, là in fila c'erano frotte di persone che calcavano la scena di Palazzo Ferrajoli per partecipare al grande evento. "Quando si dice un festone di vera mierda... tra scopettini del cesso usati, water sporchi ovunque, pannoli e assorbenti imbrattati appesi all'ingresso, cagate da elefante (finte) sparse qua e là, anche sul tavolo del buffet", racconta Luciano Di Bacco per Dagospia (leggi l'articolo). Insomma, un girone d'inferno ancora più basso rispetto al toga party trash che Carlo "Ulisse" De Romanis ha organizzato a Cinecittà insieme a amici e parenti travestiti con tuniche da antichi romani e maschere da maiale in faccia. Allora vodka e moijto, adesso latrine pubbliche e fialette puzzolenti. Una festa per fotografare il momento storico in cui viviamo. A organizzarla ci ha pensato Paolo Pazzaglia, battendo - come spiega Dagospia - "tutti i record di fantasia, presa per i fondelli e cafonaggine visti finora a Roma".
Ripetiamo: siamo ben lungi dal voler fare la morale. Tuttavia, la Cappellaro non ha tentennato nemmeno per un secondo quando si è fatta fotografare mentre lasciava un "ricordino" al padrone di casa che ha accostato gli invitati in lustrini, tacchi a spillo e cravatte sgargianti a una coppia di figuranti travestiti da disoccupati della Fiat. Trash è poco per descrivere la situazione. Sconforto, poi, è il sentimento che coglie nel vedere la carrellata di fotografie e i video pubblicati ieri sera da Dagospia e subito ripresi da tutti i principali siti online. Insomma, il cattivo gusto ha davvero toccato il fondo. In un momento di crisi e rigetto per la politica, i politici si mettono in fila per farsi fotografare a feste e festini suscitando le critiche (pesantissime) dell'opinione pubblica. Essere cafoni, tuttavia, non è un peccato né tantomeno un reato.
http://www.ilgiornale.it/news/interni/ca...42628.html
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 16-11-2012 11:30
http://www.ilgiornale.it/news/interni/ve...56402.html
Il vero Homo insapiens? È quello dell'anno 2012
Un genetista dell'ateneo di Stanford: "Gli umani dei nostri giorni sono meno intelligenti dei cavernicoli". Ecco perché
Nino Materi - Ven, 16/11/2012 - 08:38
E «cavernicolo» potrebbe trasformarsi in un complimento.
Pare infatti che i nostri antenati armati di clava fossero molto più intelligenti dei loro attuali posteri armati di iPad.
Insomma, il vero Homo (in)sapiens è quello che ogni mattina vediamo allo specchio e che ci riflette una stupidità genetica senza paragoni nell'era preistorica: epoca in cui di fessi ne giravano pochi, per il semplice fatto che i citrulli venivano molto democraticamente uccisi a colpi di pietra (nell'eta della pietra), a colpi di bronzo (nell'età del bronzo) e schiacciati sotto le ruote (nell'età della ruota).
Almeno così sostiene il professor Gerald Crabtree, un genetista dell'università di Stanford, in due articoli pubblicati dalla rivista Trends in Genetics.
Secondo il ricercatore, nel paleozolico (a differenza purtroppo di oggi) la «punizione per la stupidità» era molto più forte, e questo faceva sì che l'evoluzione selezionasse in modo molto più pressante gli individui migliori: «Se un cacciatore non riusciva a risolvere il problema di come trovare cibo moriva, e con lui tutta la sua progenie; oggi invece un manager di Wall Street che fa un errore riceve un cospicuo bonus e diventa un maschio più attrattivo. Chiaramente la selezione naturale non è più così estrema». Mitico professor Crabtree: l'insegnante di scienze che tutti avremmo desiderato a scuola, ma che nessuno ha mai trovato.
In estrema sintesi il Crabtree-pensiero è il seguente: «La nostra civiltà, moderna e super tecnologica, potrebbe portare ad una diminuzione dell'intelligenza umana»; con la conseguenza che «l'uomo del futuro sarà sempre più stupido». O, se vi fa piacere, meno intelligente.
Per trovare conferma alla tesi del professor Crabtree basterebbe accendere la televisione o guardare la nostra classe politica. Ma anche, più semplicemente, fare una semplice passeggiata.
La prevalenza del cretino è sotto gli occhi di tutti.
«Scommetto - aggiunge il nostro docente ideale - che se un cittadino medio di Atene del 1000 a.C. dovesse apparire improvvisamente in mezzo a noi, potrebbe essere più brillante e intellettualmente vivo, con una buona memoria, una vasta gamma di idee, e una chiara visione delle questioni importanti». Insomma, meglio di un governo tecnico...
Ma molti studiosi criticano il genetista di Stanford sostenendo che l'uomo non ha diminuito le sue facoltà intellettive, bensì le ha diversificate. E poi tenete conto che, negli ultimi 100 anni, il quoziente intellettivo medio è aumentato, tanto che lo stesso Crabtree lo conferma spiegando che questo è dovuto probabilmente ad una migliore nutrizione e una ridotta esposizione del cervello a inquinanti chimici come il piombo.
Ma il genetista Usa non indietreggia di un passo: «Gli ultimi studi hanno individuato da 2mila a 5mila geni legati all'intelligenza, e ogni generazione porta due o tre mutazioni. In assenza della selezione, gli ultimi 3mila anni sono stati un tempo sufficiente per inquinare il Dna di tutti».
Concludendo: «In rapporto all'uomo di qualche migliaio di anni fa la nostra intelligenza è sicuramente più debole. Per fortuna la società è invece abbastanza forte da contrastare l'effetto».
Ne è davvero sicuro, professor Crabtree?
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 17-11-2012 11:53
L'argomento prosegue
Conclude Nino Materi con la domanda :Ne è davvero sicuro, professor Crabtree?
Qui un interessante esempio:
Nell'ultimo incubo di Crichton i mostri generati dalla scienza
La nuova frontiera dell'orrore, secondo il profetico autore Usa, potrebbe essere lo sviluppo irresponsabile delle nanotecnologie
Stefania Vitulli - Sab, 17/11/2012 - 09:02
Anche chi non ha mai letto Michael Crichton è rimasto, senza saperlo, un poco orfano dopo la sua morte. Orfano di una dote che lo scrittore da 150 milioni di copie, scomparso nel 2008 a 67 anni dopo aver lottato a lungo contro un tumore, possedeva con esito infallibile: la preveggenza sui grandi temi che sconvolgono il pensiero dell'umanità.
Crichton vedeva in anticipo intorno a quale favo l'alveare della comunicazione avrebbe generato il miele migliore. Medico, previde e lanciò ben prima del dottor House la medicina al cinema e in tv, con E.R. Fu certo che il cuore più dibattuto della ricerca sarebbe stato la genetica, con Jurassic Park. Pronosticò il sexual harrassment come strumento di vendetta nei centri di potere un anno prima del Clinton Sexgate, con Rivelazioni. E si potrebbe continuare. Questo perché prima di scrivere si gettava a capofitto in ricerche che duravano mesi.
Stava prevedendo qualcosa anche mentre iniziava Micro (in uscita il 25 novembre per Garzanti, pagg. 440, euro 18,80), il romanzo che nel 2008 lasciò a un terzo della sua attuale lunghezza. «Quando lessi per la prima volta il manoscritto incompiuto di Michael, potevo praticamente sentire la sua eccitazione che attraversava le pagine. Stava scrivendo al massimo delle sue possibilità, con uno straordinario senso dell'avventura, esplorando un mondo inquietante che sembra andare oltre ogni immaginazione, il micromondo. È il mondo della natura piccolissima. Micromostri. Microbellezza. E una suspense da fermare il cuore».
A parlare è Richard Preston, l'altra firma sulla copertina. È stata la Harper Collins insieme agli eredi dello scrittore americano a decretare, un anno dopo la sua morte, che dovesse essere questo giornalista del New Yorker e autore di altri 9 libri a ricucire e finire non solo la scrittura, ma anche le ricerche sul mondo delle nanotecnologie e sulle specie naturali coinvolte nel plot costruito fino a quel momento. Nell'introduzione al libro, che è anche una sorta di testamento letterario, il pensiero di Crichton è rivolto soprattutto alle giovani generazioni, che della natura non sanno nulla e dalla quale spesso vengono tenuti lontani, come se conoscerla a fondo non avesse importanza. E Micro è un modo per avvertirli: «Nell'interazione con il mondo naturale, siamo privi di certezze. E sarà così per sempre».
La trama decisa da Crichton parte alle Hawai, dove nello studio di un avvocato vengono ritrovati tre cadaveri con minuscoli tagli provocati da un microrobot dotato di lame letali. Potrebbe essere stato sviluppati in uno dei laboratori di ricerca della Nanigen MicroTechnologies, in quella base segreta protetta dalla foresta e da occulti investimenti miliardari in cui si studiano le microforme di vita della foresta a scopo medicinale. Sarà un neoreclutato gruppo di ricercatori di Harvard a trovarsi invischiata nei tranelli sperimentali e nella natura ostile. Il livello dell'intreccio e della credibilità è alto fino alla fine e se dobbiamo valutare la penna di Preston potremmo fargli il miglior complimento: non si distingue da quella di Crichton.
Sarà perché il metodo di ricerca che lui stesso descrive prevede controlli scientifici: chiama le sue fonti al telefono e poi le richiama per una seconda intervista di verifica. Più di un aneddoto garantisce l'abilità di Preston nella documentazione. Il più famoso narra che una copia del suo romanzo The Cobra Event, che descrive un attacco bioterroristico su New York con virus partoriti dall'ingegneria genetica, sia finita nelle mani dell'allora presidente Clinton. Che lo abbia tenuto sveglio per due notti. La prima a leggerlo. La seconda a rfiletterci su. Finché, secondo il NYT, Clinton discusse del romanzo a un Consiglio di Sicurezza della Casabianca, in cui chiese: «Ma Preston, dove ha preso queste informazioni?».
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 26-11-2012 12:15
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 01-12-2012 12:49
http://www.ilgiornale.it/news/cultura/ga...60975.html
Gattonando nel vuoto, dentro la bolla dell'arte
Sospesi a 30 metri d'altezza, su una membrana trasparente di sei millimetri Il successo (quasi come Picasso) di un'installazione "vissuta" dal pubblico
Luigi Mascheroni - Sab, 01/12/2012 - 09:19
Da là in cima, chi sta sotto appare un insetto in fuga. E quelli che stanno in alto, visti da sotto, sembrano ragni a caccia di una preda. Tra Kakfa e Fuller. Chi l'ha provata, uscendo, dice che è un'esperienza mentale.
O «una prova fisica». O «una cosa davvero divertente». O «pazzesca». O «qualcosa di adrenalinico, mi capisci?».
Pazzesca, divertente, adrenalinica, è un'opera che puoi vedere da fuori, da sotto, da sopra, da dentro, un'installazione in cui puoi entrare, da cui puoi uscire, dentro la quale cammini, gattoni, rotoli, ti lanci, rimbalzi, un allestimento che «vivi», che usi, che senti. Un po' è arte, un po' è gioco, un po' è moda. Un po' è vita.
Una struttura gigantesca, accessibile ai visitatori, montata in un enorme capannone, dentro cui sono stesi tre strati sovrapposti di superficie trasparente, sospesi tra i 27 e i 34 metri d'altezza, dell'ampiezza complessiva di 1.200 metri quadrati e gonfiati da 7mila metri cubi d'aria. Una bolla colossale. Un capolavoro «in quota». Un bungee jumping d'artista.
Il primo paragone che ti viene in mente, quando ci sei «dentro», è quello con i gonfiabili per bambini che vedi al mare, o alle fiere. Soltanto molto più grande, trasparente, su tre livelli, e a 30 metri d'altezza. L'altra differenza, è che è vietato ai minori. I bambini giocano, i grandi fanno una performance.
Performance riuscitissima dell'argentino Tomàs Saraceno, artista 39enne di culto, famoso per la stanza-ragnatela realizzata alla Biennale di Venezia del 2009, la struttura fluttuante di pellicola trasparente (schiuma di plastica spazio-temporale che avvolge il corpo del pubblico) si chiama On Space Time Foam e dal 26 ottobre campeggia in un'ala dell'HangarBicocca, a Milano: una mostra-evento che è una sfida artistica, tecnologica e antropologica. Metafora di un sistema sociale instabile in perenne cambiamento, utopia di un mondo senza gerarchie dove il sopra e il sotto sono relativi, e parabola tecnologic-art della farfalla il cui battito provoca un uragano dall'altra parte del mondo, la mostra, aperta da un mese, ha già superato i 40mila visitatori, una media di 2mila persone al giorno che sono arrivate qui per vederla e per viverla. Si mettono in coda, entrano a gruppi di 15, si tolgono le scarpe, ripongono negli armadietti spille e cinture, e entrano nella bolla. Ci camminano sopra e ci gattonano dentro, per 15 minuti, in un silenzio surreale rotto dai fruscii e i sospiri. Poi si cambia turno. Tempo d'attesa: in settimana mezz'ora-un'ora, nel weekend anche due o tre.
In termini assoluti l'installazione site-specific di Tomàs Saraceno ha superato la mostra di Degas a Torino (9.600 visitatori), Raffaello verso Picasso a Vicenza (14mila) è vicinissima a Vermeer alle Scuderie del Quirinale a Roma (20.124, media giornaliera 2.400) e non sfigura neppure di fronte a Picasso a Palazzo Reale, a Milano, che è in cima alla classifica settimanale delle mostre italiane: 33mila visitatori, 3.900 al giorno. Per fare un'esempio: l'esposizione permanente «Cantiere del '900» delle Gallerie d'Italia in Piazza Scala, inaugurata lo stesso giorno dell'opera all'HangarBicocca, ha avuto 37.500 spettatori. Entrambe gratuite, una è nel cuore di Milano l'altra in periferia. La prima espone i grandi maestri del '900 italiano, l'altra è arte esperienziale-emozionale. «Per un'installazione di arte contemporanea, i numeri di On Space Time Foam sono da guinness», conferma l'organizzazione.
Aperto peraltro solo da giovedì a domenica, vietato a persone che soffrono di attacchi di panico, claustrofobia, vertigini, a donne incinte e a chi supera i 100 chili di peso, l'allestimento di Tomàs Saraceno, frutto di mesi di progettazione e test statici, curato da Andrea Lissoni e finanziato dalla Pirelli, appassiona e incuriosisce, alimentando un corto circuito di passaparola e entusiasmo. Attira i giovani, che pure faticano a distinguere l'aspetto ludico da quello artistico («il target di riferimento sono i 20-25enni, che ci vengono in gruppi, a coppie, anche alla sera come dopocena prima di andare nei locali», conferma una ragazza dello staff), signore di mezza età art-oriented o semplici curiose (ieri un gruppo di cinque amiche quarantenni, in pausa pranzo intellettuale, erano in coda «per provare una cosa nuova, e anche per stare insieme»), vip della tv e dello sport e arzilli studenti dell'Università della Terza età: «La persona più agée che si è lanciata? Uhm... C'è stata una signora di 85 anni - viene in mente a una delle due guide alpine incaricate della sicurezza -. Appena entrata nella bolla, è scivolata giù un paio di metri, si è spaventata... L'abbiamo aiutata, pensavamo rinunciasse. Invece è tornata dentro, e si anche divertita...».
Divertimento, disagio, spaesamento, sospetto, leggerezza. Camminando carponi sulla superficie di plastica fluttuante che si alza e si abbassa sotto il peso delle persone in movimento, come se si passeggiasse tra le nuvole, o in un acquario sospeso, tra ragnatele tecnologiche e cloud computing, si prova cosa significa stare in equilibrio tra cielo e terra. Quando sei in mezzo al gigantesco telo di plastica, a 20 metri di distanza dal punto solido più vicino, a 30 metri d'altezza, su una membra di sei millimetri, sopra il cemento dell'hangar, senza alcuna rete fisica né mentale, speri che gli ingegneri di Tomàs Saraceno abbiamo fatto bene i conti, e i materiali Pirelli rispondano ai criteri di affidabilità nei quali hai sempre creduto. Per il resto ti muovi gattoni, ascolti gli scricchiolii dei cavi e vivi il tuo quarto d'ora da protagonista dentro l'opera d'arte. «È come essere in un mondo instabile - dice Riccardo, vent'anni, venuto qui con gli amici - Tu vuoi andare in una direzione, ma il tuo movimento è condizionato da quello degli altri, a seconda di come si muovono. Insomma, capisci che non sei tu che decidi tutto». Così in un'opera d'arte, esattamente come nella vita.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 03-12-2012 11:43
http://www.ilgiornale.it/news/cultura/fe...61504.html
Feticisti, dandy e sadici Le «libidini» da bibliofili
Si eccitano per una rilegatura e vivono alla ricerca di rarità e prime edizioni. Ma un volume si deve amare come un fratello. Anche se ha i suoi difetti...
Marcello Veneziani - Lun, 03/12/2012 - 08:38
C'è una tarma dal volto umano che si chiama bibliofilo. In gergo scientifico si chiama lepisma, ma è noto anche come tarlo, muffa, larva o più leggiadramente pesciolino d'argento. Il bibliofilo divora la carta ma non la distrugge, anzi la tutela e la venera, soprattutto se antica e rilegata.
I bibliofili sono una setta esoterica che applica il gusto estetico al senso storico, in un curioso intreccio di bellezza ricercata e gerontofilia antiquaria. Luigi Mascheroni ha compiuto un viaggio tra le tarme più veraci e voraci della bibliofilia nel suo Scegliere i libri è un arte, collezionarli è una follia, edito da Biblohaus (pagg. 176, euro 15; prefazione di Mario Baudino e cura di Massimo Gatta, in libreria dal 7 dicembre). Da Andreotti a Cesare De Michelis, da Alfredo Castelli a Philippe Daverio, Mascheroni ritrae una ventina di accaniti bibliofili, raccoglie le loro voci, fa la storia e la patologia della loro passione; ma alla fine si svela l'intima complicità del biografo con i suddetti e col loro nobile vizio. Non so quanto nei bibliofili la passione del libro poi coincida col piacere della lettura, e questo è l'antico conflitto tra i lettori forti e i collezionisti di libri.
Alcuni tra gli autori incontrati da Mascheroni sono anche lettori assidui, ma chi ama un libro non è detto che si appassioni al suo contenuto; a volte i bibliofili sono raffinati feticisti e somigliano più al collezionista di ossa che all'erudito, più al dandy che all'umanista. Io non potrei dirmi un bibliofilo se per amor dei libri s'intende la cura per i volumi, la ricerca delle prime edizioni e la collezione di perle preziose. L'amor mio per i libri è troppo carnale per essere quello di un bibliofilo e troppo mentale per commuoversi davanti a una rilegatura antica e pregiata. Maltratto i libri che più amo, li sottolineo, e leggendone molti all'aperto, spesso ne recano le impronte. Amo, è vero, la biblioteca; ma vicende personali (di cui c'è traccia pure in questo libro) mi hanno alla fine vaccinato, fino a farmi disamorare. Ora so distaccarmene e perfino privarmi di interi filoni non congeniali; anche se quando qualcuno vuol devolvermi la sua biblioteca dismessa si riaccende la libridine e la gioiosa attesa dell'incontro libresco imprevisto.
Almeno la metà dei bibliofili ritratti da Mascheroni li conosco e molti di loro li considero amici; invidio il loro fiuto e il possesso di alcune rarità, e ammiro la loro cura e ricerca. Ma c'è chi di un libro ama la sua esistenza e chi invece la sua essenza; chi venera la sua età e i tempi che ha attraversato, magari restandone indenne; e chi invece cerca di sentire nel fruscio delle pagine la sua anima e cerca di sorprendere nel tomo un'idea discinta che si veste di carta. Col passare del tempo anche il libro stampato, ridotto a esemplare raro, conquista l'aura delle opere d'arte irriproducibili. Le copie spariscono e la superstite si assume l'onore di coincidere con l'originale. Qualcuno sostiene che chi ama il libro come pensiero, al contrario del bibliofilo, dovrebbe gioire della sua progressiva evanescenza a favore dell'e-book, e del suo diventare pura visione senza corpo. Come Plotino si vergognava di avere un corpo, così il lettore spirituale dovrebbe sentirsi liberato dalla presenza fisica del volume e gioire del suo ridursi a pura entità concettuale, incorporea. Lasciando dunque ai bibliofili doc il dolore per il libro smaterializzato nel web. Ma per i veri lettori, come per i veri bibliofili, la bellezza fisica di un'opera è il primo gradino per accedere alla sua bellezza intellettuale. Il suo corpo è la sua custodia, il suo presagio. Tramite la sua presenza fisica, si accede alla sua sostanza metafisica. C'è chi vorrebbe procedere alla cremazione dei fratelli maggiori, conservando la loro cenere in una più agile urna, l'e-book, la chiavetta, o semplicemente affidando il loro ricordo alla clemenza della rete che tanto contiene e troppo ricorda, anche robaccia. Ma l'esperienza tattile del libro, lo sostiene anche Mascheroni, è insostituibile; non basta vedere un testo su uno schermo, bisogna toccare il suo corpo plasmato dal tempo, sentire la sua età, il suo odore, la loro cartilagine, anche quando è in preda all'osteoporosi, perché i libri sono umani anche in quello. È detestabile l'espressione libro usato, che è brutta quasi quanto supporto cartaceo. Certo il libro, più che all'auto, somiglia al tappeto di seta: più è vissuto e più ha valore. Dico valore affettivo, storico, non antiquario o commerciale. Meglio chiamarlo libro vissuto anziché usato. Perché i libri sono vita raccolta in carta e pensieri; e averli letti, toccati, chiosati, li rende più veri e più vivi. Ogni lettore aggiunge uno strato di vita. Certo, poi ci sono i libri abusati o logorati dal tempo, squinternati e ridotti a una degradante vecchiaia. Ma i libri che odorano di vita e lettori, i libri tramandati, sono ancora più ricchi, crescono con l'uso. Su questo, i bibliofili interrogati da Mascheroni sarebbero contrari: per loro il libro vale di più se i lettori non hanno violato il suo corpo.
Vivo in una piccola casa con mille fratelli maggiori. Ma non occupano molto spazio perché i loro corpi sono di carta; chi mezzo, chi un intero ripiano, chi lo spazio di un libro. I fratelli maggiori sono gli autori dei libri che gremiscono la biblioteca. Sono fratelli a volte più antichi di Cristo, come Omero e i filosofi greci; altri sono più vicini nei secoli, qualcuno l'ho conosciuto e taluno è vivente. Tra loro c'è pure uno scaffale con ventisei costole mie, i libri procreati da me, figlioli immaginari. Mi piace organizzare con i mille fratelli feste a sorpresa, soprattutto d'autunno e d'inverno, e passare serate in affollata solitudine, fermandomi ora con un fratello maggiore ora con un altro per una rimpatriata e una riscoperta; a volte ricordando insieme qualcosa, a volte rubando loro un pensiero, una parola, un'atmosfera.
E' bello avere compagni di solitudine. Non c'è settimana che non si leggano annunci di morte per il libro di carta stampata. Funerali anticipati, a volte con una punta di sadico compiacimento e di barbarie nascosta nella tecnica ipermoderna on line. Talvolta i sadomaso sono autori di libri che si compiacciono di soffrire facendo soffrire. Mi auguro che finisca prima l'uomo del libro, e che il postlibro riguardi i postumani, non noi umani. Piace il sapere fluttuante nell'etere, i libri disincarnati sul video e i saperi visti e toccati sul display; ma abbiamo bisogno di avere più fonti di sapere e di vita, anche quelle più antiche. Amanti del libro e della lettura, bibliofili, bibliomani e biblionauti, colti o solo feticisti, difendiamo uniti i Mille Fratelli in carte e ossa e i loro Libri Vissuti.
Carta canta, non sopprimete quel canto.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 03-12-2012 12:55
Pedali: "Le mie radici? Sono nella musica nera"
In Popin Jazz è affiancata da star del jazz come Fresu, Dado Moroni, il giovane Cafiso e Tamburini: "È la sintesi del mio percorso musicale e del mio amore per i vari generi"
Antonio Lodetti - Lun, 03/12/2012 - 09:00
Ha inciso diversi album, nel 2003 ha partecipato a Sanremo Giovani e la sua canzone, "Vorrei", è stata la più trasmessa dalle radio.
Ha cantato un po' ovunque - persino al Madison Square Garden di New York - ma non molti hanno sentito parlare di Daniela Pedali, gran voce in bilico tra pop, soul e jazz. Ora ci riprova con "Popin Jazz", il nuovo cd che la vede affiancata da star del jazz come Paolo Fresu, Dado Moroni, il giovane Francesco Cafiso, Marco Tamburini.
Punta molto su questo disco.
Si, è la sintesi del mio percorso musicale e del mio amore per i vari generi. Una serie di canzoni che attraversa trasversalmente tutti gli stili con un occhio particolare alla fusione tra pop e jazz.
Si può definire easy jazz?
Piuttosto io parlerei di soul jazz, visto che le mie radici sono nella musica nera. E' un lavoro con cui volevo dire qualcosa di più profondo e personale.
Come ha fatto a coinvolgere stelle come Fresu e Moroni?
E' stato un processo naturale, hanno ascoltato il progetto e si sono subito sentiti coinvolti nel reinterpretare brani come Eleanor Rigby dei Beatles, Billy Jean di Michael Jackson o Se mai, versione italiana di Smile di Charlie Chaplin, che avevo già inciso nel mio album precedente.
Come nasce artisticamente Daniela Pedali?
Da bambina, quando cantavo da sola nella mia stanza, ero felice e mi sentivo me stessa. Da allora non ho più smesso e ho deciso di trasformarla in una professione. Ho partecipato a diversi concorsi e ho tentato diverse strade finchè il produttore Angelo Valsiglio mi ha scoperto e mi ha permesso di incidere il primo album.
È stata anche in tv?
A 16 anni ho partecipato a Re per una notte, il programma su Italia 1 di Gigi Sabani che anticipava i talent show e poi a Derstinazione Sanremo di Pippo Baudo e Claudio Cecchetto, lo show che mi ha permesso di partecipare a SAnremo Giovani nel 2003. Ma a Sanremo il successo non è arrivato. Quei tre minuti sul palco di Sanremo sono stati un'emozione unica perchè il Festival fa parte della nostra cultura. E' stata un'esperienza entusiasmante e non è vero che non abbia avuto successo. Il mio brano è stato il più trasmesso dalle radio tra quelli dei giovani e poi è arrivato il successo internazionale.
Cioè?
Subito dopo il Festival ho firmato un contratto in America con la Sony Discos, ho registrato un disco in spagnolo per il mercato latinoamericano e ho fatto una tournee massacrante, a volte persino due concerti al giorno. Un'esperienza che mi ha insegnato molto. Poi ho avuto successo in Russia, Ucraina e il pezzo Swords, che ho inciso con gli inglesi London Beat, è arrivato a sorpresa in testa alla classifica in Danimarca.
Quali sono le sue radici musicali?
Ascolto da sempre il soul e il rhythm'n'blues di Ray Charles, Aretha Franklin, Otis Redding e le grandi cantanti di jazz, ma la vera folgorazione mi è arrivata col primo disco di Whitney Houston. Da allora ho continuato a coltivare le radici nere ma cercando di amare sempre più me stessa per trovare una strada personale. Insomma vorrei essere originale e non imitare nessuno.
Che cos'è per lei la musica?
La musica, soprattutto il jazz, per me sul palco si diventa cronaca, scambio di energie, istintività, dialogo e comunicazione con il pubblico. Un groviglio di emozioni.
Come mai non ha provato anche lei con i reality e con i talent show?
Preferisco seguire la strada dei concerti e dei dischi ora che è avviata. Devo dire che i reality, ad un certo punto, hanno messo in crisi la mia carriera.
Come mai?
Perché ormai tutto passa solo da lì. E' giusto e bello che ci siano e che aiutino tanti ragazzi ad emergere, ma non devono diventare il canale esclusivo per avere visibilità ed entrare nel mondo discografico. Meno male che poi mi sono ripresa e ora punto molto su Pop In Jazz.
Daniela Pedali ha un sogno?
Ne ho mille perché sono esuberante, ma forse il più grande, legato alla mia carriera, è quello di vedere una folla sterminata che canta con me una delle mie canzoni.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 05-12-2012 14:24
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 09-12-2012 19:34
http://www.ilgiornale.it/news/cultura/arte-856860.html
"Premio Adrenalina", la mostra tra simbolismo e tecnologia
All'esposizione finale della prima edizione del Premio Adrenalina, la creatività incontra i nuovi mezzi tecnologici nell'esposizione "La nuova era tra simbolismo e tecnologia"
Francesca Riggio - Mar, 20/11/2012 - 09:32
Pittura e fotografia ma anche installazioni e body art all'esposizione finale della prima edizione del Premio Adrenalina. La creatività incontra i nuovi mezzi tecnologici in una esposizione dal titolo: "La nuova era tra simbolismo e tecnologia". L'evento che si svolge a Roma, presso La Pelanda- Centro di Produzione culturale fino al 2 dicembre 2012 vuole offrire uno spazio innovativo per la libera espressione dell'arte, in tutte le sue forme. Il curatore dell'evento, nonchè direttore artistico Fernando Colloca ha spiegato così il progetto.
Come nasce l'idea di istituire il premio Adrenalina?
Adrenalina nasce nel 2009 come progetto non come premio: l'idea era quella di dare l'opportunità ai giovani di sviluppare la propria creatività. Il nome del progetto è emblematico, richiama l'idea dell'unica "sostanza" naturale che noi produciamo e che è il motore propulsivo della nostra creatività. Vogliamo insomma lanciare ai giovani un messaggio positivo: non servono le droghe per sentirsi liberi, per esprimersi. L'iniziatiava è un connubio tra arte e attenzione al sociale, al mondo della gioventù. Inoltre altra caratteristiche del progetto è l'attenzione al recupero degli spazi industriali abbandonati che facciano da suggestiva cornice all'evento artistico.
Quando Adrenalina si "trasforma" anche in premio?
Il premio nasce quest'anno visto il successo che il progetto aveva avuto nel 2009, quando decidemmo di esporre nell'Ex Mercato ebraico del pesce, uno spazio allestito ad hoc per l'occasione. Grazie alla grandissima partecipazione abbiamo pensato di istituire anche un premio per i 60 artisti che esporranno. Adrenalina inoltre si è rinnovata, quest'anno abbiamo allargato la fascia d'età dei partecipanti. Non esporranno più solo artisti under 35, ma chiunque abbia desiderio di esprimersi.
Come si sviluppa l'iniziativa?
Sessanta artisti internazionali esporranno le loro creazioni, che spaziano dalla pittura alla fotografia, fino alle installazioni e alla body art. In quanto curatore e direttore artistico della mostra ho intenzionalmente evitato di porre dei paletti e dei limiti alla espressività; la mia volontà è quella di dare spazio a tutte le forme possibili di arte, da quelle tradizionali a quelle più moderne che sfruttano la potenzialtà della tecnologia. Non a caso il tema della esposizione è " La nuova era tra simbolismo e tecnologia".
Perchè avete istituito anche un premio online?
Questa è stata una provocazione. Siamo consapevoli che oggi la comunicazione avviene soprattutto sul web e ci sembrava "attuale" dare la posibilità ache agli utenti della rete di dare la loro valutazione sulle opere. Sappiamo comunque che il voto in rete può essere anche "comprato" dai centralini, e che quindi non sempre corrisponde alla verità e al pensiero colletivo.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 12-12-2012 10:54
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 12-12-2012 18:24
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 14-12-2012 14:12
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 16-12-2012 12:16
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 19-12-2012 10:44
http://www.ilgiornale.it/news/interni/mo...66803.html
Monti si regala l'aiutino: ecco la legge ad personam che evita la raccolta firme
Per SuperMario altri incontri informali, i suoi al lavoro sulla lista. Nel decreto un codicillo per agevolare la nuova sigla centrista
Roberto Scafuri - Mer, 19/12/2012 - 08:20
Roma - Fatta la legge, trovato l'inganno. Fatta la scelta, ecco la norma ad personam, anzi «ad listam Montium».
Aiutino del governo ai centristi di terra, di mare e (soprattutto) di Monti che per presentarsi alle elezioni in sostegno al Prof potrebbero non aver bisogno di raccogliere neppure una firma. Vantaggio non da poco, considerato il freddo che fa e la scarsa organizzazione dei suddetti.
Il codicillo che mette in subbuglio il mondo politico a pochi giorni dalla decisione del premier è contenuto alla lettera «C» dell'articolo unico del decreto «tagliafirme», varato l'altroieri dal Consiglio dei ministri e già stamane all'esame della Commissione per la conversione in legge (nel pomeriggio potrebbe arrivare, in corsia preferenziale, addirittura all'Aula). Si tratta della riduzione delle firme da raccogliere per la presentazione delle liste, considerati i tempi strettissimi tra lo scioglimento anticipato della legislatura e la data delle elezioni. Il decreto riduce della metà le firme necessarie per chi non è presente in Parlamento (Grillo e Sel, per esempio), del 60 per cento per chi ha un gruppo «almeno in una Camera» (Fli e altri minori), ed esonera del tutto le forze presenti in entrambe le Camere (Pdl, Pd, Idv e Lega). La sorpresa è che saranno esonerati non solo le liste che, collegate a queste ultime, abbiano anche un europarlamentare, ma addirittura «le componenti politiche all'interno dei gruppi parlamentari, costituite all'inizio della legislatura in corso».
«Che vuol dire componenti politiche? Le uniche riconosciute dai regolamenti delle Camere sono quelle del gruppo misto...», svela l'inganno il relatore del Pdl, Peppino Calderisi. È una norma che favorisce i «montiani» nascosti nel Pdl o in qualsiasi altro gruppo, insorge l'altro relatore, il piddino Giandomenico Bressa. Finiti i tempi di «non sparate sul pianista», nel saloon di Montecitorio è tutto un vociferare contro i tecnicismi dei tecnici ormai travestiti da politici (o il contrario). L'allarme si diffonde in un attimo, tanto che dall'altro ramo della casbah, Palazzo Madama, il leghista Calderoli arriva persino a minacciare «una richiesta di messa in stato d'accusa del presidente della Repubblica per attentato alla Costituzione per aver firmato il decreto». Il verde Bonelli parla di «furto di democrazia», i vendoliani s'indignano per lo smaccato trattamento di favore «ai centristi amici di Monti».
Il punto andrà chiarito al più presto, chiede Calderisi, prima che accada come nel 2008 quando un esonero di portata molto minore finì poi giudicato dalle singole Corti d'appello, con decisioni non univoche tra loro. In ogni caso, non si tratta di una bella presentazione per i vagheggiatori della Terza Repubblica, che già nascerà da una crisi di governo extraparlamentare, proprio come accadeva nella Prima (talvolta anche nella Seconda, ma in alcune circostanze molto particolari).
Il premier, intanto, nel suo ufficio di Palazzo Chigi, continua a prendere appunti, attorniato dai consiglieri del ristrettissimo staff, che pare gli abbiano anche presentato progetti di loghi per la lista personale, dove comparirebbe un riferimento all'Italia. In mattinata ha fatto una visita in clinica a Pannella, ricavandone spunti per «approfondire il tema carceri». In serata ha convocato i ministri Severino (Giustizia), Grilli (Economia) e Di Paola (Difesa). Chi è riuscito a parlargli lo descrive per nulla scosso dall'uno-due di freddezza recapitatogli da Napolitano e Bersani e deciso ad andare fino in fondo per se stesso, per l'Italia e per l'Europa. I centristi scalpitano, il Prof si scruta nello specchio come il più bello del Reame. Riflette.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 23-12-2012 19:34
http://it.euronews.com/2012/12/23/la-spa...i-suicidi/
Per non scordare NATALE 2012 Uno spaccato di come si è ridotta L'europa dei burocrati e delle politiche ambientaliste.
La Spagna di fine 2012 si scopre un Paese povero, molto diverso rispetto al recente passato.
Siamo ad Alcorcon, a sud di Madrid. La Croce Rossa gestisce da 25 anni una banca dei vestiti. Un tempo meta di senza fissa dimora, oggi aiuta famiglie e giovani coppie.
Con il 27% degli spagnoli sotto la soglia della povertà, con la disoccupazione giovanile al 49%, negli ultimi mesi è cresciuta anche la domanda di medicine.
“Prima venivano pochi spagnoli – spiega una volontaria della Croce Rossa, Nunci Cunado – ma ora, a causa della situazione che stiamo vivendo, sono sempre più in aumento gli spagnoli che chiedono, soprattutto, vestiti per i bambini”.
“È un grande aiuto. La Croce Rossa, la banca del cibo…sono iniziative veramente utili – racconta Virginia, una giovane peruviana residente a Madrid – Se non ci fossero, cosa faremmo? Dobbiamo resistere, i bambini non chiedono più ‘cosa abbiamo per pranzo oggi?’. Devi solo dar loro da mangiare”.
Dall’altra parte del Mediterraneo, in Grecia, è in situazione di povertà una famiglia su tre. Dopo cinque anni di recessione, sono oltre 20mila i senza tetto che vivono con meno di 20 euro al mese e il tasso dei casi di suicidio tra la popolazione è aumentato del 37%.
“Ho quattro figli e invece di restare a casa e cadere in depressione, come tutte quelle persone che si sono suicidate, ho trovato aiuto nel volontariato – dice Prodromos Christakidis, volontario e fondatore dell’associazione Krikos – Mi riempie il cuore dare cibo a tanta gente. Ogni giorno aiutiamo 110 persone”.
Aiuti necessari, ma non sufficienti, tanto da spingere il governo di Atene ad adottare misure al limite della dignità, come quella di autorizzare la vendita dei cibi scaduti a prezzi ridotti.
Come l’Europa boicotta i prodotti di Israele
Analisi di Giulio Meotti
(Traduzione di Yehudit Weisz)
http://www.israelnationalnews.com/Articl...aspx/12550
Giulio Meotti
La settimana scorsa Israele ha emesso un documento di protesta contro l’Unione Europea in merito a una conferenza in programma a Bruxelles circa l’etichettatura dei prodotti realizzati negli “insediamenti”.
Mary Robinson, ex Presidente dell’Irlanda e Alto Commissario Onu per i Diritti Umani, e Martti Ahtisaari, ex Presidente della Finlandia e vincitore del Premio Nobel per la pace, hanno appena scritto sul Guardian un saggio in cui chiedono all’Europa di boicottare le merci israeliane prodotte nei territori situati oltre la linea dell’ armistizio .
“L’Unione Europea potrebbe iniziare a differenziare le merci israeliane da quelle prodotte negli insediamenti israeliani illegali”, scrivono nel quotidiano britannico. “Una corretta etichettatura dei prodotti degli insediamenti non è una politica anti Israele. È a favore dei consumatori, della pace e del diritto internazionale”, hanno dichiarato.
Due settimane fa, ventidue ONG, tra cui Christian Aid, Irland’s Trocaire, la Chiesa metodista in Gran Bretagna, la Chiesa di Svezia, Terre Solidaire de France e l’Internazionale Medica tedesca, hanno invitato l’Unione Europea a vietare i “prodotti realizzati dai coloni israeliani nei territori occupati” .
Inoltre pochi giorni prima, l’inviato speciale delle Nazioni Unite Richard Falk, aveva chiesto di boicottare le aziende collegate agli “insediamenti ” israeliani.
Una ben più importante vittoria del boicottaggio di Israele era stata raggiunta a Durban, in Sud Africa, dove uno dei più grandi sindacati internazionali, il Public Services International, aveva votato per un documento per far avanzare il programma palestinese di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni contro Israele.
Questo è l’ultimo di una lunga lista di sindacati che avevano aderito o sostenuto il boicottaggio di Israele: la Confédération Nationale du Travail, il sindacato francese dei lavoratori; la Fiom, membro del principale sindacato italiano; il Trade Union Congress nel Regno Unito; Impact, il più grande sindacato del settore pubblico nella Repubblica d’Irlanda, e l’Alleanza del Servizio Pubblico, il più grande sindacato del settore pubblico dell’Irlanda del Nord e la Federazione sindacale svedese. Dopo che il Sud Africa aveva chiesto agli importatori a non utilizzare l’etichetta “Prodotto in Israele” per i prodotti fabbricati in Giudea e Samaria,anche il governo danese ha annunciato l’adozione di questa politica. La mossa segue una decisione britannica di consentire ai rivenditori di distinguere se le merci sono “prodotte in insediamenti israeliani” o “prodotto palestinese”.
Altri paesi europei adotteranno questa politica razzista, in base a una decisione presa nel 2010 dall’Alta Corte europea: le “zone contese”non fanno parte di Israele, per cui le merci israeliane ivi prodotte sono soggette ai dazi d’importazione dell’UE.
Questa sentenza era stata originata da una causa avviata dalla Brita GmbH, una società tedesca che importa filtri per l’acqua frizzante dalla Soda Club, una società israeliana con sede a Mishor Adumim, una delle aree industriali di Israele in Giudea e Samaria.
Ogni anno vengono esportate nell’UE merci provenienti dagli “insediamenti” – comprendenti frutta, verdura, cosmetici, tessili e giocattoli – per un valore di 220 milioni di euro. Il valore dei prodotti agricoli degli “insediamenti” nella Valle del Giordano, è stimato in circa 100 milioni di euro l’anno: oltre l’80 % dei datteri della valle del Giordano sono coltivati per l’esportazione, soprattutto verso Francia, Svizzera, Olanda e paesi scandinavi.
Ogni anno il profitto dell’azienda Ahava è di 17 milioni di dollari per le esportazioni di prodotti venduti in tutta Europa, nei negozi con il marchio Ahava, così come nelle farmacie e nelle catene di vendita al dettaglio.
SodaStream produce dispositivi domestici per la carbonatazione dell' acqua e bevande analcoliche. I suoi prodotti, conosciuti anche con il marchio Soda Club, sono confezionati nella zona industriale di Ma’ale Adumim.
Il governo britannico sta raccomandando linee guida ai rivenditori per etichettare i prodotti alimentari provenienti dagli insediamenti, che devono essere etichettati come “prodotti della Cisgiordania (prodotti d’insediamento israeliano)” e la produzione palestinese come “prodotti della Cisgiordania (prodotti palestinesi)”.
Queste linee guida sono state accolte dalla grande distribuzione alimentare e sono osservate dai grandi supermercati. Inoltre, in seguito all’introduzione di queste linee guida, i grandi supermercati hanno deciso di cessare di apporre il marchio d’origine dei propri prodotti alimentari provenienti dagli insediamenti. In Norvegia, due dei principali importatori di verdure, Bama e Coop, hanno sottoscritto un accordo con i propri fornitori in Israele in cui precisano che non riforniranno più frutta e verdura prodotte negli insediamenti.
Il Gruppo delle Cooperative del Regno Unito ha chiuso tutti gli scambi commerciali con i fornitori di prodotti provenienti sia dagli insediamenti israeliani sia dallo stesso Israele: la Co-op ha annullato i propri contratti (del valore di 350.000 sterline), con quattro dei suoi fornitori israeliani (Agrexco, Mehadrin, Arava, e Adafresh).
La Oil Fund della Norvegia ha ritirato il suo fondo d’ investimenti da Africa-Israel e da Danya Cebus adducendo come motivazione il loro coinvolgimento nella “costruzione degli insediamenti”. La Co-op svedese ha bloccato tutti gli acquisti di dispositivi della SodaClub. La Unilever, che produce prodotti casalinghi come lo shampoo Sunsilk e la vaselina, ha venduto la sua quota del 51% nelle fabbriche degli insediamenti di Beigel.
Abbiamo ottenuto una copia del documento appena pubblicato dall’Unione Europea con un elenco delle sedi israeliane al di là della Linea Verde.
Il documento ha lo scopo di sostenere “l’esclusione dei prodotti degli insediamenti da un trattamento preferenziale”.
Si tratta di un elenco molto dettagliato di tutte le città ebraiche in Giudea e Samaria che devono essere isolate, segnalate e boicottate, compreso il codice di avviamento postale e il nome della città, del villaggio o della zona industriale dove la produzione che conferisce lo status di prodotto di origine preferenziale è avvenuta; questo per provarne l’origine, o la provienienza da Israele.
Una nota stabilisce chiaramente: “Gli operatori sono invitati a consultare la lista prima di presentare una dichiarazione in dogana per il rilascio di merci a libera circolazione, a sostegno della quale intendono fornire la prova dell’origine preferenziale rilasciata o compilata in Israele. Se trovano il codice postale che appare sulla prova dell’origine in loro possesso nella lista delle destinazioni non ammissibili, devono rinunciare a chiedere la preferenza”.
Le comunità elencate non sono ammesse per il libero scambio nell’ambito dell’accordo del 1995 che regolamenta il libero scambio tra UE e Israele. C’è anche l’ortografia corretta in ebraico, da Merom Golan a Beit El, Sha’arei Tikva e Elkana, Alfei Menashe e Bracha, Halamish (“anche chiamato Neve Tzuf”) e Kiryat Arba, Psagot e Ofra.
Questa lista nera del boicottaggio non solo vìola il libero commercio internazionale, ma è un ostacolo alla convivenza in Medio Oriente e fomenta la rinascita del razzismo.
Il boicottaggio dell’UE ricorda il primo boicottaggio nazista degli ebrei nel 1933, quando i giovani tedeschi sventolavano manifesti in tedesco e inglese sollecitando il boicottaggio: “ Tedeschi, difendetevi dalla propaganda ebraica sulle atrocità ” Il manifesto della lobby del boicottaggio ora dice: “ Europei, difendetevi dalla propaganda israeliana sulle atrocità ”.
Dove è la differenza?
Si prova la stessa sensazione d’impotenza raccontata dal grande filologo Viktor Klemperer (1881-1960), un testimone del boicottaggio nazista, autore di >Testimoniare fino all’ultimo< (Ed.Mondadori) : “Il boicottaggio inizia domani . Cartelli gialli, uomini di guardia, pressione a pagare ai dipendenti cristiani due mesi di stipendio, e licenziare quelli ebrei ... Nessuna risposta alla lettera commovente degli ebrei al Presidente del Reich e al governo. Nessuno osa reagire”.
Sostituiamo i cartelli con le etichette, i cristiani con gli europei e gli ebrei con Israele.
Nessuno osa reagire.
http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 24-12-2012 11:52
http://theeconomiccollapseblog.com/archi...in-america
22 statistiche che dimostrino l'esistenza di qualcosa di gravemente sbagliato con i giovani in America
Da Michael, il 17 Dicembre 2012
uando siamo finalmente ad ammettere che abbiamo un problema molto serio con questa generazione di giovani uomini in America? Li abbiamo fallito in modo così drammatico che è difficile mettere in parole. Abbiamo sollevato tutta una generazione di giovani maschi che non sanno di essere uomini, e molti di loro si sentono completamente perso. A volte sento così perso che "scattare" in modi molto distruttivi. Adam Lanza e James Holmes sono due nomi che vengono in mente. Perché è che gli assassini di massa sono quasi sempre giovani? Perché i giovani si comportano allo stesso modo? Purtroppo, Adam Lanza e James Holmes sono solo la punta dell'iceberg di un problema molto più grande nella nostra società. I nostri giovani donne di gran lunga superare i nostri giovani in quasi tutte le categorie statistiche importanti. I giovani sono molto più probabilità di scarso rendimento a scuola, sono molto più probabilità di avere problemi disciplinari e sono molto più inclini a commettere suicidio. Ai vecchi tempi, i nostri giovani si riunivano per le strade o nei parchi a giocare tra di loro dopo la scuola, ma oggi la maggior parte di loro si accontentano di trascorrere ore e ore a mangiare ai loro dipendenza da videogiochi, film e altre forme di intrattenimento. Quando i nostri giovani crescono, molti di loro sono estremamente contrari ad assumere responsabilità. Vogliono avere un sacco di sesso, ma non sono interessati nel matrimonio. Essi godono le comodità del vivere in casa, ma non vogliono uscire e perseguire obiettivi di carriera in modo che possano fornire tali cose per se stessi. I nostri giovani si suppone siano "i leader di domani", ma molti di loro sono un peso rilevante sulla società. Quando siamo finalmente ad ammettere che qualcosa è andato terribilmente storto?
C'è anche un nome per questa generazione di giovani uomini che non vogliono crescere. Si chiama "Peter Pan generazione". Vogliono godere dei vantaggi di essere cresciuto senza assumere mai le responsabilità. Un membro di questa "generazione Peter Pan" di recente ha scritto un articolo per il Daily Mail in cui ha parlato di ciò che lui ei suoi amici stanno attraversando ...
Non ho ancora avuto modo di crescere, beh, io non ho.
Reckless, irresponsabile e immaturo? Sì. Ma almeno posso trarre conforto nel fatto che non sono solo.
La settimana scorsa, ho letto che c'è anche un nome per le persone come me. Siamo la 'Peter Pan generazione', un nutrito gruppo di 25 a 40 anni che esistono in uno stato di adolescenza prolungata, evitando le trappole di responsabilità - matrimonio, mutui, i bambini - il più a lungo possibile.
'La nostra società è piena di ragazzi perduti e ragazze che appendono fuori al limite dell'età adulta,' dice il professor Frank Furedi, sociologo che ha studiato questo fenomeno, presso l'Università di Kent.
'Un altro termine talvolta usato per descrivere queste persone è "adultescent" - generalmente definito come una persona che si rifiuta di fermarsi e di assumere impegni, e che preferiscono continuare a fare festa fino alla mezza età.'
I giovani in America non sempre si comportano in questo modo. Alcuni decenni fa, gli uomini in America si allontana da casa, si sposò ed ebbe figli molto prima di quanto non facciano ora. Ma i giovani di oggi sembrano voler rimandare i "marcatori dell'età adulta" il più a lungo possibile. Di seguito è riportato da un articolo eccezionale di Sandy Hingston ...
I sociologi citare cinque "marcatori" o "pietre miliari" che hanno tradizionalmente definito il nostro concetto di età adulta: scuola di perfezionamento, allontanandosi dalla casa dei genitori, diventare finanziariamente indipendente, sposarsi e avere un figlio. Nel 1960, il 65 per cento degli uomini si era spuntato fuori tutti e cinque all'età di 30 anni, nel 2000, solo un terzo ha avuto. Gli esperti hanno un sacco di spiegazioni per ciò che è venuto per essere chiamato "adolescenza prolungata" o "età adulta emergenti", o ciò che New York Times David Brooks chiama "Anni Odyssey." Danno la colpa dei genitori in elicottero, l'onere del debito prestito di studio, molto tassi di povertà più elevati tra i giovani (quasi la metà di tutti gli americani età 25-34 vive al di sotto del livello nazionale), e una carenza di vo-tech di formazione e posti di lavoro produttivi. Quasi il 60 per cento dei genitori stanno ora dando i soldi per la loro crescita i bambini-una media di 38.340 $ per ogni bambino negli anni di età compresa tra 18 e 34. Cosa è successo al figlio cura la sua mamma?
Allora perché tutto questo accada?
Beh, ci sono tutta una serie di motivi. Ma certamente i genitori e il nostro sistema di istruzione devono sostenere gran parte della colpa. Ai vecchi tempi, i giovani è stato insegnato ciò che significa "essere un uomo", e la morale è stato insegnato agli uomini giovani, sia da parte dei genitori e nelle scuole. Ma oggi, la maggior parte giovani uomini hanno una comprensione molto poco di ciò che "virilità" è, e la nostra società ha insegnato loro che la morale non ha molta importanza. Al contrario, la televisione e film costantemente ritraggono uomini giovani come ossessionato dal sesso fannulloni che vogliono solo fare festa per tutto il tempo, in modo che è quello che molti dei nostri giovani sono diventati.
Quanto meglio sarebbe la nostra società se noi si era allenato questa generazione di giovani uomini ad amare, onorare, proteggere e prendersi cura degli altri?
Quanto meglio sarebbe la nostra società se avessimo nutrito la virilità dei nostri giovani, invece di insegnare loro a vergognarsi di esso?
Quanto meglio sarebbe la nostra società se avessimo disciplinato i nostri giovani uomini e insegnò loro moralità quando si stavano fuori strada invece di lasciarli fare quello che volevano?
I seguenti sono 22 statistiche che dimostrano che c'è qualcosa di seriamente sbagliato con i giovani di oggi in America ...
# 1 conto maschi circa il 70 per cento di tutti i Ds e Fs nelle scuole pubbliche degli Stati Uniti.
# 2 Circa due terzi di tutti gli studenti in "programmi di educazione speciale", sono ragazzi .
# 3 La ragazza americano medio trascorre cinque ore a settimana giocando ai videogiochi. Il ragazzo americano medio trascorre 13 ore a settimana giocando ai videogiochi.
# 4 La media giovane americano spenderà 10 mila ore videogiochi prima dell'età di 21 anni.
# 5 Uno studio ha scoperto che il 88 per cento di tutti gli americani di età compresa tra 8 e 18 videogiochi di gioco, e che la dipendenza da videogiochi è circa quattro volte più comune tra i ragazzi in quanto è tra le ragazze.
# 6 A questo punto, a 15-year-olds che frequentano le scuole pubbliche degli Stati Uniti non hanno nemmeno classifica nella metà superiore di tutti i paesi industrializzati, quando si tratta di matematica o di alfabetizzazione scientifica.
# 7 Nel 2011, punteggi SAT per i giovani sono stati i peggiori che erano stati in 40 anni .
# 8 Secondo un sondaggio condotto dalla National Geographic Society, solo il 37 per cento di tutti gli americani di età compresa tra 18 e 24 anni possono trovare la nazione irachena su una mappa.
# 9 Secondo il New York Times, circa il 57 per cento di tutti i giovani iscritti alle università degli Stati Uniti sono donne.
# 10 E 'in fase di proiezione che le donne guadagnano il 60 per cento di tutti i gradi di laurea presso università degli Stati Uniti entro il 2016.
# 11 Anche se lo fanno laureato al college, la maggior parte dei nostri giovani ancora non riesce a trovare un lavoro decente. Un sorprendente 53 per cento di tutti gli americani, con un diploma di laurea sotto i 25 anni erano disoccupati o sottoccupati nel corso del 2011.
# 12 dipendenza da pornografia è un problema importante tra i nostri giovani. Un sorprendente 30 per cento di tutto il traffico Internet passa ora a siti web pornografici, e un sondaggio ha rilevato che il 25 per cento di tutti i dipendenti che hanno accesso a Internet negli Stati Uniti anche visitare siti web sesso mentre sono al lavoro.
# 13 Negli Stati Uniti oggi, il 47 per cento di tutti gli studenti delle scuole superiori hanno avuto rapporti sessuali.
# 14 Gli Stati Uniti hanno il più alto tasso di gravidanza adolescente su tutto il pianeta. Se i nostri giovani si sono comportati diversamente questo non sarebbe successo.
# 15 Negli Stati Uniti oggi, uno su ogni quattro ragazze adolescenti ha almeno una malattia a trasmissione sessuale. Se i nostri giovani non erano idioti ossessionato dal sesso che correvano costantemente alla ricerca di "punteggio" queste malattie non sarebbero diffondendo come questo.
# 16 Al momento, circa il 53 per cento di tutti gli americani nella fascia di età 18-24 anni, vivono a casa con i loro genitori.
# 17 Secondo un sondaggio, il 29 per cento di tutti gli americani nella fascia di età 25-34 anni si vive ancora con i genitori .
# 18 I giovani sono quasi il doppio delle probabilità di vivere con i loro genitori, come le giovani donne della stessa età sono.
# 19 Nel complesso, circa 25 milioni di americani adulti vivono con i loro genitori negli Stati Uniti in questo momento secondo il Time Magazine.
# 20 Oggi, un livello più basso 44,2% degli americani di età compresa tra 25 e 34 sono sposati.
21 ° Nel 1950, il 78 per cento di tutte le famiglie negli Stati Uniti conteneva una coppia sposata. Oggi, quel numero è sceso al 48 per cento .
# 22 I giovani sono circa quattro volte più probabilità di commettere suicidio come le giovani donne sono.
Allora, cosa ne pensi di questa generazione di giovani uomini in America? Non esitate a lasciare un commento qui sotto con i vostri pensieri ...
-----------------------------------
E i Europa?
http://www.ilgiornale.it/news/esteri/spa...68319.html
La Spagna dà la paghetta: mille euro al mese agli studenti svogliati
Troppi ragazzi tra i 18 e i 25 anni senza lavoro né diploma. E due regioni offrono un compenso per completare la scuola secondaria
Gaia Cesare - Lun, 24/12/2012 - 07:28
Li chiamano «ni-ni» perché non studiano e non lavorano. Ma d'ora in poi avranno dal governo delle loro regioni, le più depresse di Spagna, soldi pubblici come incentivo per proseguire gli studi e prendere il diploma di scuola superiore.
Anche se cresciuti, i giovani spagnoli fra i 18 e i 25 anni riceveranno quella che è già stata ribattezzata «la paghetta». A erogarla Estremadura e Andalusia, le regioni dove il tasso di disoccupazione sfiora il 40%. La prima sborserà mille euro per spingere i maggiorenni fino ai 25 anni a tornare fra i banchi, mentre la seconda già dal 2011 mette sul piatto 400 euro al mese. Incentivi che hanno l'obiettivo di colmare un gap, quello della dispersione scolastica, che pesa sul Pil di entrambe le aree: secondo il ministero della Pubblica istruzione sono quasi un milione in Spagna gli studenti in età universitaria che non hanno terminato gli studi della scuola superiore o la formazione professionale, il 26,7% nel 2011, con picchi del 29,6% in Estemadura, dove sono 28mila i ragazzi fra i 18 e i 25 anni senza diploma.
Ecco perché il governo guidato dal Popolare José Antonio Monago ci prova con un vecchio metodo, quello della ricompensa sul campo, proprio come farebbero due genitori di fronte a un figlio svogliato. L'impegno consiste infatti nell'erogare 500 euro a metà corso e la quota restante alla fine delle lezioni - che si terranno in centri per l'istruzione di adulti, secondo i normali programmi scolastici - ma solo se promossi in tutte la materie. L'obiettivo è di «recuperare» almeno la metà dei ragazzi, un piccolo esercito di circa 14mila giovani.
Metodi innovativi per problemi complessi. La Spagna è il Paese con il tasso record di abbandono scolastico nell'Unione europea (la dispersione, fra i 18 e i 24 anni, è pari al 25,5%). Dopo Madrid ci sono Islanda e Italia (nel nostro Paese il tasso di dispersione fra i 18 e i 24 è al 18,2% e solo Sicilia e Sardegna si avvicinano al dato spagnolo). A pesare su questi numeri catastrofici è la stessa bolla edilizia che ha lasciato la Spagna sull'orlo del crac. Molti dei ragazzi senza lavoro né formazione sono infatti giovani che hanno abbandonato i banchi di scuola negli anni della speculazione edilizia per andare a lavorare nei cantieri e che sono infine rimasti senza occupazione e senza speranze per il futuro. «Il tasso di abbandono scolastico in Spagna è tale da richiedere misure choc, vale la pena di sperimentare», spiega Juan Manuel Moreno, esperto del settore Istruzione della Banca Mondiale. Alla fine anche il governo centrale, per bocca del ministro dell'Istruzione José Ignacio Wert, plaude al provvedimento, letto come un «contributo all'inclusione sociale». E Sergio Velazquez, responsabile per il Lavoro, l'Imprenditoria e l'Innovazione in Estremadura, sottolinea la necessità di andare in soccorso di chi sta vivendo sulla propria pelle i postumi dell'ubriacatura edilizia in Spagna: «Abbiamo il dovere morale di non abbandonare giovani che hanno lasciato gli studi per lavorare nel settore edilizio o per altri motivi e ora sono disoccupati e senza formazione».
Ma le polemiche non mancano. In molti sono convinti che «la paghetta» snaturi il valore degli studi, che nulla dovrebbero avere a che fare col denaro. E poi resta il nodo economico: come faranno le regioni in crisi a trovare gli incentivi per battere la crisi?
È il dato italiano sulla dispersione scolastica fra i 18 e i 24 anni. Anche in Italia, ci sono due regioni particolarmente «depresse» dove la percentuale sale: Sicilia e Sardegna
è il tasso di disoccupazione giovanile in Andalusia. Una cifra choc legata alle conseguenze della bolla immobiliare che ha portato la Spagna sull'orlo del crac
È il tasso di dispersione scolastica in Spagna, il più alto in Europa, con picchi del 26,7% in Andalusia e del 29,6% in Estremadura, le regioni che hanno deciso di introdurre la «paghetta»
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 24-12-2012 13:32
Agenda Monti: il testo integrale
24 dicembre 2012
Cari cittadini
Negli ultimi mesi si è molto parlato di “Agenda Monti”. Non sono stato io a introdurre questo riferimento, ma diverse forze politiche e della società civile che hanno così inteso ispirarsi all’azione del governo, come linea di confine fra le politiche da fare – o da non fare – nei prossimi anni.
Il dibattito che ne è nato è stato incoraggiante. Non solo per il consenso piuttosto ampio che è sembrato emergerne, ma soprattutto perché, per la prima volta dopo tanto tempo, i contenuti e il metodo di governo sono tornati al centro di un dibattito politico altrimenti concentrato quasi esclusivamente su schieramenti e scontri tra personalità.
Incoraggiato da questi segnali, ho lavorato in modo più sistematico. Questo documento allegato, intitolato “Cambiare l’Italia, riformare l’Europa, agenda per un impegno comune” è il frutto di questo lavoro ed è presentato come primo contributo per una riflessione aperta. Questa agenda vuole dare un’indicazione di metodo di governo e di alcuni dei principali temi da affrontare. Non è un programma di lavoro dettagliato e non vuole avere carattere esaustivo.
Invito tutti coloro che siano interessati a leggere il documento, a condividerlo e a commentarlo con spirito critico, portando il loro contributo di idee e di proposte.
Mi auguro che le idee contenute nell’agenda possano contribuire ad orientare le forze politiche nel dibattito elettorale dei prossimi mesi e a suscitare energie nuove presenti nella società civile. Sia io che tutti noi riceviamo appelli numerosi e molto diversi di gruppi, organizzazioni, associazioni e singoli che semplicemente dicono che la gente è molto arrabbiata con il mondo della politica, che talora la disgusta, ma vorrebbe potersi avvicinare ad una politica diversa.
A quelle forze che manifestassero un’adesione convinta e credibile, sarei pronto a dare il mio apprezzamento e incoraggiamento e, se richiesto, una guida. Questo è il modo in cui intendo rapportarmi con la fase politica che si apre adesso. Ho voluto dirlo con trasparenza, e, spero, chiarezza. Questa mia presa di posizione ovviamente non coinvolge nessuno dei ministri che con me hanno collaborato e di cui sono orgoglioso. Essi possono avere idee coincidenti, oppure in parte o in tutto divergenti. Mi è sembrato comunque utile dare all’opinione pubblica il quadro delle riflessioni che nascono dall’esperienza del Governo che ho presieduto.
Mario Monti
http://www.ilpost.it/2012/12/24/agenda-m...-monti-01/
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/p...68446.html
Padova, 89mila euro di Imu al centro contro la leucemia
Conto salatissimo per la Torre della Ricerca di Padova, sede dell'istituto di ricerca pediatrica Città della Speranza, struttura d'eccellenza nata grazie alle donazioni
Luca Romano - Lun, 24/12/2012 - 14:09
Il Fisco non guarda in faccia nessuno. E così, la stangata dell'Imu ha finito per colpire anche la Torre della Ricerca di Padova, sede dell'istituto di ricerca pediatrica Città della Speranza.
Una bolletta salatissima: 89mila euro calcolati in base ai 17mila metri quadri di laboratori pronti ad ospitare 700 medici. Quella che diventerà la più grande cittadella italiana della scienza parte azzoppata dalle tasse. Come riportato dal Corriere della Sera, anche la Città della Speranza dovrà dunque pagare. E non importa se la struttura abbia in cura 5mila bambini leucemici.
"È una somma pazzesca pretesa a persone generose che da anni, magari perché colpiti da un lutto, cercano di supplire privatamente alle carenze delle strutture pubbliche. Che senso ha che lo Stato ci chieda tutti quei soldi, coi quali si potrebbe finanziare un progetto triennale?", si chiede Stefania Fichesato, presidente della Fondazione.
"È' un boccone amaro da digerire perché noi ogni giorno ci impegniamo per raccogliere fondi di ogni genere e ci troviamo a pagare questa salasso", ha aggiunto Fochesato riferendosi ai volontari che all'interno di centri commerciali e ipermercati del Veneto fanno pacchi regalo per ricevere almeno 1 euro o di più a secondo della generosità delle persone. Niente da fare. La fondazione le ha provate tutte pur di non pagare o di dilazionare il salasso, ma alla fine ha dovuto pagare il conto.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 27-12-2012 14:32
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 31-12-2012 20:50
http://www.ilgiornale.it/news/interni/fu...69765.html
Il mio malaugurio per l'anno nuovo
Da Monti al Papa, da Berlusconi all'euro e alla Cgil: ecco come il 2013 potrebbe scontentare tutti
Vittorio Feltri - Lun, 31/12/2012 - 18:45
Un consiglio a chi si accinge a leggere il seguente articolo: tenga a portata di mano un qualsivoglia oggetto di ferro, perché quello che sto per scrivere non è un augurio, ma un «malaugurio» in vista del nuovo anno.
Anche i non superstiziosi si apprestino a fare gli scongiuri: la prudenza non è mai troppa.
1 Auguro al Vaticano, che ha benedetto Mario Monti leader della coalizione centrista (orientata ad accordarsi col Pd qualora punti a governare dopo le elezioni del 2013) di raccogliere ciò che ha seminato con le proprie scelte politiche: l'introduzione del matrimonio fra gay, ai quali sarà pertanto concesso di adottare bambini come già avviene in altri Paesi; la legalizzazione dell'eutanasia o almeno del suicidio assistito; l'approvazione del divorzio breve (tre anni invece di cinque); il ripristino delle banche del seme ai fini della fecondazione artificiale; la desacralizzazione dell'embrione e, quindi, la possibilità di utilizzarlo a scopi scientifici; l'estensione dell'Imu a tutti gli edifici della Chiesa, inclusi gli oratori, gli ospizi, le scuole, i conventi eccetera. Evoluzione della Chiesa.
2 Auguro a Mario Monti di sfondare in politica e di diventarne protagonista non più quale tecnico super partes o extra partes, bensì quale braccio destro di Pier Ferdinando Casini e braccio sinistro di Pier Luigi Bersani; di essere chiamato dal premier (lo stesso Bersani) a ricoprire il ruolo di ministro dell'Economia o almeno sottosegretario della medesima; di continuare ad aumentare le tasse pur nella consapevolezza che ciò non serve ad accrescere il cespite fiscale lordo; di spacciarsi ancora per salvatore della patria, pur avendola spinta dall'orlo al fondo del burrone, dove il Pil ha perso qualche punto, la disoccupazione ha avuto un picco e i consumi si sono assottigliati. Però, che carriera.
3Auspico che l'euro non muoia fra cinque anni, ma subito: libera nos a malo; che torni la vituperata liretta spalancando le porte all'inflazione (madre di ogni investimento) e alla svalutazione, così da consentire il rilancio della produzione e delle esportazioni; che le banche la smettano di comprare Bot per finanziare il debito pubblico e ricomincino a fare il loro mestiere: prestare denaro a chi intraprende; che Basilea uno, due e tre vadano a ramengo in modo che gli istituti di credito agiscano sul territorio e non decidano di assegnare o no i fidi compulsando il computer anziché guardando in faccia (e in tasca) i clienti. Scendere dalla pianta europea.
4Auguro alla Cgil della signora Susanna Camusso di andare presto in piazza, indicendo uno sciopero generale a oltranza per ottenere la cancellazione dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, palla al piede delle aziende e retaggio di una mentalità filosovietica, vale a dire stalinista. Promozione umana.
5 Auguro a Oscar Giannino di fermare il declino e, soprattutto, la lettera di licenziamento dalla radio del Sole 24 Ore provocata dalla sua discesa (o salita, per essere à la page) in politica. Reddito garantito.
6 Auguro a Silvio Berlusconi di fare voto di castità. In alternativa: di non sposarsi onde evitare il rischio di un altro divorzio oneroso (36 milioni l'anno alla ex dolce metà); oppure di diventare omosessuale nella speranza di strappare qualche suffragio all'Arcigay e conquistare la simpatia dei progressisti. Ne ha bisogno. Redenzione.
7 Auguro a Marco Pannella di interrompere del tutto lo sciopero (almeno) della sete, scolandosi una magnum di champagne per brindare all'amnistia e al proprio ritorno in Parlamento con una schiera di fedelissimi in grado di disturbare i manovratori. Ogni rosa ha le sue spine.
8 Auguro a Beppe Grillo e al suo movimento frenetico di ottenere un buon risultato elettorale, e di presentare alle Camere un battaglione chiassoso di guastatori capaci di ridicolizzare partiti che si gabellano per soluzioni mentre sono soltanto problemi. Anche finanziari. Gli auguro inoltre di trasformare le aule sorde e grigie in cabaret permanenti ed effettivi e di obbligare la Rai a trasmettere in diretta gli spettacoli più comici. Ricreazione.
9 Auguro al procuratore antimafia Piero Grasso, anche lui «salito» in politica, di capire che finora lo Stato non ha combattuto la mafia, ma è la mafia ad aver combattuto lo Stato, e ci è riuscita benissimo. Successo pieno.
10 Auguro ad Antonio Ingroia, altro magistrato reclutato nella Casta, di essere eletto e di non rientrare nell'ordine giudiziario dove incombe il Guatemala. Che è peggio della Procura.
11 Auguro a Corrado Passera di separarsi da Pier Ferdinando Casini, che costa molto meno di Veronica, e di ricollocarsi in banca: posto fisso, stipendio sicuro, nessuna necessità di raccontare balle per tirare a campare. Sopravvivenza.
12 Auguro agli italiani di resistere: se hanno sopportato Monti sopporteranno anche Bersani. Non per molto, però. Una disgrazia tira l'altra.
13 Infine, auguro a Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, quotidiano dei vescovi, di imparare a leggere gli articoli che critica, e, magari, di apprendere che i titoli dei pezzi non sono fatti dagli autori, ma dalla redazione (di cui io, per esempio, non faccio parte). Nozioni utili per schivare cause, ovviamente civili. Carità cristiana.
Buon anno.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 01-01-2013 12:58
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 13-01-2013 12:29
http://www.economiaeliberta.com/2013/01/...so_13.html
QUESTA VOLTA NON E' DIVERSO
Disse Lao-tse più di 2500 anni fa:
“Più si governa, meno si raggiunge il risultato desiderato.. Più restrizioni e proibizioni ci sono al mondo, più povera sarà la gente... Più leggi vengono promulgate, più ladri e banditi ci saranno.
..Quando le imposte sono troppo alte, il popolo ha fame; quando il governo è troppo invadente, il popolo si perde d’animo. Agite a vantaggio del popolo. Abbiate fiducia nel popolo, lasciatelo libero di agire. Governare una nazione grande è come friggere un pesciolino; attizzando troppo il fuoco lo si rovina.”
Il pesciolino si è rovinato innumerevoli volte nella storia dell'umanità: ogni volta è successo in modo lento, graduale (conoscete l'aneddoto della "Boiling Frog"?).
E pare che ci sia una forte incapacità degli uomini di imparare dal passato, dalla storia; fenomeno probabilmente dovuto alla tendenza a ritenere il proprio tempo come il punto di arrivo di un processo di errori e assestamenti. Un punto di arrivo definitivo, stabile.
Tendiamo quindi a percepire il sistema in cui viviamo come immutabile. Un esempio lampante è quello degli stati nazionali: quando non esisterà più una Italia? L'Italia come paese unitario esiste da poco più di 150 anni, con la crisi economica e l'ascesa di movimenti secessionisti le probabilità di un disfacimento sono alte, eppure nell'immaginario della stragrande maggioranza delle persone l'Italia è un'entità immortale.
Nei libri di storia abbiamo letto e studiato che le entità politiche sono nate e morte continuamente, che il cambiamento è costante, eppure il dubbio che il nostro mondo non sia diverso e sia soggetto anch'esso a queste eventualità non ci sovviene.
E' sempre stato così. Bisogna prenderne atto, questa volta non è diverso.
La storia non si ripete mai, ma spesso fa rima con se stessa. Il declino della società occidentale è molto simile a quello avuto da molte altre civiltà nella storia. Le analogie con il passato sono spesso sorprendenti, come quella con il sistema fiscale egizio, o con la svalutazione monetaria che ha accompagnato il declino dell'impero romano. Un'analisi ad ampio orizzonte temporale non può che portare a questa conclusione: questa volta non è diverso.
Questo è un concetto molto interessante ed importante. Le nostre scelte si basano su dati, fatti, previsioni. Avere una buona teoria economica, una conoscenza della storia, una consapevolezza della natura umana, aiuta incredibilmente a migliorare le proprie previsioni, su cui basare le scelte. In ultima analisi, quindi, capire che questa volta non è diverso significa aumentare la propria consapevolezza e migliorare le proprie scelte, cioè migliorare il proprio futuro.
Questo concetto è stato l'oggetto del mio intervento al Christmas Economy di Torino. Ho pensato di rimediare all'inevitabile ed eccessiva sintesi che ha caratterizzato l'esposizione orale, vittima dei necessari limiti tempistici dell'evento, creando un report che supportasse in modo più completo la tesi del "questa volta non è diverso".
E' liberamente scaricabile in pdf:
Nonostante l'inevitabile spirale di declino in cui i governi ci porteranno, l'interazione tra le persone libere, il mercato, i capitalisti, gli uomini di passione e di talento continueranno a migliorare le nostre esistenze fornendo soluzioni ai nostri problemi e risposte alle nostre necessità.
Questo è un tempo meraviglioso da vivere proprio perché un sistema che ha bloccato l'innovazione in molti aspetti della nostra vita sta finendo e le possibilità che si aprono sono incredibili. Leggete il report fino alla fine e forse troverete la vera luce in fondo al tunnel.
Riecho
Editor EconomiaeLiberta.com
p.s.= ringrazio tutte le persone che ho incontrato a Torino e sono felice che con alcune di loro sia nato uno scambio diretto di email. Per chi volesse, sono sempre disponibile al contatto: riechoblog@hotmail.it
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 05-02-2013 11:47
http://www.ilgiornale.it/news/cultura/da...82293.html
D'Annunzio a fumetti tra grandi imprese e avventure d'amore
Nelle tavole la vita ardimentosa di un poeta che guardava al futuro. Disegni di Marco Sciame e prefazione di Giordano Bruno Guerri
Vittorio Macioce - Mar, 05/02/2013 - 08:03
Narrare. Raccontarsi, rivoltando le parole fino allo sputo. Non importa come, dove, con chi, fosse anche uno specchio. La vita come arte, sogno, avventura, rappresentazione, con quell'ossessione estetica di superare l'umano, come una sfida alla miseria che lo circonda, alle sue paure, al suo cranio calvo, a quell'odore di Abruzzo che gli resta addosso e lui sublima, canta, vomitando in faccia al mondo le proprie origini e la sua grandezza.
Come il demiurgo che getta i dadi e si diverte a sfidare il caso, dando un senso al destino. Gabriele D'Annunzio, poeta, vate, comandante, seduttore, aviatore simil futurista, decadente e vitalista, conquistatore di Fiume, prima o poi doveva capitare da queste parti, in questo ventunesimo secolo dove ognuno brucia il suo quarto d'ora di celebrità. No, non in televisione, come un qualsiasi tronista. D'annunzio non vestirebbe mai i panni di un Casanova dozzinale, da supermercato, lui che pure battezzò la Rinascente. Certo, anche lui faceva sfilare le sue pretendenti come fanno quei tipi tatuati. La differenza, però, è nel gesto e nell'orizzonte. Non si sarebbe mai accontentato di quindici minuti di gloria, il suo orologio batteva solo l'eternità. È la differenza incommensurabile tra un Vate e il tronista.
D'Annunzio si disegna come un eroe, come l'ultraumano e il suo ritorno non può che essere in un universo dove quelli come lui hanno ancora diritto di cittadinanza. È la graphic novel la terra del suo ritorno, magari passando per il teatro, il luogo dove ha immaginato tutta la sua vita. Gabriele D'Annunzio, tra amori e battaglie è prima di tutto un testo e uno spettacolo per il teatro. È il volto e la voce di Edoardo Sylos Labini. È la regia di Francesco Sala. È un tour che fino ad aprile attraversa l'Italia, 150 anni dopo la nascita del poeta. Solo che la tentazione del fumetto è troppo forte, narrato con la sceneggiatura di Sylos Labini e Sala, con la matita di Marco Sciame e la prefazione di Giordano Bruno Guerri, presidente del Vittoriale degli Italiani.
D'Annunzio si racconta, con faccia giusta per un eroe di carta. D'Annunzio dandy, che vive come un dono la sua profonda solitudine e si circonda del superfluo, di cose inutili e belle, come se in quei feticci lasciasse cadere una parte della sua anima. D'Annunzio che sogna in grande e vola su Vienna, bombardandola di volantini e sfidando i cavalieri del cielo. D'Annunzio che grida contro la pace di Parigi e va a prendersi l'Italia abbandonata, sull'altra sponda del Mediterraneo. D'Annunzio e le sue donne, che anche disegnate a matita conservano il fascino e i peccati. Il lamento di Maria, moglie troppo giovane, ricca e nobile e sciagurata, che vede sfiorire il suo amore di tradimento in tradimento, perché come Dylan Dog il Vate non conosce il principio della fedeltà. «Io - dice lui - sono la puttana d'Italia - che si odia per amore». C'è Luisa la giovane pianista, che lo tenta, si concede, si piega e lo ammalia in ginocchio e lo inganna legandolo con le visioni e il vizio della polvere bianca. Luisa che deve contendersi la casa e il letto con la timida cameriera francese Amélie, che si dona bocca a bocca. D'Annunzio che a ogni donna cambia il nome, come fa un padrone, come fa un padre. D'Annunzio che non riesce a dimenticare l'unica che come lui ha fatto della vita un palcoscenico, la meravigliosa Duse, la divina Duse, la disperata Eleonora Duse.
Non è difficile allora immaginare uno così nelle terre del fumetto. È quasi perfetto. È come trovarsi a casa. È disegnare la vita che avrebbe voluto, quella che ogni secondo ha cercato di mettere in scena. Lo potete immaginare come satiro nei giochi di Manara, far impazzire la femmina con un click, ma senza trucchi o marchingegni, solo con la seduzione delle parole. O perché no? Perso in qualche avventura di Dampyr, come eterno maestro della notte. Ma l'incontro più importante è già avvenuto. Lui e Corto Maltese, a Venezia, un una delle più belle citazioni di Pratt. E si capisce che i due si piacciono. Non poteva non essere che così. Corto nasce privo della linea della fortuna lungo la mano sinistra e allora con un coltello ben affilato se la disegna da solo, lasciando per sempre il segno di una profonda cicatrice. È un gesto degno del Vate. È la sua firma. La firma di quest'uomo «basso, calvo, occhi perennemente cerchiati dalla stanchezza, naso lungo, la voce melata, un personaggio della commedia dell'arte, con l'arietta furba e crudele di un Arlecchino». D'Annunzio.
RE: [OT] Attualità e Cultura - Cher - 17-02-2013 14:20
http://www.ilgiornale.it/news/interni/gr...86823.html
Il Grande Orecchio d'Italia che spiava l'Urss (e gli Usa)
È la Cassazione delle intercettazioni. "Captai il battito della cagnetta Laika e la voce di Gagarin, primo astronauta in orbita. Il Kgb tentò di comprarmi"
Stefano Lorenzetto - Dom, 17/02/2013 - 09:22
In fatto di orecchio, Giovanni Battista Judica Cordiglia è considerato la Cassazione da magistrati, investigatori, avvocati e colleghi. Mica facile trovare un altro perito di tribunale così esperto nelle intercettazioni da aver auscultato a 18 anni il battito cardiaco della cagnetta Laika prigioniera nella capsula spaziale sovietica Sputnik 2; da aver registrato a 21 la voce del cosmonauta russo Jurij Gagarin, il primo uomo lanciato nello spazio; da aver tenuto in scacco a 22 la Nasa e la Cia, captando le comunicazioni dell'astronauta John Glenn, il primo statunitense a entrare in orbita attorno alla Terra; da essersi accorto a 63 che il nastro del colloquio fra i magistrati Francesco Misiani e Renato Squillante, origliato nel bar Mandara di Roma e ritenuto dal pubblico ministero Ilda Boccassini la prova regina del processo Sme-Ariosto contro Silvio Berlusconi e Cesare Previti, era stato manipolato.
Oltre che per il suo orecchio, Judica Cordiglia, 73 anni, sposato, due figli, passerà alla storia anche per il suo occhio. Non soltanto per aver creato nel 1959, col fratello Achille, poi divenuto cardiologo, la prima Tv commerciale d'Italia, nata per gioco ma vista regolarmente via cavo da 2.500 torinesi fino al 1960, quanto per essere stato il perito che ha scattato le prime immagini della Sindone a colori, agli ultravioletti e all'infrarosso dai tempi delle ultime riprese in bianco e nero eseguite nel 1931 dal fotografo Giuseppe Enrie. Nel rievocarlo, ora che va per i 74 anni, si commuove fino alle lacrime: «Il privilegio mi fu accordato perché mio padre Giovanni, medico personale del cardinale Ildefonso Schuster, aveva compiuto le ricognizioni sulle spoglie mortali di molti santi, fra cui Ambrogio, patrono di Milano, ed era l'autore della prima perizia medico-legale sull'Uomo della Sindone, al quale dedicò 14 libri. Fu un'indagine privata e segreta autorizzata nel 1969 dall'arcivescovo Michele Pellegrino. Ebbi a mia completa disposizione il sacro lino a Palazzo Reale. Tre giorni e tre notti senza dormire, guardato a vista dai carabinieri. Seduto per terra, mentre nel buio aspettavo che i miei occhi si abituassero a scorgere la figura illuminata solo dai raggi ultravioletti, mi venne spontanea una preghiera: Dio, fa' in modo che queste foto mi riescano bene. A un tratto lanciai un grido al pretino della curia incaricato di assistermi, che stava leggendo il suo breviario alla luce di una piccola torcia: guardi! Il sacerdote spense la pila, si avvicinò e per poco non svenne: era come se la sagoma tridimensionale di Cristo uscisse dal lenzuolo funebre, si sollevasse per venirci incontro. All'improvviso notavamo particolari mai osservati in precedenza. Lì compresi il significato delle parole di mio padre: Questo è il quinto Vangelo. Egli aveva rinvenuto nel sudario la perfetta corrispondenza col racconto della Passione. Però concludeva: Come uomo ne sono convinto, come studioso ho dei grandi dubbi. Per me invece la Sindone è vera, lo dico da studioso e da uomo». Da studioso è arrivato a una conclusione sul come si sia prodotta l'impronta: «Solo un fenomeno elettrico violentissimo, proveniente dall'interno o dall'esterno del cadavere, può aver creato un'immagine che si presenta come una negativa fotografica». E cita il caso di un bimbo colpito da un fulmine e stramazzato al suolo in posizione prona, sul cui torace è rimasta stampata in negativo l'immagine di alcuni rami di pino che erano per terra.
In veste di perito fonico e fotografico di giudici e avvocati e di consulente dei pubblici ministeri, Judica Cordiglia, che è nato a Erba ma abita da una vita a Torino, ha avuto un ruolo di primo piano nei sequestri Melis e Sgarella, nel caso del giudice Luigi Lombardini morto suicida e nei processi a Marcello Dell'Utri e Vanna Marchi.
Come iniziò a occuparsi di intercettazioni?
«Per gioco, leggendo Sistema A, una rivista che insegnava a riutilizzare il materiale radioelettrico venduto dai robivecchi. Con mio fratello costruii un trasmettitore e mi collegai con un radioamatore di Rio de Janeiro. Avevo 9 anni. Il 4 ottobre 1957, al lancio dello Sputnik 1, primo satellite artificiale della storia, riuscimmo a intercettarne il segnale. L'agenzia Tass aveva fornito la frequenza, perché i sovietici ci tenevano a far sapere al mondo del loro primato. Un mese dopo captammo il battito cardiaco della cagnetta Laika in volo sullo Sputnik. Nel giro di due anni l'Urss era già in grado di fotografare dallo spazio la testa di un chiodo piantato sulla Terra. Da lì in avanti non abbiamo più smesso, intrufolandoci in tutti i programmi spaziali russi e americani: Vostok, Voskhod, Sojuz, Mercury, Explorer, Gemini. Nell'aprile 1961 intercettammo le parole che Gagarin pronunciò dalla navicella Vostok 1: Sto completando il volo... sono in assenza di peso... vista meravigliosa... La Terra è azzurra. E demmo al mondo la notizia del lancio 15 minuti prima che venisse annunciato dalla Tass».
Non tutte le missioni sovietiche nel cosmo sono state così meravigliose.
«Abbiamo calcolato che l'Urss possa aver sacrificato 14 astronauti in voli sperimentali tenuti segreti. Su 6 vittime vi è la certezza. L'intercettazione più drammatica fu quella del 16 maggio 1961. Una missione con tre voci, due uomini e una donna. Una settimana dopo dagli astronauti maschi nessun segno di vita. Le ultime parole trasmesse sulla Terra dalla loro compagna di volo furono agghiaccianti: Pronto... pronto... ascoltate... pronto... parlate... parlate... ho caldo... ho caldo... come?... 45? 50... sì, sì, sì... ossigeno... ossigeno... vedo una fiamma... vedo una fiamma... precipiterò?. Non potevamo captare la risposta dalla base. Ma la disperata conclusione dell'astronauta sì: Questo il mondo non lo saprà mai. Infine il silenzio totale».
E che altro invece il mondo ha saputo grazie a voi?
«Il 4 febbraio dello stesso anno fu reso noto che dal cosmodromo di Baikonur era stato lanciato lo Sputnik 7. Destinazione Venere. I sovietici non dissero che c'erano degli uomini a bordo. Il 2 febbraio, intorno alle 21, noi avevamo intercettato un segnale molto forte, proveniente da un satellite in orbita che transitava sopra Torino. Si trattava di un respiro affannoso. Telefonammo al professor Achille Mario Dogliotti, il pioniere della cardiochirurgia, che si precipitò con la sua équipe. Allora la stazione d'ascolto era montata nella nostra camera da letto. Alle 22.14 ripassa il satellite. Rivedo ancora la scena di Dogliotti che, a cavalcioni d'una sedia, ascolta col mento appoggiato allo schienale e le palpebre socchiuse: Il battito cardiaco è preagonico. Sento un'extrasistole. Il respiro è dispnoico. Quest'uomo ha fame d'aria, gli manca l'ossigeno. Sta morendo. L'indomani il luminare ricavò dalla registrazione un fonocardiogramma che confermò in pieno la diagnosi».
Ma lei e suo fratello Achille come facevate a decifrare il russo?
«Oltre ad averlo studiato in famiglia, ci avvalevamo degli interpreti di madrelingua mandati da Emilio Delon, figlio del fondatore della Berlitz school. Il nostro lavoro fece innervosire parecchio il Cremlino, al punto tale che Radio Mosca il 4 aprile 1965 trasmise per tutto il giorno stralci di un articolo apparso su Stella Rossa in cui il generale Nikolai Kamanin, capo del programma spaziale sovietico, definiva me e mio fratello banditi dello spazio e schiavi del bieco imperialismo Usa. Venne a cercarci Anatoli Krassikov, corrispondente della Tass da Roma, in realtà un uomo del Kgb, poi divenuto capo del servizio stampa del Cremlino. Gli aprì la porta mia madre. Si offrì subdolamente di finanziarci. Ovviamente non accettammo. Dieci minuti dopo ci contattarono gli agenti del Sifar».
Ero rimasto fermo a quelli della Cia.
«Faccenda complicata. Era il 1962. Volevamo captare la voce di Glenn, in orbita attorno alla Terra con la navicella Mercury, perciò chiedemmo in anticipo alla Nasa di conoscere la frequenza su cui avrebbe trasmesso. Ci fu negata per il timore d'interferenze. Allora ci procurammo la foto di una Mercury in mare, con l'antenna distesa. Essendo la lunghezza di ogni antenna pari a un quarto della lunghezza d'onda, potevamo calcolarci la frequenza da soli. Ma quanto era lunga l'antenna? Qui ci venne in soccorso nostro padre, che da buon medico legale ricavò l'indice bizigomatico di un sommozzatore ritratto nella foto. Riportando tale misura sull'antenna, ne determinammo la lunghezza e risalimmo alla frequenza. Il 20 febbraio registrammo la voce di Glenn che parlava di ottime condizioni atmosferiche. A quel punto ci convocò la Nasa».
Vi convocò dove?
«A Washington, nel quartier generale al numero 400 di Maryland avenue, dove ci presentammo col nostro registratore Geloso e facemmo ascoltare tutti i nastri a William Hausman, capo degli Affari internazionali. Arrivato all'intercettazione di Glenn, sbiancò: Not possible!. Per farla breve, ci organizzò un viaggio al centro di volo spaziale Marshall di Huntsville, in Alabama, dove lavorava il Cranio».
Cioè?
«Wernher von Braun, il padre della missione Apollo. E poi nella base texana di Cape Canaveral, a Houston, dove stavano costruendo il razzo Saturn che avrebbe consentito agli astronauti di arrivare sulla Luna. Era un hangar talmente enorme che all'interno si creavano zone climatiche diverse, per cui in alcuni punti addirittura pioveva».
Ha battuto americani e russi con attrezzature di recupero?
«Esatto. Così come la prima televisione commerciale nacque nella cantina di casa nostra da un residuato bellico, una scatola della Rca contenente sette tubi da ripresa, che acquistai per 400 lire da un rigattiere di via Cigna. Allestimmo uno studio con telecamere e mixer video. Tre ore di programmazione ogni sera, a partire dalle 19. Conservo ancora l'autorizzazione a trasmettere rilasciataci dal ministero delle Poste e Telecomunicazioni. I negozianti di via Po avrebbero voluto comprare gli spot. L'esaltante |