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[OT] Attualità e Cultura
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Cher
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RE: [OT] Attualità e Cultura

Ecco il libro che cambiò la storia del mondo
I grandi snodi della Storia coincidono sempre con le guerre, le rivoluzioni, le scoperte geografiche. A volte, però, la svolta dipende da un "semplice" libro. E' il caso del "De rerum natura" di Lucrezio, scritto nel I sec. a.C e poi scomparso per secoli. Fino a quando l'umanista Poggio Bracciolini, nel '400, trovò l'unica copia superstite in un monastero tedesco... Il saggio di Stephen Greenblatt "Il manoscritto" (Rizzoli), premio Pulitzer 2012, è la storia di un libro pericoloso e magnifico che sconvolse i filosofi e spaventò la Chiesa. E cambiò la cultura europea...
Luigi Mascheroni - Ven, 14/09/2012 - 11:18

Qui la video recensione
http://www.youtube.com/watch?v=JVlL0rV2c...embedded#!


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15-09-2012 09:24
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Cher
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RE: [OT] Attualità e Cultura

http://blog.ilgiornale.it/locati/2012/09...stizia-si/

Il linfoma non è più un problema, la “giustizia” sì

Sette anni fa guarisce dal cancro, oggi i giudici decidono che deve restituire i soldi delle terapie: 41 mila 178 euro. Perchè la sua malattia ”non si poteva curare” come ha fatto lei e cioè con il metodo Di Bella.

Barbara Bartorelli, quarantenne bolognese, scopre undici anni fa di avere un linfoma di Hodgkin. Si affida alle cure tradizionali, affronta quattro cicli di chemioterapia ma, dopo pochi mesi, la malattia ritorna più aggressiva.

I medici le prospettano la soluzione del trapianto senza però garantirle la guarigione. La donna non vuole rischiare, non se la sente di “farsi ridurre a zero le difese immunitarie e di assumere grandi quantità di antibiotici”, decide di provare con il metodo Di Bella. Dopo pochi mesi migliora. E, piano piano, quei i benefici diventano stabili.

Per pagarsi la terapia, sui duemila euro al mese, chiede soldi ad amici e a parenti e c’è è anche chi, per racimolare la cifra, organizza per lei tornei di calcio. Passano altri mesi e, d’accordo con gli avvocati, Lorenzo Tomassini e Luca Labanti, Barbara fa causa alla Asl per ottenere il rimborso.

Due le pronunce a lei favorevoli, un decreto d’urgenza nel 2004 e una sentenza di merito nel 2006. I giudici constatano – grazie anche alle perizie di oncologici incaricati dai magistrati – che Barbara è guarita e che non ha un reddito tale da permetterle di pagarsi le cure. La Asl però impugna la decisione. E sei anni dopo, ossia a fine agosto di quest’anno, arriva il verdetto della corte d’appello.

Barbara non avrebbe potuto fare quella cura, perché, recita la sentenza ” una sperimentazione ministeriale stabilì che era inefficace”. Non solo. Poche righe più sotto si legge che ” la malattia di Barbara non era fra quelle oggetto di sperimentazione nel 1998″ ( infatti, non venne testato il suo linfoma, ma un altro, il non Hodgkin).

Non è finita. I tre magistrati, autori della sentenza d’appello, dichiarano che i loro colleghi non avrebbero dovuto affidarsi a esperti, a medici incaricati di esaminare le cartelle cliniche della paziente, visto che nel 1998 la sperimentazione ministeriale stabilì che la terapia Di Bella non era valida.

Testuale: ”All’autorità giudiziaria non compete di accertare, mediante l’ammissione di una consulenza tecnica di uffici, l’efficacia terapeutica del trattamento del prof Di Bella, in relazione alla patologia tumorale in coerenza con il principio dell’ordinamento secondo cui la legge ha attribuito ad appositi organi tecnici il potere di effettuare la sperimentazione…“.

L’avvocato Lorenzo Tomassini è stupefatto: “E’ assurdo, come si può stabilire per legge che è vietato indagare? Oserei dire: vietato guarire. Alla base del diritto civile c’è la possibilità di emettere provvedimenti d’urgenza per tutelare i casi limite. Lo stesso diritto civile prevede che si guardi all’obbiettività della situazione, la signora Bartorelli è guarita. Ha ottenuto un indubbio beneficio da quella terapia, invece non sappiamo quali risultati avrebbe avuto con un trapianto… com’è possibile che un giudice non si curi del fatto che un malato di tumore è guarito? Il diritto alla salute è sacro e inviolabile”.

E il diritto alla libertà di cura? Barbara Bartorelli annuncia un prossimo ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo: ”Perchè dobbiamo accettare che lo Stato sia tutore della nostra salute? Perchè la commissione del farmaco deve decidere come si deve curare un malato ? Se le terapie non funzionano, il nostro Stato - lo stesso che si interroga sull’opportunità del testamento biologico – ci lascia morire. E che colpa avrei io? Di non aver accettato di andare all’altro mondo a 32 anni? Chiedo la libertà di rivolgermi al medico che scelgo e che sia lui a decidere cosa è meglio per me, non un prontuario stabilito da una azienda farmaceutica!”
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RE: [OT] Attualità e Cultura

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/c...38350.html

Cassazione: il saluto romano è reato
Confermata la condanna a un 50enne che, in una manifestazione del 2005 a Firenze, fece il saluto romano insieme a slogan inneggianti al razzismo e al regime
Luca Romano - Lun, 17/09/2012 - 18:45

Confermata, dalla Cassazione, la condanna nei confronti di un neofascista che in una riunione pubblica, insieme ad altri, faceva il saluto romano e scandiva slogan inneggianti al razzismo e al regime fascista.

La Suprema corte, infatti - con la sentenza 35549 -, ha dichiarato "inammissibile" il ricorso con il quale Lorenzo F. (di 50 anni) cercava di scrollarsi di dosso la pena inflittagli dalla Corte d’appello di Firenze il 3 novembre del 2010.

Proprio nel capoluogo toscano si era svolta la manifestazione del gruppo neofascista, il 23 aprile del 2005. L’imputato era noto dal 1990 alla Digos e alle questure della Toscana per cui, facilmente, erastato riconosciuto ed identificato anche se aveva il viso parzialmente coperto da una sciarpa.

L’uomo era pluripregiudicato e, dunque, secondo la Suprema corte in maniera corretta la Corte d’appello ha ritenuto legittimo il suo riconoscimento da parte di uno degli agenti di polizia chiamato a deporre in dibattimento.

Nelle fotografie, infatti, era raffigurato un uomo con il "capo coperto da un cappello, una sciarpa sul volto e un giubbotto imbottito": il riconoscimento dell’imputato si era basato sulla testimonianza di un poliziotto, che aveva dichiarato di conoscerlo "dal 1990".

La Cassazione, confermando la condanna, ha rilevato che "il giudice d’appello ha fondato il proprio convincimento sulla circostanza che gli imputati erano soggetti già noti alle forze di Polizia (in particolare alla Digos e alle Questure della Toscana) per la loro partecipazione ad altremanifestazioni del genere" e che il ricorrente "era pluripregiudicato e, perciò, anche sotto questo profilo, era noto alle forze di Polizia".



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RE: [OT] Attualità e Cultura

Nel Mediterraneo nuota il futuro della nuova Europa
Il mondo nordico, tecnocratico, protestante e calvinista non può fare a meno del Medioriente. Che lo illumina da sempre
Marcello Veneziani - Lun, 17/09/2012 - 08:58

«Nulla mi ha più formato, impregnato, istruito - o costruito - di quelle ore rubate allo studio, distratte in apparenza, ma votate nel profondo al culto inconscio di tre o quattro divinità incontestabili: il Mare, il Cielo, il Sole.
Ritrovavo senza saperlo, non so quali stupori e quali esaltazioni primitive. Non vedo quale libro potrebbe valere, quale autore potrebbe creare in noi quegli stati di stupore fecondo, di contemplazione e di comunione che ho conosciuto nei miei primi anni. Meglio di qualunque lettura, meglio dei poeti, meglio dei filosofi, certi sguardi, lanciati senza pensiero definito né definibile, certe soste sui puri elementi della luce.
..»

Paul ValéryL'estate va finendo e nel congedo settembrino leggo in riva al mare le folgoranti Ispirazioni mediterranee di Paul Valéry (Mesogea, pagg. 67, euro 6). Risalgono al 1933 e sono un inno all'amor fati, cioè alla gratitudine di essere mediterranei: «Sono nato in uno di quei luoghi in cui avrei desiderato nascere». Leggo Valéry al sole, davanti al mare e al cielo, e ritrovo davanti il senso fluente e luminoso della mediterraneità. Nota Valéry che il pensiero nacque sulle rive del Mediterraneo perché qui sono riuniti tutti gli ingredienti sensibili, gli elementi e gli alimenti che lo generano: luce e spazio, libertà e ritmo, trasparenze e profondità. E in sintonia con le condizioni naturali emergono gli attributi della conoscenza: chiarezza, profondità, vastità, misura...Alla Fiera del Levante di Bari, che chiude i battenti, un imprevisto elogio del Mediterraneo è venuto da un uomo grigio-autunno e tutt'altro che mediterraneo, il Tecnico filotedesco Mario Monti che ha evocato il ruolo di battistrada del Mezzogiorno italiano nel Mediterraneo. Tesi antica, e poi ripresa nell'Italia unita da Crispi, Mussolini, Mattei e Craxi... Oggi invece è una tesi in prevalenza connotata dal «pensiero meridiano» di Franco Cassano e dal crocevia mediterraneo esaltato da Nichi Vendola.Ispirazioni mediterranee si intitola anche un altro libretto francese, di Jean Grenier, maestro di Albert Camus a sua volta ispiratore del pensiero meridiano e bigamo mediterraneo, metà di sponda algerina, metà di sponda francese. Per Grenier il Mediterraneo è «uno spazio breve che suggerisce l'infinito». Un vasto pensiero italico, dalla scuola pitagorica a Vico, poi nel secolo scorso unito a una copiosa letteratura, si ritrova nel grembo mediterraneo.A vederlo nel mappamondo, il Mediterraneo è una culla situata al centro del pianeta. E al centro di questo bacino, di questa culla, c'è la penisola italiana e le sue isole. La centralità dell'Italia nel Mediterraneo e del Mediterraneo nel mondo è davvero una realtà prima che un pensiero. Tre continenti si affacciano su questo balcone unico al mondo. La varietà è di casa nel Mediterraneo nei frutti come nelle civiltà. Come la mitezza del clima e il sapore d'anice.Sul piano storico il Mediterraneo, si sa, è il bacino da cui dipartirono le più significative civiltà, in cui presero corpo le religioni e le filosofie, i codici giuridici e i reggimenti politici, democrazia inclusa, le scoperte e le scienze che hanno pervaso il pianeta. «Giammai e in nessuna parte del mondo s'è potuto osservare in un'area così ristretta e in un così breve intervallo di tempo, un tale fermento di spiriti, una tale produzione di ricchezze» si legge in Valéry.Ma oggi il Mediterraneo cos'è? È il luogo dell'Europa tardiva, del meridione a rimorchio, dei Paesi indebitati, della Primavera Araba, della fratellanza islamica, del terrorismo, dei barconi di affamati. Questa l'immagine prevalente. Ma potrà mai immaginarsi un'Europa compiuta che rinneghi il Mediterraneo con le sue radici greche, romane, cristiane, oltre le contaminazioni arabe e giudaiche, turche e normanne? E potrà mai pensarsi l'integrazione europea come un puro adeguarsi al paradigma nordico, tecnico, finanziario, cancellando l'inevitabile dualità europea tra la civiltà mediterranea, cattolica e ortodossa, e la civiltà nordica, protestante e calvinista? Si potrà mai pensare l'equilibrio europeo e globale senza tentare di armonizzare i tre continenti, le tre religioni e le culture madri che si affacciano nel Mediterraneo? Oltre gli europei qui ci sono gli arabi, i turchi, gli egiziani, gli illirici e anche gli slavi del croato Pedrag Matvejevic, autore e fautore del Mediterraneo.Le principali allergie verso il Mediterraneo sorgono oggi tra i liberali e tra i tecnocratici, tra i mondialisti e tra i nordisti. È curioso pensare che il più lucido fautore della Repubblica mediterranea sia stato il principale teorico della Lega e della Padania, Gianfranco Miglio. Rifacendosi a Carl Schmitt e alla tradizione filosofico-giuridica italiana, Miglio ricordava che l'Italia, a differenza dei Paesi nordici e protestanti, in cui vige il comando impersonale della legge, è un Paese mediterraneo fondato sulla mediazione personale e comunitaria. Da qui l'idea di una repubblica mediterranea, basata su un rapporto fiduciario e diretto tra popolo e leader. Miglio riconosceva l'autonomia sovrana della politica e avversava il dominio delle oligarchie finanziarie e tecnocratiche. Non voleva neutralizzare la politica ma era un fautore del decisionismo su base popolare e partecipativa. Che si debba cercare nei fondali del Mediterraneo la risposta alla crisi economica, alle speculazioni finanziarie e all'asservimento da debito?L'Europa è un albero che dà frutti al nord, ma il tronco è italiano e le radici sono piantate nel Mediterraneo, da cui traggono linfa, luce e calore.Torno al geopensiero di Valéry, alla filosofia imbevuta di paesaggio, al suo occhio che «abbraccia insieme l'umano e l'inumano», ai porti mediterranei che descrive animati da un solo personaggio, la Luce. Quei porti dagli odori intensi che sono per lui un'enciclopedia o una sinfonia olfattiva; quel mare che per primo rende concepibile il possibile; quel pensiero che nasce dalla rarefazione del concreto, come un distillato della realtà, frutto soprannaturale della natura; quei puri elementi della luce che suggeriscono agli spiriti contemplativi le nozioni di infinito, di profondità, di universo; quel sole che introduce il modello di una potenza trascendente, di un signore unico; quell'uomo che misura tutte le cose nacque sulle sue sponde, qui diventa soggetto della polis e sviluppa come in nessun altro luogo il potere fascinoso della parola. Qui l'essere sopravanza il fare, il fato torreggia sulla tecnica, le cose valgono più dei mercati finanziari.Ispirazioni mediterranee per un pensiero che non si arrende all'economia.

http://it.wikipedia.org/wiki/Paul_Val%C3%A9ry


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RE: [OT] Attualità e Cultura

Se la morte di un figlio vale solo 2mila euro
L'assegno ai genitori dell'operaio Cavicchi. L'Inail: non aveva una famiglia a carico
Cristiano Gatti - Gio, 20/09/2012 - 11:02

È una scossa che fa tremare più di un terremoto.
Non c'è scala Richter che possa misurarne l'entità. L'epicentro sta nel cuore di un padre, nel punto più profondo e più sensibile. Ma gli effetti si allargano a cerchi concentrici, raggiungendo tutte le coscienze d'Italia, almeno di quelle ancora accese, lasciando solo vergogna e incredulità.Bruno Cavicchi ha provato a scaricare un po' di sana rabbia davanti a Oreste Tofani, senatore e presidente della commissione d'inchiesta sugli infortuni del lavoro, in visita nelle terre emiliane sconvolte dal terremoto. Ha provato a dirgli presidente, senta che storia la mia, non ho più un figlio, tutto il bene che mi restava, quella mattina mi hanno avvertito che era rimasto sotto al capannone della Ceramica Sant'Agostino, a Ferrara, e per me la vita s'è spenta con lui, un dolore che non se ne andrà più fino al mio ultimo respiro, però mai avrei pensato che pure il dopo si sarebbe rivelato tanto crudele, tanto duro, tanto amaro, perché in questi giorni ho scoperto quanto valesse per lo Stato la vita del mio Nicola, un italiano bravo e per bene, che faceva il suo dovere, lo sa presidente a quanto ammonta il contributo dell'Inail, lo sa a quanto arriva la quotazione di Nicola, tutto il mio bene, una vita davanti e tante speranze ancora, davvero riesce a credermi se le dico che la cifra esatta è di 1936,80 euro?Sul momento nessuno ha trovato le parole giuste, perché nel vocabolario ancora non esistono parole in grado di spiegare a un padre che suo figlio valeva 1936,80 euro, non un centesimo di più. Poi, tempestivo e rigoroso, è intervenuto direttamente l'Inail, trovando subito le parole sue - dal superbo vocabolario della burocrazia - per spiegargli che è davvero tutto a posto, che ha avuto quanto gli spetta, che non esiste il minimo margine di un errore o di un'omissione. La spiegazione è un sublime esempio di quello che si intenda per incomunicabilità tra il gelo delle norme e l'anima delle persone: "La somma erogata non è il risarcimento per la perdita del figlio, ma il contributo alle spese per il funerale. Le prestazioni sono disciplinate dal Testo Unico del 1965. Il defunto Nicola Cavicchi non aveva una famiglia a carico. Dunque, l'Istituto non ha potuto erogare una rendita ai genitori. A loro spetta solo il contributo per le spese funerarie".Gli pagano il funerale, nemmeno tutto, nemmeno tanto bello. Altro, per il giovane Nicola, caduto sul lavoro, non è previsto. Suo padre può piangere fin che vuole, gli italiani possono indignarsi quanto vogliono, ma la norma è precisa e c'è poco da discutere. E per favore non buttiamola subito in stupida demagogia, raccontando in giro che la vita di Nicola vale meno di duemila euro. Non è vero, non è così. E' tutto in regola, il Testo Unico parla chiaro. In un estremo scatto di umanità, viene riconosciuto almeno come questo "Testo Unico sia una legge di quasi cinquant'anni fa, dunque da attualizzare, perché senza dubbio non può tenere conto di cambiamenti significativi intervenuti sia nel lavoro, sia nella famiglia…".Per fortuna il povero Nicola non può più sentire. Ovunque si trovi, la sua vita viene valutata in tutt'altra maniera. Tocca a noi, sopravissuti in questo strano luogo, ascoltare la dotta lezione di diritto e soffocare sul nascere le pulsioni peggiori, come pensare istintivamente alle aragoste e allo champagne che in certi consigli regionali si divorano in allegria, mettendo in conto alla collettività. Niente e nessuno però, nemmeno il sacro Testo Unico, può impedirci di provare vergogna e imbarazzo davanti a questo padre, sconfitto e vinto dalla morte del figlio, ma anche dall'umiliazione. Direbbero nei dibattiti intelligenti che questi 1936,80 euro sono indegni di un Paese civile. Difatti vanno benissimo per l'Italia.


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RE: [OT] Attualità e Cultura

I veri colpevoli? Sono tutti i politici
Per correggere il Codice penale bastano pochi minuti. Invece destra e sinistra si dimostrano liberali solo a parole
Vittorio Feltri - Gio, 27/09/2012 - 09:16

Scusate cari lettori, ma per scrivere questo articolo - lo ammetto - devo vincere il disgusto.

Alessandro Sallusti in galera per un articolo non scritto da lui, ma da Renato Farina, e nel quale neppure si cita il nome del diffamato, è un obbrobrio. Ciò, tuttavia, dal punto di vista giuridico credo non faccia una piega. I magistrati della Cassazione che hanno convalidato la sentenza di primo grado (14 mesi di reclusione) si sono limitati ad applicare con rigore una legge fascista, demenziale, che il ripugnante ceto politico italiano mantiene in vita da oltre mezzo secolo, infischiandosene della libertà di pensiero e di stampa, nonostante le disposizioni europee in materia.

Occorre ricordare in proposito che in nessun Paese occidentale i reati commessi a mezzo stampa vengono puniti con la detenzione. Ovvio. Una persona offesa da un giornalista pretende giustamente un congruo risarcimento e non ha interesse a mandarlo in prigione. Solamente nei regimi dispotici si tende a intimidire gli addetti all'informazione affinché non alzino troppo la cresta ed evitino di criticare i padroni del vapore.

Ecco perché non mi sogno neppure di attaccare i giudici, i quali usano gli strumenti a essi conferiti dal potere legislativo. Semmai mi scaglio contro chi ha esercitato questo potere nel peggiore dei modi. Sia la maggioranza di centrodestra sia quella di centrosinistra non sono state capaci di affrontare il problema. E lo hanno lasciato marcire, abbandonando i redattori, in particolare i direttori, al rischio di essere ingabbiati per qualsiasi inesattezza scritta (in fretta) su quotidiani o periodici.

La vicenda di Sallusti è addirittura grottesca nella sua drammaticità. Bisogna risalire a Giovannino Guareschi (anni Cinquanta) per trovare un precedente analogo: alcune vignette e un'inchiesta sgradite ai potenti e il direttore del Candido fu sbattuto dietro le sbarre a causa di sbagli per riparare i quali sarebbero bastate due smentite accompagnate da una somma di denaro quale indennizzo. Altri episodi simili sono numerosi, nessuno di essi però si è concluso così, con un verdetto tanto grave e non mitigato dalla condizionale.

Ora va detto che il procuratore di Milano, Edmondo Bruti Liberati, ha dichiarato: la pena va sospesa poiché il condannato non ha cumuli. Per cui il direttore del Giornale non andrà «dentro». Ciò non diminuisce il peso della sentenza e non allevia le preoccupazioni di chi fa il nostro mestiere. Fatico (fatichiamo) a non accusare i politici di insensibilità, menefreghismo e inettitudine. Per correggere il codice penale servono cinque minuti e una spesa di pochi euro: un decreto che trasferisca il giudizio dal penale al civile lo si verga con irrisoria facilità e lo si trasforma in legge, perfezionandolo, nel giro di tre mesi. Che si attende?

Fra tutti i politici, quelli del Pdl si sono rivelati i peggiori. Sedicenti liberali, in quasi vent'anni di attività parlamentare non hanno avuto la forza di dedicare un'oretta alla soluzione della vexata quaestio. E ieri, appresa la notizia della galera per Sallusti, alcuni hanno gioito (stavolta non a loro insaputa): chi perché odia la categoria cui non mi onoro di appartenere, chi perché finalmente pensa di aver individuato un tema efficace su cui impostare la campagna elettorale.

Sono indignato. E rimprovero Silvio Berlusconi di non essersi mai occupato, se non a chiacchiere, del caposaldo di ogni libertà: la libertà d'opinione. Il centrodestra merita di perdere le elezioni e il centrosinistra merita di non vincerle. Entrambi gli schieramenti vanno deplorati. È colpa loro se trionferà l'antipolitica. E voi, cari colleghi, sappiate che siamo tutti Sallusti.
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L'articolo sotto accusa: duro, ma è un'opinione
Il magistrato che ha querelato Sallusti: "Diffamazione deliberata". Non è vero. Il commento, infatti, non citava il diffamato. Ora è su tutti i giornali


Stefano Zurlo - Gio, 27/09/2012 - 09:40


Oggi Alessandro Sallusti è a un passo dal carcere per un articolo pubblicato da Libero il 18 febbraio 2007. Più di cinque anni fa. In quei giorni le cronache raccontano la storia drammatica di una ragazzi­na torinese di 13 anni che si è rivol­ta al giudice tutelare per poter abortire. Il padre è contrario, la madre favorevole, certo a 13 anni non si può decidere da soli. Il magi­strato, Giuseppe Cocilovo, dà l’ok alla richiesta e il corsivista di Libe­ro si scaglia contro di lui con toni molto duri..Un giudice-argomen­ta l’autore del commento che si fir­ma Dreyfus­ ha ascoltato le parti e ha applicato il diritto- il diritto- de­cretando: aborto coattivo». Poi Dreyfus si lancia in un’invettiva: «Qui ora esagero, ma prima doma­ni di pentirmi, lo scrivo: se ci fosse la pena di morte, e se mai fosse ap­plicabile in una circostanza, que­sto sarebbe il caso.

Per i genitori, il ginecologo, il giudice. Quattro adulti, contro due bambini. Uno assassinato, l’altro (in realtà) co­stretto alla follia». I toni, come si vede, sono senza sfumature ma va detto che l’autore-che certo non è Sallusti - voleva toccare le corde dell’anima,non si proponeva una nuda cronaca ma appunto una ri­flessione ustionante e controcor­rente su una notizia che aveva scosso e diviso l’opinione pubbli­ca. E su un tema controverso e sci­voloso. Certo, come sottolinea la Cassazione in una nota pubblica­ta ieri sera, così come era presenta­ta «la notizia era infondata».O me­glio, non è che la ragazza fosse sta­ta costretta ad abortire da tutte le persone che le stavano intorno. La madre, circostanza che Dreyfus evidentemente non cono­sceva, era a favore dell’interruzio­ne di gravidanza.

Dreyfus nel suo affondo non co­nosce le mezze misure, le sfuma­ture, i colori intermedi. Va a quel­lo che per lui è il nocciolo del pro­blema: una bambina, almeno per l’anagrafe, che per una decisione degli adulti che ne sanno più di lei e detengono il potere, è costretta a strapparsi di dosso la vita che si porta dentro. Si può essere d’ac­cordo oppure no, ma il problema diventa un altro: la falsificazione di quel che era realmente accadu­to. Come ha spiegato ieri sera, su­bito dopo la sentenza, Giuseppe Cocilovo ai microfoni del pro­gramma La zanzara di Radio 24: «L’unica cosa cui tenevo è che fos­se ristabilita la verità dei fatti... Io non ho ordinato nessuna aborto e il quotidiano non ha pubblicato nulla per ripristinare la mia digni­tà personale». Cocilovo aggiunge che lui «la sua proposta per rimet­tere la querela l’aveva fatta: 20 mia euro da devolvere a Save the chil­dren, ma Sallusti ha rifiutato». Sal­lusti, come si sa,ha risposto in mo­do tranchant all’offerta: «La mia li­bertà non è in vendita».

Colpisce però un altro passag­gio delle dichiarazioni di Cocilo­vo ed è quando parla di «diffama­zione deliberata che ora diventa un attentato alla libertà di stam­pa ». Difficile obiettivamente an­dargli dietro e sia detto senza la re­torica del martirologio corporati­vo; nell’articolo il suo nome non c’era.E i lettori del giornale lo igno­ravano. Oggi Cocilovo è in pagina su tutti i quotidiani italiani.

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Il saluto di Alessandro Sallusti ai lettori
Il saluto di Sallusti ai lettori: "Lascio perché vi rispetto e credo abbiate il diritto di leggere un giornale diretto da un uomo libero sia fisicamente che intellettualmente". Guarda il video in esclusiva e leggi l'editoriale: "Non voglio concedere nessuna via d'uscita a chi ha partecipato a questa porcata. Non ho accettato trattative private, non accetto ora di evitare la cella". Paolo Berlusconi: "Non posso accettare le dimissioni". La solidarietà della redazione: "Siamo tutti Sallusti"
Alessandro Sallusti - Gio, 27/09/2012 - 09:00

Fa un certo effetto sapere di dover andare in carcere.
Ma non è questo il problema, non il mio. In un Paese dove più che gli euro mancano le palle, non voglio concedere nessuna via d'uscita a chi ha partecipato a questa porcata. Non ho accettato trattative private con un magistrato (il querelante) che era disponibile a lasciarmi libero in cambio di un pugno di euro, prassi squallida e umiliante più per lui, custode di giustizia, che per me. Non accetto ora di evitare la cella chiedendo la pena alternativa dell'affidamento ai servizi sociali per sottopormi a un piano di rieducazione. Perché sono certo che mio padre e mia madre, gli unici titolati a educarmi, abbiano fatto un lavoro più che discreto e oggi, che purtroppo non ci sono più, sarebbero orgogliosi di me e di loro.

E ancora. Non chiederò la grazia a Napolitano perché, detto con rispetto, nel suo settennato nulla ha fatto di serio e concreto per arginare quella magistratura politicizzata che con odio e bava alla bocca si è scagliata contro chiunque passasse dalle parti del centrodestra e che ora, dopo avere ripassato i politici, vuole fare pulizia anche nei giornali non allineati alle loro tesi. Non voglio poi risolvere io il problema di Mario Monti, accademico di quella Bocconi che dovrebbe essere tempio e fucina delle libertà, che si trova al collo, complice il suo sostanziale silenzio e il suo immobilismo sul caso, la medaglia della sentenza più illiberale dell'Occidente. Così come il ministro della giustizia Paola Severino, definita da tutti come la più illuminata tra gli avvocati illuminati, dovrà ora chiedersi se per caso non è colma la misura della giustizia spettacolo degli Ingroia e dei suoi piccoli imitatori in cerca di fama.


Stamane scriverò al Prefetto di Milano, per annunciargli che rinuncio alla scorta (ragazzi meravigliosi e sottopagati che non finirò mai di ammirare) che da due anni mi protegge notte e giorno da concrete e reiterate minacce. Non posso accettare che una parte dello Stato, il ministero degli Interni, spenda soldi pubblici per tutelare una persona che un'altra parte dello Stato, la magistratura, considera in sentenza definitiva soggetto socialmente pericoloso.

E ultimo, ma primo in ordine di importanza, oggi mi dimetto, questo sì con enorme sofferenza, da direttore responsabile del Giornale, per rispetto ai lettori e ai colleghi. Il foglio delle libertà non può essere guidato da una persona non più libera di esprimere ogni giorno e fino in fondo il proprio pensiero perché fisicamente in carcere o sotto schiaffo da parte di persone intellettualmente disoneste che possono in ogni momento fare scattare le manette a loro piacimento.

Ringrazio tutti voi per la pazienza e l'affetto che mi avete dimostrato e vi chiedo scusa per i non pochi errori commessi. Ma non mi arrendo, questo mai. La battaglia per cambiare in meglio il Paese continua, e questo sopruso, sono convinto, può essere trasformato in una opportunità in più per tutti noi.

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http://www.youtube.com/watch?v=VFQGBaIvB-k  

ToungueToungue


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RE: [OT] Attualità e Cultura

Album Morto Sven Hassel, autore di «Maledetti da Dio»
Redazione - Mer, 26/09/2012 - 07:35

Lo scrittore danese Sven Hassel, controverso autore di fortunati romanzi di guerra basati su esperienze pseudo-autobiografiche durante il secondo conflitto mondiale, è morto a 95 anni a Barcellona, dove viveva dal 1964.

Nel 1953 pubblicò il suo primo libro «Maledetti da Dio», a cui sono seguiti altri 13 titoli, tra cui «Germania Kaputt», «Gestapo», «General SS», «Commando Himmler». Tradotte in 18 lingue, le opere di Hassel raccontano le vicende del 27° Panzer Regiment, formato da criminali, «indesiderati» politici e da disertori.
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RE: [OT] Attualità e Cultura

Casta sempre più trash: ora si fa fotografare seduta su un water
A Palazzo Ferrajuoli una festa dedicata agli escrementi. Altro che il toga-party organizzato da "Ulisse" de Romanis
Sergio Rame - Mar, 02/10/2012 - 11:20

È solo una foto, si dirà. E, in effetti, è soltanto uno scatto.

Uno dei tanti fatti alle innumerevoli feste pecorecce della Roma godereccia. Questa volta a finire immortalata da un obiettivo indiscreto è stata la giovane consigliera Pdl alla Regione Lazio Veronica Cappellaro a un "festino" dedicato alla merda. Noblesse oblige. Lei, la Cappellaro, che presiede anche la commissione Cultura alla Pisana, è stata "pizzicata" seduta su un water posizionato al centro di un salone di Palazzo Ferrajoli, a due passi da Palazzo Chigi dove risiede il sobrissimo presidente del Consiglio Mario Monti.

Non si tratta di fare la morale. È la Roma dei Trimalcione, del cafonal paparazzato (da sempre) da Dagospia, dei party ultra ristretti raccontati dalle riviste patinate. Dopo le immagini della festa di basso impero organizzata da Carlo De Romanis, il Portaborse (leggi l'articolo) pubblica quelle della collega di partito, Veronica Cappellaro, che ha partecipato alla festicciola dedicata agli escrementi. Da strabuzzare gli occhi, da storcere il naso, da scuotere la testa. Eppure, là in fila c'erano frotte di persone che calcavano la scena di Palazzo Ferrajoli per partecipare al grande evento. "Quando si dice un festone di vera mierda... tra scopettini del cesso usati, water sporchi ovunque, pannoli e assorbenti imbrattati appesi all'ingresso, cagate da elefante (finte) sparse qua e là, anche sul tavolo del buffet", racconta Luciano Di Bacco per Dagospia (leggi l'articolo). Insomma, un girone d'inferno ancora più basso rispetto al toga party trash che Carlo "Ulisse" De Romanis ha organizzato a Cinecittà insieme a amici e parenti travestiti con tuniche da antichi romani e maschere da maiale in faccia. Allora vodka e moijto, adesso latrine pubbliche e fialette puzzolenti. Una festa per fotografare il momento storico in cui viviamo. A organizzarla ci ha pensato Paolo Pazzaglia, battendo - come spiega Dagospia - "tutti i record di fantasia, presa per i fondelli e cafonaggine visti finora a Roma".

Ripetiamo: siamo ben lungi dal voler fare la morale. Tuttavia, la Cappellaro non ha tentennato nemmeno per un secondo quando si è fatta fotografare mentre lasciava un "ricordino" al padrone di casa che ha accostato gli invitati in lustrini, tacchi a spillo e cravatte sgargianti a una coppia di figuranti travestiti da disoccupati della Fiat. Trash è poco per descrivere la situazione. Sconforto, poi, è il sentimento che coglie nel vedere la carrellata di fotografie e i video pubblicati ieri sera da Dagospia e subito ripresi da tutti i principali siti online. Insomma, il cattivo gusto ha davvero toccato il fondo. In un momento di crisi e rigetto per la politica, i politici si mettono in fila per farsi fotografare a feste e festini suscitando le critiche (pesantissime) dell'opinione pubblica. Essere cafoni, tuttavia, non è un peccato né tantomeno un reato.



http://www.ilgiornale.it/news/interni/ca...42628.html


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RE: [OT] Attualità e Cultura

http://www.ilgiornale.it/news/interni/ve...56402.html




Il vero Homo insapiens? È quello dell'anno 2012
Un genetista dell'ateneo di Stanford: "Gli umani dei nostri giorni sono meno intelligenti dei cavernicoli". Ecco perché
Nino Materi - Ven, 16/11/2012 - 08:38

E «cavernicolo» potrebbe trasformarsi in un complimento.
Pare infatti che i nostri antenati armati di clava fossero molto più intelligenti dei loro attuali posteri armati di iPad.

Insomma, il vero Homo (in)sapiens è quello che ogni mattina vediamo allo specchio e che ci riflette una stupidità genetica senza paragoni nell'era preistorica: epoca in cui di fessi ne giravano pochi, per il semplice fatto che i citrulli venivano molto democraticamente uccisi a colpi di pietra (nell'eta della pietra), a colpi di bronzo (nell'età del bronzo) e schiacciati sotto le ruote (nell'età della ruota).
Almeno così sostiene il professor Gerald Crabtree, un genetista dell'università di Stanford, in due articoli pubblicati dalla rivista Trends in Genetics.
Secondo il ricercatore, nel paleozolico (a differenza purtroppo di oggi) la «punizione per la stupidità» era molto più forte, e questo faceva sì che l'evoluzione selezionasse in modo molto più pressante gli individui migliori: «Se un cacciatore non riusciva a risolvere il problema di come trovare cibo moriva, e con lui tutta la sua progenie; oggi invece un manager di Wall Street che fa un errore riceve un cospicuo bonus e diventa un maschio più attrattivo. Chiaramente la selezione naturale non è più così estrema». Mitico professor Crabtree: l'insegnante di scienze che tutti avremmo desiderato a scuola, ma che nessuno ha mai trovato.
In estrema sintesi il Crabtree-pensiero è il seguente: «La nostra civiltà, moderna e super tecnologica, potrebbe portare ad una diminuzione dell'intelligenza umana»; con la conseguenza che «l'uomo del futuro sarà sempre più stupido». O, se vi fa piacere, meno intelligente.
Per trovare conferma alla tesi del professor Crabtree basterebbe accendere la televisione o guardare la nostra classe politica. Ma anche, più semplicemente, fare una semplice passeggiata.
La prevalenza del cretino è sotto gli occhi di tutti.
«Scommetto - aggiunge il nostro docente ideale - che se un cittadino medio di Atene del 1000 a.C. dovesse apparire improvvisamente in mezzo a noi, potrebbe essere più brillante e intellettualmente vivo, con una buona memoria, una vasta gamma di idee, e una chiara visione delle questioni importanti». Insomma, meglio di un governo tecnico...
Ma molti studiosi criticano il genetista di Stanford sostenendo che l'uomo non ha diminuito le sue facoltà intellettive, bensì le ha diversificate. E poi tenete conto che, negli ultimi 100 anni, il quoziente intellettivo medio è aumentato, tanto che lo stesso Crabtree lo conferma spiegando che questo è dovuto probabilmente ad una migliore nutrizione e una ridotta esposizione del cervello a inquinanti chimici come il piombo.
Ma il genetista Usa non indietreggia di un passo: «Gli ultimi studi hanno individuato da 2mila a 5mila geni legati all'intelligenza, e ogni generazione porta due o tre mutazioni. In assenza della selezione, gli ultimi 3mila anni sono stati un tempo sufficiente per “inquinare“ il Dna di tutti».
Concludendo: «In rapporto all'uomo di qualche migliaio di anni fa la nostra intelligenza è sicuramente più debole. Per fortuna la società è invece abbastanza forte da contrastare l'effetto».
Ne è davvero sicuro, professor Crabtree?


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16-11-2012 11:30
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RE: [OT] Attualità e Cultura

L'argomento prosegue



Conclude Nino Materi con la domanda :Ne è davvero sicuro, professor Crabtree?

Qui un interessante esempio:
Nell'ultimo incubo di Crichton i mostri generati dalla scienza
La nuova frontiera dell'orrore, secondo il profetico autore Usa, potrebbe essere lo sviluppo irresponsabile delle nanotecnologie
Stefania Vitulli - Sab, 17/11/2012 - 09:02

Anche chi non ha mai letto Michael Crichton è rimasto, senza saperlo, un poco orfano dopo la sua morte. Orfano di una dote che lo scrittore da 150 milioni di copie, scomparso nel 2008 a 67 anni dopo aver lottato a lungo contro un tumore, possedeva con esito infallibile: la preveggenza sui grandi temi che sconvolgono il pensiero dell'umanità.

Crichton vedeva in anticipo intorno a quale favo l'alveare della comunicazione avrebbe generato il miele migliore. Medico, previde e lanciò ben prima del dottor House la medicina al cinema e in tv, con E.R. Fu certo che il cuore più dibattuto della ricerca sarebbe stato la genetica, con Jurassic Park. Pronosticò il sexual harrassment come strumento di vendetta nei centri di potere un anno prima del Clinton Sexgate, con Rivelazioni. E si potrebbe continuare. Questo perché prima di scrivere si gettava a capofitto in ricerche che duravano mesi.
Stava prevedendo qualcosa anche mentre iniziava Micro (in uscita il 25 novembre per Garzanti, pagg. 440, euro 18,80), il romanzo che nel 2008 lasciò a un terzo della sua attuale lunghezza. «Quando lessi per la prima volta il manoscritto incompiuto di Michael, potevo praticamente sentire la sua eccitazione che attraversava le pagine. Stava scrivendo al massimo delle sue possibilità, con uno straordinario senso dell'avventura, esplorando un mondo inquietante che sembra andare oltre ogni immaginazione, il micromondo. È il mondo della natura piccolissima. Micromostri. Microbellezza. E una suspense da fermare il cuore».
A parlare è Richard Preston, l'altra firma sulla copertina. È stata la Harper Collins insieme agli eredi dello scrittore americano a decretare, un anno dopo la sua morte, che dovesse essere questo giornalista del New Yorker e autore di altri 9 libri a ricucire e finire non solo la scrittura, ma anche le ricerche sul mondo delle nanotecnologie e sulle specie naturali coinvolte nel plot costruito fino a quel momento. Nell'introduzione al libro, che è anche una sorta di testamento letterario, il pensiero di Crichton è rivolto soprattutto alle giovani generazioni, che della natura non sanno nulla e dalla quale spesso vengono tenuti lontani, come se conoscerla a fondo non avesse importanza. E Micro è un modo per avvertirli: «Nell'interazione con il mondo naturale, siamo privi di certezze. E sarà così per sempre».
La trama decisa da Crichton parte alle Hawai, dove nello studio di un avvocato vengono ritrovati tre cadaveri con minuscoli tagli provocati da un microrobot dotato di lame letali. Potrebbe essere stato sviluppati in uno dei laboratori di ricerca della Nanigen MicroTechnologies, in quella base segreta protetta dalla foresta e da occulti investimenti miliardari in cui si studiano le microforme di vita della foresta a scopo medicinale. Sarà un neoreclutato gruppo di ricercatori di Harvard a trovarsi invischiata nei tranelli sperimentali e nella natura ostile. Il livello dell'intreccio e della credibilità è alto fino alla fine e se dobbiamo valutare la penna di Preston potremmo fargli il miglior complimento: non si distingue da quella di Crichton.
Sarà perché il metodo di ricerca che lui stesso descrive prevede controlli scientifici: chiama le sue fonti al telefono e poi le richiama per una seconda intervista di verifica. Più di un aneddoto garantisce l'abilità di Preston nella documentazione. Il più famoso narra che una copia del suo romanzo The Cobra Event, che descrive un attacco bioterroristico su New York con virus partoriti dall'ingegneria genetica, sia finita nelle mani dell'allora presidente Clinton. Che lo abbia tenuto sveglio per due notti. La prima a leggerlo. La seconda a rfiletterci su. Finché, secondo il NYT, Clinton discusse del romanzo a un Consiglio di Sicurezza della Casabianca, in cui chiese: «Ma Preston, dove ha preso queste informazioni?».


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