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[OT] Attualità e Cultura
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Cronache da Affaritaliani.it
Le banche istigano al suicidio

Una procura avvia le indagini
E' questa una delle accuse mosse da Adusbef in un esposto inviato alle maggiori procure italiane. Sono ipotizzati anche i reati di truffa, peculato, abuso d’ufficio e appropriazione indebita. La novità delle ultime ore sta nel fatto che, secondo quanto detto ad Affaritaliani.it dal presidente di Adusbef Elio Lannutti, “una delle procure ha già affidato le deleghe per l’inizio delle indagini alla guardia di finanza”.
Venerdì, 6 aprile 2012 - 17:00:00
Le banche istigano al suicidio. E' questa una delle accuse mosse da Adusbef in un esposto inviato alle maggiori procure italiane. Oltre all’istigazione al suicidio, sono ipotizzati altri reati: truffa, peculato, abuso d’ufficio e appropriazione indebita. La novità delle ultime ore sta nel fatto che, secondo quanto detto ad Affaritaliani.it dal presidente di Adusbef Elio Lannutti, “una delle procure ha già affidato le deleghe per l’inizio delle indagini alla guardia di finanza”.

L’accusa parte dalle due operazioni di Ltro. Cioè dai finanziamenti concessi dalla Bce a un tasso agevolato dell'1%. L'iniziativa ha permesso agli istituti italiani di incamerare 251 miliardi di euro. Una iniezione di liquidità che, secondo Adusbef, gli istituti hanno tenuto per sé. “Quel finanziamento – afferma Lannutti – doveva servire a immettere nuova liquidità sul mercato e aumentare la disponibilità di credito verso le aziende. E invece è stato usato per pagare i bonus dei manager o per ripianare i bilanci delle banche. Mentre la crisi ha portato una catena di fallimenti, licenziamenti e suicidi”. La nostra, prosegue Lannutti, “è una campagna contro le banche e i banchieri, che ormai si credono padroni del mondo e hanno potere di vita o di morte sui governi”. Il tono dell’esposto presentato da Abusbef è duro quanto le parole del suo presidente: “Siamo dinanzi ad un modus operandi – si legge nel testo della denuncia - che se da un lato integra l’ipotesi di una vera e propria truffa, dall’altra apre le porte ad ipotesi delittuose vicine alla distrazione di denaro pubblico per fini privatistici e riservato ai compari di merende” .

di Paolo Fiore



Mi auguro che con tutto ciò che sta accadendo e con quanto non accade, il Governo Monti "metta le mani" anche sulle Banche che, a quanto pare, non guardano in faccia a nessuno, coscienti, e ne sono convinte, che il danaro che gestiscono non è loro.
Se poi Monti desidera che la sua immagine venga confusa con il rovescio della medaglia delle stesse banche, farebbe bene a "restituire" l'incarico che, conferitogli, non lo esorta al parteggiare, tantomeno al favoreggiare caste e categorie sociali già lungamente beneficiate.
Sono convinto della necessità e della serietà di un governo tecnico che, considerato il fallimento di quelli politici sopportati per troppo tempo, si pone come sola alternativa di risanamento del paese in un momento così difficile e di "verità".
Gli Italiani sono stanchi!
Non si è capito ancora bene se sono stanchi di una politica raffazzonata, volgare, litigiosa, incompetente e fagocitante, o di non pagare le tasse o di pagarle troppo, o delle inefficienze istituzionali, delle promesse, dei raggiri, della delinquenza comune e fuori del comune, disorganizzata e organizzata, caratteriale, di essere stanchi, infine, d'essere italiani.
Quando un medico viene chiamato a curare un corpo affetto nel suo insieme da tante patologie non somministra un antibiotico specifico che magari cura il fegato e non la prostata ma cerca, nel peggiore dei casi, semplicisticamente di somministrare almeno un antibiotico generico a largo spettro.
Mario Monti è stato chiamato a "curare" l'Italia intera e tutte le patologie gravi che l'affliggono dal nord al sud ma i suoi "antibiotici" non sono di largo spettro, lasciano malate non solo le radici dei tanti mali, ma anche e soprattutto, quegli "organi" che generano le stesse patologie.
Nel nostro paese si somministrano solo anestetici ecclesiastici, festivi, mistici, popolari, rituali, commemorativi e splendide cerimonie di rimembranza e di speranza.
La Resurrezione di questi giorni appartiene solo alla fede ed allo spirito, il corpo e l'Italia tutta così non potranno mai risorgere.

Michele Greco

07-04-2012 19:00
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Nella gara di tasse perdiamo solo noi


di Vittorio Feltri - 09 aprile 2012, 08:26

Siamo ancora profondamente addolorati per la prematura scomparsa di Tommaso Padoa Schioppa, ministro del governo Prodi. Se fosse ancora tra noi, il compianto professore avrebbe la possibilità di godersi questo periodo esaltante. Mai quanto ora, infatti, le tasse, per le quali egli stravedeva e nutriva un sentimento tenerissimo, un grande amore probabilmente ricambiato, mai quanto ora, dicevamo, le tasse dominano l’esistenza degli italiani, la condizionano, la rendono felice con la loro assidua presenza. Tasse dappertutto e su tutto. Che meraviglia, che soddisfazione sentirsi costantemente al centro delle attenzioni fiscali, amati, tallonati, osservati dall’Agenzia delle entrate. Se Padoa Schioppa avesse immaginato che sarebbe venuto il giorno del trionfo tributario, avrebbe trovato la forza per sopravvivere alla malattia e sarebbe qui, pieno di gioia, a festeggiare in nostra compagnia l’involontario record mondiale conquistato dai contribuenti: nessun popolo della terra ci eguaglia per quantità di denaro versato allo Stato allo scopo di consentire ai governanti di non ridurre la spesa corrente.

Massì, cari compatrioti, esultiamo. Padoa Schioppa sarebbe orgoglioso dei tecnici che hanno ottenuto un risultato erariale così importante, e orgoglioso pure di noi che li abbiamo aiutati a conseguirlo sborsando, senza battere ciglio, tutte le somme che ci hanno estorto.

È con il cuore traboccante letizia che informiamo il lettore avido di balzelli: non solo lo Stato esige imposte dirette e indirette, prosciugando il 70 per cento e oltre dei redditi (di chi li denuncia per costrizione); adesso, anche i Comuni e le Regioni si sono messi di buzzo buono e sono riusciti nelle nobile impresa di inventarsiaddizionali talmente efficaci da incidere per 1.230 euro (e rotti) l’anno sui bilanci di ciascun cittadino. Questa è la media nazionale. Ma occorre precisare che quella lombarda è assai più alta: oltre 1.600 euro. Il Nord è il solito sbruffone: per darsi delle arie paga più del Centro e del Mezzogiorno. Varese poi, la città di Mario Monti, se la tira al punto da essersi spinta in testa alla classifica dei tartassati dalle amministrazioni locali. Chissà quanta gente, scoperto questo dato, stimolata dal desiderio di emulazione, chiederà di trasferire la propria residenza nella zona privilegiata del Sacro Monte. Ovvio, pagare l’addizionale più salata del Paese è motivo di vanto.

Un tempo i fratelli d’Italia morivano per la Patria. Mutatis mutandis, oggi muoiono per il fisco con allegria, secondo la dottrina di Padoa Schioppa, che ha sostituito Giuseppe Garibaldi nel pantheon degli eroi. Ogni dì si segnala il suicidio di un contribuente: chi si spara, chi si impicca e chi sceglie di darsi fuoco con la benzina, dimostrando un attaccamento mirabile all’accisa sui carburanti. Il concetto di eroismo si aggiorna.

Avanti di questo passo, l’esecutivo dei docenti risolverà anche il problema demografico attraverso una sorta di selezione fiscale: se uno non ha i mezzi per tacitare l’Agenzia delle entrate, si accomodi al cimitero. Provvederanno i suoi eredi a compensare il mancato introito, versando l’imposta sui loculi. Prima o poi, però, finiranno al camposanto anche i mandanti degli esattori. Il redde rationem è molto vicino.


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Opinioni

La Germania che cerca di prendersi l'Europa? Tutta colpa di Giulio Cesare


i Aldo Reggiani 10 Aprile 2012



Un mezzo busto di Giulio Cesare

Nel bell’articolo “L'eterna voglia di egemonia di chi devastò l'Europa due volte”, pubblicato da il Giornale il 1 Dicembre scorso, Francesco Perfetti illustra come “È dai tempi di Bismarck che la Germania cerca di imporsi come centro di tutte le decisioni del Vecchio continente. Il governo di Berlino si ispira a una visione nazionalistica dell'economia e della politica che solo la retorica europeista ha cercato di tacitare”. E aggiunge: “Sulla storia dell’Europa pesa, da sempre, il fantasma della Germania, di una Germania che si è posta l’obiettivo di affermare l’egemonia sul continente. E che, alla fin fine, con questa sua vocazione egemonica è stata all’origine delle grandi crisi dell’Europa contemporanea, a cominciare dalle guerre mondiali. Quel che succede oggi, in campo economico-finanziario - e che potrebbe portare alla disarticolazione dell’Eurozona e alla nascita di un euro pesante che sancirebbe, in realtà, il fallimento stesso dell'euro - è il risultato dell’eterna tendenza della Germania ad affermarsi come punto di riferimento e guida del continente. Una tendenza di volta in volta supportata da strumenti diversi: le armi o la politica economico-finanziaria, i cannoni o lo spread. Sempre in nome dell’interesse nazionale”.
Ebbene, questa smania egemonica dei Germani, ha un’origine antica, traumatica. Bimillenaria. Archetipica. In un fatale errore strategico-politico commesso dal pur grande Giulio Cesare. Mi spiego.
Nel Febbraio del 1997, dopo aver terminato una trionfale tournée del secondo Macbeth della mia carriera, con la regia di uno dei più intelligenti e raffinati registi italiani del dopoguerra, il compianto Sandro Sequi, ed avendo a disposizione del tempo libero prima di portare, in estate, al Festival del Teatro Barocco di Almagro, in Spagna, un testo altrimenti mai rappresentato in Italia, “La figlia dell’aria”, (la storia di Semiramide, mitica fondatrice di Babilonia) capolavoro dello Shakespeare spagnolo, Pedro Calderon de la Barca, per la regia di un altro grande del Teatro, Roberto Guicciardini, accettai l’invito di trascorrere un periodo di vacanze nella sontuosa villa al mare, in Florida, di una cara amica, ricca ereditiera italiana, che negli States aveva impalmato un aitante professore del Mit, il Massachusetts Institute of Technology.
Il tipo si era preso un anno sabbatico e, approfittando della disponibilità di numerose dependance della villa di sua moglie, aveva radunato studiosi amici di diverso tipo, americani e indiani, per confrontare i vari saperi. Mi ritrovai nel mio brodo, in compagnia di gente simpaticissima. Una quindicina di individui, di “matti” che andavano da docenti di fisica, a esperti di strategie politico-militari a insegnanti indiani di yoga ad esperti di storia delle tecniche spirituali. Era molto divertente vedere dalla vetrata della cucina, mentre istruivo il cuoco cingalese su come cucinare un perfetto risotto alla milanese cogli ossibuchi, un gruppo di sì eminenti studiosi, consiglieri del Dipartimento di Stato e maestri di yoga, contorcersi in accanite partite di palla a nuoto nella piscina quasi olimpionica della villa. Verso sera, per combustione spontanea, sui bordi della piscina ognuno poteva parlare agli altri dei risultati delle sue particolari ricerche. Mentre magari echeggiavano dall’interno della villa le note di Chopin, suonato da un grande, anziano ed ebreo pianista internazionale. Amico di famiglia. Io stesso tenni una mini conferenza, molto applaudita, sulla “Inesorabile Pornografia dei Simboli”.
Prendendo ad esempio il fatto che, come aveva anni prima fatto notare un militare intervenuto al Costanzo Show che aveva mostrato una antichissima pietra indiana su cui erano due svastiche (la prima con gli uncini piegati a sinistra, la seconda verso destra) con in mezzo una croce, simboleggianti rispettivamente la Creazione (Brahma), la Sopravvivenza (Visnù) e la Distruzione (Shiva), il ciclo d’azione di questo Universo, la svastica adottata dai Nazisti fosse stata quella della Distruzione. Adler, del ciclo di azione, ne parlava in termini di “carica, scarica, riposo”. E quindi se i politici francesi e inglesi avessero avuto una infarinatura sulla ineluttabilità fatale dei simboli, che sono “pornograficamente” inequivocabili come una bionda che ti mostra le tette, o un maschio che davanti e te si massaggia il pisello, significando pericolose intenzioni inculerecce, si sarebbero armati fino ai denti e magari avrebbero potuto, tanto per non saper né leggere né scrivere, dare una randellatina preventiva sulle gengive tedesche bombardando a tappeto le loro fabbriche di armi.
Tanto per far capire al loro ducetto che dalle parti delle Democrazie la gente non aveva scritto in fronte “giocondo”. (E invece, parla, tratta e parla, si è visto come è finita). Come oggi il mondo civile dovrebbe fare con l’Iran.
Appresi comunque che la mania egemonica dei Germani, la si deve al fatto che Giulio Cesare, quando essi volevano, spinti da migrazioni provenienti dall’oriente, venire di qua dal Reno, li respingeva di là dal quel confine acqueo. In loro si formò perciò un trauma collettivo, maniacale, tramandato nei secoli, di un “movimento verso la sopravvivenza”, continuamente bloccato, respinto. Lo studioso di strategie che ci parlava di questo, illustrò anche come avrebbe dovuto comportarsi Giulio: avrebbe dovuto dire ai Germani (cito a memoria), “Ecco, qui sopra (nell’attuale Olanda e dintorni) vi sono territori semidisabitati e paludosi. Accomodatevi, dissodateli, lavorateli, coltivateli, e noi faremo le strade. Siete i benvenuti nel nostro grande impero, dove potrete mantenere la vostra cultura e la vostra religione”.

E non è un caso, ci disse, che gli States, invece di chiedere i danni ai Paesi che pur avevano scatenato la seconda guerra mondiale, li abbiano aiutati con fiumi di dollari nella ricostruzione e nella loro evoluzione democratica. Per non provocare dannosi, incistati e astiosi “complessi” di vendetta. Proteggendoli anche dall’espansionismo imperialista sovietico, mantenendo a loro spese, per decenni, cinquecentomila soldati in Europa. Ma torniamo ai Germanici. C’è una legge che riguarda i comportamenti umani, della quale sono assolutamente ignoranti i nostrani psicologi e psicoanalisti, per non dire degli psichiatri e dei sociologi. Ed è quella che se si scende a combattere un proprio simile (o gruppo di simili) con la volontà di eliminarlo, se non vi si riesce, o si entra nella “valenza” del nemico, e cioè se ne “assumono” le vittoriose caratteristiche, o si scade nella psicosi, nell’isteria, per cui l’ineliminabile nemico diventa una specie di terribile Nume, responsabile di tutte le nefandezze dell’universo, di tutte le nostre disgrazie, anche del morbillo dei nostri figli, ma talmente potente ed imbattibile che non ci resta, infolarmati e con voce gracidante, che correr di qua e di là disordinatamente affabulando e delirando dei suoi "delitti", ma senza concludere alcunché. Ecco, i Germani si trovano nella situazione di cercare di essere nella “valenza” vittoriosa dei Romani. Ma nel reiterato episodio archetipico, originale, loro furono gli sconfitti e si dovettero ritirare di là dal Reno. E quindi ogni volta che cercano di espandersi e conquistare in qualche modo l’Europa, spacciandosi per antichi Romani, poi combinano qualcosa che “tout de suite” li riporta “di là dal Reno”.


Manca loro, non essendo un loro carattere originale, la grandezza di pensiero, la tolleranza e la pan-determinazione costitutive dei Romani. Fateci caso: anche attualmente, quando qualcuno magari dei loro giornalisti parla, mette sempre in primo piano la faccenda che loro sono i più seri, i più bravi, i più lavoratori, “li mejo fichi der bigoncio” europeo e quindi non vogliono pagare per gli errori di altri. Sicuramente c’è del vero, ma rimangono dei goffi provinciali, come il loro capo Hitler che si pavoneggiava a passeggio per Parigi, la Ville Lumière che aveva sognato quando faceva l’imbianchino. E poi fanno pure grosse marachelle.

Come il disastroso, miope, gretto e provinciale modo di gestire una faccenda poco importante come quella della Grecia, uno Stato di undici milioni di abitanti con un Pil inferiore a quello della Provincia di Treviso. O come quella denunciata da Libero il 2 dicembre scorso: “Non passa giorno che la cancelliera Angela Merkel non chieda una “convergenza economica” per i Paesi dell'area euro. Berlino sogna, in pratica, una gestione comune per le politiche fiscali, regole identiche nel perseguire il rigore di bilancio. E pesanti sanzioni per chi sgarra. Perché allora Berlino non dà il buon esempio e non la smette con i trucchetti contabili che fanno apparire i suoi conti pubblici migliori di quelli che sono in realtà?
Come ha già ricordato Massimo Mucchetti sul Corriere, da 16 anni la Germania "dimentica" di inserire nel proprio debito pubblico le passività della KfW, la versione tedesca della nostra Cassa depositi e prestiti, detenuta per l'80% dallo Stato e per il restante 20% dalle "Regioni" . Non si tratta di noccioline ma di ben 428 miliardi di euro, utilizzati dalla Repubblica federale per garantire i mutui degli enti locali e delle piccole e medie imprese. Avendo il sigillo dello Stato, il debito del Kreditanstalt fur Wiederaufbau gode dello stesso rating del bund e può essere piazzato a un interesse bassissimo.

Ma a differenza del bund, chissà perché, non viene conteggiato nel debito complessivo del Paese.

Se così fosse, il rapporto del debito pubblico sul Prodotto interno lordo balzerebbe dall'80,7% a oltre il 97%. Come accade per le statunitensi Fanny Mae e Freddie Mac”
Non è un caso che i Britannici si siano tempo addietro ribellati ai nuovi diktat tedeschi.
Come da orgogliosa, albionica tradizione. E alla fine i Germani, dopo aver provocato, come al loro solito, molti disastri, si dovranno piegare all’Europa che giocoforza istituirà finalmente, come saviamente da sempre predica il Cav, una Bce che batta moneta come garante di ultima istanza del totale del debito pubblico europeo.

Il quale, come informava lo stesso Prodi a La7, malgrado la presenza di Stati “cicala”, è pure di quattro punti inferiore a quello statunitense. E anche stavolta, in un modo o nell’altro, vedrete che gli amici crucchi bene o male dovranno tornare con la coda tra le gambe “di là dal Reno”.


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http://www.ilgiornale.it/economia/bce_se...comments=1

Bce senza cartucce Ora le banche non fanno prestiti

di Renato Brunetta - 16 aprile 2012, 08:25

Ora è ufficiale. L’euforia di molti analisti economici, generata dai generosi prestiti Bce alle banche europee, è finita. Sembrava che gli oltre mille miliardi di euro caduti a pioggia sul sistema bancario, grazie alle operazioni di rifinanziamento a lungo termine promosse dall’istituto di Francoforte, potessero essere la panacea di tutti i mali per le asfittiche economie europee.

Così non è stato; concepiti ufficialmente per dare prezioso ossigeno all’economia reale rischiano ora di gettare i primi semi di una futura crisi del sistema finanziario ed economico europeo.

Nelle precedenti analisi si era rilevato come la Bce, a causa degli oggettivi limiti imposti alle sue funzioni dal trattato di Lisbona, stesse facendo troppo poco per scongiurare gli effetti distorsivi della crisi finanziaria sull’economia reale. In netta antitesi, la Banca centrale statunitense (Fed) aveva dimostrato, fin dal 2007, uno spiccato atteggiamento interventista attraverso l’adozione di una politica monetaria espansiva ( Quantitative easing, Qe) volta a ristabilire una liquidità adeguata nel sistema e scongiurare (o limitare) la possibilità di una recessione economica, assegnando priorità all’obiettivo della crescita rispetto a quello della stabilità dei prezzi.

La nomina di Mario Draghi alla presidenza della Bce nel novembre del 2011 ha segnato una netta inversione di rotta. Negli ultimi mesi la Banca centrale si è dimostrata molto più attiva che in passato; da una parte il costo del denaro è stato mantenuto particolarmente basso (tassi di interesse pari all’1%)e dall’altra sono state promosse due operazioni di prestito agevolato (anch’esso al tasso di interesse dell’ 1%) agli istituti di credito europei ( Long term rifinancing operation , Ltro) per un totale di oltre 1.000 miliardi di euro erogati a favore di 523 banche nel Ltro 1 (dicembre 2011) e di 800 banche nel Ltro 2 (febbraio 2012). Unica condizione richiesta alle banche per accedere a questi finanziamenti è stato il deposito di garanzie collaterali presso la Bce, cioè solitamente obbligazioni governative di qualunque genere (unica eccezione per la seconda asta i titoli di Stato greci).

Come detto, la decisione presa da Draghi di inondare il sistema creditizio di liquidità a basso costo era stata accolta con molto favore, si attendeva che questa enorme massa monetaria sfociasse quasi magicamente nell’economia reale, migliorando le condizioni creditizie per famiglie e imprese. Al contrario, le indagini condotte da Banca d’Italia evidenziano come, almeno con riferimento agli effetti del primo maxi-prestito di dicembre, nel nostro Paese siano inesorabilmente diminuiti i prestiti a famiglie e imprese e, contestualmente, siano cresciuti i tassi di interesse applicati. Per quanto riguarda le famiglie, i prestiti nel mese di febbraio rispetto a gennaio sono diminuiti del 2%, rispetto a dicembre 2011 del 3,7%. Discorso analogo anche per i tassi di interesse applicati. Il tasso annuo «effettivo globale» (Taeg) per il credito al consumo è giunto al 10,1% (dato relativo a febbraio 2012, nel febbraio 2011 era pari a 8,88%) e quello relativo ai mutui casa è risulta pari al 4,61% ( nel febbraio 2011 era pari al 3,3%). Il timore che i prossimi mesi possano svelare lo stesso risultato anche per il secondo prestito di febbraio 2012 èmolto forte.

Tralasciando il preponderante ricorso al deposit facility presso l’Eurosistema utilizzato da tutto il sistema bancario europeo (attualmente pari a circa 800 miliardi) dovuto soprattutto a motivazioni contabili di scarso interesse ai fini della discussione, dove sono finiti i consistenti fondi accumulati dalle banche? Le banche italiane come hanno utilizzato gli oltre 250 miliardi di euro (lordi) ricevuti?

Naturalmente la risposta non è univoca. Si possono però isolare almeno due tendenze preponderanti. La prima è relativa alla necessità degli stessi istituti di credito di rafforzare e consolidare i propri bilanci, conseguentemente anche alle formali «raccomandazioni» dell’Autorità bancaria europea (Eba). L’Eba,nel dicembre 2011,aveva stimato che, per resistere a shock particolarmente sfavorevoli, le banche italiane avrebbero avuto bisogno di una ricapitalizzazione pari a 15,4 miliardi di euro. Inoltre, è recente la notizia che i primi cinque istituti del nostro Paese hanno operato delle svalutazioni sugli avviamenti messi a bilancio in passato per circa 30 miliardi di euro. Probabilmente la liquidità ottenuta è servita a sistemare anche questo tipo di problematiche. La seconda tendenza, invece, va trovata nel deciso investimento in titoli di Stato operato in questi primi mesi dell’anno. I dati forniti dalla Bce evidenziano come gli investimenti in titoli di Stato da parte delle banche italiane siano esponenzialmente cresciuti negli ultimi mesi, successivamente quindi al primo maxi-prestito, passando da circa 4 miliardi investiti a dicembre 2011 a oltre 26 miliardi investiti a febbraio.

Proprio queste evidenze, soprattutto tra gli analisti anglosassoni, hanno scatenato le critiche sul sistema di Qe in «salsa europea»adottato da Draghi. I risultati che stanno emergendo sembrano creare le condizioni per una nuova stagione di tensioni. Quel che è evidente è che si è incentivata una intricata relazione nepotistica tra le banche (private)e gli stati (pubblici).Sul Financial Times , M. Chandler (stratega della Brown Brothers Harriman di New York) ha descritto sinteticamente il sistema con «deboli banche che acquistano deboli titoli di Stato».

Sembra, mutuando il commento di B. James (esponente di Linklaters, importate studio legale internazionale), che si sia voluto legare due persone che stanno rischiando di affogare, sperando che insieme riescano a galleggiare. Le critiche non si fermano qui. L’ampia platea di banche che ha goduto dei prestiti Bce comporterà un ulteriore rallentamento del processo di consolidamento del sistema creditizio europeo, con il permanere sul mercato (almeno per altri 3 anni!) di quelle che vengono definite comunemente «zombie banks», e un contestuale rafforzamento del legame di dipendenza nei confronti della Bce. Un ulteriore rischio, seppur indiretto, è che gli stessi governi nazionali, tranquillizzati dal buon andamento delle aste di titoli pubblici, colgano l’occasione per procrastinare ancora una volta le riforme strutturali dello Stato.
Non è tutto, in seno alle banche italiane si sta consolidando un conflitto di interessi ancora ben celato.

I più importanti istituti di credito italiani hanno attinto a piene mani dal«bancomat»Bce a un tasso di interesse bassissimo, pari all’1%. Con questa liquidità, oltre ad altre operazioni di tornaconto sui propri bilanci, le banche hanno acquistato ingenti quantità di titoli di Stato italiani a rendimenti decisamente favorevoli, pari al 4-5,5%. Contestualmente le stesse banche operano, naturalmente, anche sul mercato secondario (proprio quello che determina lo spread) dove hanno tutti gli strumenti necessari per condizionare i rendimenti al rialzo.

Infatti, come sappiamo, il mercato secondario influenza il prezzo e, conseguentemente, i rendimenti delle aste che avvengono sul primario, proprio dove acquistano i titoli tanto vantaggiosi. Senza considerare che i titoli acquistati sono gli stessi che poi vengono depositati come garanzie collaterali presso la Bce per ottenere nuovi finanziamenti a tassi agevolati... Sembra una spirale teoricamente infinita e non priva di rischi.

L’unico dato certo è che l’economia reale non ha beneficiato in nessun modo della strategia adottata dalle Banca centrale. Cittadini e imprese, che hanno sostanzialmente pagato la crisi finanziaria, sono ancora una volta spettatori inermi (e paganti) di questo scenario inquietante.


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Chi non ha avuto esperienza con una banca?
Eppure, solo oggi, il sentore di mancanza di chiarezza nel rapporto cliente banca, incomincia ad aver corpo, incomincia ad evidenziare l'inequità della stessa con abusi e soprusi.
Se Mario Monti vuole concludere positivamente il suo mandato governativo, tempo permetterdo, dovrà innanzitutto "ridisegnare" detto rapporto, visto e considerato, pare, che un rapporto con la banca sia diventato d'obbligo come l'assicurazione per l'auto.
Altrettanto necessario è "rileggere" il diritto giuridico non tanto per rimettere in discussione le metodologie adottate per il raggiungimento dello stesso e l'obiettiva funzione della magistratura, quanto per sindacare sugli abusi che si commettono da parte del comune cittadino e di alcuni avvocati di parte.
In merito, bisogna combattere la mentalità comune dell'italiano, cattivo interprete della legge che fondamentalmente ignora, avvalendosi per intenderla di concetti e logiche primitive ed egoistiche.
La stessa lungaggine del concludersi d'una causa, sia essa penale, civile o amministrativa, è la dannosa conseguenza d'ignoranza, di mentalità, di mancanza oggettiva d'onestà individuale.
Nel prossimo futuro vi farò conoscere d'un caso giuridico che è arrivato in appello dopo più di un decennio, voluto e gestito da un cittadino che confondendo il diritto con il dovere, che, ostacolando perfino il lavoro del proprio avvocato, è arrivato a fare richiesta di parecchi miliardi, dico miliardi, di euri come indennizzo per un errato pagamento condominiale che, nel suo insieme, considerando gli interessi e la rivalutazione maturati in un trentennio circa, si aggira intorno ai 300.000 euri.
Queste sono forme "lecite" di estorsione che purtroppo la legge consente.
Altro che inadempienze giuridiche da parte della magistratura!
Insomma, per farla breve, l'Italia deve moralizzarsi e riscoprire, semmai l'avesse mai scoperto, il rispetto reciproco e, sicuramente pensare alla legge, non come una possibile fonte di egoistico guadagno ma come una bilancia di equità e chiarimento conviviale.

Michele Greco

16-04-2012 10:46
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Chi non ha avuto esperienza con una banca?
Eppure, solo oggi, il sentore di mancanza di chiarezza nel rapporto cliente banca, incomincia ad aver corpo, incomincia ad evidenziare l'inequità della stessa con abusi e soprusi.
Se Mario Monti vuole concludere positivamente il suo mandato governativo, tempo permettendo, dovrà innanzitutto "ridisegnare" detto rapporto, visto e considerato, pare, che un rapporto con la banca sia diventato d'obbligo come l'assicurazione per l'auto.
Altrettanto necessario è "rileggere" il diritto giuridico, non tanto per rimettere in discussione le metodologie adottate per il raggiungimento dello stesso e l'obiettiva funzione della magistratura, quanto per sindacare sugli abusi che si commettono da parte del comune cittadino e di alcuni avvocati di parte.
In merito, bisogna combattere la mentalità comune dell'italiano, cattivo interprete della legge che fondamentalmente ignora, avvalendosi per intenderla di concetti e logiche primitive ed egoistiche.
La stessa lungaggine del concludersi d'una causa, sia essa penale, civile o amministrativa, è la dannosa conseguenza d'ignoranza, di mentalità, di mancanza oggettiva d'onestà individuale.
Nel prossimo futuro vi farò conoscere un caso giuridico che è arrivato in appello dopo più di un decennio, voluto e gestito da un cittadino che confondendo il diritto con il dovere, e che, ostacolando perfino il lavoro del proprio avvocato, è arrivato a fare richiesta di parecchi miliardi, dico miliardi, di euri, come indennizzo per un errato pagamento condominiale che, nel suo insieme, considerando gli interessi e la rivalutazione maturati in un trentennio circa, si aggira intorno ai 300.000 euri.
Queste sono forme "lecite" di estorsione, che purtroppo la legge consente.
Altro che inadempienze giuridiche da parte della magistratura!
Insomma, per farla breve, l'Italia deve moralizzarsi e riscoprire, semmai l'avesse mai scoperto, il rispetto reciproco e, sicuramente pensare alla legge, non come una possibile scappatoia, fonte di egoistico guadagno ma come una bilancia di equità e chiarimento conviviale.

Michele Greco



Vorrei chiarire la mia duplice osservazione, economica e giuridica, non per sminuire quanto da Cher evidenziato in relazione alle illogicità dei provvedimenti economici adottati in questo periodo, quanto per far notare che l'economia e la giurisprudenza sono due binari paralleli sui quali viaggia lo stato vitale della nazione. Separarli significherebbe fermare questo "viaggio" verso la democrazia ed il progresso, stagnare, infine, la produttività a danno del comune cittadino, conservando così inalterati i privileggi e gli interessi delle classi più evolute economicamente.
Il caso appena accennato di un cittadino che interpreta male le leggi, è un caso fin troppo diffuso che fa della legge stessa un indumento da confezionare a misura e a beneficio di chi la ragira e la inganna. E' l'indumento che diventa una divisa, un distinguersi di quelle classi, di quei cittadini, che usano il diritto come arma d'offesa e di raggiro.
Lo stesso dicasi per l'economia che, a quanto pare, non riflette un andamento equo e generalizzato nei suoi benefici ma un ulteriore mezzo d'offesa e d'inganno, un potere, ormai palese, d'acquisto non solo materiale ma spirituale e di coscienza.

Michele Greco

17-04-2012 12:53
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Cher
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RE:   [OT] Attualità e Cultura

Tanto per gradire un spunto di riflessione ben presentato:
http://noisefromamerika.org/articolo/qua...o-bilancio


Riporto solo la parte finale , in quanto il corpo dell'articolo è una analisi attenta del problema , ma può "distrarre" il lettore occasionale di questo forum sull'aspetto essenziale del problema ( riportato in neretto)

"..........................La riforma costituzionale del 2001 – quella approvata in fretta e furia dal centrosinistra di allora, a pochi giorni dalle elezioni, per dimostrare di “aver fatto le riforme” e che è in pratica tutt’oggi rimasta in larga parte inattuata– ebbe probabilmente un solo merito storico.
Quello di cambiare l’art.114 della nostra Carta Costituzionale, che fino a quel momento recitava: “La Repubblica si riparte in Regioni, Province e Comuni” . La nuova versione dell’art.114 ora invece si apre con: “”La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato”.

In pratica, si riconosceva l’esistenza di diversi livelli territoriali autonomi di governo della cosa pubblica.

Uno di questi è lo Stato. La Repubblica sta vivendo una delle sue fasi più difficili. Affrontarla in questo modo, con lo Stato che avoca a sé l’88% delle maggiori entrate e taglia spese per uno 0,8% imponendo percentuali quasi opposte agli enti locali, non rappresenta solo un ovvio problema economico di efficacia e efficienza del difficile processo di risanamento dei conti pubblici. Ci dice che qualcosa si è rotto nel modo in cui stanno insieme i livelli di governo di questa Repubblica. E questo è persino più pericoloso del mancato raggiungimento di un misero pareggio di bilancio.


Una  fredda nebbia illividisce il cielo,
le notti incominciano prima.
Tutti conoscono il declino,
ma pochi ne discernono la linea di confine.



Cher03@hotmail.it

Messaggio modificato il: 17-04-2012 alle 18:49 da Cher.

17-04-2012 18:41
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RE: [OT] Attualità e Cultura

Lettera aperta all'on. Antonio Napolitano
Presidente della Repubblica Italiana
e...agli uomini di buona volontà.


"La politica, secondo un'antica definizione scolastica, è l'Arte di governare le società. Il termine, di derivazione greca (da polis "πόλις", città), si applica tanto all'attività di coloro che si trovano a governare quanto al confronto ideale finalizzato all'accesso all'attività di governo o di opposizione."

Questa è una delle tante definizioni di cosa si intenda per Politica.
Vi sono molteplici correnti di pensiero, che la definiscono in  modo diverso, cercando di interpretare un "sentimento" di massa che non c'è mai stato e che nella nostra storia umana, passata e presente, è apparso esistere solo in circostanze conflittuali ed in esercizi di potere a vantaggio di pochi ed a svantaggio di molti.
Ciò ha contribuito perchè s'invadessero terre e popoli, perchè si perpretassero eccidi di massa, perchè si "partorissero"(ironia della sorte) poeti, martiri ed eroi.
(Inciso) -Personalmente ho avuto uno zio capitano di aviazione del Regio Esercito, decorato con la medaglia d'oro al valore militare, morto nei cieli d'Albania (Valona) nel 1940. Lui, e quant'altri eroi, caduti per un ideale e per un grande amore, non possono oggi essere offesi e "ripudiati" dalla inettitudine politica di troppi arrivisti, di troppi contrabbandieri dell'onore e della onestà-

Non ho molto rispetto per le correnti di pensiero, quando queste sono di ostacolo all’evoluzione del pensiero stesso e dico che la politica, così come si manifesta oggi, si allontana e dal suo significare originario , e  da quella che era la sua etimologia.

politica= lat. POLITICA dal gr. POLITIKE che attiene alla città

Il governo è solo una sottocategoria della politica, così come sono attività esprimenti nel pubblico il grado di civiltà, la moralità e il buon senso.

The real voyage of discovery consists not in seeking new landscapes, but in having new eyes
Un vero viaggio di scoperta non è cercare nuove terre ma avere nuovi occhi
(Marcel Proust)

Non di meno, la necessità di convivere con una politica corretta ed "educata" è, almeno per me, voler ancora credere in una democrazia avanzata, priva di giochi demagogici e burocratici; credere in una vera democrazia che riscattata dal corretto esercizio politico, sia riscattante la politica stessa.

Quando il nostro Presidente della Repubblica richiama il cittadino a voler credere nella politica, perchè necessaria e ragionevole, dovrebbe nel contempo richiamare chi la rappresenta e la fa "vivere", ad attenersi almeno ad un linguaggio civile ed educato, nel rispetto di altre forme di politica trascorse nella pacatezza del proprio dire e nella rettitudine della propria intenzione.

L'invito di Antonio Napolitano di guardare con fiducia alla politica, è sicuramente tenuto in gran conto da chi ama il proprio paese e soffre per le condizioni drammatiche in cui versa in questo momento, tra i più travagliati della nostra storia repubblicana.
Restano comunque insuperabili alcuni principii che hanno reso equivoco e sfiduciante il ruolo dell'uomo politico oggi: L'educazione ed il rispetto, delle parti con le parti, in un qualsiasi dialogo che le veda contrapposte a decisioni e progetti comunitari-
Il linguaggio volgare ed ignorante, scaturito da un'indole generata nel più vergognoso bassofondo coscienziale, adoperato continuo, aggressivo, instancabile, da un po' tutti i rappresentanti della nostra politica, e vedi Bossi, e vedi Grillo, per citarne alcuni che oggi sono evidenti ed evidenziati, non può far altro che allontanare il cittadino dalla politica, spingerlo al più dissennato anarchismo, al più deludente voltafaccia alla
"cosa comune" che appare "cosa di parte".
A prescindere dalle competenze di chi è chiamato a rappresentarci, oggi messe in discussione anche per l'incarico conferito ad un Governo Tecnico, se la politica non riscopre un linguaggio educato e pacato, non potrà, a ragione o a torto, giammai entrare nel cuore e negli animi di un qualsiasi popolo.

A me dispiace soprattutto vedere che il nostro Primo Cittadino, ereditando i mali decennali d'una politica violenta ed inconcludente, non possa far altro che "invitare" noi, cittadini comuni, a voltar pagina ed a rimboccarci le maniche, nonostante non vi sia più sole per asciugare panni e lacrime.

Un vero viaggio di scoperta non è cercare nuove terre ma avere nuovi occhi[/i](Marcel Proust)

Riusciremo a guardare oltre "la siepe" ?

Michele Greco

Messaggio modificato il: 19-04-2012 alle 13:57 da mi.greco.

19-04-2012 13:31
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Cher
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RE: [OT] Attualità e Cultura




Il Fisco spia i telefoni per conoscere i redditi


di Sergio Rame - 20 aprile 2012, 09:35


Più che una stretta, una vera e propria morsa sul contribuente. Il "grande orecchio" degli 007 dell'Agenzia delle Entrate entra nella cornetta del telefono di casa: non per spiare le telefonate, ma per registrare il traffico telefonico.

Perché? Ovviamente per scoprire quanto spendono gli italiani dal momento che anche il traffico telefonico può essere considerato come un indice della capacità di spesa in tempi di lotta all’evasione e redditometri. Insomma, se si denuncia una pensione sociale e si parla al telefono spendendo migliaia di euro potrebbe scattare qualche accertamento.

Come ha spiegato ieri l'Agenzia delle Entrate i dati sulle utenze telefoniche relative all’area business, a quelle domestiche e a uso pubblico dovranno infatti essere comunicate al Fisco dagli operatori. Un provvedimento del direttore Attilio Befera detta le istruzioni per inviare all’Anagrafe tributaria le informazioni sui servizi di telefonia fissa, mobile e satellitare relativi alle utenze in atto, ai consumi fatturati e al credito acquistato. Per trasmettere i dati i contribuenti avranno tempo fino al 30 settembre prossimo. A partire dal 2012, invece, la scadenza per l’invio dei dati è anticipata al 30 aprile.

"Per le utenze telefoniche i dati finora richiesti - si spiega nel provvedimento - erano riferiti solo all’area business, con il provvedimento, in analogia con le altre utenze, vengono comprese anche le utenze domestiche. Per completezza d’informazione, in merito alla telefonia mobile diviene oggetto di comunicazione il credito telefonico acquistato nel corso dell’anno". Secondo il Fisco non dovrebbero esserci problemi legati alla privacy dei contribuenti. "I dati e le notizie, che pervengono all’anagrafe tributaria - spiegano dall’Agenzia - sono raccolti e ordinati su scala nazionale al fine della valutazione della capacità contributiva, nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali dei contribuenti".
----------------------------------

L'Italia ( Che ci ricordano gli "alti" proclami  che è  una Repubblica Democratica ) emula/nostalgica della exDDR? AncoraqualcheDUBBIO?
DDR= Repubblica Democratica Tedesca ( Comunismo a parte Toungue )

http://it.wikipedia.org/wiki/Repubblica

La cosa interessante che è un termine disambiguo) ToungueToungue


La repubblica (dal latino res publica, ovvero "cosa pubblica") è una forma di governo in cui la sovranità appartiene ad una parte più o meno vasta del popolo che la esercita nei modi e nei limiti fissati dalle leggi vigenti. Essa viene solitamente contrapposta al concetto di monarchia. Principalmente la repubblica si esplica con l’elezione degli organi di direzione politica, che rimangono in carica per un tempo determinato, terminato il quale vengono nuovamente indette le elezioni.
Questo termine, come l'equivalente greco politeia, fa in sostanza riferimento all'organizzazione politica della società in senso generale e l'uso del termine da parte degli autori classici (per esempio nella Repubblica di Platone) non deve necessariamente essere considerato come un riferimento ad un particolare tipo di istituzione politica. La Repubblica, per gli antichi, non era altro che l'interesse per il bene della collettività, per la polis, lo stato. È esemplare l'articolo della costituzione della Repubblica di Weimar: "Il Regno tedesco è una Repubblica".
Aristotele formulò una, ormai consolidata, distinzione terminologica fra tre forme di governo: la monarchia, l'aristocrazia e la democrazia. In termini di principio nessuna di queste forme di governo è incompatibile con la Repubblica, anche se propriamente viene inteso come Repubblica una forma di governo che è un'aristocrazia o democrazia (e le rispettive degenerazioni oligarchia e oclocrazia), piuttosto che una monarchia (e la sua degenerazione, la tirannide).
Le repubbliche, infatti, non sono necessariamente democratiche, per esempio nell'antichità, pensiamo alla Repubblica romana, la piena cittadinanza è stata negata agli schiavi o alle donne. Oppure, pensiamo alla Repubblica di Venezia, che era una vera e propria oligarchia, in cui il popolo era escluso dal governo della cosa pubblica, ma dove il capo dello stato (il doge) veniva scelto con un complesso sistema di voto-sorteggio tra gli appartenenti alla classe "nobiliare".
D'altro canto non tutti gli stati democratici sono repubbliche, per esempio il Regno Unito, sebbene democratico non è una repubblica, ma una monarchia parlamentare, in cui è presente un Parlamento eletto direttamente dai cittadini, ma il capo dello stato (il re o la regina) è scelto secondo un rigido criterio ereditario.
Nel corso dei secoli, la "Repubblica" si è andata sempre più caratterizzando come "governo del popolo", come sistema istituzionale in cui i vertici dello stato non vengono scelti per via ereditaria.[1] Più che tra monarchia e repubblica, la distinzione è sempre più divenuta tra repubblica e "monarchia o oligarchia nobiliare
".


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Cher03@hotmail.it

Messaggio modificato il: 20-04-2012 alle 11:16 da Cher.

20-04-2012 11:09
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RE: [OT] Attualità e Cultura

Troppo spesso, purtroppo, le azioni ed i comportamenti non corrispondono, nè sono fedeli, al significato degli stessi, conferiti dallo "stile" da perseguire.
Mi spiego:
repubblica è, contrariamente alla monarchia, uno "stile" di governo popolare ma i rappresentanti di detto governo non rappresentano che una piccola parte del popolo che è poi soltanto la maggioranza dell'elettorato.
Un elettorato, vedi il nostro paese, che si va sempre più riducendo all'osso per ignoranza, per assenteismo, per mancanza di partecipazione e per "giustificata" sfiducia alla politica manifesta.
E' altrettanto evidente che all'interno di una repubblica vi sono grandi e piccoli poteri (monarchici) monoteisti, come assoggettati da "misticismo religioso", che perpetuano il dominio del singolo e non il governo popolare; è altrettanto vero che esistono, anche in una repubblica democratica e popolare, le caste e le eredità, che sono poteri solidi per forza economica e spesso per abitudini imperative di corruzione.
Se il re, morendo, lasciava, per tradizione, il proprio potere al figlio o ad altro parente per diritto ereditario, altrettanto vero è che, solo a poche caste privilegiate ed a rampolli di "grandi" famiglie, oggi, è concesso ereditare i poteri di chi li abbia preceduti; e vedi le "carriere", all'interno e fuori delle istituzioni, e vedi i grandi imperi economici, e vedi come gli stessi partiti politici adottino ancora un "delfino" indiscusso erede d'una piccola o grande rappresentanza popolare.
Le piccole o grandi monarchie, sono riproposte all'interno della stessa presunta repubblica democratica.
L'uomo è riuscito, soltanto e continuamente, a modificare l'apparenza ma, in quanto ad essere, è rimasto l'opportunista, l'arrivista, l'arrogante e l'aggressore di sempre!
Infine chiediamoci, come ultima analisi in difesa di noi stessi o solo per giustificarci della nostra passività, se desideriamo servire tutti indistintamente, o soltanto uno distintamente.

Michele Greco

Messaggio modificato il: 20-04-2012 alle 12:53 da mi.greco.

20-04-2012 12:42
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