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[OT] Scienza e Tecnologia
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RE: [OT] Scienza e Tecnologia

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/c...32611.html


Dalla crisi dell'acqua all'allarme terrorismo: ecco i rischi planetari
Si sono chiusi oggi i lavori della 45° edizione dei Seminari sulle Emergenze Planetarie. Ecco le conclusioni

Antonino Zichichi - Lun, 27/08/2012 - 12:44

Si sono chiusi oggi i lavori della 45ma edizione dei Seminari sulle Emergenze Planetarie. Ecco alcune conclusioni. Anzitutto il pericolo di guerra nel Medio Oriente che ha due focolai in Siria e nello scontro tra Israele e Iran.

In entrambi i casi, di scientifico c'è poco, per il semplice motivo che le tecnologie in gioco sono ben note e la Scienza ha poco da dire.

Quando negli anni ottanta c'era il rischio di Olocausto Nucleare nello scontro tra le due superpotenze (USA-URSS) le tecnologie belliche (scudo spaziale e bombe-H di alta precisone) avevano bisogno delle frontiere scientifiche di quei tempi. Ecco perché i Consiglieri scientifici di Gorbachev (Velikhov) e di Reagan (Teller) potevano avere un ruolo determinante. La Scienza nel Terzo Millennio non dovrebbe più occuparsi di guerre ma di Emergenze Planetarie; qui il problema centrale è quello di evitare che le finte emergenze vengano privilegiate a discapito di quelle vere, che sono ben 71.

La prima è quella dell'acqua le cui sorgenti continuano a diminuire e la cui distribuzione deve fare i conti con i numerosi pericoli di inquinamento "standard" e da "terrorismo". La comunità scientifica della WFS (World Federation of Scientists, Federazione mondiale degli scienziati) vuole che i provvedimenti necessari vengano presi prima che qualche grosso guaio accada. Non dopo. Con l'energia le problematiche sono totalmente diverse. Di sicuro c'è che sei miliardi di persone vorrebbero avere la stessa energia pro-capite che hanno il miliardo di privilegiati (tra cui ci siamo noi). Con l'energia i problemi della sua distribuzione riguardano sia i guai tecnologici "standard" sia quelli provocati dal "terrorismo". Passiamo a un'Emergenza piacevole.

La vita media è fuori discussione che toccherà fra poco i cento anni e che ne vanno studiate le conseguenze con rigore scientifico. L'analisi individuale del DNA permetterà di sapere quali "pillole" vanno evitate e anche quali "cibi". Questo darà un contributo enorme a pericoli di invecchiamento le cui cause non sono a livello genetico ma determinate dai numerosi errori fatti per "ignoranza". Ecco perché è stato costituito un gruppo di lavoro totalmente dedito allo studio di queste problematiche la cui soluzione porterà la nostra vita media a superare i cent'anni in tempi non eccessivamente lunghi. In tempi che potrebbero essere addirittura inferiori al decennio. L'unica difficoltà essendo, non di natura tecnico-scientifica, ma esclusivamente politico-culturale.

Un'altra novità è l'attenzione che deve essere portata a ciò che avviene nel nuovo spazio aperto alla nostra attività esistenziale. Spazio che non ha bisogno né di Terra, né di mare, né di aria, né di spazio fisico come quello che dette vita al famoso SDI (Space-Defense-Initiative) ai tempi dell'ultima fase della Guerra Fredda e nota come Guerre Spaziali. No. Non c'è bisogno di spazio fisico. È lo spazio dell'informazione dove è fortemente necessaria la sicurezza che tutto proceda per evitare guerre cibernetiche. È infatti fuori discussione che si può mettere in ginocchio un'intera Nazione senza usare né bombe né missili intercontinentali. Ma facendo letteralmente "impazzire" la logica elettronica nelle distribuzioni di acqua e d'energia.

La WFS è impegnata - come ha già fatto in passato - in questa battaglia di civiltà. Battaglia che ha trovato nel Presidente della Repubblica Ceca, Václav Klaus, nel nostro Presidente Giorgio Napolitano e in altri esponenti politici un forte sostegno. Le notizie che arrivano dalla Cina, dalla Russia e degli Stati Uniti sono di grande valore essendo proprio così che le conquiste della Scienza possono entrare nella vita di tutti i giorni. Noi scienziati infatti possiamo solo elaborare progetti; ma la loro realizzazione richiede volontà politica. Se le Emergenze Planetarie, nate nel cuore della Scienza, diventassero veramente argomento di scelta nella campagna elettorale del Presidente Obama, di questo non potremmo che essere estremamente felici. I risultati ottenuti dalla WFS con i suoi cento progetti-pilota realizzati in cinquanta Nazioni sono la fonte di certezza che la Scienza dà al potere politico. E cioè che le vere Emergenze Planetarie possono essere affrontate e risolte. Di questa fonte è testimone il Presidente della Repubblica Italiana che da molti anni segue con vivo interesse i nostri lavori e che ha dato alla comunità scientifica internazionale la prova di quanto sia urgente l'istituzione di un Centro di Studi e Ricerche per affrontare i problemi delle Emergenze Planetarie.

* Presidente WFS (World Federation of Scientists), Beijing-Geneva-Moscow-New York


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RE: [OT] Scienza e Tecnologia

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Quando l'Italia voleva partire a razzo per conquistare lo spazio
Fascisti su Marte? No, veneziani su Marte. Insomma la Serenessima che non contenta di conquistare i mari si lancia alla scoperta del sistema solare
Matteo Sacchi - Lun, 26/11/2012 - 14:55

Fascisti su Marte? No, veneziani su Marte. Insomma la Serenessima che non contenta di conquistare i mari si lancia alla scoperta del sistema solare. Del resto non fu un caso se il grande astronomo Galileo soggiorno a lunga a Padova, sede dell’ateneo della città lagunare. Ovviamente è un gioco, un’ucronia un po’ bislacca.

Però davvero l’Italia nella storia della missilistica in generale, e dei voli spaziali, più in particolare, ha un ruolo decisamente più importante di quello che le si attribuisce di solito. Per rendersene conto basta dare un’occhiata a "Storia italiana dello spazio" di Giovanni Caprara (Bompiani, pagg. 488, euro 19). Come spiega bene il sottotitolo -"Visionari, scienziati e conquiste dal XIV secolo alla stazione spaziale" - il libro ricostruisce secoli e secoli di scienza missilistica made in Italy.

E se il primo razzo citato con chiarezza nelle cronache occidentali (il primato dell’invenzione va ai cinesi) è proprio frutto dell’ingegno dei veneziani, che nel 1379 per riuscire a riconquistare Chioggia lo spararono sul tetto di una torre occupata dalle forze veneziane e la incendiarono, va detto che come in molti altri campi il primato nel settore pirotecnico è stato della nostra penisola molto a lungo. Ancora all’inizio del settecento i pirotecnici più famosi d’Europa erano i quattro fratelli Ruggieri di Bologna (sebbene i tedeschi avessero già iniziato a dire la loro con la progettazione di razzi a più stadi). Poi come spesso accade quando si passa dalla maestria artigiana alla necessita di creare delle vere e proprie industrie gli italiani persero lentamente terreno. Ancora ai primi del novecento nel nostro Paese si contavano numerosi teorici e discreti matematici attenti a quelli che ormai stavano diventando i primordi della missilistica militare e aerospaziale. Però mancavano i mezzi e i fondi. Così mentre la sperimentazione tedesca che avrebbe portato alle V1 e alle V2 di Wernher Von Braun avanzava contando su capitali quasi illimitati, Gaetano Arturo Crocco e il figlio Luigi lavoravano in via Panisperna (sì proprio dove Fermi ha posto le basi del suo Nobel) alla prime camera di combustione per razzi a propellente liquido prodotta in Italia. Troppi rischi, qualche incidente ed un budget ridicolo. Così come l’ Associazione piemontese razzi capitanata da Alberto Fenoglio che fece volare un’areorazzo (con cui a momenti Fenoglio si ammazzò) e diversi prototipi di missili a più stadi. Ma in clima di autarchia la battaglia dei materiali era insostenibile, e poi arrivo la guerra...

Era destino che sulla luna ci andasse qualcun’altro. Eppure anche pensando ai viaggi spaziali veri e propri un tocco di italianità non manca. Quasi tutte le sonde a lunga distanza utilizzano per viaggiare più velocemente un procedimento noto come fionda gravitazionale. Ad averne l’intuizione Gaetano Arturo Crocco che presentò uno studio di rotta interplanetaria che sfruttava i campi gravitazionali di più pianeti, al congresso astronautico del 1956 a Roma. La Nasa infatti, che i mezzi li aveva, prese appunti e da allora chiama quel tipo di voli Crocco Mission. Insomma anche in salsa spaziale si può parafrasare quel triste epitaffio: mancarono i mezzi non il valore... o le idee.


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RE: [OT] Scienza e Tecnologia

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Quel «difetto» nel cosmo che ci ha salvato dall'annientamento
Ricercatori italiani scoprono un'asimmetria dell'universo che spiega perché la materia ha "vinto" sull'antimateria


Antonino Zichichi - Gio, 25/04/2013 - 13:03


Un antigelato di fragola sarebbe esattamente eguale al nostro gelato di fragola: stessa forma stesso sapore. Ad assaggiarlo però dovrebbe essere un nostro fratello cosmico fatto di antimateria.

Basterebbero infatti appena un grammo e mezzo di antigelato di fragola e un grammo e mezzo della nostra lingua per produrre la stessa energia della bomba che distrusse Hiroshima. E infatti quando materia e antimateria sono in contatto si annichilano trasformando la loro massa in Energia. È incredibile che nessun pensatore di qualsiasi epoca e civiltà abbia mai avuto l'idea che potesse esistere questo fenomeno fisico - l'annichilazione - scoperto nel 1929 da un gigante della Scienza Moderna, Paul Dirac. L'annichilazione esige l'esistenza di particelle e antiparticelle, di Materia e di Antimateria, di Stelle e Galassie e di anti-Stelle e anti-Galassie.

Supponiamo che ci sia nell'universo un sistema planetario-solare simile al nostro, con miliardi di abitanti alcuni dei quali impegnati a studiare se esistono altre stelle con satelliti in cui possa esserci la vita come quella a loro familiare. Supponiamo che questi nostri fratelli del cosmo abbiano scoperto cose che noi ancora non abbiamo saputo scoprire. E supponiamo che essi abbiamo saputo inventare tecnologie tali da potere viaggiare con navicelle spaziali in grado di superare difficoltà dinanzi alle quali noi dobbiamo arrenderci.

Essendo questi nostri fratelli cosmici in grado di partire con le loro astronavi e sapendo molto più di tutto quello che noi sappiamo, dovrebbero sapere che alle origini dell'Universo, ai tempi del Big Bang, c'erano quantità eguali di particelle e di antiparticelle. Attraverso una serie di processi a loro ben noti, le particelle si sono trasformate in materia e le antiparticelle in antimateria fino a potere avere gelati e antigelati. Però osservando l'universo - come sappiamo fare noi, quindi anche loro - viene fuori che esso sembra sia fatto soltanto di materia. Appare quindi che di antimateria non ce ne sia più. Noi però abbiamo sulla Iss (Stazione Spaziale Internazionale) un esperimento progettato per darci certezza che non ci siano zone nell'universo in cui possa esserci una realtà fatta di antimateria. Essendo loro più bravi di noi, sanno che per essere sicuri è necessaria una prova sperimentale. E questa non esiste. Potrebbero quindi esserci nel mondo galassie e anti-galassie, stelle e anti-stelle. I nostri fratelli cosmici dovrebbero mettersi in contatto radio con noi per sapere se la materia di cui siamo fatti ha le cariche elettriche e nucleari opposte a quelle della loro materia che in questo caso sarebbe antimateria. Vediamolo in modo più esatto.

Le stelle sono fatte di materia, le anti-stelle di antimateria. Per avere la materia non basta avere antiparticelle. Sono necessarie ben altre due cose. La prima è la forza nucleare, la seconda è la forza elettromagnetica. La forza nucleare serve per incollare le particelle con cariche nucleari creando così i nuclei atomici. La forza elettromagnetica serve per incollare gli elettroni ai nuclei per fare gli atomi. Per avere un gelato sono necessarie tre particelle (protoni, neutroni ed elettroni) e due forze (nucleari ed elettromagnetiche). Per avere un anti-gelato sono necessarie tre antiparticelle (antiprotoni, antineutroni e antielettroni) e le stesse due forze. Se tutte queste cose obbedissero alle Leggi di simmetria C e P su cui sorvoliamo non sarebbe possibile capire come mai il mondo è fatto solo ed esclusivamente di stelle e galassie senza che ci sia alcuna evidenza per l'esistenza delle anti-stelle e delle anti-galassie. La via d'uscita è la simultanea violazione delle due Leggi di simmetria C e P, quindi di CP, come ci dicono i risultati dei ricercatori italiani al Cern e resi noti ieri.

Osservando la luce che viene dalle stelle e dalle galassie non è possibile stabilire se sono fatte di materia o di antimateria. Motivo: luce e anti-luce sono equivalenti. Ecco perché non è possibile per gli astronomi distinguere una stella da un'anti-stella. Né una galassia da un'anti-galassia.

Se sapessimo costruire astronavi in grado di andare su un'altra galassia dovremmo prima di tutto riuscire a comunicare con qualche nostro fratello cosmico. A lui chiederemmo di ripetere lo stesso esperimento fatto al Cern con la macchina Lhc. Otterrebbe gli stessi risultati. A questo punto gli chiederemmo di fare una verifica. L'anomalia nelle particelle ottenute con l'esperimento è legata a un segno della carica elettrica. Se questa carica elettrica è il contrario del segno delle cariche elettriche delle particelle leggere che fanno i suoi atomi allora lui è fatto di materia come siamo fatti noi. Se il segno è lo stesso allora lui è fatto di antimateria. In questo caso non sarà mai possibile pensare a un abbraccio. Possiamo parlare via radio, scambiarci qualsiasi segno di cordialità e anche di affetto, ma restare sempre lontani, lontanissimi. Il prezzo da pagare se volessimo abbracciarli sarebbe l'annichilazione.


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RE: [OT] Scienza e Tecnologia

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Etna, un vulcano di scienza patrimonio di tutto il mondo
Lo studio del "gigante buono" inserito dall'Unesco fra i tesori naturali del pianeta permette di conoscere le dinamiche geologiche. E quindi di prevederne le mosse


Antonino Zichichi - Lun, 06/05/2013 - 08:38


È partita da queste colonne la nostra battaglia per far capire al grande pubblico che l'Etna oltre ad essere il più alto e attivo vulcano d'Europa ha caratteristiche uniche e che questa parte della superficie terrestre dovrebbe essere considerata patrimonio dell'umanità.
Adesso arriva la notizia ufficiale dell'Unesco.
Agli inizi di quest'anno chi scrive era riuscito a portare all'attenzione del Governo Siciliano un progetto affinché partisse dall'Etna il primo polo della nuova rete sismico-vulcanologica mondiale. Erano giorni in cui avevo creduto che il Governo Siciliano volesse veramente «voltare pagina» e infatti l'Etna era diventato uno dei dodici progetti elaborati in collaborazione con i massimi esperti mondiali. L'attuale rete sismico-vulcanologica mondiale è partita con Erice quando era proibito parlarne per via del fatto che i rivelatori avrebbero rivelato anche le esplosioni nucleari sotterranee che Urss e Usa regolarmente facevano al fine di perfezionare i già potentissimi ordigni di guerra. Crollato il Muro di Berlino è nato il desiderio di realizzarne un'altra molto più potente al fine di coprire tutta la superficie del globo, senza escludere i fondali marini. La decisione dell'Unesco è di grande valore. Vorrei illustrare uno dei motivi che rendono l'Etna un vulcano unico al mondo. I vulcani sono di due tipi: buoni e cattivi. I buoni emettono lava senza mai esplodere; i cattivi, come il Vesuvio, esplodono. I vulcani buoni sono detti di «punto caldo» i cattivi di «subduzione». L'Etna pur essendo di punto caldo incomincia a dare segni di subduzione. Vediamone i dettagli.
L'Etna è nato come vulcano di punto caldo. Con questo termine si indicano quei vulcani che nascono nel cuore stesso della Terra infuocata. Una bolla di lava si stacca dalla massa incandescente che sta sotto la crosta terrestre, la buca per effetto termico, la attraversa e arrivando in superficie diventa vulcano che emette lava. La lava dei vulcani tipo punto caldo è ricca di Titanio, Niobio e Zirconio, che sono elementi detti pesanti (in quanto fatti di nuclei con maggiore numero di protoni e neutroni, rispetto a quelli dello zolfo e dell'acqua). L'Etna si trova però nella zona di separazione tra placca Africana e placca Euro-Asiatica. Accade che la placca Africana da milioni e milioni di anni si infila sotto quella Euro-Asiatica. Le Alpi sono nate da questo fenomeno di inserimento della placca Africana sotto la nostra Euro-Asiatica. Quando una placca arriva a profondità di centinaia e centinaia di chilometri, dove inizia il cuore incandescente del globo terrestre, si liquefà e, se trova fratture, emerge fino alla superficie manifestandosi come vulcano. Questi vulcani vengono denominati di subduzione. La loro lava è più leggera: più ricca di zolfo e acqua, elementi tipici della crosta terrestre.
Lo studio della lava che l'Etna ha emesso da mezzo milione a centomila anni fa ha permesso di stabilire che la lava è di tipo pesante. Però studiando la lava emessa a partire da centomila anni e fino ai nostri giorni è stato possibile stabilire che essa è diventata sempre più di tipo leggero. Il passaggio dalla lava pesante alla lava leggera si può capire tenendo conto del movimento che ha la placca Africana rispetto alla placca Euro-Asiatica. Insomma la crosta africana continua a infilarsi sotto quella Euro-Asiatica e in questa spinta verso il Nord ha finito con l'incrociare il canale diretto che l'Etna aveva con il globo terrestre incandescente. La lava pesante ha incominciato a mescolarsi con quella leggera. Ecco perché la lava dell'Etna è diventata sempre più leggera.
Contrariamente al Vesuvio, l'Etna non ha mai prodotto esplosioni ma solo lente e costanti emissioni di lava. Ed è proprio studiando la composizione chimica della lava che è stata scoperta la novità di cui abbiamo parlato. Il «gigante buono» sta cambiando natura. Non domani. Né l'anno prossimo. I tempi in gioco sono migliaia di anni. Nel cambiare natura l'Etna monitorizza i movimenti della placca Africana che continua a infilarsi sotto la nostra Euro-Asiatica. Ecco perché tutto ciò che fa parte di questa struttura naturale unica al mondo deve essere considerato «patrimonio dell'umanità».
*Presidente WFS (World Federation of Scientists), Beijing-Geneva-Moscow-New York


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http://www.ilgiornale.it/news/cultura/mi...31804.html


Mia carissima nemica, quante litigate sul Nulla
Atea dalla grande onestà intellettuale, a Dio preferì un atto di fede nel nichilismo. Credeva in una tecnologia interamente dedicata al progresso e al benessere dell'Uomo


Antonino Zichichi - Dom, 30/06/2013 - 09:08


Il più bel ricordo che ho di Margherita Hack è quando a Siena mi disse che preferiva il Nulla.Eravamo entrambi ospi­ti dell’Arcivescovo di Siena, mon­signor Gaetano Bonicelli, che aveva deciso di dar vita a una se­rie di incontri tra scienziati, uno credente e l’altro ateo.

La serie veniva aperta da noi due.
La Chiesa Universitaria era stracol­ma. Attacca lei e spiega i motivi per cui non poteva credere in Dio. Nel mio intervento spiego i motivi per cui io credevo (e cre­do) in Dio.

Ed ecco come viene fuori il Nul­la. Il messaggio che viene dalla Scienza- dicevo e dico- è che esi­ste una Logica Rigorosa cui il mon­do deve obbedire, dall’univer­so subnucleare all’universo fat­to con stelle e galassie. La pro­fessoressa Hack lavora studian­do l’universo fatto con stelle e galassie. Io lavoro invece stu­diando l’universo subnuclea­re, le cui leggi e regolarità sono necessarie per capire che cos’è una stella. E infatti il mistero del Sole ha resistito fino a quando­a metà degli anni ’40 del secolo scorso - non è stato capito che cos’è una stella.

Se l’uomo avesse continuato a osservare sempre meglio le stelle, ancor oggi non saprem­mo che cos’è una stella. La luce che emette il nostro sole è un fe­nomeno che avviene sulla su­perficie di una stella. Perché non si spegne né esplode ce lo dicono le leggi dell’universo su­bnucleare. Il sole è infatti una candela a fusione nucleare. Non si spegne in quanto ha una valvola di sicurezza perfetta. Questa valvola è la cosiddetta carica debole (da non confon­dere con la carica elettrica) la cui prima misura di alta preci­sione è stata fatta al Cern dal mio gruppo. La candela nuclea­re non esplode in quanto essa si raffredda perfettamente emet­tendo neutrini. Il sole brilla più di neutrini che di luce. Che do­vesseroesistere i neutrini non lo aveva capito nessuno fino a metà del secolo scorso. Adesso, grazie ai lavori fatti con la mac­china del Cern ( Lep), è fuori di­scussione che esistono tre tipi di neutrini. Il fisico che ha pro­posto l’esistenza del terzo tipo di neutrini facendo i primi espe­rimenti al Cern è colui che dice all’amica Hack:se l’universo su­bnucleare non fosse retto da una logica rigorosa io sarei di­soccupato. Non saprei cosa fa­re domani. Né avrei mai potuto far niente nella mia carriera di fi­sico impegnato a decifrare la lo­gica scritta nel libro della natu­ra. Se c’è una logica deve esser­ci un Autore. Ecco perché io cre­do in Colui che ha fatto il Mon­do. L’ateismo nega l’esistenza dell’Autore. Negare l’esistenza di questa logica corrisponde a negare l’esistenza della Scien­za. L’ateismo non sa dimostra­re com’è possibile l’esistenza di una logica senza che ci sia Co­lu­i che di questa logica è l’Auto­re. Ecco perché io dico che l’ateismo non è atto di ragione ma di fede nel Nulla.

A questo punto Margherita chiede il microfono all’arcive­scovo e dice: «Sono d’accordo con ciò che ha detto il professo­re Zichichi. Io, Margherita Hack, preferisco l’atto di fede nel Nulla all’atto di ragione che mi porterebbe a credere in Dio».In molte occasioni ho cita­to come esemp­io di onestà intel­lettuale questa affermazione di Margherita Hack. Iddio solo sa quanto ci sia oggi bisogno di onestà intellettuale.

La crisi di questi anni porta al­la mia memoria i tempi della Guerra Fredda. Ci legava l’uto­pia di una Scienza senza segreti e senza frontiere. C’è un solo modo perché questa utopia possa diventare realtà: chiude­re i laboratori segreti. A metà de­gli anni Ottanta, avvenne a Gi­nevra un evento senza prece­denti, Margherita Hack mi tele­fonò dicendo che era felice per quanto aveva appreso. A Gine­vra, Reagan e Gorbachev si im­pegnavano a smantellare i labo­ratori segreti. I capi delle due su­perpotenze avevano tradotto in un’azione concreta quanto sostenuto nel Manifesto di Eri­ce. La Cultura dominante accu­sava noi scienziati di essere i ve­ri responsabili del pianeta im­bottito con bombe nucleari, no­nostante il Manifesto di Erice fosse stato firmato da diecimila scienziati di 115 nazioni.

Margherita Hack era con noi nel sostenere che le grandi con­qui­ste della Scienza e le conse­guenti invenzioni tecnologi­che posso­no dar vita a tecnolo­gie interamente dedicate al be­nessere e al progresso civile e sociale soltanto se si smantella­no i laboratori che lavorano a porte chiuse. Bisogna distin­guere nettamente la Scienza dalla Tecnica. Noi scienziati abbiamo la responsabilità del­le scoperte scientifiche. La re­sponsabilità di privilegiare le invenzioni tecnologiche peri­colose per la vita e il rispetto dei valori su cui si fonda una so­cietà libera, democratica e civi­le, è del potere politico ed eco­nomico. Affinché le scoperte scientifiche siano interamen­te dedicate al benessere e al progresso civile e sociale è ne­cessario che l’utopia della scienza senza segreti e senza frontiere diventi realtà.

Margherita Hack è un esem­pio di onestà intellettuale e di forte impegno per la più civile delle battaglie culturali: scien­za senza segreti e né frontiere.


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Inferni in cielo e in Terra: le 71 emergenze del pianeta
Dall'Aids alle guerre, dai meteoriti alla tecnologia arretrata, un team di studiosi ha catalogato tutte le "sofferenze" del mondo. La più letale? La scarsità d'acqua

Antonino Zichichi - Dom, 18/08/2013 - 10:20
Tre anni prima che crollasse il Muro di Berlino gli scienziati della WFS (diecimila scienziati di 115 nazioni) hanno dato vita alle attività interdisciplinari aventi come obiettivo lo studio delle Emergenze Planetarie e la elaborazione dei progetti-pilota necessari al loro superamento.

I risultati ottenuti con la realizzazione di cento progetti-pilota in cinquanta Paesi - molti dei quali nelle aree in via di sviluppo - permettono di concludere che - se c'è volontà politica - le Emergenze Planetarie possono essere affrontate e risolte.

Al fine di pervenire a un tale traguardo, non basta coinvolgere la comunità scientifica; è necessario far capire al grande pubblico quali sono le priorità, i bastioni dai quali combattere una grande battaglia di civiltà il cui obiettivo è la lotta alle Emergenze Planetarie in modo coordinato tra le nazioni e con un legame stretto con l'opinione pubblica. Proprio in quest'ottica, è fondamentale ricordare il passato, nel quale le minacce di oggi affondano le radici.

Nel corso di mezzo secolo il mondo è stato diviso tra due «blocchi» che, per semplicità, chiameremo Usa e Urss: fino al crollo del Muro di Berlino, qualsiasi zona del mondo doveva fare riferimento a uno dei due «blocchi». Un miliardo di persone (compresi gli italiani, grazie alle scelte politiche finora fatte) gode di un buon livello di vita (il più alto nella storia del mondo) in quanto ha avuto la fortuna di essere parte del «blocco» occidentale, democratico e libero. La restante parte del mondo, tuttavia, non è stata altrettanto fortunata.

La divisione del mondo in due blocchi creò un equilibrio del terrore fondato sulla cosiddetta «corsa agli armamenti», la produzione del maggior numero possibile di ordigni letali che portò l'Urss ad accumulare 40mila bombe-H ciascuna da un Megaton (un milione di tonnellate di tritolo equivalente). Parallelamente, nel settore delle tecnologie non belliche imperversò per mezzo secolo nel «blocco-Urss» il principio di produrre beni di largo consumo al costo minimo, cioè senza prestare alcuna attenzione alla distruzione dei tesori ecologico-ambientali. Con il crollo del Muro di Berlino si è aperto il sipario sui disastri ecologico-ambientali conseguenti alla scelta del «blocco-Urss» (produrre al costo minimo). L'esempio più clamoroso è la distruzione di quel tesoro unico al mondo e detto il «Mare di Aral» per la sua incredibile ricchezza marina; in effetti si tratta di un enorme lago il cui volume è stato dimezzato nel corso di mezzo secolo di violenza politica mirata al «costo minimo».

Nel «blocco-Usa», invece, l'esistenza del controllo democratico (assente in Urss) ha posto un freno alla produzione industriale indiscriminata. Ed è stata questa libertà che ha evitato in Occidente i disastri ecologici prodotti nel «blocco-Urss». Uno squilibrio di rovine che si trascina ancora oggi.

Ora, scongiurato il rischio di olocausto nucleare, rimane quello dell'olocausto ambientale. Dalle 60mila bombe-H che avrebbero potuto spazzare via l'umanità lasciando solo oceani e deserti, si è passati a 71 Emergenze Planetarie altrettanto tragiche, che devono essere risolte per salvare il mondo da se stesso. Gli scienziati del WFS da anni si interrogano in merito, catalogando le situazioni più critiche, valutando i rischi, raggruppando le minacce per macro-aree di intervento. Lo fanno da uomini di scienza, senza seguire la marea dell'indignazione popolare, il politically correct o le mode ambientaliste del momento. Lo fanno anche a costo di demolire dei veri e propri totem della credulità popolare, come quello dell'anidride carbonica. Già, perché una ricerca europea ha mostrato che per il 90% degli intervistati l'anidride carbonica è «un veleno». Colpa di un certo allarmismo che da decenni enfatizza il ruolo di un elemento chimico fondamentale alla vita sul pianeta nel fenomeno - peraltro molto sopravvalutato - dell'«effetto serra». Stessa cosa dicasi per la campagna anti-nucleare o per la paranoia del buco dell'ozono: falsi problemi, o comunque problemi di soluzione definita, che attendono solo norme e leggi precise per essere risolti.

No, il WFS si è concentrato sulle vere emergenze, le vere rovine del nostro mondo dopo un quarantennio di Guerra Fredda. E tra queste la prima, la più pressante, è di sicuro l'insufficienza delle risorse idriche. L'acqua, che costituisce il 70,8% del nostro pianeta, è in realtà distribuita in maniera del tutto disomogenea e l'obiettivo di portarla anche a quelle popolazioni che ancora muoiono a causa della siccità è senza dubbio la prima priorità che la comunità scientifica deve darsi. Ma tutti gli elementi terrestri costituiscono macro-aree di intervento: il suolo, con il suo dissesto dovuto all'eccezionale sfruttamento negli ultimi decenni; il clima, sottoposto all'inevitabile e naturale cambiamento perenne; il cibo, così scarso e mal distribuito; l'energia, che deve evolversi mutando le proprie fonti di approvvigionamento da quelle in via di esaurimento (petrolio e carbone) a quelle rinnovabili e potenzialmente infinite, come l'eolico e soprattutto il temuto nucleare. E così si torna là da dove abbiamo cominciato, alla bomba H, alla politica dei blocchi contrapposti, a quella follia di scontro perenne dalla quale questo nostro pianeta cerca, a volte a tentoni, a volte scientificamente, una via di fuga.


Una  fredda nebbia illividisce il cielo,
le notti incominciano prima.
Tutti conoscono il declino,
ma pochi ne discernono la linea di confine.



Cher03@hotmail.it

Messaggio modificato il: 18-08-2013 alle 12:20 da Cher.

18-08-2013 12:12
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